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Autore: CarolPenny    12/12/2015    5 recensioni
"(...) Daryl c’era sempre stato. Rappresentava una costante. Era come se forze misteriose li spingessero ad essere sempre presenti nella realtà l’uno dell’altra. Non importa quante vite sarebbero passate, quante volte si sarebbero consumati per poi tornare, quante altre persone avrebbero perso o conosciuto. Pensare a Daryl era come provare sicurezza. Ma non in senso fisico. Daryl rappresentava per lei la sensazione di trovarsi nel posto giusto, essere esattamente dove si dovrebbe essere."
Missing moment tra la fine della quinta stagione e l'inizio della sesta.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Breve nota iniziale: visto che nella prima parte della sesta stagione non ci sono state interazioni tra Carol e Daryl, ho immaginato che in realtà abbiano parlato proprio poco prima che arrivasse, nuovamente, il caos che li ha tenuti separati. Buona lettura!
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Quella era stata una serata molto movimentata ad Alexandria. Qualcuno era finalmente ritornato, qualcun altro invece era andato via. Per sempre.
Ormai anche l’ultimo focolare era stato spento e il buio regnava nella cittadina, eccezione fatta per il riflesso luminoso della luna.
C’era finalmente quiete.
Il silenzio non era più una cosa rara, a dire il vero. Se non si contavano il frusciare del vento tra gli alberi, il saltuario cigolio del pavimento e delle molle delle brandine o i remoti ed echeggianti versi di animali selvatici e dei vaganti.
Carol scese al piano terra in punta di piedi. Indossava una vestaglia con un’orrenda fantasia a quadri, lunga abbastanza perché strisciasse sul pavimento.
Quando entrò nel salotto si sforzò di essere ancora più silenziosa, diminuendo leggermente la sua andatura. Ma quando si avvicinò ai divani notò che c’era una figura seduta, che osservava fuori dalla finestra. Naturalmente sapeva che lui fosse lì, era scesa di proposito, e in qualche modo aveva anche sospettato di trovarlo sveglio.
Daryl si girò immediatamente, spostandosi con tutto il corpo e nonostante fosse buio entrambi si ritrovarono a guardarsi negli occhi, o meglio, sapevano di starsi guardando.
“Ti ho portato una coperta” esordì Carol in un sussurro.
Lui rispose velocemente con qualcosa che le sembrò un “Non ce n’era bisogno”.
La donna fece quasi finta di nulla e andò a posare la coperta sull’estremità del divano, poco distante dai piedi dell’uomo. Incrociò poi le braccia al petto e guardò fuori. La nuova motocicletta di Daryl, quella che Aaron gli aveva regalato, era parcheggiata proprio di fronte la casa, poco distante dagli scalini della veranda.
“Come mai non dormi?” Daryl parlò di nuovo, più chiaramente questa volta.
Lei lo guardò subito.
“Come mai anche tu non dormi?”
Il silenzio calò di nuovo.
Entrambi avevano fatto la stessa domanda ed entrambi non sembravano propensi a rispondere. O forse non sapevano da dove cominciare?
Ad un certo punto però Daryl alzò le spalle, gesto quasi impercettibile ma Carol lo vide.
“Allora è iniziata.” riprese lui, cambiando argomento “Rick ha deciso di prendere in mano la situazione”.
“Era come avevo sospettato” rispose subito lei andandosi a sedere sull’altro divano “Le persone qui sono deboli ed impreparate”
“E quell’uomo? Quel coglione che ha ucciso il marito di Deanna e a cui Rick ha sparato?”
“Rick non ti ha raccontato nulla?” Carol pensava che Grimes lo avesse messo al corrente di tutto.
Daryl fece uno dei suoi soliti versi di assenso ma poi continuò “Ci ha parlato di Noah…” fece una pausa  “E poi ha detto che quell’uomo era pericoloso e che ieri ci aveva già discusso”
“Ti sei perso uno spettacolo terrificante” esclamò Carol sarcasticamente “Rick e Pete si sono presi a botte davanti a tutti e poi ha estratto una pistola puntandola avanti a sé. Ci è voluto un colpo alla testa da parte di Michonne perché si fermasse”
Daryl fece una smorfia ma Carol non capì se per divertimento o disappunto.
“Ha messo paura a tutti” continuò lei, comunque “Ma aveva ragione. Ed è arrivato alle mani con Pete per una buona ragione. Quell’uomo era violento. Picchiava sua moglie, Jessie, e probabilmente anche i suoi figli.”
Al termine di quel discorso fecero nuovamente silenzio.
Sai anche tu cosa significa, Daryl. Pete meritava di morire. Pensò Carol, ma non lo disse. In qualche modo ha scelto di finire così. Non aveva idea di chi avesse di fronte a lui. E i suoi pensieri volarono a non molte ore prima, quando lei stessa aveva minacciato l’uomo con il coltello.
Si alzò e Daryl pensò che stesse per tornare al piano di sopra, invece lo superò e andò ad affacciarsi alla finestra. Dopo qualche altro attimo di silenzio rise in un soffio.
“Che c’è?” fece lui, incuriosito.
Lo sguardo di Carol restò fisso fuori.
“La tua nuova motocicletta. È bella.” aveva notato quanto scintillasse illuminata dalla luna. “Non avevo ancora avuto modo di dirtelo.”
Sorrise e Daryl decise di alzarsi per farsi di fianco a lei.
 “Aaron ti ha fatto proprio un bel regalo.”
“Tanto a lui non serviva comunque” rispose laconicamente lui.
“A quanto pare restare qui non porta solo a farsi dei nemici” terminò Carol.
Daryl non rispose, ma dopo quelle parole si mise a pensare. Non sapeva se considerare Aaron un suo amico, ma di sicuro era un brav’uomo. Era sincero e anche coraggioso, qualità che Daryl aveva sempre apprezzato nelle persone.
Inizialmente non aveva preso per il verso giusto che lui lo avesse probabilmente seguito mentre era fuori e che gli volesse parlare, ma si era poi mostrato poco invadente e assolutamente onesto e determinato a far funzionare le cose. Quel piatto di spaghetti che lui ed Eric gli avevano preparato quella sera lo aveva apprezzato molto, tanto da averlo divorato in pochi minuti. Ma magari era stata semplicemente la fame. Pensare al cibo gli fece tornare in mente che quella sera era stata Carol a preparare la cena.
“La zuppa di prima era molto buona” le annunciò.
Lei finalmente si girò nuovamente a guardarlo, sempre con il sorriso.
“Grazie” rispose quasi immediatamente.
Daryl sentì un tocco inaspettato e si accorse che Carol gli stava stringendo una mano.
Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata, come sempre gli succedeva quando avveniva quel tipo di contatto tra loro, ma non riusciva ancora a capire cosa significasse. O forse non credeva che stesse accadendo proprio a lui.
“È piaciuta anche a Morgan” si affrettò ad aggiungere.
Carol gli accarezzò la mano per qualche altro momento prima di lasciarla.
Quegli apprezzamenti da parte di Daryl erano sinceri, lei lo sapeva. E la cosa la rese felice. Ma ai suoi pensieri si aggiunse subito la novità di quella serata.
“Rick ci aveva già parlato di lui, vero?”
 “Sì” confermò Daryl “Quando eravamo ancora alla prigione andò in spedizione con Michonne e Carl e lo trovarono. Disse che era impazzito”
Carol alzò un sopracciglio.
“A te come è sembrato?”
Daryl alzò le spalle facendo un sospiro leggero.
“Sembra un tipo apposto” rispose ma poi aggiunse “Credo”.
Guardando Carol capì che la sua risposta non era stata molto rassicurante.
“Ha salvato me ed Aaron da una situazione di merda. Sembrava un fottuto ninja con quel bastone. Mentre tornavamo ci ha raccontato di aver trovato per caso una mappa che indicava la strada per Washington con sopra scritto il nome di Rick, così ha pensato di provare a cercarlo.”
Aveva sorriso tutto il tempo durante il suo racconto. Aaron aveva risposto a molti dei suoi sorrisi, lui invece no, ma nessuno dei due ci aveva fatto caso. Morgan aveva anche parlato del suo primo incontro con Rick e a quel punto Daryl aveva ricordato chi fosse l’uomo che aveva davanti.  Ma in tutta sincerità, non sapeva proprio come che tipo di persona potesse essere.
“È uno che se la cava” disse infine “Magari può essere d’aiuto qui”.
Carol annuì e questa volta fu lei a sospirare. Si strinse nella sua vestaglia a quadri che Daryl guardò con non poco disgusto. Non ci aveva fatto caso prima, ma con il riflesso lunare non aveva potuto fare a meno di notarlo. Non era affatto per una questione estetica, ma semplicemente le andava troppo grande e così come per gli altri vestiti da lei indossati quando erano arrivati ad Alexandria, provava sempre una sensazione bizzarra nel vederglieli addosso. Addirittura quasi di fastidio.
Fu come un flash. Immaginò di dirle che quella vestaglia non gli piaceva e Carol che di tutta risposta si sfilava l’indumento di fronte a lui facendolo cadere a terra.
Che cazzo sto pensando?
Daryl si ritrovò quasi ad imprecare ad alta voce e guardando gli occhi di Carol fissi su di lui (ancora una volta) deglutì e cercò di dire qualcosa di sensato.
“Sei ancora la simpatica cuoca del vicinato?” la sua domanda suonò molto più ironica del previsto e probabilmente non era neanche così intelligente. Infatti lei scosse la testa sorridendo. Fece svolazzare la vestaglia.
“Non è il massimo, ma è comoda” rispose.
Ancora una volta. Si ritrovò a pensare Dixon. È come se potesse leggermi nella mente.
“Comunque sì” continuò Carol seria “Fino a quando ce ne sarà bisogno. E tu, continuerai ad andare fuori?”
Daryl si portò una delle dita alle labbra e iniziò a mangiucchiarsi l’unghia.
“Tanto non ho nulla da fare…” rispose quasi atono.
Non era la prima volta che Carol aveva sentito Daryl pronunciare quelle parole. Ripensandoci, sembravano appartenere ad un sogno, un momento così lontano… Ricordare quel periodo era come ricevere un pugno nello stomaco e subito dopo una lieve carezza sul viso. Ricordare la determinazione e la dolcezza di Daryl, servite così poco per Sophia, ma rimaste nel suo cuore per sempre.
Lui aveva una corazza difficile da scalfire, ma Carol si considerava fortunata abbastanza da poter vedere parti di Daryl non concesse a chiunque.
Di sicuro non agli abitanti di Alexandria.
“È pur sempre qualcosa” riprese la donna allontanandosi di qualche passo dalla finestra “Stai facendo qualcosa”
“Mmh…mmh…” fece Daryl “Ci sto ancora provando”
Carol sorrise di nuovo e questa volta lui la vide spostare entrambe le braccia verso di lui e raggiungere la fronte. Con le mani prima gli lisciò leggermente i capelli, poi cercò di spostargli delle ciocche dal viso.
In quel momento sembrò quasi che stesse avvenendo un dialogo silenzioso tra i due. Lei lo guardava come a dire “dovresti tagliarti questi capelli”e lui come a rispondere “assolutamente no!”.
Infine Carol lasciò andare la chioma scura e andrò a stringergli una delle braccia, poggiando leggermente il peso del suo corpo su di lui.
Daryl non riusciva a controllarsi in quei momenti, quindi si irrigidì per una questione di abitudine, ma non così tanto come in passato.
“Sei sicuro di voler restare qui? Il posto per te di sopra c’è.” propose lei.
“Sto… sto bene qui” la risposta di Daryl fu un po’ incerta e frettolosa ma lei non si scompose e continuò a sorridere.
“Allora buona notte, signor Dixon!” commentò allegramente lasciando il suo braccio e per la seconda volta quella notte fu preso alla sprovvista.
Sentì le labbra calde di Carol a contatto con la pelle del suo viso, sotto la guancia, così vicino alla sua bocca. Iniziò a fremere e tremare, ma lei per fortuna non se ne accorse perché si era già allontanata.
“Ci sono tante cose da fare domani!” esclamò infine e Daryl riconobbe immediatamente il tono falso della sua voce e non gli dispiacque affatto farsi distrrre per non pensare al motivo per cui stava ancora tremando.
Quando la vide scomparire definitivamente dalla stanza, ritornò a fissare fuori, verso la sua moto. Ma in realtà non la stava guardando davvero.
Quando si è soli nel silenzio, è molto difficile non riuscire a pensare.
E in quel momento i suoi pensieri erano tanti, troppi. Ci volle qualche minuto prima che l’elettricità nel suo corpo si consumasse e a quel punto, dopo aver dato una veloce occhiata alla balestra poggiata in un angolino, si fece spazio sul divano e senza neanche rendersene conto prese anche la coperta, sistemandosela fin sopra la vita.
Se solo ci fosse un modo per potersi dimenticare di tutto, anche solo per un momento! Daryl era stato abituato per tutta la vita ad affrontare momenti di crisi e di violenza, quelli che altri avrebbero chiamato tragedie famigliari, problemi con la legge, con la droga, una vita disagiata.
Si era ritrovato spesso a pensare che nulla sarebbe potuto essere peggiore di ciò che aveva provato in precedenza, ma a quanto pare, era una grossa cazzata. La sofferenza è sempre lì, non c’è modo di evitarla. Solo se fai finta di non provarla, ma tanto non serve a nulla perché sai che è dentro di te.
Represse un verso di rabbia e si stese definitivamente. Sentì l’intero corpo rilassarsi e pensò che probabilmente la stanchezza fisica avrebbe avuto la meglio quella sera e finalmente si sarebbe addormentato, almeno per un po’.
È ora di crescere, fratellino!” quella frase riecheggiò così limpidamente nella sua mente che per un secondo immaginò di vedere la figura di Merle nella stanza, ma qualche secondo più tardi si diede dello stupido per essersi addirittura girato a controllare.
Era una cosa che suo fratello gli aveva detto tanti anni prima, una cosa che aveva segnato il primo vero cambiamento nella sua vita.
Quella volta si era trattato di andare via. Lontano da loro padre, lontano da quello che restava del ricordo della madre, lontano dall’infanzia finita troppo presto, lontano da una vita ancora indefinita.
Eppure la situazione non era migliorata granché. Merle gli aveva procurato vestiti, gli aveva presentato amici, lo aveva portato ovunque capitasse rendendo ogni tipo di situazione alla strema del tragicomico. Lui e le sue cazzate. Daryl era cresciuto conoscendo il vero volto del degrado e delle ingiustizie, ma sapeva anche guardarsi intorno. Solo che non lo faceva con gli occhi invidiosi di chi con la violenza prende ciò che non potrebbe altrimenti avere, quella era una mentalità appartenuta a Merle, lui lo aveva semplicemente seguito, non aveva avuto scelta. La vita non gli aveva dato nient’altro che suo fratello.
Non si era mai ritrovato a pensare a cosa desiderasse per se stesso, se volesse diventare qualcuno, se desiderasse qualcosa di diverso. E se pure era capitato, i suoi pensieri erano stati immediatamente sopraffatti dall’ennesimo guaio in cui Merle si era cacciato.
Per questo ora gli risultava difficile affrontare un certo tipo di desiderio, per questo preferiva restare fuori, dove nessuno gli avrebbe fatto domande scomode o inutili, e dove avrebbe potuto mettere in pratica quel poco di esperienza acquisita durante i tanti anni in cui si era dovuto arrangiare da sé.
Ma questa volta stava scappando senza la spinta di nessuno e poi era davvero quello che stava facendo? Adesso una casa ce l’aveva e c’erano certe cose, o meglio, certe persone che non avrebbe di certo abbandonato così facilmente.
Stava seguendo il suo istinto, come aveva sempre fatto e sentiva che continuando ad andare fuori avrebbe trovato una risposta.
E Carol?
Doveva ammettere che quel suo camuffamento non gli era piaciuto, all’inizio. Non ne aveva compreso la necessità ma conoscendola e ricordando le tante cose di cui non avevano parlato ma che sapeva lei avesse dentro, capì che probabilmente era il suo modo di provarci. Lui sentiva la necessità di andare fuori, lei di salvaguardare il gruppo in quel modo, facendo amicizia un po’ con tutti. Forse era il suo modo per non pensare, per andare avanti in qualche modo. E poi c’era una cosa che sicuramente non faceva parte della sua messinscena. Da quel che ricordava da quando l’aveva conosciuta, Carol era sempre stata un’ottima cuoca, anche con il minimo indispensabile e con gli ingredienti più improbabili, compresi i suoi scoiattoli.
Chi l’avrebbe mai detto! Ricordando tutte le volte che lei aveva cucinato per il gruppo, e i sorrisi che gli aveva rivolto, che anche se faceva fatica ad ammetterlo gli causavano non poco batticuore, Daryl finalmente chiuse gli occhi e si addormentò.
 
*
 
Carol socchiuse la porta che non emise neanche un cigolio. Si sfilò la vestaglia e la lasciò ai piedi del letto. Si rese conto che una parte di sé stava pensando che sarebbe stato meglio restare al piano di sotto, poichè una volta arrivato il giorno ci sarebbero state parecchie cose da fare e non avrebbe trovato il tempo di parlare da sola con Daryl. Ricordava con malinconia i giorni alla prigione dove riusciva sempre a sgattaiolare nella sua cella, restando a fargli compagnia mentre puliva balestra e frecce, parlando di tanto in tanto di quelle che erano le attività del giorno. Anche quello stava diventando un ricordo lontano e triste, così si sforzò di pensare a quello che avrebbe dovuto fare il giorno seguente.
Si infilò sotto lenzuola e coperte chiedendosi se le cose sarebbero cambiate e in che modo.
Fece immediatamente una lista mentale di ciò di cui aveva bisogno:
Parlare con Rick.
Scambiare qualche parola con il nuovo arrivato, Morgan.
Parlare con Jessie se fosse stata dell’umore giusto.
Andare nella dispensa, molto probabilmente accompagnata dalla signora Neudermeyer e le altre donne del club della cucina.
Mentre stava ancora facendo programmi, sentì dei passi proprio fuori la porta, si alzò a metà e si mise a sedere prima di capire che si trattava di Rick con in braccio Judith. La voce dell’uomo era bassa, Carol capì che stava parlando alla bambina senza però comprenderne le parole.
Pensò istintivamente di scendere dal letto e di dire all’amico che avrebbe potuto pensare lui a far riaddormentare Judith ma qualcosa la fermò appena in tempo.
Ormai era più forte di lei. Quel desiderio di poter aiutare tutti, qualunque fosse stata la circostanza. Sentiva di volerlo fare e di poterlo fare, innanzitutto.
Ma volte si può anche restare in disparte. Va bene così.
Carol allungò un braccio verso la parte vuota del letto accanto a sé. Fu un altro gesto involontario.
Cosa aveva sperato di trovarci? Chi?
Ed? Sophia? Lizzie o Mika?

Daryl?
La donna si infilò nuovamente sotto le coperte rendendosi conto che quello era stato un altro di quei momenti in cui la realtà le sembrava surreale. Come se avesse avuto tante vite e nessuna di quelle l'avesse vissuta davvero.
Dopo il matrimonio con Ed aveva immaginato tutto il resto della sua vita con lui, nessun altro programma per la testa. Poi era arrivata Sophia e nulla sarebbe stato più importante. Poi tutto era stato spazzato via. Prima l’epidemia, poi la loro morte. Era arrivato il gruppo, tanti nuovi amici, altri bambini da accudire e a cui aveva voluto bene sinceramente, quasi quanto ne aveva avuto alla sua bambina… Anche quello scomparso nel nulla.
Era esattamente come aveva detto a Daryl ad Atlanta. Tutte quelle vite erano state bruciate e lei con esse. Ora c’era Alexandria. Fino a quanto sarebbe durata?
Questa volta non avrebbe rischiato, come aveva fatto, anzi non fatto, quando inerme aveva vissuto con Ed. Non avrebbe rischiato di essere mandata via senza combattere per la propria posizione sempre stata a favore dell’intero gruppo, come successo alla prigione.
Dopo gli omicidi di quella notte gli abitanti della comunità era stati messi brutalmente al confronto con la realtà. Le cose sarebbero dovute inevitabilmente cambiare e lei sarebbe stata pronta.
Ripensando a quando lei e Daryl erano stati ad Atlanta per cercare Beth ricordò ancora una volta lui che le diceva che, nonostante tutto, non erano morti.
Ed e Sophia erano morti. Anche Lizzie e Mika. Anche tante altre persone a cui avevano voluto bene. La fattoria e la prigione erano andate distrutte eppure ogni volta che una nuova vita era ricominciata, Daryl c’era sempre stato. Rappresentava una costante. Era come se forze misteriose li spingessero ad essere sempre presenti nella realtà l’uno dell’altra. Non importa quante vite sarebbero passate, quante volte si sarebbero consumati per poi tornare, quante altre persone avrebbero perso o conosciuto. Pensare a Daryl era come provare sicurezza. Ma non in senso fisico. Daryl rappresentava per lei la sensazione di trovarsi nel posto giusto, essere esattamente dove si dovrebbe essere.
Amore?
Carol si era fermata a riflettere spesso sul significato di quel sentimento che nel passato aveva creduto di capire fino in fondo, sbagliando. Per questo motivo ora era decisamente più cauta, nonostante il volto di Daryl fosse una delle prime cose che le venissero in mente se avesse dovuto confrontarsi con le proprie emozioni.
Lei non sapeva che Daryl pensasse esattamente le stesse cose, solo che per lui era tutto molto più nebbioso. Non avrebbe mai saputo da dove cominciare per spiegare cosa provasse e probabilmente, il più delle volte ne era anche spaventato.
Pazienza, c’erano tante altre cose di cui occuparsi prima.
Quando è destino, prima o poi verrà a galla da sé. 
   
 
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