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Autore: _The story at the End_    10/12/2015    0 recensioni
Uno stupido gioco: ecco come iniziava ogni avventura.
Lo sapevo più di chiunque altro, io che passavo le serate a leggere libri.
"Vediamo se hai il coraggio di entrare". La frase con cui iniziava ogni film horror e ovviamente io, che non mi do mai ascolto, sono entrata.
Perché il mio ego non se ne sta apposto ogni tanto?
Perché, se Bertold non avesse pronunciato quella frase, la solita frase su cui perdo il controllo, mi sarei sicuramente rifiutata: "è una femmina è ovvio che non ci entra! "
E io, che sono una femmina, sono stata tanto stupida da cacciarmi in questo guaio.
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
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Camminavo ormai da circa due ore e il paesaggio era sempre lo stesso: non c'erano punti di riferimento e non avevamo una bussola.
 Tutto ciò mi lasciava tanto tempo per riflettere e questo era il primo problema. 
"Posso sapere se sai dove stiamo andando?"
"Lo so. Non posso vedere il sole ma ci sono alcuni fiori rampicanti che si trovano solo nel lato Sud del tronco degli alberi. Noi siamo diretti a Nord, quindi basta andare sempre avanti."
Ma di fiori ne avevo visti ben pochi e Hunter procedeva per la sua strada a testa bassa e senza meditare troppo sulla direzione da prendere da troppo tempo ormai e questo era il secondo problema.
"E poi sono già stato qui." Aggiunse a bassa voce.
Solo adesso la fitta foresta iniziava via via a diradarsi, lasciando posto ad una palude. Il tanfo e l'umidità la rendevano molto invitante, ma solo per rospi e rettili. Accanto allo stagno vi era un enorme albero con i rami piegati verso il basso che coprivano la zona come una tenda di liane.
"Siamo sulla giusta strada." Sentenziò Hunter, ma non sembrava per niente sollevato. Le mie preoccupazioni, invece, si concentravano soprattutto sulle strane bolle che fuoriuscivano dall'acqua putrida.
"Dimmi che non vuoi guardarlo, ti prego." Non ci tenevo ad immergermi nel fango.
Mi guardò come se fossi pazza. "Non voglio morire."
"Neanche io, ovvio. Come lo avete attraversato l'ultima volta?".
 Le sue mani ebbero un sussulto nel rispondermi ma poi disse con voce ferma: "non finì bene l'ultima volta." Si schiarì la gola quindi riprese tranquillo: "L'acqua è alta più o meno un metro e venti ma il fondo è costituito da sabbie mobili. Il posto, poi,  è infestato da alligatori e le linee sono inutilizzabili, quindi non provare ad arrampicarti. Sembra la via più semplice ma, non ci pensare neanche; quell'albero ha qualcosa di strano."
Il modo in cui guardava la sagoma dell'albero mi mise inquietudine. Si preoccupava di più di quello che degli alligatori nella palude.
"E quindi che facciamo?" Mi guardò per studiare la mia espressione poi si voltò di nuovo verso la palude. Si prese qualche minuto per pensare e per torturarsi le mani poi sospirò e disse: "Guadiamo lo stagno."
"Cos… Ma... Perché? Lo hai detto tu che non era fattibile. Se lo aggirassimo..."
"No. Non c'è tempo."
"Tempo per fare cosa? Abbiamo tutto il tempo!"
"Dobbiamo andarcene da qui prima che faccia buio."
"Cosa succede quando fa buio?"
"Basta con le domande! Fa come dico." Sbraitò Hunter. Per un attimo avrei voluto fargli sanguinare le gengive con un pugno -alcune volte era davvero intrattabile- poi sbuffai e mi misi a  ragionare sui suoi motivi. Doveva essere successo qualcosa di veramente brutto l'ultima volta, qualcosa successa di notte. E questo spiegava i sui timori.
"E come vorresti guadarlo, lo stagno?"
"Tu sai nuotare, vero?"
"Sì ma... è diverso!"
Non mi rispose perché si era già incamminato.
"È una follia!" Gli urlai mentre si allontanava.
Appena arrivammo in prossimità delle sponde lui mi prese per le spalle, mi fece voltare per guardarlo in faccia e disse: "Togli il cibo dallo zaino, lancialo in acqua e usa lo zaino come galleggiante. Non toccare mai il fondo con i piedi e non alzare schiuma quando nuoti." Mi diede un coltellino ripiegabile e iniziò a svuotare il suo zaino.
"Cosa ti passa per la testa? Come pensi di attraversare il fiume senza essere sbranato?!"
"Ascoltami. So quello che faccio. Non possiamo semplicemente aggirare la prova, feriremo un animale e lo getteremo in acqua per attirare l'attenzione degli alligatori. Noi ci teniamo lungo le sponde e ce la svigniamo. " Entrò di nuovo nel fitto del bosco e si mise in ascolto.
Ero totalmente sicura che fosse uscito di senno eppure lo assecondai comunque. Forse perché non avevo piani migliori, forse perché mi sentivo di farlo, non so spiegarlo. Sta di fatto che, dopo un paio di minuti, si sentì frusciare l'erba e uscì allo scoperto una animale simile ad una lontra. Hunter lanciò un coltello e inchiodò l’animale al suolo; gli spezzò una zampa e lo portò nello stagno.
"L'unico modo per ferire seriamente un alligatore è colpirlo al ventre o sul muso."
"Dovrei ferirlo con questo?" Gli dissi sventolando il misero coltellino ripiegabile.
"Ce la faremo." Disse lui ammiccando prima di entrare in acqua. Lo seguii anche se la mia parte razionale mi gridava di non farlo.

***

Al contatto, l'acqua era calda e viscida e il peso dei vestiti mi rendeva difficile rimanere a galla. Quando Hunter gettò l'animale sanguinante al centro dello stagno molti alligatori lo seguirono ma alcuni rimasero con lo sguardo fisso sul nostro.
Nuotavo il più velocemente possibile ma qualcosa mi tormentava; sentivo che sarebbe successo qualcosa di brutto. Mentre mi guardavo in giro mi ritrovai a fissare dritto negli occhi uno degli alligatori. Aveva uno sguardo vuoto e dalle orbite proveniva una luminescenza rossa. Continuai a fissarlo e un brivido freddo mi risalì la schiena, facendomi provare una paura irrazionale. Procedemmo ancora e mi costrinsi a fare un respiro profondo per smorzare l'ansia.
In quel secondo successero diverse cose contemporaneamente: l'alligatore che mi fissava scatto per saltarmi addosso, Hunter lo bloccò e lo accoltello al ventre e subito dopo tutti gli animali presenti in quello stagno ci si rivoltavo contro.
Per qualche attimo fu il caos. Molti alligatori mi circondarono e mi allontanarono da Hunter.
Io mi dimenavo e cercavo di aprirmi un varco a colpi di coltellino ma nel frattempo dovevo impegnarmi per rimanere a galla e cercare di uscire viva da quella folla di corazze squamate che mi strascinavano a strattoni. Mi ricordai le metro affollate che prendevo quando avevo voglia di un’avventura in centro. Quelle volte dovevo sopportare la marmaglia di gente sudata e stressata che si curava ben poco della persona con cui condivideva il vagone e vivevo quegli attimi di claustrofobia come i minuti di prigionia che precedevano l’apertura della gabbia e il dispiegarsi delle mie ali. Ma stavolta, quel finale non era assicurato e dovevo guadagnarmelo.
 Hunter invece lottava come una furia cercando di raggiungermi. Dopo attimi di puro panico mi accorsi che gli alligatori non provavano a ferirmi ma cercavano solo di allontanarmi. Guardai nella direzione in cui mi spintonavano  e capii che volevano portarmi alle pendici di quell'albero che tanto mi aveva incuriosito.
"Non ti avvicinare all'albero." Mi urlò Hunter, ormai lontano. "Non come l'ultima volta."
 Spostai lo sguardo sul tronco dell'albero e notai con mia grande sorpresa due fessure che mi riportarono alla mente degli occhi che conoscevo bene, occhi che probabilmente non avrei mai dimenticato. Incastonati trai tralci vi erano gli occhi del drago che annunciò la mia prova, nel primo specchio.  Quei pozzi neri di saggezza stavano guardando con freddezza Hunter, ormai coperto di sangue e ghermito dagli aguzzi denti di quei mostri. Sentivo le sue urla mentre tentava di salvarsi disperatamente e quel grido andava di pari passo col senso di impotenza che provavo guardandolo senza poterlo aiutare. In quel groviglio di squame e pelle distinguevo solo alcune coltellate e dei movimenti a scatti.
"Hunter. Io non posso aiutarti. È la tua prova questa." Dissi con voce roca maldicendomi in silenzio per non essere in grado di intervenire.
Di tutta risposta lui mi guardò disperato e disse: "Attenta!"
Qualcosa mi bloccò da dietro con una forza tale che non riuscii neanche a fargli resistenza. Una liana con una volontà propria mi stritolava il petto e mi strattonava velocemente tanto che potevo sentire i miei organi interni che facevano i salti mortali. Riuscii a tranciarla  ma prima di cadere in acqua un altro ramo mi afferrò al volo e mi trascinò in aria. Lo colpii con forza senza curarmi dell'altezza, sfogando la mia rabbia e la mia frustrazione sul malcapitato, finché non allentò la presa. Caddi dolorosamente a terra in una posizione innaturale, gravando il peso del mio corpo su un unico ginocchio che si spezzò nell'impatto.
Il dolore arrivò subito dopo; mi travolse come un onda e io svenni.

   
 
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