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Autore: Bromfighter    12/12/2015    0 recensioni
Un sorriso luminoso e sincero. La luce di due stelle che scintilla sul volto. L'atmosfera resa tiepida dalla sola presenza. A volte basta una persona per ritrovare la Speranza.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Candidi fiocchi di neve cadevano da un cielo grigio e uniforme, mentre la luce del pomeriggio si faceva via via più fioca e lasciava il posto alle tenebre. Vivaci luci gettavano i loro bagliori colorati dalle vetrine dei negozi, dalle finestre delle abitazioni e dalla miriade di bancherelle sparse sulle strade, da cui proveniva un caldo profumo di dolci natalizi appena sfornati, zucchero filato e ogni genere di leccornia, dalle castagne al forno ai biscotti caramellati. A prima vista, quella era una piccola e pittoresca cittadina, una di quelle destinazioni che si potevano trovare sui buoni sconto offerti dalle varie agenzie di viaggio, descritte ed esaltate in ogni minimo particolare ma svuotate dopo la prima visita di ogni precedente attrazione. Era una città chiusa, stretta, incapace di ospitare più persone di quante il senso comune del luogo poteva permettersi di immaginare. Eppure, una fiumana di gente si era riversata fra le strade coperte dalla neve: locali che avevano semplicemente intenzione di farsi una passeggiata, ritardatari alla disperata ricerca di qualche negozio aperto per non rischiare di deludere qualche lagnoso nipotino, venditori ambulanti incapaci di recitare la parte dei dimenticati senzatetto a causa dell’orologio d’oro che sfoggiavano al polso, studenti universitari facilmente riconoscibili dall’aria omicida tipica di chi è costretto a sacrificare quelle che una volta erano chiamate “Vacanze di Natale”. E immerso in questa folla, coperto dalla testa ai piedi dal suo cappotto grigio, trattenendosi a stento dallo sbraitare contro tutti quei dannati turisti, c’era Enea de’ Desires.
Chiunque conoscesse Enea de’ Desires avrebbe fatto fatica a descriverlo come una persona piacevole. I ragazzi che abitavano nel suo quartiere si riferivano a lui come “il vecchio scorbutico che abita qui a fianco”, spesso prendendolo in giro per la sua pancia un po’ troppo sporgente o per i suoi denti anneriti frutto di anni di cocciutaggine nel non voler vedere un dentista. Accadeva spesso che quei maledetti mocciosi si divertissero a intrufolarsi nel suo giardino, disegnando forme volgari sulla neve e bersagliandolo di palle di neve qualora Enea si affacciasse alla finestra intimando loro di smetterla. Era diventata una specie di rito d’iniziazione fra i giovani del quartiere: combinare qualcosa al vecchio de’ Desires conferiva il diritto ad accedere alla cricca più esclusiva e, se si riusciva a compiacere Luke Peacock, forse quest’ultimo avrebbe concesso una delle ragazze della sua lista preferita e, in caso fossi una ragazza, di trascorrere una sera con lui in una delle discoteche più alla moda della città. E magari anche la notte, se eri carina e se Peacock si sentiva particolarmente di buon umore.
Enea strinse i denti. Che gliene importava di quei mocciosi? Che gli importava di essere scaraventato in una pozzanghera, ancora e ancora, mentre quei ragazzini se la davano a gambe con il suo bastone da passeggio stretto in pugno? Li aveva minacciati, anche inseguiti, ma la vecchia ferita che si era procurato in guerra non gli permetteva di sostenere una corsa come una volta. Sarebbe risultato comunque divertente se avessero saputo che era diventato storpio per proteggere la Nazione? Che senza il suo contributo e quello di altri come lui non sarebbero cresciuti in un paese libero? Di quanto ridicoli e odiosi risultassero i loro capricci alle orecchie di chi è cresciuto desiderando come regalo di Natale un pasto più sostanzioso, invece che l’ultimo modello di iPhone o un nuovo tatuaggio da esibire la sera? Quei piccoli bastardi non capivano nulla. Tanto valeva lasciarli perdere. Non era mai risultato particolarmente simpatico ai suoi vicini di casa. Forse era per la lunga cicatrice che gli sfigurava la faccia, che gli conferiva un’aria minacciosa, o forse era perché i genitori dell’allegra combriccola di Peacock si rifiutavano di credere alle presunte malefatte dei loro angioletti: era più probabile che fosse il vecchio de’ Desires ad essere fin troppo scontroso. I Lannistal ne erano la prova più evidente. Si erano trasferiti da poco nel quartiere e, il primo giorno, la deliziosa Cecilia Lannistal aveva portato una torta fatta in casa al vecchio, presentandola come un segno di amicizia. Cecilia si era ritrovata la porta sbattuta in faccia e le imprecazioni di quel maleducato l’avevano accompagnata per tutto il tragitto di ritorno. Non aveva idea di come l’ultima volta che si era visto recapitare una torta, Enea se l’era vista esplodere in faccia. Non aveva idea di quanto difficile fosse per lui fidarsi di qualcuno, dopo la guerra. Non ne aveva idea. Ma da quel momento, Cecilia Lannistal iniziò ad odiare il vecchio della porta accanto. E non si trattenne dal descrivere le molestie che quello sporco grassone avrebbe avanzato nei suoi confronti. Le sue amiche erano estasiate da quelle storie, specie se arricchite da lunghi e dettagliati particolari. Non si curarono di verificare la fondatezza di quelle voci: erano interessanti. E questo bastava.
Enea de’ Desires odiava i mercatini di Natale. Per alcuni, essi erano sinonimo di paradisiaci spuntini artigianali, pittoresche vie abbellite da bancarelle e da luci annuncianti le varie specialità, di persone sorridenti che si dilettano nell’annunciare al mondo le loro creazioni e di occasionali gruppi di cantanti di strada, perfette repliche di Babbo Natale e delle sue renne. Per Enea, invece, erano uno sopravvalutato fenomeno commerciale, enormemente ingigantito da un’accurata pubblicità e rappresentazione di qualcosa che pretendeva di essere ciò che non era. Non c’era nulla di natalizio, nei mercatini. Oh, l’aura natalizia era stata creata a puntino grazie alle interviste truccate dei pezzi grossi del consiglio comunale, ma la verità era che i mercatini sarebbero stati considerati inutili se non fossero riusciti ad attirare turisti paganti. “È sempre questione di soldi”. Enea ricordava fin troppo bene le parole del suo vecchio insegnante, il signor Stole, che aveva sempre ammonito i suoi studenti di non farsi ingannare dal falso sentimentalismo che ammorbava l’aria. Gli esseri umani agiscono sempre e solo per soldi, diceva, al punto che sarebbe risultato estremamente difficile trovare una situazione di “totale disinteresse” da parte di qualcuno. Guerre, lavoro, matrimonio, perfino qualcosa di “innocente” come i mercatini. Tutto si svolge in funzione del guadagno che si riceve: se non si riceve nulla, allora la persona o la cosa con cui abbiamo a che fare diventa inutile. Perfino la religione.
“Do ut des”: nessun dio, continuava il signor Stole, è venerato senza volerne ricevere qualcosa in cambio: la fine di una malattia, un raccolto prosperoso, la vendetta contro un malvagio, una vita nell’aldilà. Nessuna preghiera è fine a sé stessa: perfino i più strenui e vigorosi sostenitori della contemplazione non pregano per sé stessi ma per riceverne in cambio l’idea di essere annoverati fra i Giusti.
Enea non era mai stato un tipo molto religioso, e questo sicuramente poteva nuocere nella famiglia rigorosamente cattolica in cui si era ritrovato a crescere. Tuttavia, prima di conoscere il signor Stole, aveva sempre mantenuto un certo spirito religioso di fondo: pregava la sera e sperava che la vita migliorasse. Ma non era mai migliorata. Le bastonate che riceveva da suo padre non diventavano meno dolorose. La salute di sua madre non migliorava. I conflitti mondiali non si accorciavano, né si risolvevano. All’uomo impiccatosi per disperazione nella stalla non era stata concessa una seconda possibilità. Chiunque governasse l’Universo, non sembrava mostrare il benché minimo interesse per gli esseri che si diceva avesse creato. Cosa importava se gli uomini si ammazzavano a vicenda, se morivano di fame, se orribili malattie stroncavano bambini ancora in fasce o se giovani ragazze venivano torturate da chi una sera aveva deciso di ubriacarsi? Che importava se gran parte della popolazione del mondo rivolgeva le sue preghiere verso il cielo, sperando di trovare conforto e speranza in un Occhio che si supponeva tutto vedesse? Chiunque governasse l’Universo era un essere superiore e, in quanto tale, non si curava di quei minuscoli esseri chiamati “uomini” che abitavano il pianeta azzurro. Che morissero pure: ne sarebbero spuntati subito degli altri. Enea giungeva spesso a questa conclusione. Ma non era questa la definizione di “superiore” che gli volevano inculcare: un essere definito “superiore” non poteva non curarsi di coloro che erano più deboli di lui. Era implicito nella definizione. Non era forse così? Sì, era così, doveva essere così. A quel punto, però, lo sguardo di Enea cadeva sull’ordinata fila di formiche che marciavano ai suoi piedi, minuscole e insignificanti e numerose. E capì. Avevano bisogni, lavoravano, morivano e si riproducevano. Ma a lui cosa ne importava di come ci riuscissero?

Enea de’ Desires non si era mai sposato, né aveva mai avuto figli. A dire la verità, non era nemmeno mai stato fidanzato. Oh, si era innamorato, un paio di volte. Era giovane, inesperto e forse ingenuo, e nell’innocenza che sua madre gli aveva trasmesso si era più volte ripromesso di non proporsi mai ad una ragazza se non avesse provato dei forti sentimenti nei suoi confronti. Mai. Non l’avrebbe ammesso di fronte a nessuno, nemmeno di fronte a sua madre, ma il suo più grande desiderio era stato quello di trovare qualcuno che potesse sinceramente amare, una persona da proteggere e da tenersi stretta al petto, accarezzandole i capelli e sussurrandole parole vere, provenienti dal cuore. Desiderava sentirsi tenere per mano, desiderava percepire il dolce tocco di una testa addormentatasi sulla sua spalla, desiderava una morbida guancia da accarezzare e un sorriso da rievocare quando andava a dormire.
Adorava quando Alexia passeggiava con lui, assaporando la brezza fresca della sera e scherzando con lui della nuova pettinatura del signor Martins. Ma Alexia aveva scelto George Wilkins, il ricco figlio del banchiere che abitava qualche isolato più avanti. Enea la sentiva spesso lamentarsi di come George la considerasse nientemeno che un passatempo, di come non si sentisse bene con lui e di come desiderasse avere qualcuno di gentile e onesto come Enea era nei suoi confronti. Perché Enea de’ Desires, un tempo, era stato gentile: non un vecchio scorbutico arrabbiato con il mondo e con i ragazzini, ma un giovane sincero e timido, desideroso di rendere felici le persone a cui teneva e pronto ad aiutare chiunque di loro senza chiedere mai nulla in cambio. Il ricordo di come Alexia avesse poi scelto Matthias Smith, figlio di un avvocato, ancora bruciava nella memoria di Enea. Matthias era noto per la sua avvenenza, ma soprattutto per la sua abitudine di scagliare pietre contro le vetrine dei negozi. Alexia sembrava cieca di fronte alla realtà. E quando Enea tentò di trascinarla via nel mezzo di una delle solite spedizioni punitive di Matthias, lei lo aveva additato al proprietario del negozio come l’istigatore del reato. Il proprietario non aveva fatto domande: chi poteva essere stato, se non il ragazzo straccione dei de’ Desires? Le cicatrici della punizione che il signor Ashes gli aveva voluto personalmente infliggere non erano mai sbiadite.
Che fine fece Alexia, Enea non lo seppe mai. Gli anni passarono…e incontrò Denise.
Enea non aveva mai incontrato nessuno che desiderasse più di quanto desiderava Denise: era bella, forte, intelligente, capace di farlo sentire bene semplicemente guardandolo e di alleviargli i dolori della vita con la sua sola, dolce risata. Condividevano moltissimi interessi, si divertivano insieme, parlavano a lungo e passeggiavano ogni giorno. Il lieve tepore che Enea sentiva al petto ogniqualvolta la incontrava era una sensazione che il ragazzo si trovava a rievocare ogni ora del giorno, desiderando aver passato più tempo con lei e aspettando con ansia la volta successiva. Amava il suo sorriso, amava il suo buffo modo di attorcigliarsi i capelli quando era nervosa, amava abbracciarla e cercare di infondere in lei tutto l’amore di cui era capace, amava la sorpresa che le dipingeva in viso quando le faceva dei regali, duramente pagati con gli spiccioli guadagnati nel tempo pulendo le scarpe alle gente per strada. Ma Denise, ridendo, lo aveva respinto, definendolo come “l’uomo perfetto ma estremamente carente nell’aspetto”.
Quella sera, Enea pianse per l’ultima volta. Accolse a braccia aperte la chiamata alle armi, cercando disperatamente una via di fuga da quei ricordi. Forse, in una terra lontana, avrebbe incontrato qualcuno che lo avrebbe finalmente accettato, forse non tutto era perduto. Dopotutto, era ancora giovane. “Non perdere la speranza, figliolo”. Queste erano state le parole di Padre Fratac, la sera prima della sua partenza. Era forse l’unica persona di Chiesa che Enea trovasse gradevole: era saggio e paziente, severo ma giusto, proprio come ci si aspetta da un re. Gli aveva regalato un piccolo fiore di bronzo, i cui dodici petali potevano essere separati dal fusto. Nel suo paese era simbolo di speranza, gli disse. I petali simboleggiavano quel sentimento: toglierne uno dal fusto significava comunicare di essere in una situazione difficile, mentre aggiungerne uno significava l’aver superato quel momento. Nel suo paese tutti, secondo Padre Fratac, avevano uno di quei fiori in bella mostra sulla finestra di casa: si sperava in questo modo che gli abitanti arrivassero a comprendersi meglio gli uni con gli altri. Enea aveva accettato il dono e lo aveva lasciato nella casa che la madre gli aveva lasciato alla sua morte. Aveva tolto tutti i petali e lo aveva lasciato in un vaso accanto al focolare, ripromettendosi che al ritorno il fiore sarebbe stato nuovamente completo.

Vent’anni dopo, Enea era tornato a casa. Quel giorno, nessun fiore sbocciò.
Enea si accorse di aver rimuginato su quegli spiacevoli ricordi molto più a lungo di quanto credesse. Si odiò per la sua debolezza. Nel frattempo era ormai calata la sera, ma la folla di gente che attorniava le bancarelle natalizie non si era ancora ridotta. Pensò a quanto fosse sciocco per lui festeggiare qualcosa come il Natale. Che senso aveva? Non aveva famiglia, i vicini lo odiavano e i suoi pochi amici erano ormai da tempo in un posto migliore. Cosa avrebbe dovuto festeggiare, poi? La nascita di un essere a cui non credeva? Il trionfo dell’economia locale? La bontà del cuore di cui quasi mai in vita sua aveva avuto prova alcuna? No, se ne sarebbe rimasto chiuso in casa, mangiando quel poco che poteva mangiare e ascoltando i vecchi dischi che si era portato dall’America tanti anni prima. Aveva perso fiducia nell’umanità già da molto tempo.
Aumentò l’andatura, appoggiandosi al bastone da passeggio, quando all’improvviso le sue gambe si fermarono. Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa stesse succedendo, perché fu proprio in quel momento che sentì una calda e dolce voce provenire da dietro di sé. Come se il suo corpo non rispondesse più ai comandi, si voltò. E la vide.
Ferma di fronte a una bancarella, intenta a discutere amabilmente con il venditore, c’era una giovane ragazza. Era molto bella, dai lisci capelli biondi e dal portamento grazioso. Sorrise al rivenditore, rivelando ad Enea che ancora potevano esistere i sorrisi sinceri, dolci e meravigliosi. La sentì ringraziare e la vide prendere in mano un sacchetto, probabilmente ricolmo di dolcetti natalizi. Si avviò nella direzione opposta, salutando a distanza un conoscente. In seguito, Enea non seppe dire che cosa lo spinse a farlo, ma fu come se le sue gambe avessero autonomamente deciso di non avere voglia di tornare a casa: si voltò e si incamminò verso la stessa direzione presa da lei. Nonostante la sua menomazione, non corse il rischio di perderla: la ragazza sembrava sinceramente interessata a qualunque cosa le si trovasse attorno, fermandosi spesso ad ammirare un monumento o una bancarella. Enea non capiva come si potesse avere interesse in quelle cose. Le bancarelle erano per gli stupidi, mentre i monumenti erano dedicati a persone i cui meriti erano dovuti quasi completamente alle persone sotto il loro comando. Lui lo sapeva bene. Eppure, non poté fare a meno di provare un fioco piacere nel vedere il sincero interesse della ragazza per la statua di un vecchio generale, per il suo meravigliarsi nell’assaggiare la brioches offerta da un venditore e per il sorriso che non le sembrava spegnersi mai dal volto. Enea continuò a seguire la ragazza. La vide fermarsi a parlare con qualche amico, capì che stava progettando di partire per la Thailandia per un offerta di lavoro e di come la cosa le avesse fatto piacere. La sentì raccontare di come fosse stata in Africa e avesse aiutato i bambini, di come fosse stata in America per un anno e di quanto le fosse piaciuto, di come avrebbe desiderato viaggiare e conoscere il mondo. Dimostrava una tale energia e voglia di vivere che pareva avvolta da un’aura splendente, un’aura che non oscurava le altre persone ma, al contrario, ne accentuava la luce.
Più seguiva la ragazza, più la strana sensazione che avvolgeva il petto di Enea pareva destarsi, come una flebile fiamma che ha ormai smarrito la speranza di tornare all’antico vigore. Che gli stava succedendo? Perché quella persona lo turbava tanto? Eppure, non era diversa da chi le stava attorno. No, si disse, qualcosa di diverso c’era: il modo con cui si rivolgeva agli altri, il modo in cui si muoveva, la vitalità che sembrava emanare quando si risistemava quella magnifica cascata di capelli…erano gesti talmente impercettibili che potevano risultare una mera finzione creata dalla mente. Ma Enea sapeva che non era così. C’era qualcosa di speciale in quella ragazza, qualcosa che aveva disperato di poter trovare nuovamente in un essere umano, qualcosa che forse poteva ripagarlo di tutti quegli anni passati nell’oscurità della solitudine. La Speranza. Sì, in lei c’era tutto ciò che ormai non credeva più essere possibile: la speranza di una persona autentica, il senso di vivere una vita anche se di senso pare non averne, la speranza in un futuro migliore, la prova di come non tutto fosse perduto e di come ancora potessero esistere degli esseri “Umani”.
Enea non seppe quanto tempo era passato. Non vedeva più la ragazza. Non seppe dove fosse andata, né come si chiamasse. Ma non gli importava. La calda sensazione di cui gli si era riempito il cuore lo aveva rinvigorito. Fischiettando allegramente, cosa che non gli capitava da tempo immemore, tornò a casa. Quella sera, nessuno riuscì a capire l’improvviso interesse del vecchio de’ Desires per le decorazioni floreali, ma per una volta nessuno ebbe nulla da ridire. Non sembrava di cattivo gusto, quel fiore. Anzi, aveva una sua certa bellezza. Sembrava di bronzo, e aveva 12 petali.
   
 
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