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Autore: clambae    21/12/2015    0 recensioni
« Se esiste la magia del natale, se davvero esiste, chiedo solo questo: Di poter stare così con te, anche solo un minuto in più ».
[Krishan]
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kris, Kris, Lu Han, Lu Han, Xiumin, Xiumin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Lufato. Fandom: EXO Personaggi: Kris, Luhan, Xiumin Rating: G Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste Avvisi: AU!, Slash, inevitabile OOC Conteggio parole: 6.1k Riassunto:« Se esiste la magia del natale, se davvero esiste, chiedo solo questo: Di poter stare così con te, anche solo un minuto in più ». Desclaimer: Kris e Luhan sono riusciti a liberarsi della SMEnt. figuriamoci se appartengono a me, Minseok è ancora proprietà esclusiva della SMEnt e nemmeno lui mi appartiene. Con questo scritto non pretendo in modo alcuno di rappresentare la realtà. È completamente frutto della mia fantasia e non ci guadagno neanche un soldo dalla mia attività di fangirling compulsivo, semmai perdo solo tempo. Note, lunghissime e doverose: Chiedo scusa agli amanti del fantasy perché ciò che sto per fare è un affronto. Come mi informa il mio caro amico Google, quello delle fate è un mondo composto prettamente da soggetti di sesso femminile. Tuttavia tutta questa storia è nata da un sogno/visione di una piccola creatura alata dalle sembianze umane, nella mia testa una fata e in preda all’ispirazione, che è rara e generalmente mi abbandona, ho scritto ciò che vedrete qua sotto e non mi sono resa conto dello sbaglio fino a giorni dopo, per cui ho scritto che le fate potevano essere anche maschi. Ho provato a rimediare, ho fatto ricerche e ho provato a sostituire le fate con gli elfi e/o i folletti ma NON rendeva, per cui ho deciso di lasciarlo così. Concedetemi questa licenza poetica, grazie, in fondo sono sicura di aver letto una storia, anni fa, in cui c’erano fate maschi, ma il nome non me lo ricordo. E parlando di nome, spieghiamo pure quello: Lufato, vuole essere un gioco di parole, ma in realtà è solo il delirio notturno di due teste incapaci a scegliere nomi decenti. Lufato può essere visto come: Lufato -> lu fato -> il fato, ovvero il destino, in Abruzzese (o così mi dicono) e in qualche altro dialetto di un paesino o della Toscana o della Liguria, non ricordo. Ma la triste realtà è che è venuto fuori da, come ho detto, un delirio e dal nome di Luhan. Nato come Luhan fata, è passato a Luhan fatino, poi fatino Lu, per finire con Lufato (cioè Luhan fata maschio). Siccome eravamo a corto di idee e in fondo non era così male abbiamo scelto quello. Con tutta onestà mi piace pure. Questa storia è nata grazie a e per Gabriella, la regina delle Krishan trash. È così Krishan shipper che è riuscita a portare me che non li sopportavo nel loro tunnel. Non so se odiarla o amarla. Comunque, G, spero tanto che tu lo apprezzi. Questa NON sarà una storia felice, NON sarà nemmeno una storia triste. Sarà una storia e basta. Il mio spirito natalizio fa davvero schifo e lascia molto a desiderate, vi ho avvertite. Critiche e consigli sono benvenuti e molto apprezzati, così come i commenti positivi. È l’unico modo che ho per crescere e migliorare. Vi lascio a quella conosciuta dal grande pubblico (cioè me XD) come “La roba”, robaccia proprio. Buona lettura ♥

Lufato Once upon a time

« Alla tua età! Non ti sembra esagerato avere paura del buio? » « Non ho paura del buio » si difese Yifan « semplicemente non mi piace, tutto lì ». « E se non è paura quella... Allora cosa è? Vediamo se sei convincente ». « Mi porta ricordi non piacevoli. Solo quello ». « Ricordi non piacevoli, come no » lo schernì il ragazzo più giovane. Si alzò dal divanetto in pelle e poggiò i fogli del bilancio mensile sulla scrivania dell'altro prima di avviarsi verso l'uscita. « Ho del lavoro da sbrigare, capo. Mi fermerei ancora a sentire i tuoi ricordi del passato, ma sai i bilanci non si riempiono da soli e qualcuno deve pur lavorare seriamente in questa azienda ». Yifan si limitò a sorridere, il capo chino su dei documenti da controllare e firmare. « Tu credi nelle fate? » domandò all'improvviso. « Fate? » il ragazzo sembrava divertito « Sul serio, dovresti prenderti una vacanza, è la vigilia di natale e stai iniziando a dare segni di stanchezza ». Yifan lo congedò con un cenno del capo e un sorrisino divertito nelle labbra. Fate. Che cosa assurdità! Chi può credere nelle fate?

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Yifan aveva da sempre odiato il Canada: era freddo, la gente era strana, e lo teneva lontano dal suo papà. In realtà non era vero. Quando sua madre gli aveva informato, sei mesi prima, che si sarebbero trasferiti a Vancouver, Yifan, con l'entusiasmo e l’innocenza che hanno i bambini di dieci anni, aveva saltellato per tutto il salotto felice esternando frasi poco chiare da cui si riuscivano a capire solo parole come “castoro”, “boschi” e “camice a scacchi”, le preferite di Yifan. La sua gioia durò poco, brutalmente uccisa da sua madre con una frase che lo segnerà a vita: « Solo noi due, Yifan. Tuo padre non può accompagnarci ». « E allora non andiamo ». « Non è così semplice, figlio mio ». Yifan non capiva cosa ci fosse di complicato. Se suo padre non poteva andare in Canada con loro, allora sarebbero rimasti in Cina. Era una cosa semplicissima! Non poteva allontanarsi, Yifan era “il campione di papà” e inoltre gli aveva promesso di insegnargli la pallacanestro per farlo diventare una star proprio come lui. Era fuori discussione! Lui rimaneva a casa sua a Guangzhou. Anche con l'innocenza che hanno i bambini di dieci anni Yifan capì, dall'espressione afflitta e colpevole di sua madre, che non poteva esprimere i suoi veri pensieri, per non ferirla di più, per cui si limitò a fare spallucce e a mostrarle un grande e luminoso sorriso. Affermò in modo molto convincente: « Almeno conoscerò i castori. Forse ci divento pure amico ». Invece non fu così. Vancouver non era minimamente la città di boscaioli che Yifan pensava di incontrare. Era una città moderna, una metropoli in crescita ed espansione. Palazzi di lusso, macchine di lusso, a Yifan sembrava tutto di lusso; non c'erano castori e non c'erano nemmeno le camice a scacchi che tanto amava. E, ciliegina sulla torta, la cosa più simile a un bosco che trovò fu il giardino rinsecchito con i suoi unici due alberi, vecchi e spogli, a formare una specie di arco nel retro della casa in cui andarono ad abitare, nella periferia di Vancouver, poco lontano dalla zona industriale. Una delusione completa. « Devo andare al lavoro ». « Ma ci sono i topi! » « Yifan, ho controllato. Non ci sono topi » la donna diede un bacio sulla fronte del figlio, il quale si trovava già sotto le coperte pronto per dormire. « Li sento durante la notte » piagnucolò Yifan facendo ritardare sua madre. « Quando torno controllo di nuovo, te lo prometto » sua madre lo guardò in modo dolce e colpevole « non avrò per sempre il turno di notte, Yifan, e avremo finalmente la vita che desideriamo ». Yifan non disse più nulla. Si limitò ad annuire, sebbene avesse una espressione molto triste in volto, e a salutare sua madre. Anche lui sapeva che la loro vita sarebbe migliorata, prima o poi. Era già passata la mezzanotte quando un fracasso lo svegliò. Saltò giù dal letto, si mise le ciabattine e dopo aver preso una torcia elettrica si diresse verso la soffitta, origine del rumore. « Vuoi vedere che ne ho preso uno » sussurrò a se stesso agitando il pugno destro in alto in segno di vittoria. Come il bimbo intelligente che era, Yifan, aveva costruito delle trappole per topi con il supporto di una scatola di plastica, un po’ di fili e un formaggio-giocattolo, in barba ai cliché. Una volta in soffitta si ritrovò con qualcosa di diverso e inaspettato. Lo sbattere di ali era già udibile da fuori la porta e sul luogo era solo più evidente. Dallo stipite sembrava una lucciola solo un po' - un po' tanto in realtà - più grande, sui dieci centimetri o giù di lì e di fattezze umane: carnagione lattea e arti lunghi e sottili. Yifan lo trovò affascinante, non sembrava reale e il broncio contrariato lo faceva apparire buffo. « Chi sei? » domandò « o meglio, cosa sei? » gli puntò la torcia contro illuminando completamente il suo viso. Era sì umano, un bambino per la precisione; gli occhi e i capelli erano di un castano chiaro, solo le orecchie erano diverse: lunghe e affilate potevano benissimo appartenere a una qualsiasi creatura presente in quei libri di fiabe che sua madre gli leggeva spesso. « Tu puoi vedermi! » la cosa smise di agitarsi e segnalò Yifan con il suo indice affilato, le unghie erano strane; non erano curate come quelle di Yifan, erano lunghe, a stiletto e di un marroncino oscuro. Nonostante ciò non sembravano sporche o malate solo differenti. « Certo che ti vedo! Mica sono cieco! » la voce gli uscì più acuta di quanto volesse. « Allora liberami! Te lo ordino! » strillò la creatura, sbatté il piede destro così forte da far tremare la piccola scatola in cui era prigioniero. Aveva le mani incrociate davanti al petto in segno di guardia e diffidenza. « Prima devi dirmi cosa sei e che ci fai in casa mia! Lo sai che è da mesi che non mi lasci dormire in pace? » La creaturina sbuffò in modo rumoroso. Girò il viso, era indignato. Dopo qualche secondo tornò a guardare Yifan. I suoi occhi, una volta marroni, erano diventati completamente neri, non si riusciva nemmeno a scorgere la pupilla « questo era il mio regno prima che voi umani lo distruggeste ». « Non so di cosa stai parlando! » Yifan era davvero arrabbiato, quella cosa lo disturbava da quando era arrivato in Canada e osava pure dargli del distruttore. Era un affronto! « Liberami e ti spiego ». « Mi posso fidare? ». Ah ah ah La risata della strana creatura risuonò per tutta la stanza, amplificata dal silenzio notturno della periferia di Vancouver. « Sono io quello legato e intrappolato. Anche volendo non posso andare da nessuna parte ». Il suo ragionamento non faceva una piega. Yifan gli tolse la scatola di plastica, ma lascio la cordicina legata al piede sinistro di quello che identificò come una fata, in mancanza di un termine più appropriato. « Per ora ti lascio così, finché non avrò le risposte che voglio ». Erano mesi che dava la caccia a qualunque cosa facesse fracasso di notte a casa sua e ne aveva finalmente catturato uno. Yifan non era così tonto da farselo scappare, lo incuriosiva tanto. « Mi madre aveva ragione. Voi umani siete davvero pieni di voi stessi! » si sedette rassegnato, incrociò le gambe e guardò dritto Yifan « dopo mi libererai, vero? » il tono acido e saputello era sparito, lasciando spazio a uno spaventato. Yifan gli si sedette di fronte e gli rivolse un sorriso, sperò, rassicurante « certo ». « Allora che vuoi sapere? » Con non poca difficoltà Yifan si trattenne dal toccarlo, sembrava davvero soffice ed era molto luccicante. « Che cosa sei? » ci pensò sopra un attimo « anzi no. Come ti chiami? » « Sono Lu Han, sire » affermò la creatura, ora Lu Han, mettendosi in piedi. Fece un piccolo inchino unendo i talloni e piegando le ginocchia di poco, una sorta di etichetta nel loro mondo dedusse Yifan « e sono una fata, ma non una fata qualunque oh no. Sono il principe delle fate ed erede al trono ». Yifan lo osservò perplesso. Quindi era una fata, aveva accertato, ma un principe? Non sembrava molto nobile o regale. « Dovrò chiamarti sua maestà o qualcosa del genere? » si grattò la nuca. Era forse un pochino in imbarazzo. Lu Han tornò a sedersi a gambe incrociate « in teoria dovresti, ma sei umano e non sei obbligato. Tu invece? » domandò con genuina curiosità. « No no » Yifan negò con le mani « non sono un principe, sono solo uno studente delle scuole elementari ». Lu Han rise. La sua risata era gradevole e a Yifan ricordò il suono dello sfiorarsi di mille cristalli mossi dolcemente dal vento. « Chiedevo il tuo nome » specificò Lu Han dopo poco. « Yifan » rispose, le sue guance si erano tinte di un leggero rosso per la vergogna. « Che nome brutto! » Esclamò Lu Han, si portò un dito al mento in modo pensieroso e dopo un po’ appuntò Yifan e asserì « Ti chiamerò Kris! » « Perché? » domandò Yifan, ferito. Cosa aveva quel principe-fata contro il suo nome? Yifan era un nome bellissimo! Più di Lu Han sicuramente. « Perché a me piace così! Non puoi contraddire le parole di un principe ». Yifan lo osservò indignato, aprì e chiuse la bocca diverse volte senza sapere cosa dire e Lu Han iniziò a ridere di nuovo con quella sua risata che sembrava tanto la musica di un carillon. La questione fu chiusa lì e, divertito, Yifan si aggregò al neo amico in un concerto di risate sincere che racchiudevano tutta la spensieratezza che hanno i bambini di dieci anni. « Lu Han! Lu Han ci sei? È andata via, puoi uscire! » Yifan aveva quattordici anni ora. Frequentava l'ultimo anno delle scuole medie ed era cresciuto di quasi dieci centimetri, lo faceva sempre notare in presenza di Lu Han. Inoltre era anche uno dei ragazzi più popolare della sua scuola e metà delle ragazze aveva una una cotta per lui. « Non avrò una corona, ma a scuola sono un principe pure io! » disse una volta a Lu Han, con il solo scopo di farlo ridere. « Sono qua! » una scia di polvere scintillante colpì Yifan in viso « credevo non se ne andasse più. A volte ho la sensazione che pure lei possa vedermi! » Anche Lu Han era cresciuto, di un centimetro o meno, ma ciò che era cambiato di più era il suo viso: le guance paffute, tipiche dei bambini, erano iniziate a sparire; gli occhi erano diventati meno tondi (anche se continuavano ad essere esageratamente tondi, secondo Yifan, soprattutto se paragonati ai suoi) ed il colore degli occhi e dei capelli era iniziato a sbiadire, non erano più castani, ma assomigliavano di più al colore miele. Quando Yifan glielo fece notare, Lu Han, gli spiegò che era un tratto caratteristico del suo casato e del suo lignaggio: sarebbero continuati a schiarire fino ad arrivare al bianco, una volta raggiunta l’età adulta. Yifan lo trovò una cosa bizzarra, ma per Lu Han era importante, era un requisito fondamentale per diventare Re, solo così avrebbe potuto dimostrare di essere il degno erede al trono e di essere una fata pura. Se ci pensava, le fate erano davvero classiste. Yifan si sedette per terra con le gambe incrociate e Lu Han si piazzò di fronte a lui. Era diventato una sorta di rituale, un’abitudine che aveva già quattro anni, da quel giorno in cui Yifan catturò Lu Han con una trappola per topi. « Quando mi porterai da te? » domandò in tono infantile Yifan. Non importava quanto tempo fosse passato a quattordici anni si era ancora bambini e Yifan ne era la dimostrazione. « È complicato » contestò Lu Han « Non so se sei pronto! » Yifan allungò una mano per accarezzare con l’indice la testolina di Lu Han. Alcuni anni prima il principino gli aveva concesso il permesso, affermando persino che era una sensazione molto piacevole. « Hai promesso Lu Han, me lo devi ». « Presto ti dimenticherai di me, Kris, lo fate sempre ». « È ciò che ripeti da anni ed io sono ancora qui. Ho dimostrato di essere degno » Yifan fissò lo sguardo su Lu Han « Non ti dimenticherò. Mi comporterò bene, non calpesterò nessuno! » Lu Han rise, rise in modo genuino e acconsentì. « Devi crederci, crederci per davvero altrimenti non funzionerà e non potrai trapassare » spiegò « seguimi ». Lo portò in giardino, di fronte ai due vecchi e spogli alberi che creavano un arco legnoso « Io andrò per primo. Tu mi seguirai, concentrati su di me e potrai passare » volò lungo il limite dell’arco in senso orario rilasciando la sua polvere « chiudi gli occhi e cerca di visualizzare, devi vedere me, una volta fatto dovrai solo passare l’arco. È l’ingresso al mio mondo ». Yifan eseguì l’ordine, chiuse gli occhi e si concentrò su Lu Han. Riusciva a vederlo. L’immagine era vivida: i suoi occhi tondi e dolci, le labbra sottili, il sorriso luminoso, i capelli biondo miele e il piccolo naso poco invadente nel suo viso. Attraversò l’arco e quando aprì gli occhi rimase sorpreso. Wow, wow, wow. Era il suo giardino, ma al tempo stesso non lo era. L’arco era lì, gli alberi erano lì, ma non erano rinsecchiti. Erano pieni di vita, imponenti. Le coppe arrivavano a misure esagerate. Anche il suolo non era più terriccio secco; era coperto da verde erba e fiori strani dai colori intensi. C’era persino una fontanella e nel luogo dove nel suo mondo si sarebbe trovata la sua casa c’era un sentiero che in lontananza portava a ciò che sembrava una dimora, un castello. Riusciva a scorgere anche molte fate, troppe fate, nelle zone vicine. Yifan non aveva mai creduto ce ne potessero essere così tante. Alcune volavano, ma la maggior parte di loro camminava lungo il sentiero che, Yifan credeva, portava verso il cuore della città. Le loro ali, tenute basse, toccavano terra e sembravano essere fatte di finissima seta, come costosi mantelli ricoperti di particelle d’oro, la luccicante polvere di fata. Ed infine c’era lui, Lu Han. Non era più alto dieci centimetri, ma era grande quanto un umano, solo un poco più basso di Yifan. Visto a grandezza naturale sembrava emanare per davvero l’aura da principe: i suoi capelli e occhi sembravano essere più chiari, la sua pelle era più bianca e luminosa e il suo sorriso più smagliante Il cuore di Yifan perse un battito. « Andiamo » Lu Han lo prese per mano e lo tirò verso il sentiero « ti divertirai al palazzo ». Lungo la strada, con la consapevolezza che hanno i ragazzini di quattordici anni, Yifan si domandò se fosse possibile prendersi una cotta per il suo migliore amico il quale era anche una fata. Yifan sbuffò contro il vetro della sua camera. Aveva sedici anni e una noia mortale. Era la vigilia di Natale, si trovava da solo in casa e, cosa ancora più frustrante, erano settimane che non vedeva Lu Han. L’ultima notizia che aveva avuto del suo amico fatato risaliva a quattro giorni prima quando Minseok, la guardia del corpo personale di Lu Han, gli aveva fatto visita, interrompendo il suo sonno, per informagli che sua altezza reale aveva avuto dei contrattempi a palazzo per cui non poteva andare a trovarlo e per rimembrargli che gli era severamente vietato andare nel mondo di Lu Han senza il suo esplicito permesso. Osservò dalla propria finestra l’arco di alberi, sembrava più secco, come se le piante fossero morte. Sbuffò di nuovo, lo fece una seconda volta e una terza e una quarta. Al quinto sbuffo decise che non ne poteva più, che doveva fare qualcosa. Prese il giubbotto e le chiavi di casa e uscì. Se ne fregava di cosa dicesse Lu Han, se davvero credeva che sarebbe rimasto con le mani in tasca quando una delle persone, beh delle creature, a lui più care aveva problemi a casa sbagliava di grosso. Tirò fuori un sacchettino in satin rosso che Lu Han gli aveva dato per le emergenze, lo aprì, prese una manciata di polvere di fata e cerchiò l’arco in senso orario. Chiuse gli occhi e si concentrò su Lu Han con tutte le sue forze, era la prima volta che entrava senza la compagnia del principe e temeva che l’ingresso gli fosse bloccato. Attraversò l’arco senza problemi, ma fu questione di qualche secondo, tempo a sufficienza per fargli realizzare di essere riuscito ad entrare, che una mano gli tappò la bocca e lo infilò dietro un cespuglio lì vicino. Yifan scalciò e cercò con tutte le forze di liberarsi. « Stai fermo! » era la voce di Minseok, Yifan si rilassò « se prometti di non urlare o scappare ti lascio » acconsentì con un segno del capo e con un forte colpo si liberò della presa. « Ma cosa ti prende! » urlò, arrabbiato. « Vuoi stare zitto? Ti farai beccare ». « Come se non ci fossi mai stato qua prima » Yifan si mise in piede e si ripulì i pantaloni sporchi di terriccio, rami rinsecchiti e foglie. « Ora è diverso » Minseok gli si parò di fronte « Sei stato bandito dal regno e sulla tua testa c’è una taglia molto cospicua ». Yifan spalancò la bocca. Che cosa? « Che cosa? » « La regina ti vuole il più lontano possibile dal suo regno e soprattutto da suo figlio » gli posò una mano comprensibile e fraterna su una spalla. « Perché? » era indignato. No, era furioso! La regina, la madre di Lu Han, lo conosceva; era sempre stato educato e gentile e lei più di una volta aveva gradito la sua compagnia. « Ritiene che sei una pessima influenza per Lu Han » era la prima volta che Yifan sentiva Minseok chiamare Lu Han senza gli appellativi del suo status sociale « soprattutto da quando si rifiuta di accettare il matrimonio ». « Quale matrimonio? » « Ti spiego strada facendo abbiamo poco tempo » Minseok lo prese per un polso e lo portò verso una stradina secondaria che, Yifan, vedeva per la prima volta. « Se mi stanno cercando come credi che arriverò al castello? » Minseok roteò gli occhi. Scrutò Yifan con aria di superiorità. « Volando, ovviamente ». Yifan guardò Minseok diffidente. Lui non era grado di volare, come poteva arrivare dall’altra parte del regno? Osservò la guardia per un minuto, due, forse persino tre quando ebbe un’illuminazione. Oh no! Oh. No. Non si sarebbe fatto trasportare da Minseok. Prima perché non era sicuro di potersi fidare ciecamente, se davvero c’era una taglia sulla sua testa chi gli assicurava che non l’avrebbe portato dritto dalla Regina? In secondo luogo, Minseok, nonostante fosse quattro anni maggiore, era esile e più basso di lui, anche se non di molto, dubitava avesse le forze per trasportarlo. E terzo: dove rimaneva il suo orgoglio maschile? Farsi scarrozzare in giro da una fata? Non se ne parlava affatto. Come se fosse in grado di leggergli nel pensiero, Minseok, asserì « Sono una guarda reale, capo squadra ed in più sono la guardia personale del principe, unico erede al trono. Sono più che in grado di trasportare un singolo umano. Sono la tua unica possibilità di incontrare Lu Han ». La diffidenza era palese nel volto di Yifan, ma la fata aveva ragione, se voleva rivedere Lu Han doveva fare come gli diceva senza se e senza ma. Accettò malvolentieri, ma per le persone a cui si vuole bene si fa quello e anche di più. Minseok era forte, veloce e molto capace, conosceva scorciatoie, sapeva come spostarsi per le zone più difficile del regno e soprattutto riuscì ad evitare tutte le guardie. In una decina di minuti, o meno, furono di fronte alle finestre delle stanze di Lu Han; il tempo, tuttavia, fu sufficiente da permettere a Minseok di aggiornare Yifan sul matrimonio e il motivo per il quale Lu Han era segregato nella sua stessa casa. Da quando era morto il Re, il padre di Lu Han, il popolo aveva posto molte speranze nella Regina e nel Principe e unico erede. Di lui aspettavano grande cose prima fra tutte che continuasse l’espansione del regno, azione iniziata con il precedente re. Si aspettavano un’età d’oro fatta di ricchezza e prosperità, si aspettavano anche pace e accordi tra le famiglie più importanti del regno. Tra quegli accordi c’era il matrimonio tra il principe Lu Han e Jinri, l’ultimogenita del casato Choi, una delle famiglie più potenti, ricche e antiche di tutto il regno. Voci di corridoio volevano che la giovane e bellissima Jinri avesse un lignaggio persino più puro di quello del principe stesso. « Lu Han! » urlò Yifan non appena mise piede nella sua residenza. Si avvicinò a lui e il suo cuore pianse quando notò le ali di Lu Han legate e congelate. Lu Han gli corse contro. Affondò il viso nel petto dell’amico e inconsapevolmente iniziò a piangere. Piangere per la frustrazione di essere rinchiuso, piangere per la felicità di rivederlo. « Avete pochi minuti, sua altezza. Presto sentiranno la sua presenza e verranno a cercarvi » li notificò Minseok prima di chiudere la porta alle sue spalle, per offrire ai due un po’ di intimità. « Minseok mi ha raccontato tutto ». « Non mi voglio sposare Yifan, non voglio! » Yifan rimase stupito per un attimo, era la prima volta che Lu Han lo chiamava con il suo nome vero e non con Kris. Gli alzò il visto per riuscire a vederlo in modo più diretto, poi gli prese le mani e le portò vicino al suo cuore per rassicuralo: « Non lo farai Lu Han, non so ancora come, ma lo impediremo ». Lu Han alzò una mano e la passò tra i soffici capelli di Yifan « hai cambiato colore ». Le guance di Yifan si tinsero leggermente di porpora e anche lui passò una mano tra i propri capelli. Ne afferrò un ciuffo e osservò la tonalità di biondo che aveva da poco più di una settimana « avevo voglia di cambiamenti, e poi così ci somigliamo un po’ non credi? È meno evidente la nostra differenza, vero? » Lu Han gli rivolse un sorriso luminoso, aveva gli occhi lucidi. Abbracciò di nuovo Yifan, affondò il viso nel suo petto ed inalò il suo profumo inebriante. In un sussurro disse: « Se esiste la magia del natale, se davvero esiste, chiedo solo questo: Di poter stare così con te, anche solo un minuto in più ». Un allarme scattò in lontananza e una luce rossa si accese nella stanza. Minseok si fiondò dentro, aveva la preoccupazione dipinta in volto; informò Yifan che dovevano andare via. Yifan non lo vide arrivare, era così occupato a cercare di capire cosa diamine stesse succedendo che non si rese conto di Lu Han che gli afferrava il viso, che riduceva la distanza tra i loro volti ogni secondo di più. Lo baciò. Fu un bacio appassionato che nascondeva una richiesta sincera: Torna. Minseok li allontanò bruscamente « Dobbiamo andare! » Yifan si liberò della presa della guardia e tornò da Lu Han, posò le proprie labbra su quelle del principe in un bacio casto questa volta. « Troveremo una soluzione. Te lo prometto » lo rassicurò prima di seguire Minseok fuori, dalla finestra. Mentre volava sopra le colline del regno fatato, Yifan, capì, con l’illusione tipica degli adolescenti di sedici anni nel cuore, di essere innamorato del suo migliore amico e promise a se stesso che, non importava come, avrebbero trovato una soluzione. Le sue labbra erano soffice, il suo profumo di vaniglia mandava in estasi i sensi di Yifan. Passò una mano tra i lunghi e soffici capelli neri. Le accarezzò una guancia, la sua pelle dalla carnagione oscura era delicata e piacevole al tatto. Jennifer era una bella ragazza. Capo cheerleader, la fidanzata perfetta per il capitano della squadra di pallacanestro. « Ti vedrò di nuovo? » domandò lei con un velo di tristezza nel volto. « Non lo so » Yifan le prese le mani e gliele baciò « torno domani in Cina. Ma non essere triste Jen, ricorda sempre: È bello finché dura ». La ragazza si limitò ad annuire. Yifan la conosceva bene, era intelligente ed era forte, avrebbe superato tutto con facilità. « Almeno promettimi che mi chiamerai ». « Devo andare Jen, ci sentiamo ». Jennifer lo salutò sul cortile prima di allontanarsi. Yifan la osservò per qualche secondo prima di entrare in casa: gli sarebbe mancata. Yifan aveva diciotto anni e Lu Han non era che un ricordo lontano. Yifan dubitava persino che fosse davvero esistito. Fate, che assurdità! L’ipotesi più plausibile era che Lu Han fosse, in realtà, frutto della sua mente, un amico immaginario della sua infanzia che era riuscito a sopravvivere per troppo tempo. Se così non fosse, se fosse davvero esistito, si sarebbe fatto vivo negli ultimi sei mesi, invece di sparire nel nulla. Salì in camera sua per impacchettare le ultime cose rimaste fuori. Posizionò le scatole in colonna le une sopra le altre. Tra uno spostamento e l’altro buttava un’occhiata sull’arco di alberi che si trovava nel suo giardino. Chissa… Il rumore delle scatole che cadevano lo costrinse a distogliere lo sguardo dalla finestra. Qualcosa, qualcuno?, gli atterrò contro con così tanta potenza da farlo cascare di schiena. Osservò la cosa, la creatura, e boccheggiò. Non ci credo! Era Minseok, ma era diverso da come lo ricordava. Era più grande, i tratti del viso erano più definiti e le sue ali, una volta maestose e imponenti, ora erano piccole, spezzate e bruciate ai bordi. Sul viso aveva un’espressione furiosa. « Sei un pezzo di merda! Tu! Lurido schifoso » gli urlò la fata contro. Ehi ehi « Ehi! Che ti prende? » Yifan era confuso. Perché ce l’aveva tanto con lui? « Lu Han! Come hai potuto fargli questo! » « Di cosa stai parlando? » Minseok lo guardò in cagnesco e Yifan non capiva perché. Fu Lu Han quello che sparì, lui non aveva colpe. « Voi umani davvero non siete di fiducia! Non avete principi né dignità. Siete la feccia di questo mondo! Schifosi ». Yifan era furioso. Insomma chi credeva di essere quel nano luccicante? Chi l’autorizzava a entrare in casa sua e insultarlo senza nemmeno dargli un motivo valido? « Ti vuoi spiegare? » la rabbia era così elevata che Yifan non sapeva cosa lo fermasse dal prendere la fata e rinchiuderla in una bottiglia di plastica. Forse l’ammirazione che provava o che aveva la sensazione di provare. « Davvero, davvero non ricordi? » di fronte allo sguardo perplesso di Yifan, Minseok, sbuffo. Si passò una mano sulla fronte. Inspirò ed espirò, inspirò ed espirò ed infine parlò. « Rinunciò al suo regno per te. Rinunciò alle sue ali per te! » Minseok sorrise in modo sarcastico, ma la tristezza e delusione erano evidenti « E tu non lo ricordi nemmeno. Glielo avevo detto io, gli umani non sono degni di fiducia ». Yifan osservò la piccola figura di Minseok, lo scrutò profondamente, si soffermò qualche secondo di più sulle sue ali tagliate a metà e bruciate. Ricordò. Ricordò il suo primo bacio con Lu Han, quando aveva sedici anni. Ricordò la sofferenza e il dolore che aveva provato nel vederlo segregato con le ali bloccate. Ricordò la fuga di Lu Han e i mesi che aveva vissuto nella sua stanza. Ricordò il coraggio e la lealtà di Minseok quando li aiutò a fuggire; ricordò la sua cattura e la sua punizione: tagliargli le ali a metà e bruciargliele come segno eterno di vergogna e di tradimento alla Regina. Ricordò quando Lu Han si consegnò alle autorità del proprio regno, con la testa alta e l’eleganza che solo un principe può avere, per salvare la vita del servitore e unico vero amico. Ricordò la condanna di Lu Han e la sua severa punizione. Ricordò l’impossibilità di Lu Han di lasciare il suo mondo dopo che gli avevano tagliato le ali alla radice. Ricordò la vita di Lu Han da esiliato fuori i confini del regno. Ricordò che nonostante tutto, nonostante le avversità erano stati felici, davvero felici. Ricordò quanto aveva amato Lu Han, quanto lo amava in quel momento. Il dolore da sopportare fu troppo. Si rivolse a Minseok con un’espressione distrutta in viso. « Perché l’ho scordato? » il suo cuore era pesante e gli riusciva difficile respirare. « Voi umani. Quando crescete, quando diventate adulti, tendete a rinnegare le diversità, i vostri ricordi dell’infanzia e a dimenticare tutto ». Era vero. Era fottutamente vero. Gli amici, la scuola, la pallacanestro, le feste, le ragazze, tutto ciò l’avevano allontanato da Lu Han. L’avevano portato a dimenticare. Merda. Merda. Merda. Prese Minseok nelle sue mani, ignorando i lamenti di quest’ultimo « Minseok, sto per partire domani. Credi che voglia vedermi? Che possa perdonarmi? » Per risposta, Minseok, gli porse un piccolissimo sacchetto in satin rosso « ce n’è solo per una volta, spero lo userai in modo saggio ». Yifan gli sorrise. Gli era grato. Minseok era stato davvero una figura chiave nella sua relazione con Lu Han. Se non fosse stato per lui Lu Han probabilmente avrebbe finito per sposare una bellissima fatina che non amava e Yifan avrebbe dimenticato molti anni prima. « Devo andare Yifan. Fanne buon uso e non farlo soffrire più. Altrimenti ti troverò e tu sai bene quanto sia letale la polvere di fata se ingerita dagli umani ». Yifan si limitò ad annuire con il capo e a ringraziare Minseok, prima di vederlo volare e sparire oltre la sua finestra. Osservò attentamente il sacchetto. C’era pochissima polvere, ma bastava. Corse fuori casa, verso l’arco fatto dai due alberi spogli. Lo cerchiò con la polvere di fata in senso orario, chiuse gli occhi e usò tutte le sue forze per concentrarsi su Lu Han e attraversare il portale. « Ti stavo aspettando ». Yifan aprì gli occhi e si ritrovò di fronte Lu Han. I suoi abiti una volta pieni di costosi addobbi ora erano bianchi, semplici e minimalisti. Il suo viso si era fatto più affilato, i tratti più marcati e i capelli erano biondo platino. Solo gli occhi non erano cambiati: tondi, speranzosi, luminosi e castani. « Mi dispiace Lu Han. Mi dispiace moltissimo ». « Avevi promesso, ma ti sei dimenticato di me ». Yifan non aveva scuse. Era colpevole, si sentiva colpevole e non sapeva come esprimere i suoi sentimenti a Lu Han. Prese il suo viso tra le mani, gli sussurrò un mi dispiace a fior di labbra e lo baciò. Fu un bacio disperato, feroce, desideroso e soprattutto sincero. « Ti amo Lu Han, ti amo e mi dispiace non avertelo detto prima. Mi dispiace averti dimenticato ». Lo baciò di nuovo. Lu Han, che era stato prima riluttante, ricambiò. Ne aveva bisogno, ne avevano bisogno. Non furono necessarie più parole, le loro azione erano chiare. Quel bacio non solo segnò il loro rincontro, ma segnò una promessa per il futuro: Non importava cosa succedesse o quali strade prendessero, avrebbero sempre trovano un modo per ritornare dall’altro. Passarono ore sdraiati nel bosco appena fuori i confini del regno. Si osservavano e si baciavano. Impressero l’essenza dell’altro sulle proprie pelli e si rassicurarono. Il loro amore era più potente di qualunque cosa, li aveva portati fin lì e li avrebbe guidati anche in futuro. « Mi mancherai, Yifan, ma ci rivedremo » intrecciò la sua mano con quella di Yifan e le portò verso il suo petto. Era una promessa e Yifan sapeva che Lu Han l’avrebbe mantenuta. « Ho paura di dimenticarti di nuovo » confessò Yifan con un filo di voce quasi inudibile. « Devi solo crederci Yifan, crederci per davvero e mi ricorderai ». Quando Yifan salutò Lu Han e tornò nel mondo degli umani, si sentiva svuotato, speranzoso e aveva il cuore a pezzi. Con la speranza tipica dei giovani di diciotto anni Yifan fece una promessa a se stesso, agli alberi e a Lu Han: Si sarebbero rivisti.

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Il rumore dell’orologio richiamò la sua attenzione. Era mezzanotte. Ancora una volta aveva fatto tardi al lavoro. « Dovresti smettere di lavorare così assiduamente almeno durante Natale, Yifan » disse a se stesso. Chiuse la carpetta dei bilanci che stava ricontrollando. Prese la giacca e le chiavi della macchina e si avviò verso l’uscita « È ora di tornare a casa ». Era già sulla porta quando il carillon sulla sua scrivania iniziò a suonare da solo; gli sembrò di sentire una risatina cristallina di sottofondo. « Potrebbe essere…? » Scacciò dalla mente quel pensiero sciocco e sorrise di se stesso « Inizi ad avere le allucinazioni, eh, Yifan? Devi davvero prenderti una vacanza ». Tutto filò tranquillo durante il cammino di ritorno, finché non imboccò la strada che portava a casa sua, nella periferia di Pechino. Era spoglia, e gli alberi ai lati sembravano creare un lungo tunnel legnoso. Sentì di nuovo la risata cristallina e la musica di un carillon. Ciò che invece non percepì fu la luce accecante degli abbaglianti del fuoristrada in direzione opposta alla sua, non sentì sentì il rumore del clackson o la frenata improvvisa né lo scontro. Il rumore dell’ambulanza era solo un flebile suono di sottofondo. Mani dalle lunghe e affilate dita gli accarezzarono il petto. « Yifan » sussurrò una dolce voce melodiosa « Yifan mi senti? Svegliati! » Il cuore di Yifan iniziò a battere a mille. Non era possibile. Lui conosceva quella voce, non l’avrebbe mai dimenticata: era la voce di Lu Han. Aprì gli occhi, speranzoso e al tempo stesso spaventato che potesse essere tutto frutto della sua immaginazione, e lo vide. Lu Han era bello come sempre. Era più grande ora, il viso era sciupato e le prime rughe iniziavano a farsi strada. I capelli erano bianchissimi, ma gli occhi e il sorriso avevano conservato la freschezza, dolcezza e luminosità della giovinezza. « Yifan ascoltami attentamente: Devi svegliarti! » gli ordinò Lu Han. Aveva l’aria preoccupata, il tono severo e risoluto. « Ti avevo promesso che ci saremo rivisti non è così? Sono qui Lu Han, finalmente sono con te ». « Non così, Yifan, non a questo prezzo ». Yifan portò una mano verso il viso di Lu Han e gli accarezzò una guancia, con il pollice raccolse una lacrima scappata al suo controllo. « Ricordi cosa avevi chiesto alla magia del natale? Di stare con me, anche solo un minuto in più » Yifan si alzò dal pavimento in cui si trovava e si mise di fronte a Lu Han « questo è l’unico modo ». « Non avrai più modo di tornare indietro » Lu Han aveva gli occhi puntati verso il pavimento e a Yifan ricordò tanto il Lu Han bambino di diciotto anni prima quando, spaventato, gli aveva chiesto se l’avrebbe liberato sul serio. « Lo so » Yifan prese le mani di Lu Han e le baciò, dopo lo attirò a se e lo strinse in un abbraccio che sapeva di felicità, che sapeva di casa « ti avevo promesso che sarei tornato da te Lu Han e sono qui. Non rifiutarmi ». Lu Han si accoccolò nel petto di Yifan. Dopo qualche minuto alzò il viso e lo baciò. Fu un bacio dolce, lento e sereno. Un bacio di felicità che racchiudeva in sé sogni e speranze. « Sei sicuro che non te ne pentirai? » « Questa è la tua magia del natale, Lu Han. La mia magia del natale. Ne sono sicuro, non dubitare di me, delle mie scelte o del mio amore ». Lu Han gli rivolse un sorriso smagliante con tanto di occhi lucidi e guance arrossate, in barba ai cliché. E Yifan affermò a sé stesso, con la sicurezza tipica che hanno gli uomini di ventotto anni, che qualunque fosse stato il prezzo da pagare non era mai troppo se in cambio otteneva un sorriso così bello da parte di quel esserino maestoso che era entrato nella sua vita come un incidente e che aveva albergato nella sua mente e nel suo cuore fino ai suoi ultimi minuti. E anche oltre. FINE.

   
 
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