Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Ciulla    16/12/2015    3 recensioni
Un pomeriggio particolare che vede protagonisti un Beerus bambino ed il suo maestro Whis.
"Sperava che crescesse presto, per vederlo abbandonare la fantasia e focalizzarsi sulla realtà, ma sperava anche che non crescesse mai. Temeva il giorno in cui Beerus avrebbe realizzato che il suo maestro altri non era che un suo sottoposto; Whis avrebbe dovuto cominciare a chiamarlo ‘lord’, estraniandosi da lui, e il dio avrebbe potuto decidere di non tenerlo più con sé. Inoltre, detestava ammetterlo, ma vedere quel cucciolo che si affidava in tutto e per tutto a lui lo faceva sentire bene, lo faceva sentire indispensabile. E in un certo senso lo era: Beerus non se ne rendeva conto, ma il piccolo aveva soltanto lui nella vita. Ecco perché Whis sapeva che là, all’orizzonte, dove nessuno sarebbe apparso, gli ingenui sogni del bambino si sarebbero infranti."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Maestro Whis! Maestro Whis”
Un piccolo gattino viola correva qua e là forsennatamente, alla ricerca del suo maestro.
Questi stava contemplando il cielo disteso in un angolino verde di prato; le nuvole gli danzavano davanti agli occhi assumendo le forme più strane e bizzarre, in una sfilata soffice e bianca che deliziava estremamente il suo animo puro e pacifico.
Alle grida del suo piccolo allievo, le nuvole non sembrarono più così interessanti. L’alieno si tirò a sedere e si diresse verso il punto da cui proveniva la voce; probabilmente il piccolo Beerus era affamato, unico motivo per cui avrebbe dovuto svegliarsi dal suo pisolino che si protraeva da appena tre settimane.
“Maestro Whis!” Urlò il bambino, individuato finalmente l’oggetto delle sue ricerche. “Ho fatto un sogno premonitore!”
“Un altro” gemette il maestro. Da quando gli aveva spiegato che gli dei con un’innata predisposizione per il controllo del ki a volte facevano questi sogni in cui si svelava loro una parte del futuro più prossimo, il bambino non aveva avuto un attimo di tregua. Desideroso di mostrare la propria abilità, aveva deciso che tutti i sogni che faceva dovevano essere premonitori, a partire dai più assurdi, in cui un dinosauro gigantesco si tramutava in un’enorme e deliziosa bistecca, fino ai più semplici, in cui Whis gli faceva conoscere qualche nuovo pianeta.
Il maestro sperava immensamente che il sogno del bambino facesse parte di questi ultimi. L’unico modo per acquietare il piccolo futuro dio era soddisfarlo, o in alternativa dimostrargli il suo sbaglio senza margine possibile di errore. Siccome non aveva voglia di girare nuovamente tutta la galassia alla ricerca del fantomatico dinosauro, desiderava di poter compiere con facilità quello che il piccolo gatto bramava, in modo tale da farlo contento e rimetterlo a dormire; almeno, questo era quello di cui cercava disperatamente di autoconvincersi. In realtà, anche se si vergognava ad ammetterlo, tra i desideri di Whis v’era in primo luogo quello di poter tornare alla propria attività contemplativa in santa pace. Adorava quella piccola peste, ma prendersi cura di lui quando non dormiva era un faticosissimo lavoro a tempo pieno! Sperava immensamente che crescendo sarebbe diventate più trattabile e meno capriccioso.
“Cos’hai sognato stavolta, piccolo Beerus?” Chiese Whis col suo solito tono gentile.
Il piccolo non stava più nella pelle. “Ho sognato che oggi sarebbe venuto qualcuno di molto speciale per me e mi avrebbe abbracciato! Non vedo l’ora!”
Whis sospirò. Almeno questa volta non si sarebbe dovuto spostare dal pianeta, ma sapeva che avrebbe dovuto raccogliere i residui di un Beerus altamente sconfortato quella sera. “Chi era questo qualcuno?”
“Non me lo ricordo” disse il bambino dopo essersi grattato piano dietro un orecchio. “Però so che per me era importantissimo e insostituibile. Magari sarà qualcuno dal mio pianeta d’origine! Magari saranno i miei genitori! Oh, non vedo l’ora, maestro!”
Whis esitò. Non sapeva se lasciare il cucciolo alla sua folle attesa o se aspettare seduto accanto a lui. Da una parte voleva tornarsene alla sua meditazione, dall’altra non voleva lasciare da solo quel piccolo sciocco, che si dondolava avanti e indietro nella vana speranza che un improbabile sogno si realizzasse.
Rimase accovacciato accanto a lui qualche minuto, poi gli diede una pacca su una spalla e si alzò. “Buona attesa, Beerus.” Rimanendo in piedi guardò ancora per qualche istante quel piccolo essere seduto con aria ostinata a scrutare il confine dell’universo, in attesa di vedere il proprio sogno materializzarsi all’orizzonte.
Sperava che crescesse presto, per vederlo abbandonare la fantasia e focalizzarsi sulla realtà, ma sperava anche che non crescesse mai. Temeva il giorno in cui Beerus avrebbe realizzato che il suo maestro altri non era che un suo sottoposto; Whis avrebbe dovuto cominciare a chiamarlo ‘lord’, estraniandosi da lui, e il dio avrebbe potuto decidere di non tenerlo più con sé. Inoltre, detestava ammetterlo, ma vedere quel cucciolo che si affidava in tutto e per tutto a lui lo faceva sentire bene, lo faceva sentire indispensabile. E in un certo senso lo era: Beerus non se ne rendeva conto, ma il piccolo aveva soltanto lui nella vita. Ecco perché Whis sapeva che là, all’orizzonte, dove nessuno sarebbe apparso, gli ingenui sogni del bambino si sarebbero infranti.


Alla fine, l’azzurro alieno non tornò più a contemplare le nuvole. Il suo sguardo rimase concentrato tutto il pomeriggio sul piccolo Beerus e sul suo tenero volto, dapprima allegro e speranzoso, poi sempre più cupo con lo scorrere delle ore e dei pensieri. Alla sera i suoi occhi erano ormai chiusi, in un disperato tentativo di non contemplare la desolazione che aveva davanti, e le labbra erano incurvate verso il basso. Solo allora, quando non poté più sopportare la delusione del piccolo, Whis si avvicinò a lui e gli si sedette nuovamente accanto.
Non sapendo cosa dire rimase in silenzio, limitandosi a circondare con un braccio le spalle del gatto. Questi, sorpreso, spalancò gli occhi e lo fissò, poi sorrise tristemente. “Non mi hanno mai voluto, vero?”
“Non capisco di cosa parli, Beerus” rispose il maestro; purtroppo invece lo capiva benissimo, ma non sapeva cosa rispondere per non fargli del male.
“I miei genitori” spiegò l’allievo. “Non sono mai venuti a trovarmi, non mi hanno nemmeno salutato quando sono partito per seguirti... Nessuno l’ha fatto. Mi ignoravano tutti. Io... Quando sono venuto con te mi sono sentito come se stessi perdendo tutto, ma allo stesso tempo come se non stessi perdendo niente. Stavo abbandonando una famiglia di cui non ho nemmeno mai fatto parte. Non è così, maestro?”
Whis chinò il capo, incerto sulle parole da usare. “Beerus... Tu sei nato per essere un dio della distruzione. Sei sempre stato diverso da tutti, ma non in senso negativo. Tu sei sempre stato speciale, e loro non sapevano capirti. Avvertivano questo forte potere in te e ti evitavano perché avevano paura. Sono stati sollevati quando ti ho portato via.”
“Lo sapevo.” Borbottò il piccolo. “Solo il maestro Whis non sarebbe contento di perdermi. Sarà che ha qualche rotella fuori posto.”
Il maestro in questione ridacchiò. “Ho detto che sono stati sollevati, Beerus, non contenti. Non metterti strane idee in testa.” Detto questo lo sollevò da terra e lo appoggiò sul ramo più basso di un albero  che cresceva lì vicino, per poterlo guardare negli occhi e fargli leggere la sincerità nei suoi. “Se non ti sono stati accanto non è perché in te non vi sia nulla da amare, ma perché non hanno osato cercarlo. Tu non ne hai nessuna colpa. Sia che loro un giorno vengano a trovarti, sia che non vengano mai, tu non sei da biasimare. Capito, Beerus?”
“Sì, maestro.” Affermò lui. Whis, sorridendo, lo fece scendere dall’albero e lo appoggiò a terra. “Inoltre, vorrei invitarti a considerare questa giornata come una lezione importante. Non sappiamo ancora se la tua predisposizione al ki sia elevata al punto da permetterti di fare dei sogni premonitori, e in ogni caso sarebbe troppo presto per averne. Non tutto ciò che vedi quando dormi deve avverarsi per forza. È chiaro?”
“Sì, maestro” affermò il piccolo tristemente.
Non resistendo, Whis si chinò e strinse tra le braccia il bambino. Beerus dapprima sgranò gli occhi sorpreso, poi si lasciò andare felice all’abbraccio del suo maestro. Cosa importava in fondo se in passato non lo avevano capito? Lui aveva Whis, Whis che si prendeva cura di lui, gli insegnava tutto quello che sapeva e che quando più era triste veniva da lui e lo abbracciava.
Improvvisamente il piccolo sgranò gli occhi. “Ora ricordo!” Urlò, e la sua bocca si aprì in un enorme sorriso. “Eri tu! Eri tu nel mio sogno! Mi hai abbracciato, proprio come stai facendo adesso! La mia visione si è avverata!”
Whis non aveva mai visto il bambino così felice. Si staccò da lui e lo guardò, lieto che il cattivo umore fosse passato. Il bambino si mise a saltellare e continuò a parlare. “Sei tu quella persona importante ed insostituibile! Grazie, maestro! Ora posso tornare a dormire!”
Guardando il piccolo che saltellava via, Whis sorrise.
Insostituibile.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Ciulla