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Autore: LubyLover    21/12/2015    0 recensioni
2007 - Sembra incredibile, ma finalmente la vità di Abby ha raggiunto una certa stabilità. Fino a quando Luka decide di partire improvvisamente per andare a Vukovar.
Vukovar, se ne rende conto, ha sempre aleggiato su di loro, riempiendo lo spazio che tra di loro si creava.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Abby Lockhart
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - Prompt 031: Alba

NdA: dopo mille mila anni posto l'epilogo di questa storia.

La pigrizia è una brutta, bruttissima bestia.

Grazie a chi ha letto e a chi ha lasciato un commento.

Attesa - Epilogo

Sono i primissimi raggi del sole a svegliarla. Filtrano, attraverso la tenda semi-chiusa, penetrando nei recessi della sua coscienza addormentata. Ma, per una volta, non è infastidita nel doversi svegliare presto. Per una volta, vuole svegliarsi presto.

Apre piano gli occhi ed inizia a guardarsi attorno: la camera da letto, un po’ in disordine, è appena illuminata dalla luce sempre più forte. Si ferma sui vari dettagli, cercando di rimandare il più possibile il momento in cui vedrà ciò che vuole vedere. Sposta lo sguardo sul mucchietto di vestiti dimenticati sul pavimento. Un cappotto, una camicia e un paio di scarpe da uomo. Del suo uomo. Sorride felice. Finalmente, si volta a sinistra e lo vede: ancora addormentato, con la mano bendata ad abbracciare il corpo del loro bambino e, in parte, anche i suoi fianchi. Ne studia il volto, così bello nella prima luce del mattino, le ciglia ad ombreggiare le guance, un filo di barba, le labbra sottili e gli zigomi alti. Vede le palpebre nuoversi veloci: sta sognando. E lei, per la prima volta, è convinta che non ci sarà da preoccuparsi per il contenuto del sogno che, forse, tutti gli incubi che li hanno tormentati durante gli anni saranno più facili sa tenere a bada. È stato a Vukovar, e da Vukovar è tornato. Per lei. E per Joe.

Gli accarezza il viso, spostandogli un immaginario capello dalla fronte.

Lui apre gli occhi, per richiuderli immediatamente quando un raggio li colpisce.

“Scusa… non volevo svegliarti”

“Non c’è problema…”, adora la sua voce rauca del primo mattino. È lo stesso tono basso che ha quando fanno l’amore.

“Dormito?”

“Benissimo”

“Posso alzarmi a preparati la colazione…”, si stupisce da sola per la proposta. Ma non ha potuto evitare di farla.

Lui sembra sorpreso quanto lei: “Mi prepari la colazione? Tu? Forse dovrei partire più spesso…”, le fa l’occhiolino e lei si finge arrabbiata.

“Non provarci… sei solo fortunato. Non ci fosse Joe qui in mezzo ti prenderei a cuscinate…”

Lui si allunga e le sfiora un braccio con la mano ingessata, anch'essa reduce da chissà quale battaglia a Vukovar. Ma è tranquilla: sa che quando lui sarà pronto, le racconterà come si è rotto la mano. L'unica cosa importante è che lui sia finalmente a casa. 

“Fa male?”, non può, però, ignorare le domande basilari. D'altronde, è pur sempre una dottoressa.

“Non tanto… non credo che potrò tornare subito al lavoro. Kerry ne sarà felicissima”

“Kerry è l’ultimo dei miei problemi. L’importante è che tu ti senta meglio”

Si limita a sorriderle. Vukovar, dopo una notte di sonno, è sempre più un ricordo lontano.

“Comunque, anch’io mi sono infortunata…”

Questo lo fa svegliare del tutto: “Cosa? Quando? Ma ti sei fatta male?”, con gli occhi sta cercando sul corpo di lei i segni dell’offesa subita.

“Tranquillo… ho solo sbattuto il piede contro il tavolino… non uso nemmeno più le stampelle”

“Ma come hai fatto?”

“E’ bruciata la lampadina e io ho provato a camminare al buio e…”

“La lampadina? Quale? Dobbiamo cambiarla subito!”, sembra volersi alzare, ma lei lo blocca.

“E’ già stata cambiata. E poi tu, adesso, te ne stai buono a letto”

“Ma ti fa male?”, la guarda con gli occhi spaventati, preoccupato ed in ansia.

“No, non più”

“Mi dispiace…”

Sta per dirgli che poteva succedere a chiunque, ma poi si blocca. Si sente in colpa, glielo legge negli occhi. Non si sta scusando perché ha sbattuto un dito.

“Luka…”

“Me ne sono andato così… e mentre ero là continuavo a pensare a voi due e a loro e mi sentivo in trappola e ho avuto paura che…”

Gli stringe la mano. Lo sa di che cosa ha avuto paura: che Vukovar vincesse. Lui chiude gli occhi e scuote la testa.

“… continuo a pensare cosa sarebbe successo se…”

“Lo so. Spaventa anche me”

“Sei arrabbiata, vero?”

“Lo sono stata. Ma ho capito che non ne valeva la pena… sai, Vukovar fa parte di te”

“Avrei voluto chiamarti più spesso…”

“Eri tu, vero?”

“Quella volta muta? Sì… volevo dirti tante cose, ma… bloccato”

“Lo so”

“Mi ha fatto piacere, però, sentire la tua voce”

“Lo immagino. Credo di non aver parlato mai così tanto senza avere risposta”

“Mi ricordo quello che mi hai detto, il modo in cui cercavi di consolarmi. È stato bello”

Lei sorride, lieta di essergli stata utile, lieta di non aver attaccato la cornetta.

“È stato bello anche il mio rientro stanotte”, Nella mente di Abby riappare il lunghissimo bacio che si sono scambiati qualche ora prima.

Allarga il sorriso, per nulla imbarazzata: “La notte che verrà potrebbe essere ancora più bella”, glielo dice fissandolo negli occhi.

Lui ridacchia, scuotendo la testa. Si solleva un po’ e le si avvicina. In mezzo a loro, Joe continua a riposare indisturbato. Luka si sporge in avanti per baciare Abby. È un bacio piuttosto innocente, ma con un retrogusto erotico.

Le passa una mano dietro le spalle, riuscendo a spostare Joe sopra la sua pancia. Lei si stringe a lui. Insieme, guardano fuori dalla finestra.

La luce è cambiata leggermente. È ancora l’alba, ma sta quasi finendo.

La voce di Luka è ancora bassa, un sussurro dolce e malinconico: “Un altro giorno… chissà cosa ci riserverà”

E lei si rende conto che non ha paura di scoprirlo. La tensione che provava è completamente sparita. È in pace, adesso. In pace.       

 

 

 

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