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Autore: Generale Capo di Urano    13/12/2015    2 recensioni
|Secondo classificato al contest "Sweetness" indetto da SoulKilled sul forum di EFP|
Una oneshottina fluffosa, nulla di più.
***
Romano sta scrivendo una lettera, e Veneziano vorrebbe tanto sapere cosa sia!
«Cosa stavi scrivendo?» domandò, con il solo risultato di far avvampare il giovane, che si affrettò a risistemare il tutto nascondendo quelle poche righe che era riuscito a buttare giù.
«Non sono affari tuoi» Lovino si affrettò a mettere a posto il tutto nel cassetto sotto il tavolo, prima di alzarsi e trascinare il fratellino nella stanza accanto. «Muoviamoci, prima cominciamo, prima finiamo!»

***
Buona Santa Lucia! :)
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Finlandia/ Tino Väinämöinen, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Enjoy the little things



7 dicembre, Roma - Italia
 
Veneziano scese canticchiando le scale che portavano alla cucina, saltando i gradini a due a due, incurante della pericolosità della cosa, pimpante e allegro come un bambino il giorno del suo compleanno. «Fratellone! Fratellone!»
Il maggiore, seduto al tavolo con la testa chinata, non diede segno di volergli dare retta. Il Nord gli si avvicinò da dietro, scuotendolo con foga mentre lo chiamava con fare piagnucoloso: «Fratelloneeeeee…»
«E piantala!» Romano si girò, scacciandolo malamente; la mano sinistra andò a coprire un mucchietto disordinato di fogli, come per nascondere ciò che stava scrivendo. Lo fissò, visibilmente infastidito. «Sì può sapere che hai?»
Il minore gli si aggrappò alla stoffa della camicia, tirandola insistentemente: «Avevi promesso che oggi mi avresti aiutato a fare l’albero e il presepe… me l’avevi promesso!» guardò il fratello con occhi supplicanti mentre gli si aggrappava addosso cercando di trascinarlo via. Questi diede uno strattone al braccio, riuscendo a liberarsi per tornare a ciò che stava facendo.
«Non ho tempo ora» borbottò, seccato. «Non potremmo farlo domani, insomma?»
Veneziano mostrò un broncio deluso, per poi riprendere ad assillare il moro, fermamente deciso a non dargli tregua fino a che non avesse ceduto. «Ma fratellone…» si abbassò, stringendolo da dietro e scrollandolo tra vari piagnucolii «ma domani dobbiamo andare all’apertura del Giubileo, ce l’ha chiesto Vaticano… ti ricordi? Ha fatto la faccia da cucciolo di panda senza mamma, Romano! Domani non si può, Romaaaaaa…»
Il Meridione esitò, rimanendo con la penna sollevata sopra al foglio bianco; rivide per un attimo il volto di Celestino che li fissava con occhi imploranti, come pregando di non lasciarlo da solo in un momento di tale crisi. Strinse irritato la biro, fino a farsi male alla mano. «Maledetta faccia da panda…»
Feliciano si rimise dritto con uno scatto, consapevole di esser riuscito a smuovere il maggiore. «Allora, lo facciamo? Subito, eh? Allora, allora?»
Romano sbuffò esasperato, acconsentendo con un cenno del capo. «Ma sia chiaro, o si fa come voglio io o niente! Che avrei anche di meglio da fare che uno stupido albero!»
Il più piccolo borbottò qualcosa di simile a un “non è stupido”, ma tacque non appena l’altro lo fulminò con uno sguardo. Si esibì in un sorrisetto innocente, prima di posare lo sguardo sui fogli su cui il fratello stava tentando di scrivere fino a pochi minuti prima; allungò il collo, cercando di vedere di cosa si trattasse.
 «Cosa stavi scrivendo?» domandò, con il solo risultato di far avvampare il giovane, che si affrettò a risistemare il tutto nascondendo quelle poche righe che era riuscito a buttare giù.
«Non sono affari tuoi» Lovino si affrettò a mettere a posto il tutto nel cassetto sotto il tavolo, prima di alzarsi e trascinare il fratellino nella stanza accanto. «Muoviamoci, prima cominciamo, prima finiamo!»
«Era una letterina di Natale per qualcuno?» Veneziano sorrise con fare dolce, ma il suo tono parve quasi canzonatorio. «È per una persona speciale?»
«Piantala di dire idiozie e datti una mossa» ringhiò il maggiore, avvicinandosi allo scatolone con le decorazioni che l’altro aveva già preparato accanto all’alberello finto.
Non era quello che si definiva un gran bell’albero di Natale, il loro: era piccolo, alto poco più di un metro, vecchio e spelacchiato, ma ormai il minore dei Vargas ci era affezionato e non avrebbe mai voluto cambiarlo con un altro. Anche Romano, dopotutto, ci teneva a quell’affare consumato e mezzo rotto, ma questo non l’avrebbe mai ammesso: sia mai che lui potesse sembrare un tipo sentimentale!
Il ramato si chinò accanto a lui, mettendosi a frugare nella grossa scatola di cartone e nel frattempo approfittandone per osservarlo ancora più da vicino; alzò lo sguardo, mostrandogli due occhioni speranzosi a cui nessuno avrebbe potuto resistere. «Dai, mi dici per chi era? Non lo dico a nessuno, giuro!»
Lovino digrignò i denti, spazientito, mentre una vena cominciava a pulsargli pericolosamente sulla fronte.
«Era per il fratellone Spagna, sì? Ho indovinato, vero? Lo so che tanto ho ragione!»
Uno scappellotto ben assestato del fratello lo fece tacere, ma il ragazzo non smise di sorridere soddisfatto, convinto della sua intuizione.
Ci misero quasi l’intero pomeriggio per riuscire a sistemare sia l’albero sia il presepe, la cui metà del tempo fu occupata da litigi perché Feliciano era stufo delle decorazioni rosse e oro, perché a Romano le lucine colorate non andavano bene, perché “col cavolo che mettiamo sul nostro albero la pallina che ti ha regalato l’inutile crucco!” e cose del genere. Tuttavia, alla fine si misero d’accordo e il minore riuscì a ottenere che il regalo di Germania fosse appeso assieme alle altre decorazioni –anche se ben nascosto, s’intende.
Il Sud incrociò le braccia al petto, osservando il lavoro compiuto mentre tentava di nascondere una smorfia soddisfatta. «Ecco, a posto. Ora, se non ti dispiace, io tornerei a fare ciò che stavo facendo».
Veneziano però lo fermò, saltandogli letteralmente addosso e stringendogli le braccia attorno al collo. «Ve, anch’io devo fare delle letterine di Natale! Ne voglio spedire a Germania, a Giappone, al signor Austria, alla signorina Ungheria, a Polonia…»
Lovino alzò gli occhi al cielo, sbuffando, per poi riuscire a staccarsi in qualche modo dal fratellino e dirigersi verso la cucina. «Fa’ come ti pare, ma da qualche altra parte, ho bisogno di un po’ di pace!»
«Ma fratellone…» piagnucolò il Settentrione, seguendolo. Il moro sospirò esasperato, passandosi una mano tra i capelli scuri.
Chissà quando sarebbe riuscito a finire quella stramaledetta lettera…
 
 

9 dicembre, Vienna – Austria
 
«Stava scrivendo una specie di lettera, ma non me la voleva far vedere! È così misterioso! Ah, ma io lo so cos’era! Era un pensiero per il fratellone Spagna, per Natale, di sicuro!»
«Hm-hm» fece Austria, distrattamente, mentre osservava Ungheria versare il tè nelle preziose tazze di porcellana. La donna annuiva a ogni parola dell’italiano, sorridendo: sembrava capire esattamente ciò che egli intendesse dire con tutti quei suoi discorsi confusi.
Germania, al contrario, pareva perplesso, esattamente come il fratello maggiore. Aveva perso da un pezzo il filo del discorso e non riusciva assolutamente a comprendere i ragionamenti dell’amico, il quale continuava ad elencare le sue intricate argomentazioni con una sicurezza disarmante.
«No, aspetta, fermo… fermo» lo interruppe; Veneziano si girò a guardarlo, con un’espressione interrogativa, imitato subito dopo dal resto dei presenti. Ludwig esitò.
«Come fai a dire che quella lettera è proprio per Spagna? Perché mai dovrebbe fargli una cartolina di Natale, scusa?»
Il castano inclinò la testa di lato, stupito dalle parole del tedesco. «Beh, perché tra innamorati si fa così, no?»
Si allungò verso di lui, avvicinandosi pericolosamente al suo volto che divenne rosso per l’imbarazzo; Germania fece di tutto per allontanarsi, mentre il ragazzo continuava a stargli appiccicato addosso con un enorme sorriso stampato in faccia. «Ci si manda letterine d’amore e ci si scambiano regali… e soprattutto ci si fanno tante coccole!» gli saltò al collo, ridendo, mentre il biondo sembrava voler sprofondare nel pavimento.
Elizaveta ridacchiò; diversamente, Prussia li fissava più confuso di quanto non lo fosse il consanguineo. Si girò verso la donna.
«Tu ci hai capito qualcosa?» domandò, facendola ridere ancora di più. Roderich sorrise sotto i baffi, cercando di nascondere il ghigno portandosi la tazza di tè alle labbra.
«I-Italia!» Ludwig riuscì con fatica a scrollarsi di dosso l’amico, che lo fissò imbronciato mentre cercava di ricomporsi.
Feliciano distolse lo sguardo, capriccioso, gonfiando le guance. «Sei noioso, uffa!»
Austria appoggiò le mani sulle cosce per aiutarsi ad alzarsi dal divano e si avvicinò alla finestra per osservare l’esterno. «Piuttosto, Italia, è abbastanza tardi: Romano non si starà preoccupando?»
L’interpellato si riscosse, spaventandosi non appena pose l’occhio sull’orologio appeso alla parete di fronte; trasalì, per poi scattare in piedi come un fulmine e andare a recuperare le proprie cose.
«Dannazione, è tardissimo! Romano mi ammazza!» indossò in fretta e furia il cappotto, correndo nello stesso tempo da una parte all’altra della stanza per salutare tutti con due baci sulle guance; si soffermò un secondo di più davanti a Germania, sorridendogli allegro prima di piombare come un razzo fuori dalla casa dell’austriaco. «Allora ciao, eh!»
Ludwig rimase imbambolato a fissare la porta per qualche istante. «Si…si può sapere che diavolo ha per la testa?»
Gilbert scrollò le spalle, ghignando tranquillo: «È italiano, non farti troppe domande…»
Ungheria li osservò divertita, ammiccando al marito; Austria accennò un sorriso.
«Penso che, stando così le cose, Italia dovrà fare molto di più che “il primo passo”…»
 
 

13 dicembre, Roma – Italia
 
Veneziano sbadigliò e si stiracchiò, ancora sdraiato nel comodo letto del fratello (Lovino aveva acconsentito a farlo dormire con lui “solo per quella notte”; il fatto che quel “solo per una notte” valesse in pratica per ogni nuovo giorno era completamente irrilevante). Lasciò crollare nuovamente il braccio sul cuscino, per nulla intenzionato ad alzarsi.
Un raggio di luce andò a infastidirgli le palpebre chiuse, impedendogli di riprendere sonno. Emise qualche verso lamentoso, soffocato dal guanciale, mentre socchiudeva pigramente gli occhi. «Hmpf… fratellone, che ore son-hum?»
Si accorse solo in quel momento che il maggiore si era già alzato, lasciandolo lì a dormire. Si sollevò, non con poca fatica, allungando fiaccamente i piedi giù dal letto mentre sbadigliava nuovamente.
Si avviò lentamente verso il salotto, cercando di eliminare i residui di sonno; era una vera impresa alzarsi la mattina, anche -anzi, soprattutto!- dopo una lunga dormita.
«Roma, sei qui?» si affacciò sull’uscio della stanza, alla ricerca del fratello, ma questi sembrava non esserci: forse era uscito a fare qualche commissione o roba simile.
Fece per andarsene e avviarsi verso la cucina per fare colazione, ma per caso il suo sguardo cadde verso l’albero posizionato in un angolo della stanza. Si avvicinò, incuriosito, avendo notato a terra la presenza di qualcosa che il giorno prima non c’era: si chinò, allungando il braccio per raccogliere il pacchettino che pareva essere apparso dal nulla sotto l’alberello.
«Da dove viene questo?» lo rigirò tra le mani, giocherellando con il fiocchetto blu che si trovava leggermente spostato rispetto al centro; adocchiò un bigliettino caduto per terra e lo prese per riuscire a leggere. «“Per Veneziano”… allora lo posso aprire?»
Rimuginò tra sé e sé, cercando di capire se ci fosse una qualche ricorrenza che aveva dimenticato, ma in quel momento proprio non gli venne in mente nulla. Riavvicinò al volto il foglietto di carta, nel tentativo di decifrarne la calligrafia.
«Embè, non lo apri?»
Feliciano si girò di scatto, trovandosi davanti il fratello che lo osservava impaziente.
«Romano, sei stato tu? È tuo questo?» gli sorrise raggiante, lanciandosi verso di lui con l’intento di abbracciarlo, ma prontamente il Sud riuscì a tenerlo lontano, borbottando imbronciato: «Ah, e smettila, stupidissimo fratellino! Che c’entro io?» cercò di tenerlo fermo, girando la testa per nascondere il rossore. «Sarà stata Santa Lucia che ha pensato di portarti qualcosa… no?»
Il minore si fermò, bloccando di colpo il tentativo di gettare le braccia al collo del moro; si girò a guardare il calendario, notando la data: «Tredici dicembre…»
Era vero, era il giorno di Santa Lucia! Così si spiegava tutto, o quasi…
Il Settentrione abbassò lo sguardo sul pacchettino che non aveva smesso di tenere fra le mani fino a quel momento. «Ma io non ho chiesto nulla…» Tornò poi a osservare il volto nervoso del maggiore; il suo viso s’illuminò, mostrando un gigantesco sorriso. «Roma…»
Il meridionale si rifiutò di guardarlo negli occhi, tenendo ostinatamente lo sguardo voltato verso il caminetto spento dall’altro lato del salotto.
«Fratellone, la letterina che stavi scrivendo… era per questo?»
Lovino mugugnò qualcosa di incomprensibile, prima di essere assalito da un polentone gioioso che quasi lo fece crollare a terra.
«Ti voglio bene, fratellone!»
«Maledizione, smettila, staccati! Fermo!»
Veneziano rise, senza la minima intenzione di mollare il fratello. Il regalo rimase su un vecchio mobile in legno, ancora incartato.
 
 
 


13 dicembre, Stoccolma - Svezia
 
Natten går tunga fjät
runt gård och stuva
kring jord som sol’n förlät
skuggorna ruva.
Då i vårt mörka hus
 stiger med tända ljus
Sankta Lucia, Sankta Lucia

Berwald teneva d’occhio attentamente il piccolo Sealand, che correva allegramente in mezzo agli altri bambini intonando insieme a loro il Luciasången, il vestito bianco svolazzante attorno ai piedi e le mani sollevate sopra la testa per tenere ferma la corona di foglie con le candele.
Ladonia, palesemente meno contento del suo ruolo di stellina, cercava di stargli al passo, brontolando imbronciato.
Tino si affiancò all’omone nordico, alzando lo sguardo. «Sembra si stiano divertendo» commentò allegramente, mentre tentava di stringersi attorno al collo il maglione di lana decisamente troppo largo per lui.
«Hm» Svezia si girò verso il compagno; la sua espressione non tradiva alcuna emozione, ma il finlandese ormai aveva imparato a capirlo al volo: era sicuramente contento, e la cosa lo rendeva felice.
L’alto scandinavo si sistemò gli occhiali sul naso, per poi avvicinare il volto a quello del finnico che arrossì di botto. Allungò una mano sul suo viso, pulendo e ultime briciole dei lussekatter che gli erano rimasti sul mento.
«Ehm… grazie» balbettò Finlandia, abbozzando un sorriso nervoso. Si allarmò un poco quando lo svedese gli mise le braccia attorno al corpo, stringendolo a sé con fare protettivo, ma presto si riprese rilassandosi nell’abbraccio del gigantesco uomo.
Osservandolo, gli sembrò che avesse qualcosa di strano. Gli domandò se fosse stanco, ma questi si limitò a scuotere tranquillamente il capo, tornando poi con gli occhi sulla gran massa di bambini affollati per le vie della città.
Tino allungò a sua volta lo sguardo verso la processione, alla ricerca dei due marmocchi fuggiaschi. «Forse dovremmo andare a cercarli…»
Per tutta risposta, Berwald lo strinse ancora di più contro il suo petto.
«Più tardi, moglie»
«Non sono tua moglie…» biascicò appena il piccolo nordico, appoggiandosi dolcemente a lui con un tenero sorriso stampato sulle labbra. 











Angolino della pucciallegria
Moi! <3
Yup, penso di dovervi alcune delucidazioni. Well, dalle mie parti, al posto di Babbo Natale che porta i regali a... Natale, appunto, abbiamo Santa Lucia il 13 dicembre, so here we are. 
Inoltre, ho scoperto che Santa Lucia è venerata molto anche in Svezia, dove le figlie maggiori si alzano e si vestono con un vestito bianco e una corona con foglie e candele in testa e con l'aiuto dei più piccoli preparano i
 
lussekatter per i genitori. Poi c'è una mega-processione per le strade delle città -comunque, se volete saperne di più, ecco qui: //terreceltiche.altervista.org/tag/luciasangen/
Quindi, boh, dato che Finlandia è Babbo Natale... perché Svezia non può essere Santa Lucia? (?) Lo sto immaginando vestito di bianco su un asinello... RIDOH.
D'accordo, meglio se la pianto di vaneggiare. Spero che questa cosina fluffosa vi sia piaciuta e che non vi abbia solo fatto perdere tempo^^
Moi moi!

 
   
 
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