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Autore: rei__    14/12/2015    0 recensioni
Rimase immobile a fissare quelle pagine col cuore in gola e le mani fredde.
Sapeva che non era stata una buona idea tornare in quella casa a cercare quei vecchi quaderni...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho letto da qualche parte che alle volte fa bene scrivere una lettera a se stessi.

Che se abbiamo dei pensieri che ci tormentano, è un buon modo per scacciarli.

È una cosa da ragazzina, da adolescente.

Io non lo sono.

Non lo sono più da un po' e alle volte mi sento come se non avessi mai avuto un'adolescenza.

Gli anni delle medie sono stati un inferno, i bulli, le prese in giro, i voti non eccellenti che ne sono seguiti e le conseguenti pressioni di mio padre.

Hai studiato?”

Studi?”

Com'è andato il compito?”

Le sue uniche domande.

 

Alle volte provo a immaginare...

mi chiedo cosa accadrebbe se provassi a chiedergli qualcosa di me...

Il mio libro preferito, o il colore...

alle volte mi illudo, di dico che risponderebbe in maniera esatta.

Dentro di me so che non è vero.

Tutto quello che so è che si fissa su qualcosa, un esame in particolare, una materia a scuola.

E gli importa solo di quello.

Il resto no.

Tutto ciò che non è riuscire nello studio è inutile.

 

Sono cresciuta con questa idea.

Ho sempre pensato che fosse normale.

Poi, parlando con altri ho visto che non lo era.

Ho visto che le mie amiche facevano sport, uscivano, parlavano dei loro passatempi e delle loro passioni a casa.

E non si sentivano in colpa.

Io mi sento sempre in colpa.

Perché per quanti sforzi faccia io a casa sono “quella che non studia” “quella che deve essere spronata”.

Che se per un pomeriggio stacca dalla studio alle sei anziché alle otto...allora non si sta impegnando e non studia.

Ultimamente la cosa mi fa impazzire.

Sento che ogni passo falso, ogni errore che faccio...sia imperdonabile e pesante.

Alle volte mi sento sola e vuota.

Sento di non fare mai abbastanza.

Alle volte alzo la testa dai libri e mi chiedo che senso abbia.

 

Ho imparato a studiare per me stessa, perché mi piace quello che faccio e mi piace imparare cose nuove. Mi aggrappo alla mia cultura come un soldato ad uno scudo.

 

Ma se tutto si limita ad un voto.

Al passare o no un esame per far piacere ai miei.

Allora se è solo questo, io non ce la faccio.

 

Penso agli esami

allo studio

alle aspettative.

Penso che quel maledetto esame è tutto ciò che ho, e che il pensiero di non passarlo mi fa tanta paura da togliere il fiato.

 

Ho il terrore di non essere abbastanza.

Perché non lo sono mai stata.

Ogni mattina mi sveglio, sorrido, faccio battute più o meno sagaci, do supporto a chi lo chiede, e mi mostro forte, allegra e strafottente.

 

Ma mi sento così spaventata da star male.

Guardo la mia vita e la vedo vuota.

 

So tante cose, e le cose che so mi fanno compagnia.

Per il resto mi sento come se non avessi nulla.

 

Ho mollato la danza, volevo che mio padre vedesse quanto impegno stessi mettendo a scuola.

Non esco con i ragazzi, perché sono insicura e non riesco a provarci.

 

Faccio cavolate e vivo di eccessi.

Da un polo all'altro.

Troppo timida o troppo spedita.

 

Ho pochi amici e voglio loro un bene dell'anima.

 

Ma mi sento vuota.

Perché se metto anima e corpo in qualcosa do tutto.

Penso che ogni fallimento possa distrugermi.

Ho solo paura.

 

Vivo cercando l'approvazione dei miei, la loro attenzione.

E mi sento una cretina, perché dovrei aver imparato da un pezzo a vivere senza.

 

Voglio solo un po' di pace.

Voglio solo che qualcuno mi dica “So che puoi farcela” e non “Non puoi trovare qualcuno che ti aiuti a farcela?” come dicono spesso i miei.

 

Dovrei essere io stessa a credere in me al cento per cento...e invece non ci risco.

 

Non so nemmeno perché sto scrivendo questo.

Non ricordo nemmeno quale sia stata l'ultima volta che ho scritto qualcosa.

Eppure...scrivere mi piaceva così tanto...

Poi dato che sono una codarda, ho smesso.

Avrei dovuto trovare il coraggio di farlo solo per me stessa e invece non ci sono riuscita.

 

Tanto non ero un granché.

 

Non scrivevo da anni ma ora, sto scrivendo questa stupida nota inutile.

Su un blocco per gli appunti nero e logoro.

Tanto non la leggera mai nessuno.

 

Io dovevo far ordine nella mia testa.

Bisogna sempre mettere un po' d'ordine fra i propri pensieri, o le parole diventeranno sempre più grandi e pensati.

 

Le parole hanno forme così diverse...

Vivono di una magia tutta loro, che cambia sostanza e senso in base a dove esse si trovino...

nella testa, sulla carta o nella bocca.

È una cosa così bella.

Le parole sono bellissime.

Farle vivere nell'aria alle volte fa così male che vorresti solo gridare e piangere.

Tracciarle su un foglio alle volte e come tirar fuori un pezzo di se stessi, come sto facendo adesso...e ad ogni parola il mio cuore diventa più leggero.

C'è chi c'è morto...per le parole.

C'è chi ha dedicato tutta la sua vita sol ad esse, e io ringrazio ciascuno di loro perché mi hanno dato di che vivere.

 

Poi ci sono io, che non riesco ad usarle come e quando vorrei.

 

Ci sono io che ho paura.

Che non sono mai abbastanza.

 

Che sono a pezzi, ma sta volta non riesco a rimontarmi.

Che non so cosa mi serva per farlo.

Ma devo farlo...devo?

 

So solo che come una cretina, come una ragazzina sperduta di tredici anni, scrivo su questo stupido foglio per appunti.

Forse perché l'età non conta e per quanto sia andata avanti dietro alla corazza rimango ancora quella ragazzina impaurita.

 

Per quanti sforzi faccia non riesco a sbarazzarmene.

 

So solo che tutto ciò che mi dà sollievo è sapere che gli altri siano fieri di me.

Che mio padre sia fiero di me, che mi noti.

E so che c'è solo una cosa che posso fare per farlo.

E se anche questa volta andrà male...ho paura di me stessa.

 

 

La figura rimase immobile a fissare quelle pagine col cuore in gola e le mani fredde.

Sapeva che non era stata una buona idea tornare in quella casa a cercare quei vecchi quaderni.

Ma ormai quelle vecchie parole erano davanti ai suoi occhi, nella sua testa riecheggiava una voce ben nota, e ormai muta da molti, troppi anni.

Era andata così, e ormai il tempo non poteva essere riavvolto.

La vita è così cattiva che ti fa solo andare avanti.

Piegò accuratamente i fogli e li infilò dentro la tasca dei jeans logori.

Era tutto quello che adesso poteva fare...

Andare avanti con quel piccolo triste pezzo di passato nelle tasche.

 

  
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