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Autore: Emily Doe    13/03/2005    19 recensioni
Una stupida lite per la sua ancor più stupida gelosia, una bottiglia di vodka di troppo ed un bacio confuso. È bastato poco per rovinare la splendida serata con Hermione. Forse per far sì che la ragazza gli parli nuovamente, per impedire che i loro rapporti si annullino del tutto, Ron Weasley troverà il coraggio di dirle tutto ciò che non ha mai avuto il coraggio di confessare ad anima viva?
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: Tutti i personaggi della saga di Harry Potter appartengono a J.K.Rowling, la canzone che ha ispirato e che fa da sfondo a questa fanfiction è “Bed of Roses” ed appartiene ai Bon Jovi. Con questa fanfiction non intendo violare alcun copyright, non la scrivo a scopo di lucro ma per divertimento personale. Inutile dire che i commenti sono sempre i benvenuti, anche perché è la prima fanfiction Ron/Hermione a tutti gli effetti che pubblico (“Could it be any harder?” è un discorso a parte =p)! ^^






On my bed of roses






Sitting here wasted and wounded
at this old piano
trying hard to capture
the moment this morning I don't know
'cause a bottle of vodka
is still lodged in my head and some blond gave me nightmares
I think that she's still in my bed
as I dream about movies
they won't make of me when I'm dead


Aveva le mani tra i capelli, gli occhi serrati, se ne stava seduto sulla scalinata esterna della scuola, quella che dava sui giardini di Hogwarts, e tutto in lui ostentava la pura disperazione. Come aveva potuto? Come aveva potuto fare una cosa del genere? Come aveva potuto ferirla in quel modo? Non se lo sarebbe mai perdonato; era stato un mostro, un verme, un pezzo di quel qualcosa che è meglio non nominare. Stava andando tutto così bene, troppo bene. Qualcosa doveva andare storto, era logico. Dopotutto con lui qualcosa andava sempre storto… erano così felici… cosa gli era saltato in mente? Non lo ricordava neppure e questo lo innervosiva come non mai. Nella sua mente, nella sua memoria solo immagini, spezzoni che si sovrapponevano confusamente, senza sosta, ed un’unica grande e tremenda certezza: aveva ferito Hermione. Ricordava solo un suo leggero bacio sulle labbra… poi quella stupida lite. Come al solito, come quando non sapeva cosa fare o come reagire, si era codardamente rifugiato in ciò che sarebbe potuto diventare un’arma letale, e che poi era diventato: l’alcol. Ricordava solo di essersi avviato con rabbia cieca al tavolo lì, alla sinistra dell’entrata, ed aveva bevuto quanto mai nei suoi quasi diciotto anni di vita avesse fatto. E ricordava… ricordava una ragazza bionda. Ricordava di averla baciata, ma non ricordava la sensazione che aveva provato. Ricordava Hermione che l’aveva visto ed era fuggita via in lacrime, ma non ricordava il viso della ragazza bionda che aveva baciato. Ricordava gli occhi castani di quella che era sempre stata la sua migliore amica inondati di un dolore indescrivibile, occhi che lo accusavano di tradimento, ma non ricordava nemmeno vagamente di che colore avesse gli occhi la ragazza bionda.
E tutto ciò che rimaneva era un terribile, tremendo mal di testa.
Imprecando a bassa voce si passò una mano sugli occhi ancora chiusi e quando li riaprì si trovò davanti un Harry decisamente nero di rabbia.
“Che cazzo ti è saltato in mente, Ron?!”
Strinse gli occhi al suono di quella voce che non faceva che aumentare il suo orrendo mal di testa, poi ne riaprì uno, piano piano.
“Che cazzo mi è saltato in mente, Harry?” Domandò con voce strascicata.
Harry sembrò volerlo fulminare con lo sguardo.
“Mi prendi in giro o cosa?”
Ron scosse il capo con rassegnazione.
“No, dico davvero, Harry… che è successo esattamente ieri sera? Ero ubriaco fradicio, ricordo solo un bacio con una ragazza bionda che non credo di conoscere… non può essere, vero?”
L’amico era accigliato come non mai.
“Può essere eccome, Ron, tant’è vero che è stato! Io mi chiedo come ti è venuto in mente di farle una cosa del genere. Ma sei scemo o cosa? Sai quanto lei ci tenesse a quel ballo… e sai anche quanto significhi per lei un bacio!”
“Piantala di gridare, mi si sta spaccando la testa… ma poi come vuoi che sappia quanto tenesse al ballo quella ragazza se neppure so il suo nome?”
Harry lo guardò storcendo la bocca.
“Cazzo, ma allora sei proprio scemo, Ron! Sto parlando di Hermione! Hermione Granger, la mia migliore amica, la ragazza che ieri ti ha faticosamente invitato al ballo e che, sempre ieri, hai baciato durante un lento! Sai quanto significasse per lei quel bacio? Avanti, lo sappiamo entrambi! E poi per una stupida litigata, una stupida incomprensione dettata dalla gelosia perché ti sembrava che Hermione non stesse rifiutando con sufficiente decisione la proposta di quel ragazzo di Corvonero, che hai fatto? L’hai mollata lì da sola, hai ben pensato di scolarti non so quante bottiglie e ti sei subito consolato con un’altra, vero? Hai pensato ai suoi sentimenti? Come puoi permettere a te stesso di comportarsi così con una delle persone più importanti della tua vita?”
Durante l’accorato discorso di Harry, Ron aveva chiuso ancora gli occhi, sperando con tutto se stesso di non sentire ciò che sapeva e ciò che aveva sentito, sperando con tutte le sue forze che si fosse trattato tutto di un brutto sogno, di un incubo, e che aprendo gli occhi si sarebbe ritrovato Hermione davanti, sorridente o arrabbiata con lui che fosse, ma pur sempre con lui. Ed invece no, non era stato così. I ricordi che in Ron sembravano opachi e confusi presero a formare un quadro dall’estenuante perfezione e crudeltà: ora Ron Weasley ricordava esattamente cosa fosse successo la sera precedente. Ne aveva avuto la conferma, ma ciò non avrebbe cambiato nulla: Hermione non gli avrebbe mai più rivolto la parola.
“Merda…” Sussurrò abbattuto.
“Sì, è quello che sei. Bravo, Ron, complimenti, ci sei arrivato! Ma cosa avevi nella testa, eh?”
“Te l’ho detto, ero ubriaco! Va bene, ho sbagliato a farle quella scenata di gelosia, ho sbagliato ad ubriacarmi… ma non l’ho voluta ferire apposta, credimi!”
“Questo non dovresti dirlo a me, sai?” Replicò Harry duramente.
Ron aveva una cera orrenda, era pallidissimo e solo due occhiaie nerastre andavano a colorargli il viso lentigginoso; gli stessi occhi azzurri, quegli occhi di solito così pieni di vita, sembravano spenti. Alzò lentamente il viso verso l’amico, con titubanza.
“Sai dov’è?”
Harry sospirò scuotendo la testa demoralizzato.
“Non cambierai mai. È nell’aula di Trasfigurazione, adesso non c’è lezione e per non doverti vedere si vede costretta a rifugiarsi nelle aule vuote.”
Ron si alzò di scatto.
“Ron,” Proseguì Harry. “se la farai soffrire ancora…”
Il ragazzo dai capelli rossi sorrise debolmente.
“Grazie, Harry…”  

With an ironclad fist I wake up and
French kiss the morning
while some marching band keeps
its own beat in my head
while we're talking
about all of the things that I long to believe
about love and truth
and what you mean to me
and the truth is: baby you're all that I need
 

*** *** ***

  Ora che si trovava davanti all’aula di Trasfigurazione si pentiva come non mai di aver corso, di essersi affrettato, di non aver dato tempo sufficiente alla sua testa ancora dolorante di elaborare un discorso che avesse una minima logica. Il fatto era che quando si trattava di lei, non capiva più nulla. Diventava gelosissimo, diventava infantile, le idee si rimescolavano tra loro così rapidamente che faticava a scorgerne l’inizio e la fine. Deglutì piano e poggiò una mano sulla maniglia della porta socchiusa, aprendola di poco. Alla visione che gli si presentò, una miriade di immagini si sovrapposero davanti agli occhi della sua mente, senza sosta, senza tregua, non facendo altro che contribuire all’aumento di quel suo detestabile stato confusionale che da tre anni a quella parte – quando aveva veramente realizzato che Hermione non era una semplice amica – lo invadeva subdolamente. Hermione se ne stava seduta su di un banco ad osservare il cielo oltre la finestra, nella penombra della stanza un unico cono di luce la illuminava facendo risaltare il suo tenero profilo e gettando riflessi quasi biondicci sui suoi lunghi capelli sciolti. Dondolava lievemente un piede sospeso nel vuoto ed i profondi, espressivi occhi castani erano persi in qualcosa che solo lei poteva vedere. Senza rendersene conto, Ron trattenne il respiro, per non rompere l’incanto di quel momento. Ma l’incanto si ruppe ugualmente, infrangendosi con un suono tintinnante in mille pezzi, come una fragile, debole costruzione di puro cristallo, quando si rese conto che quegli stessi occhi castani, quegli occhi che lui tanto amava ed aveva amato, quegli occhi che soli sapevano vederlo realmente, vederlo per quel che era, quegli occhi che riuscivano a trasmettergli quell’insieme di emozioni, quegli occhi stavano sanguinando, sanguinando lacrime.
E tutto per colpa sua.
L’aria divenne improvvisamente pesante e prese a schiacciarlo in maniera opprimente, d'un tratto Ron aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di sollevarsi, di allontanare quella cappa, aveva bisogno di correre lì, da lei, di stringerla tra le braccia – cosa che non avrebbe mai ammesso – e sentirla vicina, sentirla Hermione, sentirla… sua. È qualcosa che puoi capire solo se lo provi, è qualcosa che ti crea dipendenza, una dipendenza assoluta dalla persona che ami e che diventa la tua droga, è qualcosa che ti impedisce di placare i battiti del tuo cuore, perché non batte più e sai che non riprenderà a farlo finché non sarai lì con lei, con quella persona che per te, ormai, significa tutto. E di più.  

I want to lay you down in a bed of roses
for tonight I sleep on a bed on nails
I want to be just as close as the Holy Ghost is
and lay you down on a bed of roses
 

Si schiarì imbarazzato la voce, facendola voltare repentinamente; i capelli castani dondolarono leggermente per quello spostamento e la sua espressione da dolce ed assorta, anche se allo stesso tempo triste e malinconica, si fece incredibilmente fredda e distaccata, con un’altrettanto incredibile rapidità. Cercando di ignorare il ghiaccio che gli stringeva il cuore e lo stomaco sotto quello sguardo gelido, Ron fece un passo nella stanza poggiando piano il piede sulle rocce spianate che costituivano il pavimento dell’aula, quasi con timore.
“Ehm…” Mormorò senza riuscire a tenere lo sguardo fisso negli occhi di lei. “posso?”
Hermione perse improvvisamente la calma e la rabbia sembrò pervaderle ogni singola fibra del corpo.
“Se ti dicessi di no, te ne andresti?” Ringhiò sommessamente fissandolo con intensità, forse percependo, senza saperlo, il suo imbarazzo, tentando di prendersi una piccola vendetta.
“In effetti no, perché… Hermione, dobbiamo parlare.”
La ragazza fece un sorriso acido.
“Dobbiamo parlare? E di cosa, di grazia?”
Ron si grattò la testa indeciso, come sempre.
“Beh, di quello che è successo ieri sera…” Borbottò a disagio. “credo.” Aggiunse.
Credo?… CREDO?!
A quel punto Hermione scese dal banco e gli si avvicinò trapassandolo da parte a parte con quello sguardo, senza interrompere neppure per un secondo il contatto visivo stabilito con il viso di Ron – il viso, non gli occhi, perché quei suoi occhi azzurro cielo non ne volevano proprio sapere di starsene fermi ad osservarla -, perché sapeva che se non l’avesse fatto, non avrebbe più trovato la forza morale ed il coraggio necessari.
“Non ti capisco, Ron… è forse successo qualcosa ieri sera?” Fece, pungente. “Non mi sembra, sai?”
Il ragazzo sospirò cautamente: era sempre stato così. Nonostante si conoscessero da anni, nonostante avessero vissuto insieme gioie e delusioni, nonostante qualche volta andassero d’accordo… tra loro due c’era sempre stato una sorta di confine, una linea immaginaria che sortiva il proprio effetto addirittura sul piano fisico: Ron non poteva avvicinarsi più di tanto alla ragazza – perlomeno da quando si era reso conto di quanto Hermione fosse cresciuta, di quanto Hermione fosse diventata bella, di quanto Hermione fosse diventata importante per lui -, sentiva un vero e proprio blocco. Tra loro due c’era sempre stato un confine, una linea fastidiosa ed irritante che impediva loro non solo di avvicinarsi dal punto di vista fisico, ma di capirsi, dal punto di vista propriamente detto mentale. C’era sempre qualcosa che li gettava in un mare in tempesta nel quale la paura e la confusione tiranneggiavano con arroganza e prepotenza la situazione, nel quale nessuno dei due – ma questo Ron non poteva saperlo, così come non poteva saperlo la stessa Hermione, anche se entrambi, a livello inconscio, lo percepivano distintamente – riusciva a chiarirsi la vista e scorgeva l’altro sempre come attraverso una lente appannata dal vento, dalla salsedine, dall’acqua; una lente che li deformava entrambi e che, inequivocabilmente, inevitabilmente, impediva una completa comprensione vicendevole. E l’accettazione dei propri sentimenti.
Si sforzò con tutto se stesso di reprimere il gesto di stizza causato dalla reazione pungente e volutamente provocatoria della ragazza.
“Così non arriveremo a niente, Herm…”
Lei si avvicinò ancora, costretta a gettare leggermente il capo all’indietro per fissarlo ancora in quegli occhi splendidi, essendo notevolmente più bassa. Di solito Ron sorrideva nel vederla così risoluta, così decisa, così terribilmente coraggiosa – ed affascinante -, così tremendamente pericolosa – e tenera -, ma questa volta non poteva che sentirsi lui stesso intimorito.
“A cosa dovremmo arrivare, Ronald Weasley?” Bene, quando lo chiamava per nome e cognome era veramente arrabbiata – tipico vizio probabilmente assorbito da mamma Weasley. “Cosa dovrei fare? Cosa dovrei fare con te?
“Io non penso che…”
La sua voce si smorzò fino a scomparire morbidamente nel nulla, un leggero sussurro lievemente roco nell’aria ovattata e pesante di quella situazione, quando osservò l’ennesima rapidità con cui Hermione seppe cambiare espressione e cambiare sguardo. Cambiare il suo stato d’animo e quello di Ron. Ora era una ragazza chiaramente abbattuta, chiaramente triste, chiaramente stanca.
“Non so più che fare, Ron. Sai quanto per me fosse importante quel ballo…”
Ron mosse una mano verso il suo viso vellutato, fermandosi però a mezz’aria. La lasciò cadere lungo il fianco con un leggero tonfo ed il fruscio della stoffa.
“Credimi, Hermione, non volevo… non so proprio cosa mi sia successo, io…”
Una scintilla attraversò gli occhi caldi di lei, infuocandoli di ira.
“Non volevi? Non sai cosa ti sia successo? Ron, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Non sai come sia potuto succedere? Ma stai scherzando? Mi stai prendendo in giro?”
Lui aggrottò le sopracciglia.
“No, io non lo farei mai…”
“Ah!” Esclamò Hermione, sarcastica e pungente come poco prima. “Non lo faresti mai! L’hai fatto proprio ieri, sai? Nel caso non te ne fossi accorto. Ma a te cosa importa, giusto? Giusto! Ma che importa di Hermione? In fondo serve semplicemente per copiare e correggere compiti a destra e manca… i suoi sentimenti non contano. No, un attimo… Hermione ha dei sentimenti? … ma cosa dici? Noo, non può essere!”
“Hermione…”
“Ma no, Ron, non ti sforzare di nascondere ciò che pensi. A te tanto basta ubriacarti e sbaciucchiarti con la prima bionda che passa – che ti sia rimasta la cicatrice causata da Fleur Delacour? – per essere completamente felice e realizzato!”
“Cosa? Ma che stai dicendo, Hermione? Io non ho mai pensato niente del genere di te! E poi… credi che sia superficiale? Non avrei mai baciato quella ragazza, così, di punto in bianco! Ero ubriaco! Ubriaco, capisci?”
Hermione gli puntò un dito contro.
“Lo capisco, lo capisco! A differenza di qualcuno di mia conoscenza, io ancora mantengo un briciolo delle normali facoltà intellettive di cui è dotato un normale essere umano!”
“Che vorresti insinuare?”
“Non sto insinuando proprio nulla, te lo sto dicendo chiaramente!”
“Avevo bevuto, Hermione, cerca di capirmi... Non ragionavo più! Pensi davvero che sia così stupido e superficiale? Avanti, dimmelo!”
“Te lo dico eccome: sei superficiale. Stupido. Ron, sei un ragazzino immaturo, superficiale ed insensibilmente stupido.”
“Ah, è questo che pensi di me, giusto? Bene!”
“Perfetto!” Urlò lei con voce acuta. “Sei sempre la solita! Che dovrei dire io visto che la ragazza con cui io sono andato al ballo sta flirtando con un altro, davanti a tutti?
Hermione divenne paonazza udendo la voce di Ron urlare tali parole.
Flirtando? Io?”
“Esattamente, proprio tu: stavi facendo la smorfiosa con quel tizio di Corvonero! Capisci cosa intendo?”
“Avevo capito, sai? L’avevano capito tutti i presenti, ieri sera, grazie alla tua scenata! Grandioso, Ron, sei stato veramente grandioso!”
“Mai quanto te,” Ribatté acremente lui. “David Robinson sembrava soddisfatto della tua performance da perfetta ragazzina svenevole.”
Uno schiaffo lo colpì con violenza sulla guancia.
“Sei un idiota! Sei un emerito idiota!”
Il silenzio cadde, ma solo per qualche secondo.
“Non capirai mai. Non capirai mai! Tutto questo è inutile, mi fa solo stare male. Fammi il favore di lasciarmi in pace!” Gridò esasperata la ragazza.
Ron tacque ancora per un po’, sfiorandosi appena la guancia colpita.
Tutto era andato a finire come al solito, con un’ennesima, insulsa lite che non c’entrava nulla con quello per cui realmente stavano male: il bisogno di chiarire tutto.
Hermione fissava ostinatamente il pavimento, i capelli le nascondevano il viso, ma le sue spalle che tremavano e sobbalzavano regolarmente facevano chiaramente intendere una cosa: stava piangendo.
Il confine non era più una semplice linea: si stava pericolosamente allargando, allontanandoli sempre più.

Well I'm so far away
that each step that I take is on my way home
a king's ransom in dimes I'd given each night
just to see through this pay phone
still I run out of time
or it's hard to get through
till the bird on the wire flies me back to you
I'll just close my eyes and whisper:
baby blind love is true


“Mi… mi dispiace, Hermione. I-io… non volevo dire veramente quelle cose. Lo sai come sono fatto, parlo senza pensare. Forse ieri ho esagerato con Robinson, hai ragione, però… sai come mi succede sempre…”
“Basta andare avanti così.”Disse lei, alzando si scatto il capo e tornando ad osservarlo. “Non ce la faccio. Non possiamo continuare a comportarci così. Le cose da fare sono due: o ci decidiamo a crescere, oppure lasciamo perdere tutto.”
Non può essere arrivato quel momento. No.
“Co-cosa…?” Sussurrò Ron, confuso.
Fermati! Non dirlo! Non farlo! Non pensarlo! Io…
“Ascolta, Ron, io sono stanca. Proprio stanca. Sono stanca di andare avanti così.” Disse lei con voce soffocata per il rinnovato desiderio di piangere e per la stanchezza psicologica – e non solo – che le provocava quella situazione. “Cosa vuoi fare?”
Non sono pronto.
“Eh?”
Non sono ancora pronto!
Il famoso confine tra i due vibrava, riusciva quasi a sentirlo ronzare furiosamente, come una macchina sovraccaricata di lavoro.
“Cosa intendi fare? Che senti il bisogno di fare? Dentro di te, sicuramente, lo sai. La mia domanda è semplice, Ron: cosa provi per me?”
Colpito e affondato.

I want to lay you down in a bed of roses
for tonight I sleep on a bed on nails
I want to be just as close as the Holy Ghost is
and lay you down on a bed of roses


*** *** ***

Well, this hotel bar’s hangover whiskey's gone dry
the barkeeper's wig's crooked
and she's giving me the eye
I might have said yeah
but I laughed so hard I think I died


“Cosa provi per me, Ron?”
Il ragazzo, preso alla sprovvista, barcollò nel vero senso della parola ed insieme a lui vacillarono tutte quelle che fino ad allora aveva considerato le sue convinzioni. La gola era improvvisamente secca, mancante di un qualcosa che non era solo la voce; il cuore sembrava aver accelerato i battiti, ora fattisi stranamente irregolari e fastidiosi, un particolare formicolio zampettava su per la sua schiena, le mani improvvisamente gelide.
“C-cosa?” Balbettò incerto.
Hermione si voltò del tutto, gli occhi lucidi e rossi, le labbra tremanti.
“Cosa provi per me?”
Passarono secondi che sembrarono secoli. Cosa provava per lei? Già, bella domanda. Cos’era per lui Hermione? Era sempre stata la sua migliore amica, una delle persone più importanti, ma era solo quello o anche qualcos’altro?
Pensa, Ron, pensa! Perché non ricordi le sensazioni provate baciando quella ragazza bionda mentre ricordi alla perfezione l’espressione di Hermione alla vista di quel bacio?
La ragazza cercava di ostentare la sicurezza più assoluta, ma si stava tormentando le mani, e questo la tradiva. Ron era ancora in piedi, a due o tre metri di distanza da lei, con un’espressione indecifrabile sul viso.
Avanti, Ron, cerca di riflettere a mente fredda: perché ricordi benissimo il leggero bacio a fior di labbra con Hermione, ma hai solo un vago ricordo di quello di certo più appassionato con la ragazza bionda? Questo può significare qualcosa?
Poteva aver baciato quella ragazza… ma non si era sentito sicuramente bene come quando aveva baciato Hermione. Ed ora si sentiva letteralmente morire al solo ricordo.
… lo sai da anni. Sai tutto da tempo immemorabile e continui a negarlo a te stesso.
Hermione abbassò lo sguardo.
Non ce la faccio… non ce la faccio a dirle che…
“Hermione…”
Lei sollevò di nuovo gli occhi, in preda all’ansia completa. Cosa stava per dirle Ron? Quelle parole avrebbero di certo cambiato per sempre i loro rapporti.
Lo sai che per te lei è la persona più importante, lo sai che senza di lei saresti perduto… e allora perché non glielo dici?
“Hermione, io…”
Di cosa hai paura?!Di perderla come amica? La perderesti ugualmente! Di cosa hai paura, Ronald Weasley? Hai paura di non essere all’altezza, forse?… hai paura di non essere alla sua altezza…?
“… i-io…”
Gli occhi di Hermione vibravano dietro un persistente velo di lacrime e paura, paura per ciò che stava per udire o per non udire. Quegli occhi…
Un brivido lungo tutta la schiena del ragazzo lo percorse come un fulmine, dai piedi fino alla nuca, una sensazione di freddo improvviso.
Avanti, non essere il solito codardo, Ron. Fatti forza, ce la puoi fare! Ce la devi fare. Per lei, innanzitutto, e per te… e per voi due.
“Ecco, io…”
La ragazza lo fissava negli occhi in uno sguardo dall’intensità tale da far sorprendere chiunque.
Non ce la faccio… è più forte di me, non posso farlo. Rovinerei tutto, rovinerei per sempre la nostra amicizia… non ce la faccio…
“Hermione, tu sei la mia migliore amica…”
Non sono ancora pronto.
Lei sembrò colpita da tali parole, tanto che fece un mezzo passo all’indietro con espressione spaesata, però cercò subito di ridarsi un contegno.
“Bene,” Disse, sforzandosi di non fargli notare quanto la sua voce sempre così sicura fosse capace di tremare. “Perfetto.”
Testa alta, sguardo fiero, passo deciso. Hermione Granger lo superò avviandosi verso la porta della classe, senza più una parola la aprì.
“Hermione, aspetta!”
Non riesco a varcare quel confine.
Lei non si voltò per non fargli vedere la lacrima solitaria che scivolava lungo la sua guancia.
“Non c’è più niente da dire, Ron. Sono la tua migliore amica… e mi hai baciata per divertimento. Mi pare che questo spieghi tutto.”
Si richiuse la porta alle spalle.
Sei un cretino!
“… ’fanculo!” Ringhiò Ron, scagliando un pugno contro il muro ruvido della classe.
Quel confine è diventato un’eternità! Ora ci separa… un’eternità…

*** *** ***

Now as you close your eyes
know I'll be thinking about you
while my mistress she calls me
to stand in her spotlight again
tonight I won't be alone
but you know that don't
mean I'm not lonely
I've got nothing to prove
for it's you that I'd die to defend
 

Sei un povero imbecille, Ronald Weasley, lasciatelo dire. Un patetico, nauseante codardo imbecille.
Il ragazzo dai folti capelli rossi si poggiò con le spalle contro il muro cui aveva appena sferrato un pugno, osservando passivamente i propri piedi, come se le proprie scarpe dai lacci lisi costituissero un qualcosa di assai interessante; nella sua mente sei uniche parole: mi pare che questo spieghi tutto.
Assolutamente no, no nel modo più assoluto. No, no e no.
Quello non spiegava un bel niente.
Ancora una volta Ron si trovò davanti ad una scelta, forse la più importante della sua vita: farsi coraggio e cercare – perlomeno cercare – di rivelare tutto a Hermione, oppure abbandonare la lotta.
Quel confine…
Eppure poteva percepire quel confine, vivo e bruciante come non mai, segnare il suo cuore, ardere nella sua mente, nel suo stomaco, facendo sì che tutte le sue viscere si contorcessero per poi evaporare al semplice accostamento di queste due parole: ‘verità’ e ‘Hermione’. Era strano come una singola persona, un ragazzo insignificante come lui, potesse custodire in se stesso, in quell’unico corpo, due sentimenti tanto forti e tanto contrastanti: entrambi scaturivano con passione, con violenza addirittura, con dolore – sì, è il caso di dirlo – dal suo Io più profondo ed entrambi sapevano pervaderlo completamente, rendendolo cieco al resto del mondo. Eppure era difficile far convivere dentro di sé due sentimenti come il voler – a tutti i costi – stare vicino alla persona che si ama e che si ha sempre amato; e la paura di rovinare tutto, di perderla per sempre, quel senso di insicurezza perenne, così sinistro, così sleale nel farsi vivo nonostante ci si fosse ripromessi con tutto il proprio essere di debellarlo per sempre, estirparlo fin dalla radice, proprio come un’erba amara. Finora – fin da quando si era reso conto dei propri sentimenti verso Hermione – era sempre stato il secondo sentimento a vincere – non che fosse il più forte, anzi. Era semplicemente il più facile da accettare: rifugiarsi nell’insicurezza, chiudersi a riccio, fare finta di nulla. Troppo facile. – e Ron aveva sempre taciuto.
Si pose due dita sugli occhi ed esercitò una lievissima pressione, per scacciare il mal di testa che gli martellava i pensieri già confusi per loro natura, forse anche per cercare di schiarirsi le idee, di capire cosa fare o non fare. Sotto quella leggera pressione, fattasi poi più decisa, il buio lasciò spazio a strani disegni e forme colorate senza senso, anche ad un vago senso di dolore… e tra quelle, gli occhi umidi di pianto di Hermione.
Improvvisamente un pensiero, rapido ed elettrizzante come un lampo, lo attraversò: così facendo, così seguitando a fare, non avrebbe ottenuto nulla, nulla di diverso da ciò che finora aveva ottenuto – liti, gelosie, incomprensioni, anche se foderate dal senso di sicurezza che gli dava quella ‘normalità’, la normalità di Ron e Hermione di tutti i giorni, degli stessi Ron e Hermione undicenni, non valevano la pena di tutta quella sofferenza interiore – ed a lungo andare quello pseudo-rapporto sarebbe andato logorandosi, sfibrandosi fino a distruggersi del tutto. E l’avrebbe persa.
Le lacrime di Hermione.
L’aveva detto: anche a lei faceva male quella situazione. Chiaro – non molto agli occhi di Ron.
Continuare così era facile, ma non meno doloroso di quello che sarebbe potuto essere un rifiuto, perché ormai il sapere, l’essere consapevole del fatto che non aveva mai avuto il coraggio necessario per rivelare a Hermione quanto lei per lui fosse importante, lo faceva stare tremendamente male. Lui… lui lo sentiva dentro di sé, con un pizzico acuto nella parte sinistra del petto, poteva sentirlo con tutto se stesso, non solo con i cinque sensi: lui voleva far sapere tutto a Hermione. Voleva farle sapere quanto per lui significasse, più che altro per farle capire quanto la sua esistenza fosse fondamentale, quanto con il suo semplice vivere la vita di tutti i giorni potesse essere essenziale. Lei doveva saperlo; Ron voleva e doveva dirle tutto.
Inspirò profondamente alzando lo sguardo, la testa rimbombava e doleva, ma i suoi pensieri si erano fatti improvvisamente limpidi.
Così è sempre stato facile. Troppo facile.
Quasi non si rese conto di aver imboccato, in una corsa furibonda e disperata, le scale, poi il corridoio dell’ingresso del castello e di essere infine uscito nel giardino della propria scuola; quasi non si rese conto di non aver respirato fino ad allora. Si accorse solo di una ragazza che, solitaria, si avviava verso il lago, sapendo che a quell’ora erano tutti diretti verso la Sala Grande per la cena.
Il cielo si tinteggiava delicatamente di sfumature rosate, rossastre, arancioni, mentre il sole scivolava lentamente oltre la soglia dell’orizzonte.
Devo varcare quella soglia.
Senza riprendere fiato, aprì bocca.
“Hermione!”
Più che un grido era un rantolo – a causa della fatica e della potenza delle sensazioni che su di lui avevano dominio in quel preciso istante -, ma fu sufficiente a far voltare la ragazza, che lo fissò appena per qualche secondo, con espressione indecifrabile nei franchi occhi color nocciola. Le sue labbra, rosee e delicate, immobili.
“Hermione, aspetta…” Disse ancora Ron, avvicinandosi più lentamente e tentando di normalizzare il proprio respiro, ma non il proprio battito cardiaco: sapeva fin troppo bene che con lei lì vicino, quello sarebbe stato impossibile. “Aspetta, ti devo parlare.”
La giovane non rispose nulla, dentro di lei una strana sensazione di speranza e rassegnazione si faceva strada: dopo tutti quegli anni, dopo tutte quelle liti, dopo tutto quello che era successo, non riusciva ancora a non sperare in un cambiamento in Ron. E per questo si malediceva con violenza, la sua parte razionale le diceva di lasciare stare, che Ron non sarebbe mai cambiato, ma il suo cuore non l’ascoltava, il suo respiro tanto meno, il suo amore ancora meno nella maniera più assoluta. Forse, aveva sperato, forse per una volta avrebbe potuto aver torto.
“Hermione,” Ripeté Ron, alzando finalmente lo sguardo ed incrociando quello di lei. “ascolta, è arrivato il momento di dirti tutta la verità.”
Hermione aprì appena appena la bocca, dischiudendo le labbra, ma la richiuse subito dopo, forse anche per un tacito gesto di Ron che, con la mano, le aveva fatto segno di aspettare che avesse finito di parlare. Hermione aspettò.
“Vedi, Hermione, io… finora non ti ho mai detto come… come stanno realmente le cose perché mi innervosisco tanto quando qualcuno… sì, quando qualcuno ti si avvicina. Non ti ho mai spiegato… sono un cretino, lo so… non te l’ho mai detto, tu come avresti fatto a capire? Non ti ho detto perché ti ho baciata al ballo, non ti ho detto… ma come ho potuto? Io… io ho sempre avuto paura, ho sempre dentro di me una strana ansia, un qualcosa che mi blocca, io…”
La ragazza fece un mezzo passo verso di lui.
“Ron…”
“No.” I suoi occhi azzurri come il cielo non erano mai sembrati così decisi. “No. Questa volta non scapperò, questa volta varcherò quel confine.”
“Ma… cosa…?”
Il giovane Grifondoro la osservò: Hermione smarrita. Hermione dispiaciuta, Hermione arrabbiata, Hermione felice, Hermione divertita, anche la Hermione petulante… da quando riusciva a farlo sentire così? Da quando sapeva cancellare le sue preoccupazioni? Semplicemente Hermione. La sua Hermione.
Poteva ancora intravedere quel confine tanto odiato, ma gli bastò socchiudere gli occhi con concentrazione e focalizzare tutta la propria attenzione su lei, per farlo scomparire nella nebbia.
Io ce la posso fare. Ce la farò per lei. Non è difficile, devo semplicemente dire ad alta voce tutte le cose che provo quando sto con lei, tutto ciò che sento dentro di me pensandola, devo pensare solamente a lei, a Hermione, alla ragazza che amo con tutto me stesso. Non pensare a nient’altro, e dirle cosa vedo. Cosa vedo quando vedo lei.
Hermione lo vide chiudere gli occhi, quasi con concentrazione. Sì, la sua espressione era tesa e concentrata, il suo naso leggermente arricciato mentre, con le sopracciglia increspate, cominciava a parlare.
“Hermione,” Disse con voce profonda. “io ho sempre avuto paura di dirti tutto questo, ho sempre avuto paura. Non so bene perché né per come, so solo che avevo e, non te lo nascondo, un po’ ce l’ho ancora, una tremenda paura addosso. Paura di rovinare tutto, paura di non essere all’altezza. Però… però così non va bene, non va affatto bene. Se continuo così non cambierà mai niente. Per cui ho deciso di rischiare, almeno una volta, perché non posso permettermi di perdere…” Mentre la sua voce continuava a dare una forma concreta alle sue idee, sembrò rilassarsi quasi magicamente. “… la cosa più importante. Perché non ce la faccio, non posso continuare così, soprattutto sapendo che questo fa stare male anche te. Io sinceramente non so quale sarà la tua reazione, né cosa ne sarà di noi dopo quanto sto per dirti, però preferisco perderti osando, cercando di essere coraggioso, che perderti avendo peccato di codardia. Preferisco sapere che ho cercato con tutto me stesso di farti sapere quanto tu per me sia importante, quanto tu per me sia essenziale… quanto tu per me sai significare, quanto la tua semplice presenza può rischiararmi e cancellare ogni mio timore…” Un dolce sorriso cominciò ad illuminargli il volto. “quanto tu…” Il suo tono di voce era dolce e delicato. “riesca ad entrare nel profondo del mio cuore. Perché sei così. Sia quando ti arrabbi, che quando fai la secchiona petulante, anche quando mi sgridi, così come quando sorridi, quando mi parli. Perché sei fatta così, per me sei tutto. Perché sei Hermione, semplicemente, unicamente Hermione.”
Hermione era pallida in viso. Ron smise di parlare per una manciata di secondi – giusto un paio.  

I want to lay you down in a bed of roses
for tonight I sleep on a bed on nails
I want to be just as close as the Holy Ghost is
and lay you down…


Dopo questa piccola pausa, riaprì gli occhi. Aveva una vaga idea nella mente ormai svuotata di tutto il resto, tra il groviglio dei propri pensieri ne riconobbe vagamente uno: la ragazza che aveva di fronte amava le rose bianche. Il resto era vuoto, un vacuo, assoluto vuoto. Prese la bacchetta magica dalla tasca dei suoi pantaloni sempre troppo corti per lui, e la puntò davanti a sé sussurrando qualcosa che a stento lui stesso riuscì ad udire. Lentamente dal cielo cominciarono a materializzarsi magicamente dei petali bianchi, tanti petali bianchi di rose che si depositarono sul terreno sotto di loro e su di loro. Con un sorriso di pura semplicità la guardò: Hermione dagli occhi lucidi, Hermione dallo sguardo incredulo, Hermione che si era portata una mano alla bocca per lo stupore, Hermione… Hermione. Semplicemente Hermione. Ed allora non fu più così difficile dirle ciò che stava morendo dalla voglia di dirle da secoli. Sembrava tutto così… normale, come fosse stato previsto da sempre, scritto nella sua testa dal momento in cui l’aveva conosciuta, forse dal momento in cui era nato, nato per la ricerca di lei e quello che lei sapeva significare. I petali candidi seguitavano a scendere dolcemente dall’alto, in piccole e leggiadre giravolte. Le sue labbra si distesero in un altro sorriso, ancora un po’ impacciato.
E tutto risultò perfettamente naturale.
“Perché voglio con tutto me stesso che tu sappia.” Tutto perfettamente naturale. “Io ti amo, Hermione.”
Si chinò leggermente verso di lei e la baciò.  

I want to lay you down in a bed of roses
for tonight I sleep on a bed on nails
I want to be just as close as the Holy Ghost is
and lay you down on a bed of roses









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PS: Il testo della canzone è tratto da un sito, se ci dovessero essere imprecisioni, fatemele notare tranquillamente ^^
   
 
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