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Autore: Crawford Tillinghast    15/12/2015    0 recensioni
È la storia di due amici d'infanzia che si ritrovano, dopo tanto tempo, nella città in cui giocavano da bambini. Forse nulla è cambiato nonostante il tempo passato, nemmeno i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il mare. Ogni volta che tento di trovare pace durante una giornata tempestosa o dopo un brutto, atterrante momento, penso al mare. Un mare accarezzato dal vento, da cui nascono le onde, e da esse il rumore del loro frangersi, che per me diventa un nepente per i sensi. Poiché non posso fare a meno di collegarlo a quando stavo con lei, quando eravamo bambini.

Venivo in questo paesino di mare ogni estate con i miei genitori, avevamo una casa vicino alla spiaggia. Erano dei bei momenti, alla spensieratezza dell’infanzia si aggiungeva quella delle vacanze estive. Guardandomi indietro adesso sembra sia tutto stato un sogno per quanto m’appaia irreale aver avuto giornate così. La spiaggia, i gelati, le giostre, i cabinati dei videogiochi e il ridere con gli altri bambini… assaggiavo ogni sapore che la stagione poteva offrirmi.

La nostra casa era, di fatto, una parte di una piccola villetta. Spoglia, mobili a parte c’era poco più che pietra bianca. Dietro avevamo un giardino dove un fattore aveva orto e galline, davanti al nostro cancello la strada. Accanto a noi invece abitava lei con la sua famiglia. Ci conoscemmo con una naturalezza che esiste solo quando si ha quell’età, senza vergogna o paura, spontaneamente e per caso. Lei piccola, mora dalla pelle olivastra, sguardo sereno e un caldo sorriso. Affiatati e felici della nostra libertà, correvamo in giro per il porto del paese senza meta o perché, alle volte ci fermavamo a catturar granchi con delle retine, altre semplicemente facevamo la gara. Poi le corse in bicicletta lungo il viale dove abitavamo, le partite a pallone sulla spiaggia e… quella notte.

 

Quella notte, dopo una cena comune tra le due famiglie, siamo stati lasciati liberi dai nostri genitori di giocare da soli nel porto. Decidemmo, vista l’assenza di qualche possibile castigatore, di andare dove prima non ci era permesso: oltrepassammo quindi la catenella di divieto per  andare a passeggiare sugli scogli vicini al faro. Ci sedemmo ai suoi piedi sotto un cielo con poche stelle, ma una bellissima luna piena.

-Pensi che ci sia qualcuno lì?- le chiesi.

-Cioè? Nello spazio?- mi rispose confusa.

-Sì, sulla Luna.

-Uh… tipo Sailor Moon?

-Già! Magari un giorno andremo a incontrarli…

Guardando in alto con un sorriso, mi disse:

-Forse ci stanno aspettando… e guardando da lassù.

Guardandola in viso in quel momento provai qualcosa che non conoscevo, di fatto non lo conosco tutt’ora. Era una piacevole sensazione di familiarità, di essere dove si dovrebbe essere con chi si dovrebbe essere.

Dopo qualche minuto di silenzio, mi guardò improvvisamente, sorridendo.

-S-secondo te Plutone invece è popolato da tanti Pluto?- dissi in risposta, preso dal panico e dalla timidezza.

Da subito sudai freddo per l’imbarazzo, ma con mia sorpresa lei rispose:

-Ahah, sarebbe un mondo cane!

Né prima né dopo ho mai incontrato qualcuno così comprensivo, e anch’io cercavo di esserlo quanto possibile verso di lei. La notte continuò così, scherzando e facendo gli scemi finché non decidemmo di tornare indietro.

Quella fu l’ultima notte in cui stemmo insieme da soli. A causa del lavoro di mio padre e delle nostre scarse finanze fummo costretti ad andare a vivere in Austria, senz’aver la possibilità di potervi tornare.

Preferii il silenzio alla lontananza, pertanto non la contattai più una volta andatomene. La tentazione era forte ma una piccola voce nella mia testa mi convinceva a non farlo, dicendomi che dimenticarla era meglio che desiderare per anni di stare di nuovo insieme con lei. Tutt’ora penso fosse la scelta giusta da fare: col tempo lei, il mare e tutto il resto divennero un lontano ricordo. Ma non dimenticai mai.

 

Ora eccomi di nuovo qui, dopo tutto questo tempo; con me un’infantile speranza di ritrovare tutto come allora, di sentirmi come allora. Mi sono sempre chiesto se anch’io avessi la stessa presenza nei suoi pensieri, di fatto ci spero, anche se la parte più razionale di me ricorda che non sono mai stato così importante per gli altri.

Sono sulla stessa spiaggia pubblica con cui andavo con la mia famiglia, ma oggi è deserta, come ci si aspetterebbe in un pomeriggio d’inverno. Non m’interessa, non volevo attendere oltre per rivivere i miei ricordi; l’odore di salsedine e il rumore delle onde mi travolge, vedo me e la mia famiglia su quella spiaggia, come fantasmi del passato, e la nostalgia di un senso di certezza e sicurezza divampa in me.

Cammino sulla sabbia, guardando l’orizzonte grigio e spento, chiedendomi se riuscirò mai a riavere tutto quello. Il mio mondo è cambiato, ma soprattutto io sono cambiato. Ho ancora voglia di assaporare il passato, pertanto mi rimane solo un posto in cui andare…

Il vento ulula forte, il mare è in continuo movimento, il freddo mi punge la faccia… come se il paesaggio mi volesse risvegliare dalle mie illusioni. Sono di nuovo vicino al faro, ma questa volta è spento. Nulla è come prima, tuttavia… questo luogo ancora risveglia in me un senso di pace e tranquillità. Mi siedo, e guardo il mare.

 

-Bello, vero?

La domanda mi fa riemergere dai miei pensieri. Sorpreso, vedo in piedi dietro di me una donna dai lunghi capelli corvini smossi dal vento. Indossa una blouse rosso acceso, che risalta la sua pelle olivastra. Il mio sguardo incrocia il suo: è placido, quasi accondiscendente, accentuato dal mezzo sorriso sulle sue labbra.

-Beh, ci sono state giornate migliori.

-A me piacciono così, è bello vedere il mondo così vivo.

-Vivo e fastidioso. Specialmente per i capelli- le rispondo con un sorriso accennato.

-Lo preferisco mille volte alla calma piatta;  non mi piace l’immobilità, neanche nei capelli- rispose, muovendo i suoi con una mano. Il suo sorriso si fa più grande.

- Come mai qui allora? Non c’è molta vita da queste parti.

- Oh, sto solo visitando i miei, ma il posto mi annoia a morte.

-T’invidio allora, devi fare una vita eccitante! Io sono più il tipo che preferisce fermarsi a dar da mangiare ai piccioni… un nonnino precoce.- dico sorridendo placidamente. Sento come un senso di complicità istantanea, che mi attrae dolcemente ma inesorabilmente verso lei.

Mi guarda sorridendo, lo sguardo si è fatto più sereno ma non dice nulla.

-Certo, è strano vederti qui però. Non è un posto facile da raggiungere, e non è nemmeno una discoteca…

-Non è il “dove”, ma “con chi”. Ogni volta che venivo qui, speravo di ritrovarti in questo posto.

Rimango basito per qualche momento, poi la realizzazione mi travolge completamente e rimango senza fiato. Non so come non sia riuscito a capirlo prima, forse una parte di me rifiutava di sperare che ci saremmo rincontrati, per non soffrire la pena dell’attesa e l’incertezza della speranza.

Il momento di tacita sorpresa esplode in fragorosa gioia, poi si acquieta in una gioiosa chiacchierata. Non c’è nessun silenzio imbarazzante, ci parliamo come se ci fossimo visti ieri. Ci sediamo e parliamo di quello che abbiamo fatto, di quello che siamo stati dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Non parliamo però di quello che abbiamo provato l’uno per l’altra durante quest’assenza, non voglio rischiare di rovinare tutto sembrandole troppo ossessivo… e spero di non esserlo.

Si alza il vento, le onde si fanno più violente, il cielo più grigio. Forse potrei…

-Va bene il movimento ma qui ce n’è un po’ troppo. Che ne dici se andiamo a parlare da qualche altra parte?

Ed eccoci camminare per il lungo mare. Parliamo un po’ di tutto e di niente, ma mai di quello che facemmo da bambini, non abbiamo tempo per il passato.  Ma il passato se ne frega, si avvinghia di nuovo a me e io, purtroppo, non posso fare a meno di cedere a questa pressione.

-Sei cambiata molto- le dico, guardando in lontananza.

-Ah sì? Come?- mi chiede lei, guardandomi sorniona.

-Beh, sei molto più… controllata, ecco. Ti ricordavo più esuberante.

-Capita con gli anni. La trovi una cosa negativa?

-Non saprei, non penso abbia importanza in fondo. Ma… quindi anche per me è così?

-No, tu sei sempre stato così, è questo che mi è sempre piaciuto di te, ed è per questo che mi sei mancato. Stare con te era come trovarsi su un’isola pacifica in mezzo al mare in tempesta…

Questa risposta mi coglie impreparato per un momento, ma poi so esattamente come rispondere:

-Un posto tutto per noi, fuori dal mondo, vero? Già, mi sono mancati quei momenti… anche adesso è come se tutto fosse più bello e semplice.

Lei guarda in basso e mi dice:

-Preferirei non rimpiangere il passato.

Neanch’io. Non so se ci saranno ancora momenti come questi, perciò non voglio perdere quella che potrebbe essere la mia unica occasione… anche se di solito non sono uno che pensa si debba rischiare piuttosto che pentirsi, se c’è un momento nella mia vita in cui questa regola non si applica, dev’essere questo.

-Nah, lo vedo più come un essere nostalgici. A tal proposito, ti va di prendere una pizza per cena? Al ristorante in cui ci portavano i nostri genitori ovviamente!- dico sforzando spensieratezza.

Le sue labbra diventano un largo sorriso, annuisce. Il vento diminuisce e i suoi capelli ora ondulano lievemente:  una leggera brezza corvina da cui sboccia il profumo dell’estate. Non sto più rivivendo il passato, sto creando un nuovo presente.

A notte fonda le mie dita scorrono in quell’oceano  d’ebano, mentre ci promettiamo di affrontare insieme quello che verrà e di condividere ogni cosa bella. Guardo profondamente nei suoi occhi castani che mi gridano affetto, apro questo nuovo capitolo della mia vita con un caloroso bacio, e d’improvviso il mio corpo viene travolto da caldo amore.

  
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