Libri > Il ritratto di Dorian Gray
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Autore: All In My Head    14/12/2015    0 recensioni
Altea è una giovane ragazza di estrazione borghese che vive con gli zii, il conte e la contessa La Torre, ed è costretta ad un matrimonio combinato con il duca De Lupis. Quando ormai sembra essersi rassegnata al suo infelice destino, alla tenuta si presenta in visita un giovane figlio di un vecchio amico del conte. Tutti sembrano preoccupati da questa apparizione inaspettata, a causa delle male voci che girano sul suo conto, ma Altea ne rimane comunque affascinata e si sente inspiegabilmente attratta da lui. Ma d'altronde, cosa ci si può mai aspettare quando il giovane in questione è proprio Dorian Gray?
Storia ambientata durante il viaggio di Dorian.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dorian Gray, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei informarvi di un'aggiunta fatta al capitolo precedente, per cui per evitare di non comprendere questo e l'evolversi della storia, vi invito a riguardarlo.


III

«Mia cara», disse la contessa, «rispondi al duca, ti ha fatto una domanda».
Il sorriso forzato di sua zia, accompagnato da una memorabile occhiataccia e la frase che le rivolse in quel momento, furono per Altea una doccia di acqua gelata che spense i bollori dovuti allo sguardo penetrante di Dorian. Il duca le aveva fatto una domanda, ma quale? Sua zia le stringeva il braccio sinistro con forza, esortandola, senza aprire bocca, a rispondere, ma lei non conosceva l'argomento della conversazione a cui, in teoria, stava partecipando e men che meno la natura della domanda che il duca De Lupis le aveva posto. In un attimo le prese il panico, non per paura di fare una brutta figura davanti a lui ammettendo di essersi distratta, ma perché aveva il terrore che la domanda fosse quella domanda. E se il duca le avesse appena fatto la proposta di matrimonio? Non era ancora pronta per quel momento, nonostante sapesse perfettamente che sarebbe arrivato inevitabilmente presto. Era sicura però che il duca avrebbe anticipato la proposta con un lungo discorso su quanto sarebbe stato felice di prenderla in moglie, quanto sarebbero state felici le loro vite insieme e tante altre cose di quel genere, com'era d'uso, ma forse si era persa pure quello. Si guardò intorno sicura che tutta l'attenzione degli ospiti fosse focalizzata su di loro, ma con sua grande sorpresa ognuno si faceva i fatti suoi, tranne le solite occhiatine impietosite o invidiose che alcuni le scoccavano. Quella sera di una cosa era sicura: il duca Leopoldo De Lupis le avrebbe proposto di sposarlo in grande stile, con un discorso pomposo e rivolto all'attenzione di tutti i presenti, per cui se nessuno li stava guardando, la domanda che le era stata posta non era di certo quella. Rincuorata da quel pensiero prese un bel respiro e sorrise rivolta al duca, poi con la più totale innocenza disse:
«Mi scusi duca, ma non ho sentito la vostra domanda, potrebbe ripeterla di grazia?».
Suo zio alzò gli occhi al cielo, ben attento a non farsi vedere se non da lei e poi scosse la testa cercando di nascondere un sorriso divertito. Nonostante anche lui approvasse il matrimonio, non poteva nascondere una certa complicità che provava nei confronti della nipote, che sorrise di rimando. Sua zia invece le strinse ancor di più il braccio ed emise un colpo di tosse infastidito, comunicandole che dopo l'aspettava una sonora ramanzina sul comportamento da tenere in pubblico. Il duca però, era talmente preso dalla bella Altea che non si preoccupò molto della sua disattenzione, anzi ripetè con rinnovato piacere la domanda.
«Vi chiedevo se voleste concedermi l'onore di un ballo».
Sotto lo sguardo sorpreso di Altea il duca divenne paonazzo dall'imbarazzo e abbassò lo sguardo, temendo un rifiuto da parte della ragazza. Quella fu la prima volta in cui rifletté veramente sulla sua condizione: sapeva di essere un buon partito per molte donne, con un vasto patrimonio alle spalle e un nome importante, ma Altea portò a galla la consapevolezza della sua ignoranza e anche del suo aspetto a dir poco sgradevole. Gli passò per la mente la possibilità di un rifiuto alla proposta di matrimonio e si vergognò di se stesso e per le derisioni che ne sarebbero scaturite. Non poteva permetterlo. Il conte gli aveva assicurato che il matrimonio avrebbe avuto luogo e la contessa dava la stessa impressione di sicurezza che aveva lui riguardo a tutta quella questione, per cui poteva star sicuro che Altea l'avrebbe sposato. Con quella nuova certezza alzò lo sguardo puntandolo negli occhi della giovane che lo trovò buffo ed impacciato nei modi altezzosi che cercava di sfoggiare e che, suo malgrado e con una certa ripugnanza, accettò il suo invito. Il duca piegò il braccio destro e Altea vi infilò il sinistro e si diressero insieme al centro della sala. C'erano altre coppie che stavano già ballando, per cui aspettarono che terminasse la musica prima di cimentarsi anche loro in quelle danze. Altea aveva preso molte lezioni da un insegnante privato che aveva assunto la contessa e aveva partecipato già a molti balli dando sfoggio delle sue doti di ballerina, per cui si preoccupò non tanto delle sue capacità, ma di quelle del duca che non aveva mai avuto il piacere, se si può chiamare così, di vedere all'opera. Dopo qualche minuto di attesa la musica cambiò e loro si misero in fila insieme alle altre coppie, pronti per ballare la polonaise. Altea fu particolarmente contenta che le toccò proprio quel ballo, visto che prevedeva pochissimo contatto fisico se non per le mani, che si sarebbero toccate per la maggior parte del tempo, e ad un certo punto avrebbero anche dovuto scambiarsi i partner. Ballarono per mano sotto le note della musica di Chopin facendo inchini, giravolte e camminando intorno al salone insieme alle altre coppie. Ogni tanto il duca le lanciava occhiate sognanti esibendo un sorriso che sottolineava i suoi denti storti, ma lei continuava a guardare dritto davanti a sé, oppure cercava di fare conversazione facendole domande insignificanti sui tendaggi della sala o sui fiori inseriti negli antichi e bellissimi vasi della contessa, ma anche in quel caso Altea non gli prestava molta attenzione. Il duca non ballava di certo male, questo doveva concederglielo, ma la sua sola presenza la infastidiva, così quando giunse il momento di scambiarsi i partner, Altea ne fu immensamente felice, a differenza del povero duca che decise avrebbe rimediato chiedendole anche il prossimo ballo.
Uno, due, tre, quattro, mani su, giù con inchino, passo, giro e giro e cambio.
Uno, due, tre, quattro, Dorian.
Altea si bloccò di colpo, sorpresa di trovarsi Dorian davanti, ma lui le afferrò prontamente la piccola mano guidandola in quella danza di origine polacca. Passarono quel momento di vicinanza in perfetto silenzio, solamente guardandosi negli occhi, accompagnati dalle note in G minore e dall'incessante battito del cuore di Altea che sembrava volesse uscirle dal petto. Quando giunse il tempo di scambiarsi ancora, fu troppo presto. Altea continuò a danzare e così Dorian, ma non persero occasione per scambiarsi sguardi furtivi e il sorriso sfrontato del giovane aumentava sempre più. Altea stava cadendo sempre più velocemente ai suoi piedi e lui non doveva nemmeno sforzarsi per conquistarla, come accadeva con tutte d'altronde. Questa volta, doveva ammetterlo, aveva sperato che la conquista sarebbe stata più ardua e il fatto che non fosse stato così l'aveva un po' deluso, ma non per questo si sarebbe lasciato sfuggire il bel corpo della dolce Altea.
«La ringrazio per questo ballo», disse Altea inchinandosi al duca quando la musica s'interruppe.
«È stato un piacere», le rispose il duca per poi aggiungere: «Vorrebbe concedermi anche il prossimo?».
Altea rimase, per l'ennesima volta, spiazzata da quella richiesta e cercò in tutta fretta un modo per togliersi dall'impiccio, ma per sua fortuna non ce ne fu bisogno.
«Mi dispiace, ma la signorina ha promesso di concedere a me il prossimo ballo».
Dorian s'intromise nella conversazione con una spavalderia inaudita e sfoggiando il suo solito sorriso sornione e il duca indietreggiò d'un passo, colto alla sprovvista e intimorito dal fascino che il giovane esercitava.
«Oh... Beh... Credo che...».
Dorian non gli lasciò nemmeno il tempo di concludere la frase che cinse la stretta vita di Altea con un braccio e la condusse al centro della pista, ignorando i commenti poco carini del duca sulla sua spudoratezza e maleducazione. La giovane portò una mano al volto cercando di coprire una risata con un leggero colpo di tosse e poi, guardando Dorian di sottecchi disse:
«Ti ringrazio».
Senza accorgersene gli diede del "tu", come se lo conoscesse da una vita e non da poche ore, forse per la forte intesa emotiva e mentale che sentiva nei suoi confronti, anche se non condivideva alcuni suoi pensieri e comportamenti, e lui fece altrettanto.
«Credimi, è stato un vero piacere», rispose esibendo un altro dei suoi sorrisi perfetti, poi, appena prima che la musica iniziasse, si mise in posizione e iniziò a condurre la ragazza in un Valzer viennese con movimenti fluidi, cadenzati e perfetti, da far invidia ai più grandi ballerini.
Altea si chiese quali altre doti nascondeva la sua figura, fino a quel momento aveva scoperto il suo talento nel suonare il piano e nella danza, ma era sicura ci fosse molto di più, come ad esempio quel quadro a cui teneva particolarmente. Chissà cosa vi era raffigurato e soprattutto per quale motivo Dorian non volesse che altri lo guardassero. Pensò a varie congetture fino a quando Dorian, accortosi che la ragazza fosse soprappensiero, non la strinse ancor di più riscuotendola, ma durò poco poiché Altea iniziò a concentrarsi sui loro corpi così vicini, dimenticandosi delle persone che li circondavano. Ripensò a quel pomeriggio, quando Dorian l'aveva baciata appassionatamente su di una panchina nel cortile della tenuta, ai suoi capelli lisci che le avevano stuzzicato il viso, alle sue mani che l'avevano toccata con desiderio, come nessuno aveva mai fatto ed infine alle sue labbra, morbide e voraci allo stesso tempo. Pensò che voleva baciarlo ancora, proprio in quel momento, non le importava delle persone che li avrebbero visti e nemmeno di sua zia che di sicuro sarebbe svenuta all'istante, men che meno del duca. Voleva Dorian con ogni fibra del suo corpo, ma sapeva che non avrebbe potuto.
«La contessa non ci toglie gli occhi di dosso», disse Dorian, «Non sembra molto contenta».
Girarono su loro stessi scambiandosi di posto, in modo che anche Altea potesse vedere con i propri occhi sua zia senza dare nell'occhio.
«Non vuole che passi del tempo con te», le rispose, «È convinta che tu sia un libertino».
«E tu che dici?», le chiese lui sorridendo per metà.
«Dico che ha ragione ovviamente, mi sbaglio?», lo sfidò lei.
«Non ti sbagli affatto mia dolce Altea», e il suo sorriso aumentò, andando ad illuminare il suo volto e contagiando di furbizia gli occhi scuri.
«Forse non avrei dovuto accettare di ballare con te».
«Hai ragione, forse avresti dovuto concedere un altro ballo al povero duca», la prese in giro e lei arricciò il naso disgustata, facendolo ridere di gusto.
Altea non l'aveva mai sentito ridere così, fin dal loro primo incontro era sempre stato molto contenuto e sentire adesso la sua risata prorompere in quel modo, le riempì il cuore. Era così bella e calda. Continuarono a volteggiare stretti fino a che la musica non finì, poi conclusero la danza con un profondo inchino ed un sorriso.
«È stato un piacere ballare con te e questa volta dico sul serio», disse la ragazza e Dorian sorrise dicendo che il piacere era stato tutto suo, poi si voltò con l'intenzione di sparire tra la folla, ma l'espressione mutata in panico di Altea lo fece fermare. Quando si girò nella direzione del suo sguardo, vide il duca avvicinarsi, seguito a pochi passi dalla contessa, e senza pensarci due volte prese la mano di Altea trascinandola nella folla di persone alle loro spalle, fino a sparire dalla vista degli aguzzini della ragazza. Sapeva che non avrebbe dovuto intervenire ulteriormente, ma non era riuscito ad abbandonarla in quella situazione che sapeva essere così stressante per lei. La portò fuori sulla terrazza e poi giù dai gradini fino a raggiungere il giardino dove passeggiarono a braccetto esattamente come quel pomeriggio.
«Credo di doverti nuovamente ringraziare», disse Altea rompendo il silenzio.
«Avrai modo per sdebitarti», la provocò lui facendola arrossire lievemente.
«Comunque», continuò lei sorvolando appositamente sulla sua risposta, «non credo di poterli evitare per sempre, prima o poi mia zia mi prenderà e mi farà un bel discorsetto, dopodiché sarà il turno del duca e della sua proposta di matrimonio a cui dovrò dire "sì"».
Il suo tono di voce era sconsolato e la testa china ad osservare il vialetto in pietra che stavano percorrendo.
«Non sarà terribile come pensi», disse Dorian facendo prorompere Altea in una risata forzata ed amara.
«E come fai a dirlo? Non sei tu a dover sposare un uomo che non ami, un uomo senza intelletto né bellezza, che pensa solo ai beni materiali e a se stesso. Vuole sposarmi solamente per usarmi come bene da tenere esposto, come si fa con i premi vinti, per sfoggiarmi alle feste e in società e non posso accettarlo. Soprattutto non posso accettare di sposare un uomo che non mi ami, perché il duca Leopoldo De Lupis non mi ama. Come può farlo se nemmeno mi conosce? E anche se un giorno dovesse amarmi, il vero problema è che io non lo amo e mai potrò farlo!».
Durante il suo discorso la voce si era man mano alzata di tono fino a sfociare in grida disperate e colme di rabbia, accompagnate da copiose lacrime che le scendevano sulle guance e di cui non se n'era nemmeno accorta. Avevano già affrontato quella conversazione e come quel pomeriggio Altea cercò uno sfogo in Dorian a cui nuovamente gli si strinse il cuore alla vista della sua disperazione. Fin da quel pomeriggio, su quella panchina, Dorian aveva cercato di spaventare Altea, prendere le distanze da lei, ma allo stesso tempo di conquistarla e farla sua. Provava sentimenti contrastanti nei suoi confronti, sentimenti che non avrebbe mai dovuto provare, per questo voleva a tutti i costi mantenere le distanze, almeno da parte sua. Adesso sapeva che Altea non si sarebbe mai concessa a lui, almeno che non fosse emotivamente coinvolta, per cui avrebbe dovuto farla innamorare, senza però rimanere coinvolto lui stesso. Sarebbe stato semplice per lui se la ragazza non fosse stata la dolce e bella Altea, ma comunque, si ripromise, ci sarebbe riuscito.
«Hai ragione, ma, come ti ho già detto, io non mi sposerei nemmeno. D'altra parte, il matrimonio è solo un contratto sulla carta e tu sarai comunque libera di vivere la tua vita come meglio credi e potrai perfino trovare l'amore se vorrai. L'unico tuo dovere sarà quello di partecipare agli eventi sociali in sua compagnia e fingerti una brava moglie dandogli un erede, ma è soltanto un piccolo prezzo da pagare. Non passerete molto tempo insieme se non sarà necessario e tu sarai libera di fare ciò che vuoi senza nemmeno sentirti in colpa, perché lui farà altrettanto».
«Ma io non sono quel tipo di persona, non riuscirei mai a vivere la mia vita, a tradire mio marito, sapendomi sposata», disse lei, con la più assoluta sincerità.
A Dorian ricordò Sybil Vane e provò un lampo di pietà nei suoi confronti.
«Nel matrimonio, una vita tessuta d'inganni è assolutamente necessaria per entrambe le parti», rispose allora.
«Non capirò mai come riesci ad essere così cinico. Sei sempre stato così?», gli chiese.
Dorian ci pensò su, indeciso se rispondere sinceramente alla domanda oppure no, poi disse:
«In realtà no, prima d'incontrare Henry ero esattamente come te, credevo nell'amore, nel matrimonio e nella speranza di una vita felice, poi lui mi aprì gli occhi. Mi fece capire che se vogliamo qualcosa dobbiamo prendercela senza preoccuparcene troppo, che l'amore non esiste perché effimero, ciò che dura è il desiderio anche se sempre mutevole. Mi ha fatto capire che la giovinezza e la bellezza sono le uniche cose davvero importanti e bisogna sfruttarle finché ne abbiamo la possibilità e soprattutto che non dobbiamo privarci di niente perché quello è il vero peccato. E solo allora ho iniziato a vivere davvero».
Le sue parole stregarono Altea che iniziò seriamente a pensare se non avesse ragione. Forse era davvero ingiusto privarsi di un piacere per seguire le regole che la società imponeva, che sua zia le aveva imposto. Forse per essere felice le bastava davvero poco, anche se avrebbe sposato il duca nulla le impediva di vivere come voleva, a costo di farlo nell'ombra. Ma avrebbe vissuto in pace con se stessa comportandosi nel modo in cui faceva Dorian? Di certo non poteva saperlo, la sua decisione sarebbe stata un salto nel buio. Era in bilico su di un filo: da una parte la luce e cioè una vita fatta di comportamenti moralmente giusti, in linea con il pensiero comune, ma infelice, dall'altra parte il buio, quindi una vita di apparenza e inganno, di corruzione e tradimento, senza nemmeno la certezza che sarebbe stata felice. Altea sapeva che avrebbe dovuto scegliere e che sarebbe stato difficile, ma se dalla prima era possibile tornare sui propri passi, dalla seconda non c'era via d'uscita, avrebbe portato il peso del rimorso per tutta la vita. Cos'avrebbe dovuto fare? Guardò Dorian negli occhi e decise, compì quel salto consapevole di non poter tornare indietro e per la prima volta si sentì libera di vivere davvero.


Angolo Autrice
Buonasera a tutti cari lettori!
Chiedo umilmente perdono per il ritardo immane con cui ho aggiornato la storia, ma spero che continuiate comunque a seguirla.
Vorrei ringraziare coloro che leggono la storia e Nadie che ha recensito i capitoli precedenti. 
Spero di aggiornare presto!
Alla prossima :)
   
 
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