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Autore: MarfMcClop    10/12/2015    2 recensioni
[Sine Requie]
Un vecchio appunto scritto per una campagna di Sine Requie, per sviluppare dettagli sul passato di alcuni personaggi non giocanti. Per chi conosce il gioco, premetto che la campagna in questione proponeva modifiche apportate alla Lore principale, in particolare il fatto che la campagna in sé è ambientata nel 2025, e non nel 1957.
La storia in questione ripropone un momento del passato di alcuni personaggi, componenti di una compagnia di cacciatori di morti, che si ritrovano costretti a combattere come mercenari in una guerra tra il Sanctum Imperium e i popoli rimasti in Terra Santa, una sorta di nuova Crociata.
PS: I nomi dei suddetti personaggi non sono stati specificati al tempo per lasciare i giocatori nel dubbio. Inoltre, per chi avesse dubbi sui gradi militari esposti, va chiarito che il sergente è in questo caso un generale dell'esercito, mentre il capitano è tale solo per il suo gruppo di cacciatori. Di conseguenza si ha paradossalmente un capitano gerarchicamente subordinato a un sergente.
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Un nuovo lampo.

I passi del sergente maggiore si susseguono con fermezza e nervosismo. La rabbia pulsa in ogni fibra del suo corpo, ma qualcosa frena la sua fiera fermezza di ufficiale militare; ogni passo per il corridoio di cemento del bunker porta nuovi timori nel suo cuore di ferro. Il suo alito fetido di cognac appanna le lenti della maschera antigas, e la sua mente cerca di recuperare il controllo. I lampi delle bombe illuminano per pochi istanti il corridoio altrimenti buio, lanciando bagliori sulle croci dorate appese al suo fiero petto coperto di polvere mista a piccole macchie di sangue rappreso.
Un nuovo lampo. La porta in fondo al corridoio dei dormitori diventa visibile per un istante. L’ufficiale si ferma per un attimo, mentre l’eco dello scoppio rimbomba in lontananza tra le dune. Poi un passo, e un altro, e la camminata marziale riprende, come ha sempre fatto finora.

 Ma con loro è diverso. Loro non sono soldati.

La mano guantata si posa sulla maniglia. Esita per qualche secondo. L’aria si accumula nei polmoni, pronta a rilasciare ordini e minacce. Poi lo stridio secco della serratura precede lo scatto in avanti per entrare nella stanza.  

Ma le parole non escono.

In un dormitorio buio sta al centro un tavolo circolare, con tre coltelli piantati al centro. Due uomini siedono intorno ad esso. Stanno giocando a Poker, e sembra che un giocatore abbia lasciato la partita. Uno dei due ha pelle chiara, mascella squadrata e occhi scuri, coperti in gran parte dalla pioggia di untume dei suoi lunghi capelli scuri. Una brutta ustione gli occupa una buona parte del volto. Il suo corpo è avvolto da un lungo mantello dai colori spenti, simile a quelli dei famosi pistoleri d'oltreoceano del secolo precedente.
L’altro è un mediorientale. Il suo turbante di lino è srotolato e lasciato libero di riposare sulle sue spalle. Dalle orbite scure risaltano due occhi chiari e freddi. Una lunga barba a punta scende dal suo volto.
In un angolo della stanza, al buio, giace su un letto un altro uomo, mentre all’angolo opposto siede una ragazza velata. Ad ogni lampo di luce corrisponde una mossa dei giocatori, come ogni notte di bombardamento.

Un nuovo lampo. E gli occhi dei giocatori fissano l’ufficiale.

Nessuno di loro indossa una maschera. A nessuno di loro importa. Solo la ragazza ha questa premura. Gli occhi dei due uomini fissano nel buio le orbite vuote della maschera del sergente maggiore.

“Cosa diavolo ci fate ancora qui? Il generale ha dato l’ordine di mobilitazione ben 20 minuti fa! Volete unirvi alla pila dei fucilati per caso? Dov’è il dottore? Dove diavolo è il dottore?”

L’ufficiale grida con quanto più fiato riesce, sperando di smuovere o intimorire gli uomini che ha di fronte, sperando di incutere timore. Ma nessuna reazione dagli uomini.
Nessuna risposta. La fronte si imperla di sudore freddo.

Con loro è diverso. Loro non sono soldati.

“Perché non indossate le maschere? Stanno sganciando le Pax laggiù! Volete forse subire il castigo divino?”
Uno sbuffo secco e sprezzante esprime il disprezzo dell’arabo. La preziosa pistola del sergente saetta verso di lui. Eppure nessuna reazione, nemmeno ora. Pochi secondi di esitazione, e poi le grida riemergono.

“Osi forse deridere la volontà di Nostro Signore, turco? Hai ancora il coraggio di ridere mentre la tua terra brucia? ”.

“Che brutta pistola”.

L’uomo barbuto all’angolo della stanza si è alzato. Una grossa revolver balena nel buio alla luce delle esplosioni. I suoi occhi sono appena visibili, ma penetrano il buio come l’animo dell’ufficiale.

“C-capitano, vedo che si è levato quella sua ingombrante zazzera”.
“Serviva ad un bambino”.
“Ad un bambino? E a cosa può servire una ciocca di capelli incolti a un bambino?”.
“Per imbottire un pupazzo”
“E dovrei credere che un tagliagole come lei si mette a far carità? Non ho tempo da perdere con le sue frottole da spacciatore, le ho chiesto dov’è il dottore!”.
“E’ partito per la Germania. Dopo gli eventi di ieri non vuole più avere a che fare con la Sancta Armata, e sinceramente nemmeno io. Potete riferire ai vostri superiori che domani provvederò a ritirare la paga completa dei miei uomini, sia i presenti che quelli che avete lasciato ieri a morire al villaggio; dopo ciò, non vedrete più nessuno di noi”.
“E con quale autorità voi...”.
“Con l’autorità di Capitano di questo gruppo di Cacciatori, Sergente Maggiore”.
“Pft… Capitano? Io vedo solo un accattone pesarese che si porta dietro un mucchio di disperati, scarti di rogo e puttane, che ha la fortuna di essere l’unico italiano a conoscere questo deserto maledetto… Si ricordi qual è il suo posto, e forse non la farò fucilare!... Allora, Capitano? Pensa che la sua insubordinazione sarà ancora ignorata, ora che il dottore se n’è andato?”

L’uomo muove i suoi passi fuori dal buio, verso il sergente. Il suo sguardo è talmente calmo da essere terrificante. Non una volta il disprezzo ha crinato le sue parole durante la discussione. L’ufficiale ha l’impulso di intromettere la pistola tra lui e la figura minacciosa, ma la paura è troppa, e il braccio non vuole saperne di muoversi.

Con lui è diverso. Lui non è un soldato.

L’uomo  solleva la mano, in silenzio, lentamente, e la pone sulla maschera del sergente. La preziosa pistola cade a terra. Poi lo strattone. L’ufficiale viene scaraventato a terra, la maschera è nelle mani del Capitano. Sul pavimento di cemento appaiono gocce di saliva e lacrime sotto l’ombra del sergente maggiore.

“Shane, porta fuori Agnese.”.

L’irlandese si alza, e accompagna la ragazza fuori dal dormitorio. Allora il Capitano prende il Sergente per i capelli, e lo trascina verso il tavolo, alla luce. Il suo corpo singhiozzante viene scaraventato sulla sedia, e una delle sue mani posizionata sul tavolo. Il guerriero turco allunga la mano e afferra fermamente il polso dell’ufficiale, bloccandogli la mano. Sul volto del sergente maggiore scorrono fiumi di lacrime, saliva, muco e sudore.

“Così è questa la faccia di chi ha fatto piovere fuoco sui miei uomini per distruggere un villaggio di pastori…”.

La mano del capitano afferra uno dei coltelli al centro del tavolo.

“Un dito per ogni compagno morto”.
   
 
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