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Autore: Lyssie Parker    14/12/2015    1 recensioni
Quante volte ci si domanda se è possibile ricominciare, quante volte si soffre, quante volte ci si chiede cosa ne sarà del nostro futuro. Lo fa un uomo quando perde il proprio lavoro, una moglie che scopre il tradimento del marito, un genitore che viene pugnalato moralmente da un figlio. Oltre tutto, oltre ogni cosa esiste sempre un domani, forse peggiore, o forse pieno di luce, chi lo sa! L'importante è rendersene conto, capire che oltre la tragedia resta ancora la vita.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 

QUEENSTOWN

<< Svegliati!>> Urlò di colpo Andy, mentre scuoteva il suo compagno di mille avventure, chinandosi su di lui<< Lo sai che un po' di liquore in più non dovrà bastare a fermati. È tardi! È tardi...ormai!>>

Il giovane aprì gli occhi, disorientato. Era come se avesse avesse inghiottito dell'arsenico la notte precedente. Aveva la bocca amara e sentiva un profondo senso di disturbo allo stomaco, ma non si sarebbe fermato, avrebbe lasciato tutto in nome di un sogno.

<< Che ore sono?>> Chiese freddamente, cercando di non guardare Andy negli occhi.

<< È tardi, te l'ho detto. Dovrai correre Stewart! >> Disse quelle parole e si voltò dalla'altra parte.

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Lo interruppe facendo una risatina forzata<< Certo, come no! È l'ultima volta che ci vediamo, lo sai bene anche tu. Sono rassegnato oramai, ma non sono invidioso, non lo sarò mai. Forse un giorno i giornali parleranno di te!>>

<< Spero non per dire: Giovane aspirante tennista si toglie la vita ai piedi della statua della libertà.>> Il ragazzo provò a sdrammatizzare, ma sapeva che Andy aveva ragione, quello era di certo un addio e lo capivano entrambi.

Dopo poco, il ragazzo fu pronto a lasciare quel luogo. La verde terra d'Irlanda non era più affar suo, ora gli si spalancava davanti un nuovo mondo, una grande avventura, quella della vita. Si sentiva pervaso da una grande energia, era proprio vero, qualche goccia di alcool in più non avrebbe potuto abbatterlo, perché quello era il suo giorno... Lo era sul serio.

ORE 12.00 PORTO DI QUEENSTOWN ( IRLANDA)

<< Ma che cazzo vuole ....coso...Come si chiama?>> Disse un ufficiale schioccando le dita.

<< Si chiama Fleet, è la vedetta più rompicoglioni che si sia mai vista....e Murdoch lo sa bene!>> Esclamò il secondo ufficiale di bordo agitando il dito davanti al comandante in seconda Wilde.

<< Fleet vuole dei binocoli, ma non possiamo darglieli>> Gli rispose Wilde<< Quello stronzo di Blair deve averli messi da qualche parte, prima di scendere, quando ci siamo scambiati di nave, ieri, a Southampton... Ma si è dimenticato di dirci dove.>>

<< Comandante>> Disse il primo ufficiale Murdoch << Ci state dicendo che il Titanic è sprovvisto di binocoli?>>

Era incredulo, e anche il suo collega Lightoller, il secondo ufficiale, lo era.

<< Questa notizia non deve diffondersi>> Ordinò Wilde<< Se Edward Smith venisse a sapere che si sta propagando, ce la farebbe pagare di certo. Dopotutto siamo in aprile... La visibilità è ottima!>> 

Il comandante in seconda disse quelle parole e si allontanò da Lightoller e Murdoch, lasciandoli di sasso a guardarsi sconcertati. 

Come poteva una nave come il RMS Titanic non avere dei binocoli a bordo? 

Il Titanic stava affrontando il suo viaggio inaugurale. Era partito il giorno prima, dieci aprile 1912, dal porto inglese di Southampton e quel giorno era attraccato in quello di Queenstown in Irlanda per l'imbarco di nuovi passeggeri diretti in America. L'arrivo a New York era previsto a circa otto giorni dopo la partenza.

Il Titanic, vero gioiello dei mari, per quel periodo, oltre ad essere grande in dimensioni, lo era soprattutto nel fasto e nell'accuratezza con cui erano stati progettati tutti i dettagli. Si trattava di una vera e propria città galleggiante, in cui i passeggeri avrebbero dovuto trascorrere un viaggio da favola e tutto faceva pensare che così sarebbe stato.

<< L'isola di smeraldo!>> Disse una giovane della prima classe sospirando mentre guardava suo padre<< È stato bellissimo ammirare l'Irlanda mentre la nave si avvicinava. Mi chiedo perché queste persone la stanno lasciando. Sono in tanti, papà!>>

I passeggeri irlandesi si imbarcavano speranzosi. Erano emigranti che sognavano l'America in cerca di fortuna, ed il ragazzo che aveva salutato per sempre il suo amico Andy, era tra loro: Occhi chiari e pieni di luce, quella gioventù e dei propri sogni, berretto sulla testa, valigia in una mano...due racchette da tennis nella'altra...

<< Papà! Guarda!>> L'urlo della giovane fanciulla.

Suo padre seguì il braccio di sua figlia con lo sguardo.

<< Non capisco, Audrey. Cosa dovrei guardare? Sono solo persone che si approssimano a salire sulla nave...solo comuni persone.>>

Audrey scosse il capo e agitò il dito puntandolo nuovamente verso ciò che aveva catturato la sua attenzione.

<< Quel ragazzo ha qualcosa che mi interessa...e non fingere di non capire!>>

Era alquanto viziata e suo padre era il maggior responsabile di quella realtà. Le aveva sempre dato tutto...certo il denaro non gli era mancato. Clifton Webb era proprietario di una delle più importanti catene di aziende tessili dell'epoca, aziende fondate da suo padre in America e fatte estendere da lui fino in Inghilterra.

<< Le racchette!>> Disse, sconsolato.

Audrey annuì.

<< Figlia mia>> Le si rivolse l'uomo facendo un sospiro<< Mai avrei creduto che il tennis potesse affascinati tanto. Ti ho promesso che una volta giunti a New York avrei trovato un insegnante che facesse al caso tuo. Il ragazzo che vedi laggiù non può andar bene. Cosa sappiamo di lui?>>

<< Provvedi a scoprire qualcosa, papà.>> Rispose insolentemente, come era abituata a fare. Poi ridacchiò, furba<< Non farmi sprecare otto giorni solo a deliziare i tuoi nobili e noiosi amici con il suono del pianoforte, sono stanca di suonare per loro. L'ho fatto ieri sera, ma non sarà la mia unica occupazione fino allo sbarco.>>

Webb, che conosceva il carattere cocciuto di sua figlia e che ne ammirava profondamente l'intelligenza e la volontà, si decise rapidamente ad accontentarla, ma prima, scherzoso, disse<< È un bel giovanotto. Non ti starà venendo qualche strana idea?>>

La ragazza gonfiò le guance << Papà...sei impazzito? Non ho intenzione di pensare agli uomini. So che le mie coetanee sono già quasi tutte fidanzate o addirittura sposate, ma concordo con te sul fatto che per adesso l'unico uomo della mia vita resti solo e unicamente tu!>>

Dopo aver detto quelle parole, baciò suo padre su una guancia.

Audrey era una ragazza di sedici anni. Era istruita, ricca e piena di qualità straordinarie. Suonava il pianoforte ed era il braccio destro segreto di suo padre, che la reputava un maschio mancato dato che era un vero genio della finanza. Praticamente rappresentava il partito ideale per qualunque ragazzo di buona famiglia. Ma Audrey era uno spirito libero e lo era anche suo padre Clifton che l'appoggiava incondizionatamente in ogni sua decisione, scontrandosi spesso col parere di sua moglie Barbara che avrebbe voluto Audrey con un innamorato al fianco.

<< Buon uomo!>> Clifton avvicinò un giovane ufficiale.

<< Signor Webb, mi dica!>>

<< Vorrei poter avere qualche informazione sul giovane che sta mostrando i documenti per l'imbarco>> Disse mostrando il ragazzo che era in attesa di poter finalmente salire a bordo.

Webb era uno degli uomini più facoltosi che poteva vantare il Titanic tra i suoi passeggeri, pertanto era anche molto noto: non c'era ufficiale che non lo conoscesse e che non desiderasse esaudire i suoi desideri.

<< Signor Webb, vado subito ad informarmi.>> Rispose, mettendosi a disposizione.

<< Se scoprirà che si tratta di una persona per bene, gli chieda di venire da me nel pomeriggio. Gli dica che lo aspetto alla sala fumatori alle cinque di oggi pomeriggio. Ovviamente venga a riferirmi immediatamente la sua risposta. Non voglio attendere invano.>>

L'ufficiale non se lo fece dire due volte. Scese in seconda classe e raggiunse immediatamente il punto in cui si erano riuniti i nuovi imbarcati. Diede un'occhiata veloce ed individuò il suo uomo.

Gli si accostò.

<< Ehi...tu!>>

Il ragazzo si voltò perplesso.

<< Io? Io non ho fatto nulla, signore. Sto andando in cerca della mia cabina. Non mi vorrà mica arrestare?>>

La risata dell'ufficiale lo tranquillizzò.

<< Mostrami i documenti!>>

A quella frase, il giovane tornò a tremare.

<< Io non ho fatto nulla, ho pensato tantissimo, ho veramente lavorato sodo per poter essere qui oggi. Sono un maniscalco, signore, vorrei essere un grande tennista, ma sono solo un maniscalco.>>

L'ufficiale, intanto, leggeva i documenti del giovane...

<< Molto bene, Robert Stewart. Sei un uomo fortunato! Ha chiesto di te qualcuno di cui non saresti degno neanche di pronunciare il nome. Ti aspettano in prima classe. Manderò qualcuno a prenderti. Fatti trovare accanto all'ascensore prima delle cinque di oggi pomeriggio.>>

<< Che significa tutto questo?>>

<< La fortuna certe volte ama bussare alla porta, ed oggi nel farlo ha scelto proprio te!>>

 

 

 

 
   
 
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