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Autore: _The Little Dreamer_    20/12/2015    1 recensioni
Le giornate di Kurt passano per come iniziano.
La sua famiglia sembra perfetta, anche dopo la morte di sua madre, ma in realtà si tratta solo di una patina.
Non ha mai avuto un amico o qualcuno che lo facesse sorridere, fino a quando un giorno conosce un bimbo come lui, ma fa lo spazzacamino.
Insieme trovano quella parte mancante dentro loro stessi, una figura presente nelle loro vite.
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Chimney sweeper!Blaine.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chimney sweeper.



 
 
Tu penserai che lo spazzacamin si trovi del mondo al più basso gradin.
 Io sto fra la cenere eppure non c'è nessuno quaggiù più felice di me.

 (Mary Poppins)


 
 
Era una notte stellata di dicembre e in giro non c’era nulla di particolare che potesse attirare l’attenzione della gente: il cielo brillava, la luna illuminava tutta Londra e i fiocchi di neve si poggiavano su tetti e davanzali di ogni casa, come qualsiasi giorno. Un bimbo di poco più otto anni stava cercando di spostare il suo sgabello con tutta la forza che aveva in corpo e, quando ci riuscì, sorrise tra sé. Quel gesto lo faceva sentire un ometto.
Si sedette con grande fatica, ma dopo alcuni secondi era già incantato dalla vista che si scorgeva dalla finestra; rimase per molto tempo a fissare la sua città innevata.
Il bambino dagli occhi azzurri, i capelli morbidi come seta e la pelle chiara come la luna si perse tra le stelle, in particolare quella che brillava maggiormente, pensando che lì avrebbe visto la mamma, ma non poteva saperlo con sicurezza.
Dal nulla, vide qualcosa di strano: una nuvola nera spuntò davanti ai suoi occhi.
Senza pensarci troppo, aprì la finestra e rischiò di cadere in avanti, ma si tenne fortissimo a una persiana.
“C-cosha è stato? C-c’è qualcuno?” balbettò, ma quella domanda non ottenne risposta.
Alcuni secondi dopo, si udì un tonfo acuto e così si guardò intorno.
“Ciao!” sentì, quasi in un sussurro.
“C-chi sei?” Il bimbo prese la pistola giocattolo di Finn, il suo fratellastro, perché a lui non piacevano molto quelle cose, piuttosto amava trucchi, vestiti ampi e pieni di tulle e pizzi vari, soprattutto quando li vedeva addosso alle donne nei film della domenica sera.
“Comunque io sono Blaine.”
“I-io sono Kurt!” rispose preoccupato, tenendo un occhio più chiuso dell’altro per la fifa.
Dal nulla sbucò un ciuffo di capelli neri e si sentì solamente: “Scusa se ti ho messo paura.”
Era come lui: un bambino alto dalla testa fino ai piedi (quindi era davvero nanetto), anche se la pelle sembrava più scura a causa del carbone, simile a quello che si trovava nel camino di casa sua, mentre i capelli gli ricadevano sulla fronte leggermente sudata.
“Cosa ci fai lì? Non senti freddo?” chiese Kurt, addolcendosi e calmandosi un po’.
L’altro ci pensò alcuni secondi, poi negò con la testa “Sto lavorando” disse confuso, quasi prendendo quella domanda come una cosa strana, perché faceva lo spazzacamino da ormai molto tempo e mai nessuno glielo aveva chiesto: non era evidente?
“E sei felice?” chiese ancora il bambino dagli occhi azzurri, che adesso avevano preso una sfumatura grigiastra: succedeva solo quando era triste o i dubbi lo assalivano.
“Credo di sì, ma certo!” rispose convinto, facendo un sorriso con tutti i denti che aveva.
“Il mio papà dice che a Natale non si può lavorare” affermò, sicuro delle sue parole. Kurt sapeva benissimo che tutti i suoi compagni di scuola erano a casa quel giorno, perché quel bambino doveva stare fuori di sera?
Blaine lo guardò con occhi pieni di rabbia “E questo chi me lo vieta? Io devo lavorare, oppure non mangio” rispose, mentre si toglieva un po’ di carbone dalla guancia sinistra.
“Entra. Posso darti da mangiare io! La mia famiglia ha una tavola tutta piena di cose buonissime” propose Kurt, allungando un braccio verso Blaine e porgendogli la mano con aria amichevole.
Il bimbo rimase a fissarlo, poi accettò e strinse forte la sua mano.
Quando entrarono, persero l’equilibrio e caddero uno sopra l’altro.
“Ti sei fatto male?” dissero entrambi, quasi contemporaneamente, così scoppiarono a ridere, ma Kurt tappò la bocca all’altro. “Silenzio!” aggiunse come spiegazione.
Si aiutarono ad alzarsi e Kurt fece cenno di aspettare lì, fermo e zitto.
Si chiuse la porta alle spalle e con una scusa banalissima come “Ho ancora fame!” prese due panini vuoti, un cubetto di burro e dello zucchero: gli piaceva molto quella merenda.
Quando prese tutto, ritornò di nuovo in camera sua, riuscendo a passare inosservato.
“Eccomi” bisbigliò appena rientrato nella sua stanza.
Kurt si scontrò in una scena davvero triste: l’altro bimbo stava guardando delle bambole e toccava appena una macchinina rossa, quella preferita dal suo fratellastro e che gli aveva preso di nascosto.
“Non ci hai mai giocato?” chiese allora.
“Non proprio” risponde Blaine, che si girò verso l’altro. Quest’ultimo si sedette accanto a lui, mentre teneva il cibo tra le sue braccia. Dopo qualche secondo, si avvicinò al bambino dai capelli mori e gli lasciò un bacino sulla guancia.
“Mi dispiace, ma potrai venire a giocare con me quando vuoi” disse Kurt, con un sorriso appena accennato. Blaine ricambiò il gesto e gli fece una tenera carezza sulla guancia.
“Adesso mangiamo e poi puoi dormire un po’ qui, con me.” Kurt pronunciò quelle parole con grande gioia, perché finalmente si era trovato un amico, l’unico che aveva mai avuto.
 
 
Nove anni dopo, dalla camera di Kurt si sentirono dei rumori, in particolare dei picchiettii di nocche che provenivano dal vetro della finestra. Il ragazzo si avvicinò lentamente e, senza fare rumore, la aprì. “Ciao, con chi ho il piacere di parlare?” chiese Kurt, mostrando un sorriso divertito.
“Sono lo spazzacamino del quartiere, ma per te facciamo Blaine” rispose l’altro, ridendo.
Come al solito, il giovane dagli occhi azzurri gli porse una mano e lo fece entrare.
“Ti stavo aspettando, in realtà” disse, mentre gli prendeva le mani per giocherellarci un poco, poi passò un dito sulla linea della vita, o almeno da quello che sapeva, si chiamava così.
“È molto lunga, credo vivrai tanto” disse, indicandogliela e Blaine annuì.
“Così staremo sempre insieme” rispose, diminuendo lo spaziò che c’era tra di loro e stringendolo a sé.
“Sempre sempre, non direi” Kurt si fece scappare quelle parole veritiere dalle labbra.
Blaine stava la maggior parte della giornata in giro sui tetti della città e loro due non si vedevano quasi mai, per fortuna la notte era tutta loro.
“Tutte le notti che avremo a disposizione” disse Blaine, sorridendogli un poco più convinto.
“Resta qui a dormire, fino a quando non sorge l’alba” Kurt lo implorò, facendo gli occhi da cucciolo più dolci del mondo, alla quale nessuno poteva rispondere con un ‘no’.
“Come l’altra volta?” disse Blaine, baciandogli un punto imprecisato del collo, ma non c’era nessuna malizia in quel gesto, solo un intimo affetto tra due persone che si vogliono bene.
“Sì, come l’altra volta” rispose subito l’altro. “Dobbiamo fare molto piano e soprattutto mio padre non ci deve beccare. Finn è fuori questa sera” Kurt gli spiegò un  la situazione e insieme indietreggiarono, fino a cadere sul letto, uno sopra l’altro.
Blaine prese ad accarezzargli la sua guancia preferita, che diventò rosata per lo strofinio tra pelli, arricciando poi le dita tra i suoi capelli e Kurt rise, intenerito da ogni gesto dell’altro.
“Non ti da fastidio che io sono tutto sporco di carbone?” chiese Blaine.
“No, perché in un certo senso è grazie a questo che tu sei qui” gli rispose, mentre passava una mano su tutto il petto del ragazzo, che era coperto da una maglietta tutta sporca di chiazze nere ormai asciutte.
Si addormentarono solo per qualche ora, o forse neanche lo fecero, godendosi la compagnia dell’altro, che sarebbe mancata per un’intera giornata e quella sensazione di vuoto dritta allo stomaco sarebbe rimasta lì. Kurt era sicuro di questo, ma aveva imparato a conviverci.
 
*
 
Una di quelle sere Kurt passeggiava da una parte all’altra della sua stanza, tenendo in mano una bellissima rosa di Natale; cercava di mantenere la calma, ma in realtà aspettava l’arrivo di Blaine e in più tremava al solo pensiero che Finn o addirittura il padre potesse scoprire quel piccolo segreto, durato per molto tempo.
Stanco di aspettare, Kurt si prese di coraggio e in un attimo spalancò la finestra  per guardare fuori, sbilanciandosi più del dovuto. La paura di cadere gli giunse davanti, ma ancora una volta mantenne la calma: voleva raggiungere Blaine con tutto se stesso. In realtà soffriva di vertigini fin da piccolo e il solo pensiero del vuoto sotto i suoi piedi gli provocava un forte mal di testa.
In quel momento, Kurt sentiva il vento contro il suo viso e un ciuffo di capelli gli ricadde davanti agli occhi, così provò a spostarlo soffiandoci forte, ma il suo intento fu inutile. Quando il suo respiro si regolò, concentrò tutta la sua forza sulle braccia e rimase in piedi sul cornicione: stava letteralmente piagnucolando e per un attimo s’immaginò spiaccicato al suolo, inerme e senza vita, ma cancellò subito quell’immagine dalla sua mente.
Poi, dal nulla, sentì una voce a lui familiare “Oddio Kurt, sta fermo e non ti muovere: arrivo subito!” disse il giovane spazzacamino, che si agitò di colpo.
Dalla bocca del ragazzo non uscì nessuna parola, a eccezione fatta dei respiri spezzati e versi di singhiozzi. Si limitò a guadare Blaine mentre si avvicinava cautamente e gli offriva una mano di aiuto, che strinse subito.
“Tu non arrivavi più, così ho pensato di venire io da te, ma evidentemente non vado molto d’accordo con l’altezza” gli confidò, mentre si lasciava proteggere da Blaine, che lo abbracciò con premurosità. Riuscirono a raggiungere il tetto del palazzo e finalmente sospirarono di sollievo quando toccarono terra. “Non devi farlo mai più, me lo devi promettere” disse Blaine, ancora preoccupato. “Scusami, davvero. Non so cosa mi è passato per la testa” disse Kurt, seriamente dispiaciuto dall’atto che aveva compiuto, ma l’altro gli sorrise e lo abbracciò come a consolarlo. “Bene, adesso devi solo seguirmi. Ovviamente ti faccio lo sconto per la visita guidata, tranquillo” disse lo spazzacamino, girandosi verso Kurt per vedere se sorrideva. Era davvero bello quando lo faceva, perché si leggeva ogni singola emozione che provava, dalla più intensa alla più lieve e il giovane uomo sentiva di poter vivere solamente di quello, non aveva bisogno di nient’altro.
 
*
 
Quella sera le stelle sembravano avvolgere tutta Londra, mentre le luci delle abitazioni erano ancora accese, facendo da via condottiera per i due ragazzi. Ammirare il panorama da quell’altezza valeva tutto il tempo del mondo, perché si respirava un’aria romantica, calda e in qualche modo gioiosa. Entrambi camminavano tra i tetti dei palazzi e mentre Blaine faceva da guida, l’altro lo seguiva leggermente impaurito, ma subito si tranquillizzava pensando di non essere solo.
“Ancora non ho capito dove mi stai portando” ammise Kurt, piuttosto confuso sui piani dell’altro, che si girò verso lui e fece una leggera smorfia indecifrabile.
“Tu goditi solamente tutto questo” spiegò, portando le mani in avanti per indicare l’intera città. In un primo momento, Kurt rimase interdetto ma ascoltando la voce rassicurante dell’amico, accennò un leggero sorriso.
“Che ne dici di distenderci qui e guardare il cielo?” propose, così Blaine, entusiasta dell’idea, prese per primo l’iniziativa e restando uno vicino all’altro, si stesero sul tetto.
Kurt allungò un braccio per cercare la mano di Blaine, che fece lo stesso. Nel momento in cui le loro mani si intrecciarono tra loro, entrambi si guardarono negli occhi.
“Ti ho mai parlato della mia teoria sul momento perfetto?” gli chiese Kurt.
Blaine, dopo aver negato, si girò per ascoltarlo con molta attenzione.
“Secondo me esiste un momento perfetto, tutti ne hanno uno. È quello in cui nessun particolare stona con il resto, qualunque cosa si trova nel posto giusto e ad esempio tutti sorridono o si stanno divertendo” spiegò Kurt tenendo un’aria pensierosa, come se stesse ritornando indietro nel passato per ricordare.
“E il tuo qual è?” domandò Blaine, abbastanza curioso ma con una strana luce negli occhi.
“Credo quando ci siamo incontrati per la prima volta, me lo ricordo come se fosse ieri. Ero davvero felice, perché finalmente non ero più solo” rispose Kurt, mostrando un sorriso più raggiante del solito, più luminoso della luna stessa.
“E il tuo?” chiese a sua volta, curioso di sapere.
Blaine lo fissò intensamente e in un attimo percorse gli inizi di quello che erano loro, fino ad arrivare a quel momento e – cavolo! – se era perfetto.
“Questo... ” sussurrò impercettibilmente, a un soffio dalle sue labbra che in un attimo assaggiò intensamente, sentendo il loro dolce sapore di fragole e qualcosa di veramente irriconoscibile, quello era il gusto di Kurt, semplicemente lui.
L’altro, che in un primo momento si paralizzò dalla sorpresa, afferrò con forza la maglia di Blaine e avvicinò i loro corpi sempre di più, poi inclinò leggermente la testa per approfondire il bacio, mentre accarezzava con lentezza i ciuffi di capelli del suo... in realtà adesso cos’erano?
Blaine afferrò possessivamente le braccia dell’altro e se le portò dietro la nuca; emise un mugolio, sospirando contro la bocca lievemente schiusa di Kurt.
Restarono entrambi ancora vicini a respirarsi a vicenda e con un velo di dubbio in volto: non era mai facile mettere in discussione quello che c’è di più stabile nella propria vita, rimescolare le carte in tavola e affrontare l’uragano dentro noi stessi. Si sentivano un po’ così, non sapendo la mossa per fare scacco matto nella loro vita, che stava prendendo una piega diversa in pochi secondi e solo per un piccolo ma dolce particolare.
Si misero in ginocchio uno davanti all’altro e si guardarono chissà per quanto tempo.
“Io per te cosa sono?” bisbigliò Kurt.
Blaine allargò le sopracciglia, passandosi una mano nei capelli, poi rispose “Amico, migliore amico, più che amico. Non lo so, tu sei semplicemente Kurt, l’unico ragazzo che non mi respinge perché pulisco camini.”
Aveva ragione. Nessuno lo aveva mai accettato, anzi, tutti si limitavano a guardarlo con occhi pieni di pregiudizio. Eppure si sbagliavano, perché Blaine era un mare di cose: era la camomilla nelle notti insonni, era il fazzoletto che asciuga le lacrime dal viso, era il profumo di rose nel fiore stesso, era il momento in cui compare l’arcobaleno dopo la pioggia.
Kurt sorrideva al pensiero che l’unico a conoscerlo veramente era lui e niente, niente importava al di fuori di quello. Ognuno conosceva l’altro meglio di se stesso e non contavano delle stupide etichette per definire il loro rapporto, perché si limitavano a essere Kurt e Blaine: il ragazzo dai gusti particolari e dall’animo romantico e il timido spazzacamino dal cuore tenero. Kurt gli fece una carezza sul braccio per destarlo dai suoi pensieri e infine sorrise dolcemente, mentre l’altro posava la testa sulla sua spalla e non c’era bisogno di nessuna parola, perché in un certo senso quei gesti avevano una voce, come se stessero dicendo tutte quelle cose senza il bisogno di aprire bocca.
 
*
 
Kurt era ancora sotto le coperte, quando notò che fuori nevicava.
Neve e carbone, bianco e nero, nerissimo più della pece.
Cancellò quel pensiero dalla sua mente, come si fa con delle scritte di gesso in una lavagna.
Chiuse di scatto gli occhi e si girò un paio di volte nel letto, non riuscendo a riprendere sonno; sentiva la sensazione di quelle labbra leggermente screpolate e dal retrogusto amaro e si ritrovò a piagnucolare per la mancanza, perché in quel momento aveva una forte morsa al petto e soprattutto si sentiva solo.
La sua famiglia era la tipica figura perfetta di unione, ma in realtà, tolta la patina iniziale, era un autentico disastro: suo padre era sempre fuori per lavoro, sua madre era morta anni fa e lui non l’aveva mai conosciuta e suo fratello non lo considerava più di tanto.
Così si ritrovò a piangere per ogni singola cosa che si teneva dentro e poi c’era Blaine, che in quel momento mancava troppo.
 
*
 
Era la notte di Natale e un altro anno stava passando come quello precedente. Se Kurt doveva riassumere quei 365 giorni in due parole, avrebbe sicuramente risposto “Blaine e tante lacrime.”
Decise di uscire dalla sua stanza con tanti buoni propositi: se l’atmosfera festiva non c’era, l’avrebbe portata lui e sarebbe stato con la sua famiglia come i vecchi tempi.
“Papà, Finn: oggi è Natale!” disse entusiasta, facendo un sorriso a caratteri cubitali.
I due lo guardarono e poi ritornarono a fare le loro cose, come se il ragazzo non avesse aperto bocca. Suo fratello stava sentendo la radio e l’altro stava cucinando una misera cena.
Se c’era una cosa che non faceva Kurt, era arrendersi al primo tentativo, così iniziò a cantare una canzoncina a tema Natalizio. Ne scelse una, senza pensarci troppo.
“E viene giù dal ciel, lento
un dolce canto ammaliator,
che mi dice, spera anche tu
è Natale non soffrire più.”
Non seppe dove gli venne quel verso, ma lo sapeva a memoria, come se era nato già conoscendolo. Sicuramente qualcuno glielo aveva già cantato, forse quando era piccolo: probabilmente la sua dolce mamma, di cui non sapeva nulla, ma sentiva in cuor suo di essere almeno un po’ simile a lei, l’unica donna della sua vita.
Suo padre gli si avvicinò e gli urlò contro con una voce piena di sofferenza e tanta rassegnazione “Come te lo dobbiamo dire che non vogliamo festeggiare, non ci piace da quando la nostra famiglia è andata a rotoli, Kurt!” e lo disse mentre tratteneva le lacrime.
Non aveva bisogno di nient’altro, era già chiaro così: si rinchiuse dentro la sua camera e le sue gambe non lo ressero più. Senza accorgersene, si ritrovò a terra, tenendo lo sguardo abbassato e per questo non vide Blaine, che lo fissava dispiaciuto da dietro la finestra. Quest’ultimo cominciò a bussare piano, poi con più forza e il ragazzo alzò gli occhi.
“Blaine... ” sussurrò, cercando la manica del suo maglione per asciugarsi le lacrime.
“A-P-R-I” mimò con le labbra da fuori.
Sul viso di Kurt nacque un sorriso dopo tanta amarezza, poi strisciò fino alla finestra e allungò un braccio per aprirla. “Ciao” disse quasi impercettibilmente, ma l’altro lo sentì, perché sul suo viso si formò un sorriso appena accennato, quello che amava rivolgergli da sempre.
“Buon Natale, Kurt!” esclamò con tanta gioia, ma notò la sua faccia distrutta dal dolore.
“Non è un buon Natale. C’entra la tua famiglia” Kurt si limitò ad annuire.
Ci fu un breve momento di silenzio, poi Blaine uscì qualcosa dalla borsa che teneva tra le sue braccia.
“Guarda cosa ti ho portato” disse, mostrandogli un pezzo di torta con la panna e tantissime scaglie di cioccolato fondente, quello che entrambi preferivano.
“Non dovevi, nel senso, lavori tutto il giorno... ” cercò di spiegarsi, ma senza troppo successo.
Blaine rise alle sue parole, inclinando la sua testa e fissandolo con occhi inteneriti.
“Tranquillo, io lavoro anche per questo e poi oggi è Natale.”
Kurt lo guardò con più attenzione, provando a comunicare in quel modo.
“Papà non la pensa così” gli confidò, distogliendo lo sguardo dall’altro.
Blaine lo prese per mano e insieme si sedettero sul cornicione della finestra per osservare il panorama innevato.
“E allora questo cos’è?”
“Qualcosa di meraviglioso” risposero, fissando la neve che cadeva a fiocchi, posandosi da ogni parte della città e rendendo tutto più... bianco.
“Come fai a essere così felice?” chiese Kurt, poggiando la testa sulla spalla di Blaine, che gli lasciò un bacetto sui capelli.
“Sai, penserai che lo spazzacamino sia triste, perché si trova nel più basso della società, ma in realtà non può essere più felice di così... ” canticchiò, sorridendo all’altro.
“Lo hai preso da Mary Popins, non vale!” rispose Kurt, ridacchiando di gusto e sporgendosi verso Blaine per dargli un buffetto sulla spalla in senso puramente scherzoso.
Il ragazzo dai capelli ricci e neri come il carbone inclinò la testa, facendo una faccia contrariata e quasi dubbiosa, poi scrollò le spalle.
“Lo spazzacamino lì è felice perché ha i suoi amici e si accontenta di quel poco che ha” spiegò Kurt, poi lo guardò a due soffi dalle sue labbra, come per gioco. “E tu cosa hai?”
Blaine rise fragorosamente, tenendo sempre una distanza davvero minima con l’altro. “Te, ho te.”
A quel punto Kurt si strinse a lui, affondando il viso nell’incavo del suo collo e l’altro ragazzo gli cinse un fianco con un braccio. Quel gesto significava chiaramente “Tranquillo, ci sono qui io qui, non ti lascio.”
Infatti, era veramente così, Kurt non si era mai sentito al sicuro come quando era tra le braccia di Blaine, per sempre finché potevano. Proprio per quello fu il Natale migliore della sua vita.
Rimasero l’uno vicino all’altro, mentre suo padre stava ancora cucinando, il fratello ascoltava la radio, fuori nevicava senza sosta e le stelle brillavano: loro sarebbero rimaste il vertice di tutto, più splendenti che mai, soprattutto durante quella notte.
 
 


Angolo di un'autrice nostalgica.
Ciaaao!
Finalmente sono ritornata con una nuova ff a tema Natalizio (... ma dove lo vedi? baah).
Okay *passano secondi e non sa che dire*.
L'ho scritta veramente in poco tempo e l'idea mi è venuta così, dal nulla.
Pensavo cosa scrivere per Natale e pescando nei ricordi è uscita "Mary Popins", perché mi ricorda la felicità.
Mi sono ispirata grazie al personaggio dello spazzacamino e semplicemente ho aperto una nuova pagina di word.
Beene. Un'ultima cosa e poi siete finalmente liberi.
Ho partecipato al concorso indetto da Ambros efp su facebook e a gennaio la mia storia verrà pubblicata qui, perciò dateci un'occhiata.
Credo di avere finito, non ho nient'altro da dire, se non fatemi sapere cosa ne pensate (lo ripeto sempre, lo so, ma fatelo).
A preeesto! c:


 


 
  
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