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Autore: Lilyth    16/12/2015    0 recensioni
Ho l’anima a brandelli e ancora che strappano pezzi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho l’anima a brandelli e ancora che strappano pezzi.
Li bramano, li pretendono, come se in quei cinque minuti in cui i nostri sguardi si sono incrociati io sia diventata la cosa più preziosa dell’universo.
Ma sono tutte favole.
Ho l’anima a brandelli e ogni giorno un nuovo lembo se ne va, incastrato in qualcuno che aveva detto che sarebbe rimasto, ma alla fine sono io quella che rimane, un pezzo di anima legato addosso a chi allontana i suoi passi da me.
Non so dare una descrizione di me stessa; mi hanno detto che sono bella, ma visto da chi sono fuoriuscite queste parole stento a credere ad ogni singola lettera.
Credo che potrei essere definita la “ragazza del primo sguardo”, sì, forse è la definizione migliore per me.
La ragazza del primo sguardo, appunto, la guardi; i vostri occhi si incrociano e in quel millisecondo decidi che deve essere tua.
Non è un colpo di fulmine, proprio no, perché la ragazza del primo sguardo non la vuoi davvero, non la ami, non provi qualcosa per lei, semplicemente ti attira abbastanza da voler prendere un pezzetto di quegli occhi e lasciare tutto il resto a marcire.
Ecco. Io sono ciò.
Non credo di aver avuto nulla di più nella mia vita, mai un fidanzato, un amante, un bacio rubato in mezzo alla strada, un sorriso di troppo a fermarmi il cuore.
Sostanzialmente i miei momenti più belli sono i pochi attimi prima che mi accorga di essere stata presa in giro, vivo di quello, di illusioni e bugie finché non ne rimango ferita abbastanza da volerne fuggire.
Sto fuggendo di nuovo, non credevo che sarebbe successo tanto in fretta, ma questa volta c’è qualcosa di diverso.
Questa volta non ero stata solo presa per cinque minuti, illusa per una sera di baci e sorrisi.
Questa volta di mesi ne erano passati quattro da quella sera, tanto da farmi pensare di non essere più la ragazza del primo sguardo.
Per quattro mesi qualcuno mi aveva cercata, mi aveva ripetuto ininterrottamente che sono bella, che sono speciale, che mancavo alla sua vita, che non vedeva l’ora di rivedermi.
E ci siamo anche rivisti.
E piano, piano la ragazza del primo sguardo lasciava il posto a “forse c’è qualcuno che mi vuole veramente”.
Ma, ripeto, sono tutte favole.
Ogni cosa, come è arrivata, finisce.
O meglio, dovrebbe finire; dopo aver ottenuto il tanto bramato pezzetto d’anima, cosa altro vuoi?
Ed è qui che arriva il bello, già, perché a quanto pare mi vuole ancora.
Ma non si può voler tutto dalla vita.
Non si può volere una fidanzata in carne ed ossa che vedi sempre e una sul cellulare, che abita a 400 km di distanza e che al massimo può regalarti un bacio in più ogni quattro mesi.
Infondo non credo di meritarlo.
Da oggi, o più precisamente, da ieri sera, alla definizione “ragazza del primo sguardo” possiamo aggiungere “ragazza di scorta”.
Perché così vengo trattata; messa da parte appena passa un’occasione più allettante e ripresa quando l’occasione in questione sfuma.
Peccato che io non sia un giocattolo, non vado a batterie e neanche a corrente elettrica, il mio cuore batte come quello di tutti gli altri, le mie lacrime scendono allo stesso modo.
Credevo di aver imparato a soffrire, credevo che oramai le emozioni mi avrebbero superata, ignorata, dimenticata.
Non è così.
Ho di nuovo il buco nel petto e la pancia vuota, le occhiaie e gli occhi spenti.
Ho di nuovo voglia di dimenticare gli ultimi quattro mesi e gli incontri e gli occhi.
E intanto cresce la corazza intorno a me, cresce, non si ferma.
Eppure avrei solo bisogno di essere amata, solo quello.
Avrei solo bisogno di qualcuno che mi scelga davvero e non per ventiquattro ore, o una settimana, o dei mesi.
Avrei solo bisogno di qualcuno che prenda qualche pezzo della sua anima e lo attacchi ai buchi che ho nella mia.
Alla fine avrei un’anima patchwork, ma meglio di niente.
Il problema è che appena arriva qualcuno che mi convince di essere quello giusto, che riesce a superare la barriera intorno a me e a prendere la dolcezza e l’amore che mi dormono dentro la mia anima non viene ricucita, non vengo curata, non vengo salvata.
Sì, forse all’inizio sembra quasi che quel qualcuno prenda le misure per tapparli quei buchi, peccato che poi ne strappa di più profondi e se ne va, come tutti gli altri.
Non riesco più a guardarmi allo specchio.
Ho paura dei miei stessi occhi.
Ricordo che qualche mese fa tutti mi dicevano che erano più vivi, più belli, in rinascita; se li guardo ora vedo solo un nocciola più scuro del solito, spento, ormai in letargo.
La fame se n’è andata, il mio stomaco è chiuso su se stesso, aggrovigliato e pieno di rabbia, pronto a rigettare qualsiasi cosa provi a farsi strada al suo interno.
Ma ciò che mi fa più paura è la mia testa.
È incredibile come non appena si decida che si vuole dimenticare qualcosa, quel qualcosa inizia a venirti in mente ogni due secondi ad intermittenza, roba da far invidia alle luminarie di Natale.
E così non posso non pensarci,  non posso fare finta di niente, non posso non continuare a giocare con il minuscolo filo che tiene ancora ancorato quell’angolino di anima ma che presto cederà e lo lascerà andare.
Posso anche dire il giorno in cui ciò accadrà.
Diciannove dicembre.
Il diciannove dicembre  consegnerò una parte di me e poi scapperò via, come faccio sempre.
Non sono pronta per farlo, ma so che lo farò; so che guarderò in quegli occhi e mi verrà da piangere, come mi viene da piangere ora.
 Vuole un’altra, non vuole te.
È il mio cervello che continua a ripetermelo.
Vuole un’altra e anche se lei ora frequenta un altro ragazzo prima o poi staranno insieme e tu lo sai.
Vorrei farlo smettere, ma non posso.
Sei di nuovo sola, non puoi farci nulla.
Ora vorrei solo dormire.
Questa notte avrò chiuso occhio al massimo due ore.
Ricordo di aver provato ad addormentarmi alle due, per poi svegliarmi alle tre e mezza, e poi di nuovo alle cinque e alle sei e mezza.
Eppure non sono stanca.
È il dolore a tenermi sveglia.
Il dolore, come l’eccitazione e l’amore dovrebbe essere classificata come droga pesante.
Ti scorre nelle vene senza neanche bucarti, nasce direttamente dentro di te; inizia il suo circolo e va atrofizzando tutto ma allo stesso tempo dandoti la forza necessaria per stare in piedi.
È come chi ti prende a calci e poi ti sorregge ma solo per ributtarti giù.
E il ciclo continua.
Ora sono in piedi. Aspetto che si svegli, lo ammetto, per capire lui cosa vuole fare della sua vita.
Perché io non so cosa farne della mia.
Non so cosa farò da oggi in poi.
Probabilmente abbozzerò come ho sempre fatto, accetterò di tenermelo come amico, lo vedrò felice con un’altra e mi convincerò di essere felice per lui.
Andrà sicuramente così.
Mi chiedo solo quando toccherà a me, quando smetterò di piangere e di fingere felicità per la gioia degli altri.
 
 
 
   
 
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