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Autore: marwari_    17/12/2015    2 recensioni
|Beyond the pale: qualcosa di impossibile, qualcosa di impensabile - rating "giallo" per i riferimenti all'esoterismo, Salem, spiriti, stregoneria ecc.|
E' il 1992 e una ribelle Paige trascorre noiose ore nel museo della città.
L'incontro casuale con la giovane Prue cambierà per sempre il suo modo di vedere il mondo che la circonda.
Una nuova vita è alle porte di entrambe, un futuro di segreti svelati, famiglie in lotta e destini mutati.
Cosa sarebbe successo se, da giovani, la più grande e la più piccola delle sorelle Halliwell -ignare di tutto- si fossero incontrate?
{POV: Paige/Prue}
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paige Matthews, Prue Halliwell
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Charmed: Legacy'
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Saga: Charmed: Legacy (Vol. I)
Titolo: Beyond the Pale
Set: 1992 (pre-serie)
 

Cap.1 - tricentenario

:: 1992 ::

Paige sbuffò contrariata, accodandosi al gruppo disordinato di ragazzini urlanti.
Odiava le gite, ma se una di quelle inutili uscite scolastiche l’avrebbero salvata da snervanti cene di famiglia, allora era la prima a voler partecipare. Era stata dunque una buona ragione per cui violare l’ennesima punizione di suo padre, falsificare la firma della madre per poter consegnare il permesso alla preside senza problemi e sorridere gentilmente, giustificandosi con l’insegnante di storia e di arte, dicendo di voler approfondire gli argomenti trattati in classe. Aveva promesso tante volte di cambiare, di diventare una studentessa modello, più attenta, partecipe e volenterosa di imparare.. era un’occasione perfetta per dimostrare tutte le sue buone intenzioni. Forse la cosa sarebbe durata un paio di giorni, una settimana o forse un mese.. finchè qualcosa di abbastanza divertente non sarebbe saltato fuori.. fino ad allora poteva svagarsi con il testare le sue doti incerte di attrice.

«Matthews, non restare indietro.» la voce del professore di arte le giunse sibilante e autoritaria alle orecchie. La ragazza lo guardò per un attimo in cagnesco, prima di rilassare i muscoli della fronte e mostrargli i denti bianchi corredati di apparecchio argentato. Lui scosse la testa, sospirò, e tornò a rivolgere la propria attenzione alle parole della guida

…per questo motivo, in onore del 300° anniversario, il Museo di Storia Naturale della California ha deciso di ospitare, nel padiglione ancora incompleto, una selezione delle opere più significative riguardanti la ciaccia alle streghe di Salem.

Paige perse velocemente l’interesse: la sua mente era troppo affollata da pensieri riguardanti la fine di quella noiosissima gita quando, tornati a scuola, si sarebbe incontrata con la sua migliore amica Michelle e gli altri per trascorrere finalmente delle vere ore di libertà tra le strade del centro; di sicuro non poteva pensare a Mary Walcott o Melinda Warren…

La ragazza si voltò con aria stranita verso la guida: non ricordava di aver ascoltato quel nome in classe, né di averlo letto nei libri. Era anche vero che non poteva far affidamento sulla sua attenzione, visto che per la maggior parte del tempo, durante le lezioni, pensava ad altro e quando si trattava di studiare trovava le migliori scuse anche con se stessa. Paige sospirò appena confusa, dando le spalle al resto del gruppo e, approfittando della distrazione degli insegnanti e dei suoi compagni, impegnati anch’essi ad ascoltare musica di nascosto o cercare di leggere riviste ripiegate più volte in modo da farle sembrare libri, si perse per minuti interi ad osservare gli alti soffitti appena restaurati e le colorate vetrate che spuntavano qua e là da qualche impalcatura ancora presente. Nonostante ciò che pensava sui musei e su quel genere di edifici e templi della noia, pensò che sarebbe diventato un padiglione degno di nota; molto probabilmente i suoi non l’avrebbero trascinata lì una volta terminato. La ragazza storse la bocca disgustata alla sola idea.

Dunque, se volete seguirmi, vi porterò nella stanza di restaurazione. E’ un laboratorio a cui, normalmente, non permettiamo di accedere ai normali visitatori, quindi state molto attenti a non toccare nulla.

«Matthews!» Paige non aveva nemmeno avuto il tempo per dimostrare il suo disappunto che la sgridata arrivò puntuale come sempre. Era certa di star antipatica all’insegnante di arte – del resto a chi non stava antipatica? – oppure era solo risentito del fatto che stavano visitando un museo, il santuario della sua materia, e lei non si stava dimostrando abbastanza interessata? «Tieni il passo.» la incitò nuovamente, non appena si trovò abbastanza vicino.
A quel punto non riusciva a pensare ad altro che alle sigarette e al momento in cui tutta quella tortura sarebbe finita. Cos’era costretta a fare per far alzare le valutazioni sulla condotta?

“Entravano nelle buche e strisciavano sotto sedie e sgabelli... svariate posizioni e buffi gesticolii, facevano discorsi ridicoli e assurdi, incomprensibili per loro come per gli altri.”

Paige osservò la guida mentre, con attenzione, voltava una pagina di un libro antico, all’apparenza, con pagine gialli e fragili scritte in inchiostro sbiadito. Riuscì ad intravedere qualche disegno dello stesso colore, macabro e sinistro, che ritraeva linciaggi o violente torture.
La ragazza notò uno strano simbolo a tre punte provenire dalle fiamme stilizzate di una donna bruciata sul rogo, ma non appena sbattè le palpebre, il simbolo scomparve. La stanchezza e la noia stavano cominciando a darle veramente fastidio.. aveva decisamente bisogno di fumare.

Era ciò che diceva un contemporaneo, Robert Calef, delle due giovani Elizabeth Parris ed Abigail Williams, che diedero il via all’inquisizione delle streghe, secondo il testo. Dopo di loro ne seguirono molte altre, facendo arrivare il numero approssimativo di vittime a 19 e più di 400 persone torturate, imprigionate o accusate di magia nera che furono segnate per il resto della loro esistenza.

La ragazza si morse il labbro inferiore per sopprimere uno sbadiglio quando, terminata la spiegazione, fu costretta a fingere di esaminare ad uno ad uno i libri esposti in attesa di un restauro, senza ovviamente toccarli. Anche se non aveva letto nulla per pigrizia di dover decifrare lettere troppo sbiadite, ricordava benissimo alcune parole che non era sicura di aver letto: “triskelion”, “Lawrence Culter”, “foglie d’alloro”, “telecinesi” e molte altre. In ogni pagina o stralcio di essa su cui posava gli occhi, trovava qualche parola che si incideva nella sua mente anche se si impegnava a far scorrere lo sguardo su quelle parole sbiadite.
“Prudence”
“Penelope”
“Patricia”
“Melinda”
“Astrid”
“Helena”
“Laura”
“Grace”

Che significava Halliwell?
Paige sobbalzò quando una delle lampadine più vicine a lei, posizionata sulla pagina che stava esaminando con occhi sfuggenti e intimoriti, scoppiò con un acuto botto. Il brusio che si era creato in quel laboratorio cessò di colpo e tutti guardarono nella sua direzione.
La ragazza deglutì, osservandosi le dita della mano dove era certa di aver avvertito una leggera scossa

«Matthews?» la voce atona dell’uomo accanto a lei la riportò alla realtà. Non era certo che fosse un rimprovero, come se fosse stata lei la causa della rottura della lampadina, oppure fosse preoccupato per la sua incolumità o la sua espressione instupidita.

Paige non disse assolutamente nulla, limitandosi a seguire la massa di studenti che, velocemente, riprendevano a fingere di essere interessati alla visita. Forse fu la prima volta in cui il professore la lasciò per ultima e, senza dire una parola, seguì il gruppo prima di lei, lasciandola indietro a guardarsi attorno confusa.

Molti degli accusati venivano invitati a recitare salmi, preghiere o parti intere della Bibbia, provando così di non essere posseduti dal demonio e venivano spesso rilasciati…

Paige scosse velocemente la testa, portando il palmo alla fronte e scostando i radi capelli sudati dalla fronte. Forse quella serie di bugie, l’odore di chiuso, la polvere, la noia e quell’aria viziata la stavano veramente facendo impazzire; ridacchiò fra sé e sé mentre si faceva strada al centro del gruppo, pensando che dopo tutte le domeniche passate alla chiesa di San Vincent de Paul e quelle sessioni extra a cui i suoi genitori l’avevano costretta nel vano tentativo di allontanarla dalle brutte compagnie e dalle pessime decisioni che sempre prendeva, avrebbe benissimo potuto scampare ad ogni accusa di stregoneria. Se solo fosse nata alla fine del 1600.. forse avrebbe potuto essere una potente finta strega e scampare ogni volta il rogo con la sua perfetta conoscenza dei testi sacri.

Ecco, qui potete vedere le litografie di Joseph E. Baker, 1892, esattamente 200 anni più tardi dei processi. Ritraggono i giudici, le accusate e forze esterne come fulmini e saette che proclamano la colpevolezza delle streghe. Dunque il giudizio non era dell’uomo ma divino, perciò le punizioni, le condanne e le torture non potevano che essere considerato sacre e giuste.

La ragazza osservò a lungo i disegni in bianco e nero, restaurati, e i loro ingrandimenti accanto digitalizzati e proiettati in successione sulla parete sgombra. Era in qualche modo affascinata da quelle linee nervose e precise, fitte e sottili che parevano muoversi sotto i suoi occhi.. se si concentrava poteva addirittura sentire i tuoni rombare lontani, la folla inferocita e le grida di dolore degli accusati mentre bruciavano tra le fiamme.

«Non dovresti stare qui da sola.» una voce femminile la fece sobbalzare «Sei della Sacred Heart, vero?» la ragazza, poco più grande di lei, si sollevò gli occhiali trasparenti da laboratorio, sfoggiando una lunga frangia che le nascondeva parzialmente i due occhi azzurri. Arricciò le sottili labbra e la fissò a lungo con aria seccata «Questa sezione non è ancora aperta al pubblico, non dovresti gironzolare da sola. Se combini qualche guaio..» sospirò, lasciando la frase a metà ed alzando gli occhi al cielo quando la ragazza che aveva davanti assunse un’aria strafottente, rincrociando le braccia al petto e arricciando il labbro inferiore

«Cosa ti fa credere che ti possa procurare guai?» Paige sentì lo sguardo critico dell’altra su di lei, che passava dai suoi anfibi dall’alta suola a carro armato, i pantaloni stracciati, maglietta a righe bianche e rosse e giacca oversize che le fasciava disordinatamente l’esile figura

«Nulla non farci caso.» la ragazza più grande si avvicinò a lei, sospingendola con fermezza ed autorità verso l’uscita dove, era certa, il resto del gruppo si era diretto «Avanti.. o mi puniranno per colpa tua.» Paige si oppose volutamente, camminando con pigrizia sotto gli incoraggiamenti dell’altra, divertendosi nell’ascoltare le lamentele a denti stretti della mora alle sue spalle «Perderemo il gruppo!» sbottò scocciata, afferrandole piano il braccio per farle aumentare il passo.

Entrambe sobbalzarono, fermandosi all’improvviso, quando una strana luce bluastra le illuminò dall’alto. Era impossibile capire da dove provenisse: era bianca e azzurra, a tratti blu intenso e delle sfere molto più piccole, quasi puntini bianchi e dorati, fluttuavano attorno a loro accecando i loro occhi spaventati e sorpresi. La ragazza più grande si scostò appena in tempo prima che un grosso volume la potesse colpire in piena faccia; pochi istanti dopo ogni oggetto non ancorato a terra veniva scagliato con forza brutale da una parte all’altra. Alcuni libri sbattevano contro i muri, i fogli vorticavano nell’aria formando disordinate colonne e strumenti da laboratorio, lampade e quadri scomparivano qua e là attorniati da sinistre nuvole azzurrine

«Cosa succede?!» gridò terrorizzata Paige, premendo i palmi sulle orecchie per il troppo rumore. L’altra, forse più sconvolta di lei, la trascinò con determinazione sotto al tavolo più vicino osservando sgomentata gli oggetti che, lentamente, cessavano il loro volo

«Sarà stato un terremoto.» ipotizzò la mora, perfettamente consapevole di aver detto la prima cosa che le era venuta in mente, anche se senza senso. Si sentivano entrambe quasi stupide ad essersi rifugiate là sotto.

Paige si guardò attorno a lungo prima di gattonare fuori dal nascondiglio ed osservare colpevole la baraonda che regnava in quel laboratorio una volta perfettamente ordinato e che conteneva oggetti tanto preziosi, ora sparsi sul pavimento

«Questa volta mi licenziano.» Paige osservò la faccia inebetita davanti a lei e, anche se non ne conosceva il motivo, si sentì in colpa

«Senti sorella mi dispiace per il macello ma non è colpa mia.» tutto quello che la studentessa si guadagnò fu un’occhiata di fuoco che, anche se a carponi, la fece indietreggiare

«Ecco perché quando succedono queste cose soffro dei peggiori casi di isteria!» la ragazza più grande sbuffò a denti stretti, bloccando per un polso l’altra, quando notò che si stava alzando. Paige non aveva mai desiderato così tanto in vita sua di essere con la sua classe e continuare la visita al museo: tutto poteva essere migliore di passare altri cinque minuti con quella tizia che sembrava avere tutta l’intenzione di ucciderla

«Vorrei riordinare tutto.. magicamente..» balbettò incerta e l’altra si alzò a sua volta in piedi, indicando con un gesto del capo l’uscita del laboratorio

«Non accetterò che tu per riordinare non faccia niente!» ringhiò ancora, osservandola con due occhi azzurri stretti e penetranti.

Non fece nemmeno in tempo a lasciarle il polso che, dal nulla, tutta la stanza si riempì di una luce dorata e, in pochi istanti, ogni cosa tornò al proprio posto, come se non fosse accaduto niente.

Entrambe sbatterono le lunghe ciglia ripetutamente, incredule, atterrite ed incapaci di proferire una sola parola: com’era possibile? Avevano sognato? Cosa era appena successo? Era uno scherzo architettato dal museo? E allora perché quella che doveva essere la responsabile di quel padiglione, o comunque qualcuno che ci lavorava giorno e notte, sembrava più allarmata di lei? Forse era solo una buona attrice.. eppure.. eppure non si poteva organizzare una cosa del genere.

«Io.. io devo andare.» farfugliò Paige e, approfittando della confusione dell’altra, sgusciò via dal laboratorio e dopo svariati minuti, riuscì a raggiungere il resto della classe. Fu sorda ai richiami dei suoi amici e dei professori, non disse una parola riguardo alla sua sparizione e passò il resto del suo tempo con il corpo tra animali impagliati e la mente in quel laboratorio. Non vedeva l’ora di andare a casa e dimenticarsi di quella faccenda.

Fu infatti la persona più felice del mondo quando, trascinando stancamente i piedi, giunse con i suoi compagni all’uscita dell’edificio e ripeté meccanicamente i ringraziamenti alla guida che i suoi compagni avevano pronunciato in un irrisorio coretto.

Scese le scale del museo velocemente, desiderosa di rifugiarsi nel pullmino che li avrebbe ricondotti a scuola, ma pochi metri prima, si sentì afferrare per il braccio. Era la ragazza del laboratorio.
Aveva il fiatone e sembrava essere sollevata di averla trovata

«Senti, non devi farne parola con nessuno.» mormorò preoccupata la mora. Paige le rivolse una smorfia: non era già ovvio? «Vieni qui domani dopo la scuola, verso le cinque, non prima.» la ragazza si ritrovò in mano un bigliettino stropicciato con un indirizzo

«Neanche ti conosco.» Paige strinse il foglietto nel palmo della mano, riducendolo ad una palla informe

«Prudence Halliwell, puoi chiamarmi Prue.» disse d’un fiato «Non sei curiosa di capire che è successo là dentro?» la ragazza più giovane la guardò con aria interdetta. «Ti aspetto domani, non fare tardi.»

   
 
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