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Autore: BlackStone    11/12/2015    1 recensioni
Sherlock e John si ritrovano alle prese con un caso dalle mille sfumature del male, tutte pennellate in modo uniforme su una tela.
Sherlock dovrà affrontare una battaglia con i propri sentimenti, le proprie paure più profonde e guardare il suo mind palace andare in frantumi.
[Johnlock]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correva un freddo inverno, quell’anno a Londra. Chi l’avrebbe detto che la neve avrebbe raggiunto i 60 cm? Eppure la vita londinese si svolgeva come di solito: persone che si svegliavano presto per accompagnare i figli a scuola e per andare a lavoro, corridori sui marciapiedi con le cuffie e i pantaloncini nonostante il freddo pungente, il profumo forte dei dolci appena sfornati....
-Oh cielo! Il parquet è pieno di neve sciolta! Ormai è da buttare!-
.... e la signora Hudson che gridava a squarciagola.
221b, Baker Street. Sherlock Holmes, detective, insieme al suo coinquilino nonché amico John Watson, ex medico militare, beveva un tè caldo osservando un punto morto nello spazio. 
John osservava la neve cadere a grandi fiocchi sulla capitale, sorridendo. La neve lo aveva sempre affascinato sin da quando era un bambino che ancora credeva a Babbo Natale. Sherlock, al contrario, sin dal primo fiocco di neve caduto quell’inverno si lamentava del freddo umido, delle scarpe costantemente sporche e del cappello che John gli aveva costretto a indossare.
-Cosa c'è di divertente, John?- chiese il detective osservandolo con i suoi occhi vitrei. Non si lasciava sfuggire nulla, nonostante stesse pensando a tutt'altro in quel momento. Il biondo sembrò cadere dalle nuvole.
-Oh-, disse, scegliendo mentalmente le parole da dire per non farsi prendere in giro per la sua infantilità, -è rilassante guardare la neve cadere-.
Sherlock si voltò verso la finestra e per un’istante guardò anche lui.
-Noioso-, commentò freddo, tornando a sorseggiare il suo tè.
John si alzò, non sorpreso affatto dal commento dell’amico, che abitualmente rivolgeva a chiunque i propri pensieri nel modo più arrogante possibile, poggiò la tazza vuota nel lavandino e afferrò il computer. Sherlock non gli tolse lo sguardo da dosso finché non si sedette nuovamente.
-Ah, l’altro giorno ho dato una mezza occhiata alla tua cronologia internet. Fossi in te la pulirei, ogni tanto, dato che è zeppa di roba ripugnante-
-Tu hai guardato la mia cronologia? Quante volte ti ho detto di non toccare il mio pc? E poi la roba ripugnante di cui parli non è altro che sana letteratura inglese-.
John era un appassionato di libri di letteratura e, per evitare di spendere denaro e per non far sì che Sherlock li facesse sparire nel mucchio di roba sparpagliata in soggiorno, li scaricava in pdf.
-Bla bla bla. Tutta roba noiosa-. 
Sherlock si alzò e strappò improvvisamente il computer di mano all’amico.
-Ehi!-
John si alzò a sua volta e di punto in bianco iniziò una lotta furibonda tra i due per la conquista del computer.
-Ne avevamo già parlato, é questione di privacy!-
-La tua privacy è come un libro aperto per me, John, so tutto di te solo guardandoti!-
John venne catapultato dall’altra parte della stanza con uno spintone di Sherlock, urtando una pila di scartoffie che presero il volo nelle mura dell’appartamento.
-Ah sì? E cosa leggi adesso nel mio volto, mister “genio indiscusso del ventunesimo secolo”?- chiese John con aria scherzosa, dato che non era una vera lotta, bensì un gioco per passare quelle ore di noia.
-Il sorriso sul tuo volto indica un chiaro divertimento, gli occhi brillano di maliziosità e i tuoi palmi chiusi hanno una voglia incontrollabile di prendermi a pugni! Mi trema l’ombelico, dottore, sono stupefatto!-
Anche Sherlock sorrideva. Ripresero la lotta, facendo cadere un tavolino e quasi urtando il violino di Sherlock, elegantemente appoggiato alla parete.
Fecero talmente tanto baccano che non sentirono arrivare la signora Hudson.
-Cosa state combinando voi due piccioncini? State facendo una baraonda incredibile!-
-Signora Hudson!-, esordì il detective vedendola sull’uscio accigliata, -questa non è l’ora del suo calmante quotidiano? La vedo un po' agitata, sa?-
Sherlock si sistemò i capelli alla meglio e chiuse poco garbatamente la porta in faccia all’anziana signora. Mancò poco tempo che bussò di nuovo. John si rialzò dal pavimento e sistemò il disordine creato, guardando l’amico roteare lo sguardo al cielo e aprire nuovamente la porta.
-Quale parte di “vada via” non ha ben compreso?- urlò.
-Si dia una calmata, signor Holmes! Volevo solo darle dei biglietti per una galleria d'arte che ho ricevuto stamattina in omaggio!- non riuscì neanche a finire di parlare che il legno della porta le finì di nuovo sul naso.
John sospirò e frettolosamente riaprì la porta per parlare lui stesso con la vicina di casa.
-Mi dica, signora Hudson-
-Caro, credo che il suo fidanzato sia molto nervoso oggi-
-È annoiato, e poi non sono gay-
-Certo-, disse lei spiccia, -comunque questi sono i biglietti, nel caso le interessi-.

Quella sera cenarono ordinando una cena cinese a domicilio, dato che faceva fin troppo freddo per uscire, e si sistemarono sul divano facendo zapping con il telecomando.
-Noioso, stupido, scontato!- urlava ogni qualvolta gli capitava sotto tiro un programma non adatto al suo quoziente intellettivo, per di più con la bocca piena. 
-Per l’amor di Dio, Sherlock! Possiamo vedere qualcosa che piaccia a me di tanto in tanto?-
-Ma ciò che vedi tu è maledettamente troglodita- sospirò il detective guardandolo di sbieco.
John ricambiò l’occhiataccia.
-Intanto.. Che ne pensi di andare alla galleria d’arte domani? Sarebbe una giornata diversa dopotutto- propose John, cercando di cogliere nello sguardo di Sherlock qualcosa che significasse un si.
-Non ne capisco molto di Van Gogh. Tuttavia se proprio insisti, accetto di venire all’appuntamento-
-Non è un appuntamento!-
-Magari potrebbe accadere qualcosa di interessante, un omicidio per esempio- continuò Sherlock ignorando la specificazione dell’amico.

Il giorno successivo si recarono, come previsto, alla National Gallery, ma la fila era piuttosto lunga e quindi dovettero aspettare un po' prima di mettere piede nella vera e propria galleria d’arte.
-Mi sta iniziando a infastidire il fatto di prendere il taxi come mezzo di trasporto- borbottò John scrollandosi la giacca, -c’era talmente tanta polvere che la mia giacca è diventata grigio topo-
-Ma insomma, tu sei stato un militare e hai combattuto nella fanghiglia e nello sterco e ti lamenti di un po' di polvere?- commentò con un risolino Sherlock.
-È pur sempre un mezzo pubblico, dovrebbe essere pulito- 
-Su questo hai ragione-
Incamminandosi tra i quadri, videro che le persone presenti alla mostra erano per la maggiore persone ricche, abbigliate alla meglio, a soppesare il valore dei quadri solo guardandoli.
-Che gente frequenta la signora Hudson? Guarda quello: indossa una collana di filigrana a forma di giglio, probabilmente un regalo di nozze, ma non della moglie, poiché lo tiene nascosto sotto il soprabito, e quindi potrebbe essere il regalo dell’amante, un regalo di addio. Ma lui lo porta ancora, dunque a lei ci tiene ancora. Nonostante abbia vestiti di seta molto costosa, non ha cura del proprio aspetto. Guarda quei capelli, sono sporchi, ci mette molto gel per nascondere la melma lucida di quella massa di spaghetti. Indossa molti anelli, tranne la fede, ulteriore prova della cura che ha per il proprio matrimonio. Lei però è frivola e non sembra badare ai segnali d’allarme che le lancia suo marito. Matrimonio a scopo di lucro-
-Come sempre ne sai una più del diavolo-
Ma Sherlock non udì l’amico, poiché stava guardando qualcos’altro. John se ne accorse e guardò nella stessa direzione e fu allora che capì perché il detective si era immobilizzato: davanti a sé, in un gruppo di uomini d’affari facoltosi, c'era Mycroft Holmes, fratello e acerrimo nemico del moro.
Sherlock fece per girare i tacchi e scomparire, ma il fratello lo aveva già visto e si avvicinò a lui a passo svelto.
-Caro fratello! Qual buon vento ti porta alla National Gallery? Non credevo che foste così agiati da permettervi il biglietto. Buonasera, dottor Watson-
-Buonasera, Mycroft-,rispose secco Sherlock, -ce ne stavamo giusto andando-
-oh proprio no, credo che dovrete prolungare la vostra permanenza qui, devo presentarvi una persona- 
Mycroft fece loro cenno di seguirlo, e i due non poterono fare altro che ubbidire.
Sherlock era visibilmente seccato dalla presenza del fratello e John ne era dispiaciuto. Il suo intento era quello di far divertire l’amico trascorrendo magari il pomeriggio in modo più interessante, invece gli aveva solo reso una giornata nera. Non sarebbe stato contento una volta tornati a casa, probabilmente non si sarebbero nemmeno parlati.

Si fermarono davanti “la notte stellata”, famoso quadro di Van Gogh del 1889, portato lì per l’occasione dal Museum of Modern Art.
Al di sotto del quadro c’erano due figure, una donna di mezza età, ben vestita e con lunghi capelli neri tagliati simmetricamente che le cadevano lungo i fianchi, che indossava un lungo abito color tortora e delle scarpe col tacco basso abbastanza inadatte per una cinquantenne. All’altezza del suo fianco, che cingeva con il braccio sinistro, c’era una bambina con i capelli color platino che indossava un vestito rosso tramonto non adatto alla stagione in corso, date le maniche a giro.
Entrambe si girarono, e la bimba (sui 10 anni di età) rivelò il paio di occhi più neri che John avesse mai visto.
-Sherlock, John, vi presento le mie clienti: Irina Johnson e sua figlia...-
La piccola su avvicinò tendendo la mano con aria stranamente cupa.
-Mi chiamo Evangeline Victoria Hudson e abito al 221a di Baker Street-
   
 
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