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Autore: fra_eater    15/12/2015    1 recensioni
Ginevra è una ragazza sola- Ginevra ha una sola persona che può definire amica. Ginevra non ha mai conosciuto l'amore nei suoi diciassette anni e dice di amare la sua solitudine. Ma grazie a qualcuno potrebbe ricredersi
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Sicurezza.
Una bella parola.
Una bella bugia.
Le era sempre stato detto di essere una ragazza sicura. Tutti lo pensavano. Tutti lo credevano.
Tutti, tranne lei.
Ginevra era sempre stata la classica sfigata, la ragazza non abituata alle amicizie, non abituata ai sorrisi sinceri, la classica ragazza che tutti definiscono normale.
Normale forse è una parola grossa. Ginevra aveva sempre ostentato una certa sicurezza, aveva sempre intorno a sé un’aura di superiorità e durezza che tenevano tutti alla larga.
I ragazzi avevano un certo rispetto per lei: aveva la risposta pronta, sapeva prenderli a ginocchiate e a pugni se si presentava l’occasione. Le ragazze invece la evitavano, non la consideravano per niente femminile e spesso era soggetto indiscusso delle loro battute più pungenti e derisioni.
-Ma hai visto che capelli?-
Ginevra sollevò gli occhi al cielo. Ecco l’ennesimo insulto in arrivo, il primo in quella giornata fredda .
Le ragazze della sua classe del liceo non erano mai state carine con lei e questo era l’inizio di molte discussioni con lei come soggetto.
Fece finta di nulla, come se non le avesse sentite e uscì velocemente dall’aula, la campanella era suonata e doveva correre a lezione di inglese. Ma proprio mentre varcava la soglia le venne spontaneo passare una mano proprio tra quei capelli che erano stati presi di mira in quel momento.
Erano lunghi, rossicci e ricci. Forse potevano essere più curati, ma lei aveva sempre pensato che la cura dell’aspetto esteriore non faceva per lei, che era solo un inutile spreco di tempo.
Era talmente immersa nei suoi pensieri che, svoltando l’angolo del corridoio affollato ,non si accorse dell’ostacolo che trovò di fronte  e si ritrovò con il sedere dolorante a terra,mentre molti studenti che avevano assistito alla scena trattenevano a stento le risate.
-Scusami-
Ginevra si mise una mano sul capo mentre la persona d’avanti a lei pronunciava queste parole –Non ti avevo proprio vista-
La ragazza aprì gli occhi e una mano tesa le si era parata di fronte. Sollevò lo sguardo e i suoi occhi castani incrociarono due grandi e grigi.
Fissò per alcuni secondi il ragazzo di fronte a sé e scacciò la mano con un colpetto , per poi balzare in piedi  e raccogliere le proprie cose –Colpa mia!-.
Non sollevò nemmeno lo sguardo mentre correva via.
 
-Ma chi era quella?-
Oliver seguì la massa di capelli rossicci finché non scomparve all’orizzonte.
-Ma che te ne frega?- rispose con tono indispettito Christie, la ragazza più popolare di tutta la scuola.
Non sapeva rispondere. In effetti non la conosceva, questo era vero, ma quella ragazza gli aveva rivolto uno sguardo così glaciale che non sapeva assolutamente come comportarsi. Mai gli era capitato in vita sua di scontrarsi con una così, con una ragazza con degli occhi che nascondevano un mondo al dispetto del suo aspetto esteriore.
Non l’aveva mai vista prima, ma voleva assolutamente sapere chi fosse.
Qualcuno li toccò la spalla e nel voltarsi vide lo sguardo soddisfatto di una Lily che strabuzzava gli occhi verdi divertita -Lo so chi è- sussurrò, in modo che nessun altro del gruppetto di cinque persone di cui facevano parte potesse sentirla.
 
Le cinque ore di lezione erano finite. Ginevra si accasciò sulla sedie gustandosi quegli attimi di pausa che le aspettavano di diritto.
Stava con gli occhi chiusi mentre delle mani le si posavano sulle spalle. Sapeva perfettamente chi era – Cosa vuoi Junior?-
Michael Junior DeLaris era l’unico essere umano sulla faccia della terra che Ginevra avesse mai potuto definire amico.
Il ragazzo fece spallucce e sbuffò –Possibile che indovini sempre che sono io?-
-Possibile. Sei l’unica persona che mi si avvicina- ridacchiò amara. Junior la fissò con i suoi grandi occhi verde smeraldo che risaltavano sulla sua pelle color caramello   - Sei una personcina così amabile. Chissà come mai non hai amici-
Il sarcasmo era proprio il suo forte. Pensò Ginevra, passandosi una mano tra la chioma ribelle e posando gli occhi sull’orologio da polso. Le 15:30.
Ginevra saltò in piedi, facendo barcollare la sedia che Junior afferrò prima che cadesse a terra nel bel mezzo dell’aula semi deserta.
-Che ti prende?- chiese.
Lei afferrò la borsa – Scappo in palestra- urlò – Alle 17 devo stare al lavoro e non voglio fare tardi in palestra-
Junior scrollò il capo – Ginevra!- la chiamò poco prima che varcasse la soglia. La ragazza frenò la sua corsa, guardandolo interrogativa.
-Quando ti rilassi?-
Lei sorrise – Quando l’inferno ghiaccerà-
 
- Ginevra, vai al tapis roulant, fai una mezz’ora con 20 % di pendenza-
- Ne faccio quindici al 40%- rispose la ragazza sorridendo alla sua istruttrice dai capelli corti e grigi che la guardò con disapprovazione.
- No!- esclamò con le mani ai fianchi magri e praticamente inesistenti – Non ti permetterò di ucciderti!-
Ginevra si alzò dal tappetino dove aveva appena finito la terza serie di flessioni – Fra venti minuti devo stare al lavoro, Lucy- spiegò.
Lucy corrucciò le labbra contornate da rughe e le passò una bottiglietta d’acqua.
-Fammi tre serie da venti addominali e poi corri a farti una doccia- le ordinò – La prossima volta, avvisami dei tuoi orari-
-Grazie, Lucy, lo farò!- esclamò la ragazza, stendendosi velocemente sulla schiena e cominciando la prima serie a un ritmo serrato.
Si allenava tanto. Tre volte a settimana quella palestra, per due ore, era casa sua.
Aveva conosciuto Lucy il giorno dell’iscrizione. Si era presentata tre anni prima con una rabbia addosso dovuta alla solitudine che da quando aveva memoria era entrata nella sua quotidianità.
Lucy si era comportata come una madre per quella ragazzina che voleva distruggere tutto quello che le capitava sotto tiro come i tre sacchi da boxe che giacevano abbandonati in un magazzino della piccola palestra con le pareti gialle e i grandi specchi.
Terminata anche l’ultima serie, Ginevra guardò l’orologio appeso alla parete: le 16:45. Era ufficialmente in ritardo.
Corse sotto la doccia, investendo tre donne che si stavano cambiando nello spogliatoio. Aveva scelto quell’orario perché era il più comodo per lei, nessuno della sua età era presente.
L’acqua calda scorreva sul suo corpo sudato, provocandole un piacere torpore che fu presto accompagnato dal profumo avvolgente del doccia schiuma al muschio bianco che aveva rubato d Junior qualche settimana prima.
Da quando il padre li aveva abbandonati, Ginevra stava sempre a casa di Junior e sua madre, la signora Katie, una donna dai grandi occhi scuri come la pelle e con il coraggio di una leonessa, la trattava come la figlia femmina che non aveva mai avuto e come l’amica fidata a cui lasciava il figlio da accudire.
Nell’ultima occasione Katie le aveva regalato tanta di quella roba che nemmeno se ne era resa conto di prendere cose acquistate dal figlio e non dall’ex marito e Junior, accorgendosene, aveva scherzosamente etichettato l’amica come ladra.
Ginevra uscì dalla doccia avvolta da un grande telo blu e con i capelli arruffati e inumiditi legati in  alto in uno chignon scomposto. Non vi era tempo per lavare anche quella chioma ribelle.
Infilò una felpa nera troppo larga per lei, dei jeans consumati e il borsone, infilando le sneakers slacciate mentre saliva le scale.
L’aria gelida del pomeriggio e il buio regnavano sovrani. Nonostante l’orario ormai le giornate si erano accorciate e la ragazza corrucciò le labbra nel sollevare lo sguardo verso il lampione acceso .
Prese una sciarpa dalla borsa e la portò intorno al collo e fu in quel momento che una luce attirò la sua attenzione.
-Ma che diavolo …?- mormorò, fissando verso il buio nel tentativo di vedere meglio.
Quando un secondo flash la fece sobbalzare, la ragazza si diresse di corsa verso la sorgente, intenzionata a vedere chi fosse e cosa stesse fotografando.
Era a metà strada, quando una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi le si parò di fronte, ben infagottata in un cappotto a doppio petto grigio.
-Perdonaci!- esclamò la sconosciuta, Ginevra balzò indietro, sorpresa da tale vista.
La ragazza scoccò le labbra rosse del più costoso rossetto di marca.
-Scusaci tanto!- ripetè, -Io e il mio amico stavamo cercando dei soggetti ed eri carinissima sotto quel lampione- dicendo queste parole un ragazzo dai capelli neri uscì alla luce con una reflex in mano. Ginevra ne rimase impressionata. Aveva due enormi occhi grigi che era certa di aver già visto da qualche parte.
-Ci conosciamo?- chiese al ragazzo.
-Forse- le labbra di lui si incresparono in un sorriso timido, le labbra carnose erano distese e rosse per il freddo come le gote.
La ragazza dai capelli neri si mise in mezzo – Credo di averti visto a lezione di arte!- esclamò, saltellando – Io sono Lily Mamiya!- e allungò una mano dalla pelle chiarissima.
Ginevra la guardò meglio mentre le stringeva la mano – Ginevra Black- rispose, scrutando il naso lungo, le labbra sottili e le ciglia lunghe  della sua interlocutrice– Perdonami se non mi ricordo di te- disse – Ma non presto attenzione ai miei compagni-
Lily risi – Questo lo avevo notato- non vi era nessun tono di malignità nelle sue parole .
Ginevra saltò come fulminata e guardò l’orologio sul display del telefono. Le 17:15.
-Merda!- esclamò, incurante dei suoi due interlocutori –Scusate, ma devo proprio scappare! Ricordami di salutarti quando ti vedrò in aula-
-Oh- Lily era incerta su cosa dire – Certo! Ti porterò un caffè alla prossima lezione. È stato un piacere-
-Tutto mio!- urlò la riccia prima di correre nella direzione opposta.
Lily scostò i capelli dal volto, salutando con la mano la ragazza ormai lontana
-È ancora di tuo gradimento?-
Il ragazzo sollevò lo sguardo – Che vuoi dire?-
Lily si voltò – Ti ho portato da lei, te l’ho fatta conoscere e non ti ha degnato di uno sguardo. Sei interessato a lei, vero Oliver?-
Oliver rise- Si è ricordata di me. Questo mi basta-
La ragazza corrucciò le labbra rosse, poi scoppiò in una risata fragorosa che risuonò in tutta la strada.
-Questa è la prima volta che ti vedo così interessato a qualcuna- esclamò, non  riuscendo a trattenere le risate – Hai intenzione di innamorarti?-
- Non credi di correre un po’ troppo?- Oliver la spintonò per farla smettere di deriderlo – Non la conosco nemmeno-
Lily saltellò in una pozzanghera, sollevando acqua come una bambina dispettosa a cui non importa di sporcare gli ultimi stivali appena comprati .
-Vedrai che ho ragione io-
 
 
Buonasera.
Come posso esservi utile?
Vi porto qualcos’altro?
Ecco il menù.
Sorridi.
Sorridi.
Sorridi.
Scappa.
Ginevra era seduta sul pavimento lurido della cucina del bar dove lavorava, le gambe contro il petto e una paresi ai muscoli della faccia in corso.
-Alza il culo da lì!-
La ragazza alzò per con un innumerevole sforzo il volto dalle gambe, guardando il suo interlocutore, o meglio, l’enorme ammasso di lardo  stretta in una camicia nera troppo piccola che era la pancia del suo interlocutore.
-Lasciami in pace,Jeff- si lagnò.
Jeff era un uomo sulla quarantina, dai brizzolati capelli radi e una barba di tre giorni illuminata da degli occhi color miele piccoli e vispi. Era il datore di lavoro di Ginevra.
-Dovrei licenziarti per eccessiva insolenza!- esclamò l’uomo, burbero.
Ginevra sollevò gli occhi, guardandolo come un cucciolo bastonato –E come faresti senza di me?-
L’uomo respirò a fondo. Aveva ragione. Nonostante tutto era molto legato a quella piccola scapestrata che riusciva con una naturalezza fuori dal comune a mandare via la peggio clientela e a far sentire protette le donne sole che entravano e che poi divenivano clienti abituali.
Jeff sapeva che Ginevra era così. Era taciturna, scontrosa, insolente e anche violenta, ma sapeva benissimo che nessuno come lei sapeva far sentire a proprio agio le persone più agitate e il sorriso che regalava alle poche persone che erano riuscite a farla sorridere era impareggiabile. Per anni lui aveva tentato, ma era solo un abbozzo di labbra stirata,niente che non scompariva prima ancora di comparire del tutto.
-Ginevra! Ecco dove eri finita-
I due si voltarono e una ragazzina bionda con la coda alta entrò trafelata nella cucina dagli uffici, portava lo stesso grembiule nero e una camicia bianca come Ginevra  ma mal abbottonata.
-Che succede Tiffany?- chiese la riccia.
Tiffany le porse un oggetto piccolo e nero, un cellulare.
-Sono ore che squilla- spiegò.
Ginevra sollevò lo sguardo, come a voler cercare il permesso a Jeff che rispose con un segno di assenso.
3 chiamate perse da Junior.
-Che diamine è successo?- chiese la ragazza a voce alta e richiamò il numero.
A parte i suoi genitori e le compagnie telefoniche, solo Junior aveva il numero di Ginevra e sapeva perfettamente che non doveva chiamarla al lavoro.
Mentre attendeva la risposta guardò l’orologio appeso alla parete: le 21:30. Ancora mezz’ora e il suo turno era finito.
Al decimo squillo la voce di Junior –Pronto?- era eccessivamente squillante, vibrante e al tempo stesso viscida. Ginevra alzò gli occhi al cielo. Era ubriaco.
-Dove cazzo sei?-
-Gin !Amica mia! Potresti essere più carina  quando parli con me!-
-Junior ho tre chiamate perse! Dimmi che cosa vuoi e perché sei ubriaco-
-Io non sciono ubriaco-
-Certo, figurati se non ti credo-
-Ho solo bevuto un drink di troppo- rumore di vetri rotti –Forse due-
Ginevra raccolse tutte le sue forze per non iniziare ad urlare contro al ragazzo dall’altro capo del telefono e tenendo sempre sott’occhio l’espressione di Jeff.
-Junior, dimmi dove sei e cosa è successo-
-Michelle!-
È ti pareva? Pensò la ragazza.
Michelle era l’ex di Junior, una stronzetta da quattro soldi che lo chiamava solo quando aveva bisogno di una scopata o di qualcuno che le facesse da autista/ facchino, praticamente quando voleva uno schiavo.
Definirla ex poi era una parola grossa, per lui erano stati insieme un mese, per lei era solo sesso occasionale mentre attendeva che l’ultima sua preda divenisse libero. Il problema maggiore era che Junior non riusciva a non amarla con tutto se stesso.
-Dove sei, Junior?- chiese nuovamente.
-Al Briton’s-
-E che ci sei andato a fare?-
-Una bevuta con quelli del calcetto e qui c’è lei-
Ginevra spalancò gli occhi, sorpresa – Lei è ancora lì?-.
Il Briton’s era uno dei bar più in dove i figli di papà passavano le serate a scialacquare in drink e offerte lo stipendio di un mese di un normale impiegato in una sera. Junior vi capitava spesso con gli amici, attento fino al centesimo e lei vi era andata solo una volta per accompagnarlo. Quell’atmosfera soft, fatta di divani in pelle bianca, di luci soffuse e di clienti tutti ingioiellati e con la puzza sotto il naso non era assolutamente per lei e si era ripromessa di non metterci più piede a meno che non volesse vomitare l’anima per lo schifo di aria viziata e corrotta che vi regnava.
-Dovresti vederla, Gin! È bella come il sole-
Ginevra sospirò – E con chi è?-
-Con un coglione!- urlò dall’altra parte, intenzionato a farsi sentire.
-Junior, smettila di urlare!- lo rimproverò –Chi c’è accanto a te?-
-Nick, perché?-
-Passamelo!- ordinò.
-Ciao, Gin!-
Nick era un caro ragazzo, amico stretto di Junior con cui Ginevra non aveva alcuna confidenza.
-Nick io ho quasi finito il turno- disse –Tienilo lontano da Michelle e da quel tipo finché non arrivo. E possibilmente tienilo lontano dalla bottiglia-
-Senti Ginevra, io non sono la sua balia e nemmeno tu- la voce di Nick era molto seria –Ma vedi che è già arrivato ad un centone in whisky e, detto fra noi, non credo che abbia tutti questi soldi in tasca-
Attimi di silenzio in cui la ragazza metabolizzava la rabbia in lei –Digli che se non si sta seduto e buono appena arrivo gli tiro tanti di quei schiaffi che neppure Katie riuscirà a riconoscerlo- detto questo, chiuse la linea.
  Sollevò lo sguardo verso Jeff e Tiffany che avevano ascoltato in silenzio, il attesa che la ragazza dicesse qualcosa.
Ginevra saltò in piedi –Vado a prendere le ordinazioni-
Jeff la bloccò con una mano –Vai a prendere l’amico tuo- disse- Ci pensa Tiffany ai tuoi tavoli. Oggi finisci prima e recuperi domenica-
La ragazza annuì. Tolse il grembiule ed andò a cambiarsi.
 
Lily sollevò il bavero del doppio petto prima di entrare da Briton’s. Se non glielo avesse promesso a Michelle quella sera non ci sarebbe andata.
L’aria calda la investì  lo sbalzo climatico le provocò un inizio di emicrania che sapeva benissimo che sarebbe peggiorato.
La musica soft e le musiche soffuse le provocarono un senso di serenità che sparì non appena vide in alto la mano di Christie.
Sorrise mentre prendeva posto accanto a Michelle. La ragazza portava lunghi capelli castani visibilmente arricciati con il ferro, le mani, con le lunghe unghie finte e colorate, stringevano la sinistra un bicchiere di martini ormai ridotto a poche gocce, mentre  la destra il braccio muscoloso di un ragazzo dal capo rasato e dall’espressione da ebete.
-Lily cara!- esclamò la ragazza vedendola e baciandola su entrambe le guancie come poco prima aveva fatto Christie – Ti presento John Greed-
Lily strinse la mano dell’energumeno che rispose con un mezzo grugnito.
Sedendosi si sporse verso Christie, parlando a bassa voce –Dove l’ha preso questo?-
La ragazza prese il bicchiere con un liquido rosa di fronte a sé e tirò pochi sorsi dalla cannuccia nera. Lily riconobbe l’odore di vodka e fragola.
-È figlio di avvocato- spiegò la ragazza con un risolino.
Lily annuì, con l’aria di una che approvava in pieno la buona scelta dell’amica. In realtà sapeva benissimo che Michelle era una vera e propria meretrice e la odiava, la odiava con tutte le sue forze.
-Ma uffa, quando se ne va?!?-
Michelle strillava come una gallina.
-Con chi ce l’hai,cara?-
-Con quell’idiota che continua a fissarci-
Lily guardò nella direzione indicata dalla ragazza. In effetti un ragazzo con i capelli neri e la pelle olivastra guardava fisso verso di loro con sguardo truce, stringendo un bicchiere che un altro ragazzo si affrettò a toglierli di mano.
-Vuoi che me ne occupi io?-
La voce di John era profonda e molto gutturale.
Michelle fece di no con il capo, tamponandosi le labbra con un fazzoletto che subito si macchiò di rossetto.
-Non c’è bisogno, è arrivata la baby-sitter -
Lily si voltò e non riuscì a credere ai suoi occhi.
Ginevra era appena entrata nel bar ed era stata accolta con un abbraccio al collo dal ragazzo con i capelli neri che a mala pena si reggeva in piedi. Lily studiò ogni minima mossa della ragazza appena entrata. La vide parlare con un ragazzo che accompagnò il suo amico fuori, poi parlò con il barista e con lo sguardo guardò nella sua direzione. Non le alzò la mano, né parve accorgersi di lei.
Prese il portamonete da una borsa di tela, pagò e aspettò il ritorno del barista che le presentò in poco tempo un bicchiere da cocktail. Ginevra ci sputò dentro, salutò e andò via.
-Ma che diavolo fa?- fu il commento di Christie che aveva assistito a tutta la scena.
Poco dopo il barista si avvicinò proprio con il bicchiere dove la riccia aveva lasciato la propria saliva  e lo mise di fronte a Michelle.
-Questo lo offre una ragazza che è appena uscita- spiegò con evidente disagio e andandosene subito.
Lily trattenne le risate nel vedere lo sguardo scandalizzato di Michelle.
-Quella stronza!- commentò –Non crederà mica che io beva questo schifo!-
-Non lo vuoi?- la domanda di John stupì tutti.
Dopo attimi di silenzio, Michelle si inalberò  -Certo che no!-
Il ragazzo fece spallucce e scolò il contenuto del bicchiere –Quando è offerto va bene tutto-.
Michelle divenne rossa e si rivolse alle due amiche, cercando di dissimulare l’imbarazzo per l’azione orripilante svolta dal suo accompagnatore .
-Come mai ci hai messo tanto, Lily?-
Lily impiegò un attimo di troppo per eliminare l’immagine disgustosa di John, poi scrollò il capo –Ero con Oliver – spiegò.
Sia Michelle che Christie parvero improvvisamente interessate al discorso.
-E come mai?-
-L’ho accompagnato a fare delle foto- disse, sperando che il discorso cadesse –Siamo andati alla discarica e devo dire che oggetti rotti possono avere veramente un aspetto affascinante alla luce del tramonto e…-
-Ma Oliver è ancora single?- la domanda di Michelle era tutt’alto che disinteressata.
-Si sta sentendo con una- mentì Lily, sfogliando distrattamente un menù –Credo che prenderò un cosmopolitan-
-E con chi?- strillarono entrambe, sorprese.
-Non me l’ha voluto dire- si affrettò a rispondere.
-Allora non è niente di serio- commentò Michelle con un sorriso diabolico.
Lily si alzò con la scusa di andare a portare il suo ordine. Non avrebbe mai permesso che una di quelle due arpie prendesse Oliver.
 
-Ma perché è così bella?-
La lagna di Junior si ripeteva il continuazione, come un disco rotto.
-La domanda giusta è perché sei così stupido- fu la risposta di Ginevra lungo il viale della propria abitazione.
Katie non avrebbe accettato di vedere suo figlio rientrare in casa ubriaco per colpa di una donna, quindi aveva deciso di portarlo a casa sua dopo essersi inventata una scusa con la madre dell’amico che ovviamente non bevve, ma sapeva che finchè era con Ginevra, Junior avrebbe evitato ulteriori guai.
Aprì la porta, intimando a Junior di non fare rumore e lo fece sedere sulla poltrona del salotto.
-Perché è qui?-
Ginevra sobbalzò non appena la luce si accese e tirò un sospiro di sollievo nel vedere che si trattava della madre in vestaglia a fiori.
-Non può andare a casa in queste condizioni- spiegò solamente.
Lara, la madre di Ginevra, sembrava una sorella maggiore molto dolce –Trovi delle lenzuola pulite nell’armadio- disse e si avvicinò a Junior trattenendosi dallo storcere il naso per l’eccessivo odore di alcool.
-Problemi con la fidanzata?-
-Problemi con una puttana- rispose per lui Ginevra beccandosi un rimprovero dalla madre per il linguaggio.
-No, Lara. Ginevra ha ragione!- esclamò Junior, in un momento di lucidità. Poi si alzò dalla poltrona – Se volete scusarmi- disse, trascinando le parole –Vado in bagno a vomitare-
E mentre correva per il corridoio, Lara si diresse in cucina –Gli preparo un caffè forte per smaltire la sbornia-
Ginevra, ormai sola nel salone, si diresse verso l’armadio per prendere le lenzuola. Con la mente tornò alla serata, sentendosi orgogliosa di se stessa per il tiro mancino dello sputo nel drink. Era il minimo per quell’infame.
Ma con la mente pensava alle persone che erano con lei. Aveva riconosciuto Christie Leonards, una delle ragazze di cui tutti sanno il nome e che si diverte con frivolezze e con gli insulti gratuiti alla sua persona, poi vi era un energumeno che sicuramente doveva essere il coglione di cui aveva parlato Junior e poi vi era un’altra ragazza, con i capelli neri, che solo in quel momento Ginevra sovrappose l’immagine della ragazza che le aveva fatto fare tardi al lavoro.
-Lily- mormorò. E per un’associazione di pensieri riconobbe anche il ragazzo con gli occhi grigi che era con lei. Era la stessa persona con  cui si era scontrato nei corridoi quella mattina. Cercò di visualizzare meglio il volto ma non ci riuscì. Aveva in mente solo quei meravigliosi e grandi occhi grigi.
-Ginevra, ho sonno!- la voce da bambino di Junior la strappò ai propri pensieri.
Ginevra lanciò una coperta pesante sulle lenzuola –Vai a dormire allora-
E mentre Junior toglieva le scarpe, indossando una tuta del padre dell’amica come pigiama che prima gli aveva portato Lara insieme al caffè, Ginevra gli chiese – Cosa mi sai dire di Lily Mamiya?-
Junior sollevò lo sguardo –L’ho sempre detto che sei dell’altra sponda-
Ginevra gli tirò il pugno, ma lo sguardo afflitto che gli rivolse l’amico le fece capire che non era stata una buona idea dati i postumi della sbornia.
Junior si stese sotto le coperte – Lei è un’amica di Michelle, anche se ne ha sempre parlato male-rispose.
-È una tipa tutta matta, ma simpatica- sbadigliò.
Ginevra annuì – La mia era solo curiosità- si giustificò – Mi ha avvicinato fuori dalla palestra e ….- si interruppe poiché si era accorta che Junior si era addormentato di colpo.
Gli sistemò le coperte –Non importa- mormorò.
Si incamminò verso la propria stanza chiedendosi se il giorno dopo avrebbe dovuto aspettarsi degli insulti anche da parte di Lily per il suo comportamento.
 
  
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