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Autore: crownforaking    12/12/2015    1 recensioni
[Percy Jackson!AU] [Impero Romano/Impero Bizantino; Ancient Germany/Gallia; Celt/Britannia; Impero Macedone/Antico Egitto; Persia, Cartagine, Varie Città Greche e chi più ne ha più ne metta].
Augusto è probabilmente l’unico adolescente che appena arrivato al Campo Mezzosangue non rimane vittima della solita crisi esistenziale perché tutto il mondo che conosceva è appena stato spazzato via dalla consapevolezza che, ehi, quelle robe noiose che studiava a scuola sulle divinità greche e ninfe e satiri e centauri sono tutte storie vere.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Antica Roma, Britannia, Germania Magna, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il maribingo @ landedifandom ; promtp: 42. "Every human being has a basic instinct: to help each other out. Yes, there are assholes who just don't care, but they're massively outnumbered by the people who do." (Mark Watney, The martian)
Per chi fosse interessato ho già scritto di Augusto e Costantino qui e qui.Probabilmente finirò per mettere dentro un numero spropositato di Ancients.
Mi sa che l'unica altra cosa che ho da dire è che Epona è Gallia XD





Le reazioni degli adolescenti che dopo anni di tranquilla — chi più o chi meno — esistenza si ritrovano catapultati in un mondo in cui i miti e le leggende greche sono in effetti la realtà sono tutte diverse: c’è di sviene, chi si fa prendere da un attacco di panico, chi reagisce freddamente, chi chiede di tornare a casa e perfino chi scoppia a piangere.
Augusto è probabilmente l’unico adolescente che appena arrivato al Campo Mezzosangue non rimane vittima della solita crisi esistenziale perché tutto il mondo che conosceva è appena stato spazzato via dalla consapevolezza che, ehi, quelle robe noiose che studiava a scuola sulle divinità greche e ninfe e satiri e centauri sono tutte storie vere.
La sua unica reazione davanti ai due satiri che cercano di spiegargli come vadano esattamente le cose è di rimanere in silenzio per mezzo minuto e poi di cominciare ad urlare “che figata, che figata, che fi-ga-ta!” — per non parlare poi di quando si rende effettivamente conto che se è lì vuol dire per forza di cose che è figlio di una qualche divinità.
Quando il satiro di cui non ha afferrato il nome ha finito di rinfrescargli la memoria su quali siano le divinità che potrebbero riconoscerlo al falò di quella sera Augusto non ha dubbi: «sarà sicuramente Zeus, devo essere per forza figlio di Zeus! Insomma avete visto quanto sono grande e possente? Devo essere per forza figlio di Zeus».
Tutti i presenti hanno smesso di ascoltarlo da un po’, ormai, tranne una bionda che da lontano gli urla: «guarda che non frega un cazzo a nessuno!» e continua come se niente fosse ad allenarsi con la spada.
Augusto alza le spalle con un sorriso che gli va da un orecchio all’altro perché in una giornata come quella nulla, nemmeno una bionda particolarmente acida, potrebbe turbare la sua felicità.
Il satiro finisce il veloce giro turistico del campo cercando di spiegargli quali siano le diverse attività disponibili ma Augusto non riesce a pensare a nulla se non alla possibilità di essere il figlio del grande e potente Zeus.

Ripensandoci potrebbe anche non essere figlio di Zeus — bofonchia tra sé e sé osservando il lago e l’acqua che si increspa piano al soffio del vento — ed è sempre meglio prendere in considerazione altre possibili alternative per non rimanere troppo male davanti ad una delusione. In fondo, per quanto gli dispiaccia, non può certo avere l’assoluta certezza di essere figlio di una particolare divinità — anche se è certo che se dipendesse da una decisione Zeus farebbe qualsiasi cosa per avere lui come figlio.
Ci sono almeno altre sei o sette alternative che tutto sommato non sembrano così tanto male, Poseidone per esempio! Poseidone, il signore dei mari e degli oceani e dei terremoti — sì, Poseidone non è affatto una brutta scelta come ipotetico padre divino. 
C’è un qualcosa di spaventoso nell’acqua che Augusto è certo di poter apprezzare al meglio — per non parlare poi dei terremoti e di quanto sarebbe figo poter muovere la terra o parlare con i delfini e convincere uno squalo ad azzannare qualcuno.
Un paio dei figli del dio del mare cercano di fargli capire che le cose non funzionano esattamente così, ma Augusto ormai è sicuro: come seconda alternativa Poseidone non è affatto male.

Ares, poi, non parliamo di quanto sarebbe figo essere il figlio di Ares! Augusto passa mezza giornata ad osservare come quei ragazzi si allenano senza fermarsi neanche per un secondo e pensa che non ci sarebbe niente di più bello che passare il resto della sua vita a picchiare altra gente senza nessuna conseguenza negativa. Perfino quando i figli di Atena hanno la meglio — Augusto fissa con insistenza una meraviglia di ragazzo dai lunghissimi capelli scuri che sembra essere la mente del gruppo e che gli rivolge più di uno sguardo interrogativo — continua a pensare che forse essere figlio di Ares potrebbe essere perfino meglio che essere il figlio di Zeus.
La guerra, la battaglia, la lotta per la sopravvivenza, la violenza bruta sono tutti concetti con i quali Augusto brama di potersi misurare prestissimo — perfino quando la stessa ragazza bionda di poco prima lo raggiunge di corsa.
«Non pensare di avere vita facile qui solo perché sei grande e grosso» a quanto pare la ragazza si chiama Epona, è una delle figlie di Ares e nonostante la scarsa altezza picchia davvero forte — o almeno queste sono le conclusioni che la testa di Augusto trae dopo aver sbattuto violentemente contro il tronco di un albero. Figata.

Anche Apollo tutto sommato non sembra male come dio — in fondo è il dio di un sacco di cose e tolta la medicina e la poesia ci sono un paio di ambiti che ad Augusto non dispiacciono. Il dio delle pestilenze? Il dio degli arcieri? Si tratta sempre di cose cruente e sanguinose!
Tanto cruente e sanguinose quanto la possibilità di essere figlio del dio degli Inferi — anche questo non sarebbe poi troppo male. Magari potrebbe evocare un esercito di morti per aiutarlo a portare a termine qualche missione o qualcosa di simile. In fondo Ade è una delle divinità più importanti, potrebbe almeno fregiarsi di quel nome altisonante.
Perfino essere uno dei figli di Afrodite lo renderebbe abbastanza felice: si spiegherebbe finalmente da dove viene tutta quella bellezza sovrumana per la quale tutte le ragazze e tutti i ragazzi gli cadono sempre ai piedi.

La possibilità di essere uno dei figli di Atena — anche questa idea non è troppo malvagia: non c’entra un granché con l’intelligenza però almeno c’è sempre la questione della guerra che lo rincuora — gli torna in mente soltanto quando ormai sono tutti seduti attorno al fuoco e il bellissimo ragazzo di qualche ora prima si accomoda vicino a lui quasi con cautela: «il primo giorno al campo è sempre un po’ complicato, non è così?»
«Complicato? È la giornata più bella della mia vita, non vedo l’ora che una delle divinità migliori mi riconosca!» sbotta Augusto senza fare troppo caso allo sguardo improvvisamente più severo dell’altro ragazzo.
«Non dovresti parlare così degli dei, non ci sono divinità migliori di altre» lo rimprovera immediatamente, lanciando uno sguardo preoccupato attorno a sé come se temesse una qualche ripercussione divina — e forse, ci ripensa Augusto, non è poi una possibilità così tanto remota.
«In ogni caso è stupido fare lo sbruffone così, come se sapessi già di essere figlio di chi vorresti tu. Non puoi mai sapere cosa succederà ed è meglio non—»
«Io lo so già cosa succederà» lo interrompe Augusto con la miglior espressione da sbruffone che riesce ad imbastire in quei pochi secondi; «verrò riconosciuto da qualcuno che non faccia schifo!»
Un mormorio divertito attorno a lui lo costringe a smettere di fissare l’espressione di disappunto dipinta sul volto dell’altro ragazzo e a guardarsi intorno: «che c’è, che succede?»
«Prova a guardare cosa c’è sulla tua testa, margheritina!» ride dalla parte opposta del falò Epona, spalleggiata da tutti i suoi fratelli. Augusto si porta immediatamente le mani tra i capelli con un accenno di panico e cerca di tirare via quel qualcosa che sembra essere incastrato tra i riccioli castani e che somiglia inquietantemente ad un mazzolino di fiori.
«Che cos’è, che cos’è?» chiede al ragazzo accanto a lui con ansia crescente nella voce, strabuzzando gli occhi quando questi gli risponde “una corona di fiori”; «e come diavolo è arrivata sui miei capelli una corona di fiori?»
Quando tenta di alzarsi e appoggia una mano per terra dall’erba spuntano otto specie di fiori differenti che, come se fosse del tutto normale, si arrampicano sul suo braccio e sembrano risplendere innaturalmente sotto la luce della luna.
«Che sta succedendo, che sta—» Augusto è sull’orlo di un attacco di panico e, come se i fiori non fossero abbastanza, attorno ai suoi piedi sembra in procinto di crescere un intero campo di grano con tanto di spighe forti, rigogliose e del colore dell’oro.
«Sei stato riconosciuto dal tuo genitore divino» si limita a commentare il figlio di Atena; «a quanto pare sei uno dei figli di Demetra».
«La dea dei fiorellini?» geme Augusto con tutta l’incredulità di quella situazione mentre i gambi dei fiori gli si attorcigliano meglio sulle braccia e sembrano aver deciso di rimanere lì per il resto della sua vita; «ma non è possibile!»
Tutto il resto del Campo Mezzosangue si unisce in un coro di risate — chiaramente stanno ridendo di lui e non con lui — e Augusto passa il resto della serata a guardare sconsolato le spighe di grano e i fiori colorati che continuano a crescergli intorno.

Passano un paio di giorni prima che Augusto riesca a rivedere il figlio di Atena — Costantino, ha scoperto come si chiama grazie ai suoi nuovi fratelli che non sono stati particolarmente felici di averlo come compagno di casa dopo l’incidente del “la dea dei fiorellini” ma che almeno sono riusciti a dargli quell’informazione — e sono decisamente tra i giorni più difficili, complessi e stancanti della sua intera esistenza.
I fiori che ha addosso non se ne sono ancora andati e sinceramente non sa se se ne andranno mai — magari è una punizione divina per quello che ha detto — e ha scoperto di essere allergico ad una delle cinquecento varietà che gli sono cresciute addosso. Scoprire quale, poi, sarebbe meraviglioso.
«Sta andando tanto male?» gli chiede Costantino con un sorriso quasi impercettibile — Augusto immagina che ce l’abbia con lui per il comportamento dell’altra sera e in effetti non può dargli torto. Si chiede comunque perché gli stia parlando, visto il modo in cui si è comportato, ma dopo tre giorni di assoluto silenzio — se non si considerano le prese per il culo di Epona e dei suoi fratelli  — Augusto non ha tutta questa voglia di farsi delle domande a riguardo e si limita ad esserne felice.
«Penso che potrebbe andare peggio» alza le spalle cercando comunque di dimostrarsi più rilassato di quanto non sia in realtà e sforzandosi di ignorare lo sguardo indagatore di Costantino.
«Se ti serve una mano puoi chiedere a me, anche se la prossima volta magari potresti evitare di fare lo stronzo con una persona che hai appena conosciuto e che cercava solo di darti una mano» e con un ultimo sguardo penetrante Costantino se ne va, lasciando Augusto che si sforza in ogni modo di chiudere la bocca.
Non ha idea del perché Costantino voglia essere gentile — lui di certo non lo sarebbe, se fosse nei suoi panni — ma l’idea di avere qualcuno che non sembra avere come unico obbiettivo quello di prenderlo in giro non gli dispiace affatto. E chissà, magari le cose andranno meglio.

 

   
 
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