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Autore: Marianna 73    22/12/2015    19 recensioni
Un regalo può dire tante cose... Un piccolissimo dono da parte mia, per augurarvi Buone Feste.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rosa di Natale
24 Dicembre 1768 - Palazzo Jarjayes 


Sale le scale lentamente, un gradino alla volta, le gambe indolenzite. Gli pare di non essersi mai sentito così stanco in tutta la sua giovane vita.
Da quando ha aperto gli occhi, in quell'alba ancora buia di gelo alle finestre, incalzato dalla voce pressante della nonna, non ha avuto più un solo istante per riposare.
La vigilia di Natale è sempre un giorno concitato, a Palazzo Jarjayes, ma quello, in particolare è stato massacrante...agli impegni consueti per ricevere i parenti in visita, si sono aggiunti i preparativi per l'organizzazione del ricevimento serale, voluto dal Generale in persona per presentare ufficialmente ai suoi pari in grado il figlio Oscar, suo erede designato, ed annunciare la sua candidatura alla carica di Comandante delle Guardie Reali.
Suo figlio...André  sorride mestamente, mentre posa il piede sull'ultimo gradino e si appresta a percorrere il lungo corridoio che lo porterà  alla sua camera.
Suo figlio...Oscar...così minuta ed elegante, incredibilmente bella vicino a suo padre, l'espressione seria sul viso e gli occhi azzurrissimi indicibilmente tristi.
L'erede designato...Una meravigliosa, coraggiosissima giovane donna fasciata in un fastoso completo maschile, fermamente intenzionata a celare la sua vera natura per non deludere le aspettative di un padre accecato dall'onore, deciso a perpetuare il nome della famiglia a qualsiasi costo.
Lo stesso padre che non ha esitato, mesi prima, a comunicargli che il suo ruolo, a fianco della figlia, dovrà di fatto essere quello di una spia per far sì che non venga mai a mancare la sua influenza nelle decisioni di Oscar...il ricordo della rabbia provata in quel pomeriggio lontano è ancora così vivo in lui, cosi intenso che non si accorge di lei, appoggiata al muro vicino alla porta della sua camera, fin quando non le giunge vicinissimo.
Sembra in attesa, lo sguardo perduto nel riquadro della finestra davanti a lei, il viso bianchissimo nella luce argentea della luna che la illumina tutta. Indossa ancora la giacca di broccato cremisi che ha portato al ricevimento ma ha sciolto i capelli dal nastro di velluto nero che li serrava ed ora le ricadono, sciolti ed indomiti,  sulle spalle, diafani e lucenti anch'essi  al pari della pelle.
Muove piano la testa quando lo sente arrivare e sul viso le si dipinge un'emozione strana, le labbra piegate in un sorriso un poco forzato.
"Ciao, André." esordisce, la voce arrochita dal freddo pungente del corridoio. Ha una strana espressione negli occhi, uno sguardo ansioso e dolente che lo fa preoccupare "Oscar... che ci fai qui?" non può  fare a meno di chiederele "È successo qualcosa?"
Lei continua a sorridere, guardinga e scuote il capo, i riccioli chiari che si accendono d'argento "No, André, non è successo nulla, non preoccuparti" continua "Sono venuta solo per darti questo. È un regalo, per te." Abbassa gli occhi mentre gli tende un astuccino di cuoio marrone, scurissimo nel candore della sua mano.
André  sbatte le palpebre, sempre più sorpreso. "Un regalo..." mormora confuso "un regalo... per me?" chiede ancora, sgranando gli occhi,  costernato.
La mano di lei inizia a tremare, leggera, non sa se per il freddo pungente del corridoio o la tensione "Sì,  André," sussurra poi ancora "È un regalo di Natale, ed è per te." Calca bene, con la voce, sulle parole finali e lo cerca con lo sguardo, acceso dalla luna tra le lunghe ciglia.
È rigido, per il gelo e lo stupore, il gesto con cui lui le avvolge la mano tra le sue, prima di rispondere "Oscar...Non dovevi" guarda la scatolina, poi torna ai suoi occhi, così belli, illuminati da tutto quell'argento e con una mano sale a massaggiarsi la nuca, in un gesto che compie sempre quando è  molto imbarazzato.
"Io...io davvero, non so che dire..." Le labbra di lei si incurvano in un sorriso, luminosissimo, che cancella la tristezza dai suoi occhi "Lo vedo" risponde, e portandosi una mano alla bocca ride, lieve. Quel piccolo riso ha un effetto deflagrante su André che a sua volta scoppia in un'ampia risata, allegra e liberatoria. 
È così strano, il suono delle risate tra loro, negli ultimi tempi. Così raro, e fragile... e infatti si smorza in fretta, come cristallizzato nell'impatto con i vetri ricamati dalla brina.
"Aprilo, ti prego." La voce di Oscar è di nuovo seria, la voce carica di sofferenza nascosta che le ha sentito tante volte in quegli ultimi tempi, da quando il suo futuro si è concretizzato in quell'uniforme che dovrà scegliere se indossare.
André  le lascia la mano che teneva ancora stretta nella sua "Sì, certo...ma vieni dentro...si gela qui fuori, mentre in camera ho lasciato un braciere ben colmo prima di scendere... farà certo meno freddo! " 
Spalanca la porta, accogliendo grato il tepore che lo investe e svelto accende la candela posata sullo scrittoio. Oscar è rimasta ferma sulla porta, l'astuccino ancora tra le mani. Quando la luce fioca si spande per la camera gli si avvicina e lo posa sul piano di legno scurito dal  tempo. 
André lo prende tra le dita, cauto, e si avvicina alla fiammella. Oscar è al suo fianco, la pelle del viso tinta d'oro soffuso dalla luce calda della candela...fatica ad abbandonare la perfezione di quel profilo di filigrana ma alla fine si decide a distogliere lo sguardo, per posarlo su ciò  che tiene tra le mani.
Solleva piano il coperchio ed è la risacca impetuosa dell'Oceano, a colpirlo, salmastra ed aspra come il suo dolore di quel giorno.
Appoggiata su un soffice drappo di seta nera la conchiglia di quella mattina di agosto lo guarda ancora più bella, incastonata nell'oro scintillante, lo stemma dei Jarjayes a racchiuderla, trasformandola in un fermaglio prezioso.
Deglutisce, la gola improvvisamente arida, mentre riporta lo sguardo su di lei che non si è mossa, ha solo alzato gli occhi a guardarlo. "È bellissimo, Oscar." sussurra,  "ma davvero, è... è troppo, per me, per ciò che sono. Io non posso accettarlo." Richiude la scatola ed accenna a ridargliela ma la mano diaccia di lei lo blocca "No, André," poco più di un sussurro anche la sua voce ma dal tono fermo e deciso  "devi accettarlo, invece..." Abbandona i suoi occhi e si perde a contemplare la fiamma "Io...io dovrò prendere delle decisioni importanti nei prossimi mesi e non so dove mi porteranno. Non so che ne sarà della mia vita... e della nostra amicizia. Non so nemmeno se sarò forte abbastanza per..." serra forte la mascella, solo un istante, prima di continuare "accettalo, ti prego...È un pegno, a suggello di tutto ciò che ci ha uniti..." Non gli dà tempo di replicare che già si volta decisa e guadagna l'uscita, chiudendo la porta dietro di sé. 
Ci mette qualche minuto a comprendere.
A vedere, con spaventosa chiarezza, tutta l'angoscia che deve aver attagliato l'anima di Oscar, in quei mesi, al pensiero di dover affrontare un passo così importante, definitivo. La paura che deve averla squassata all'idea di dover rinunciare anche a quella piccola parte di sé stessa che ancora custodiva gelosamente dentro di sé,  di dover cancellare anche l'ultima traccia di quella bimba bionda per la quale lui era stato l'unico punto di riferimento, per affrontare un futuro insidioso e difficile. 
Riapre la scatola e posando lo sguardo su quella piccola conchiglia bianca comprende cos'è davvero quel regalo...una muta richiesta di aiuto, un'invocazione accorata a non abbandonarla, ad essere al suo fianco, come in passato.
Deve dirglielo assolutamente che ha capito, che non l'abbandonerà mai, che ciò che li lega non si scioglierà, che tutto ciò che li ha uniti continuerà ad esserci, più  forte e più potente di prima...E deve trovare un modo per farlo subito, ora. Non vuole che Oscar trascorra nemmeno un altro minuto sentendosi sola in quel modo...
C'è rumore di passi sulla ghiaia, che arriva da fuori. L'intera famiglia si sta radunando per recarsi a Versailles ed assistere alle celebrazioni della notte Santa.
Ha pochissimo tempo. 
Afferra al volo il mantello appeso al gancio dietro la porta e se lo drappeggia sulle spalle, poi lo ferma col nuovo fermaglio e riguadagnate le scale, si precipita giù per i gradini, poi fuori, correndo a perdifiato.
L'angolo del giardino che cerca è  lontano e più volte corre il rischio di scivolare, tanto è  l'impeto che muove i suoi passi, Ogni cosa è  bianca, coperta dal gelo e cosparsa di brillanti dal bacio della luna, anche il cespuglio che cerca..."Dio, ti prego, fà che ne sia fiorita almeno una..." Si acuccia sui talloni e scosta con delicatezza le foglie frastagliate. Trattiene il fiato, solo un attimo. Poi sorride.
Ricorda la vocetta di Oscar bambina, imbacuccata nel mantello, trotterellante con lui dietro al vecchio giardiniere. "E queste come si chiamano, Monsieur Jacques?" E la voce paziente del vecchio, curvo per gli anni " Questi sono ellebori, signorino Oscar, ma io li ho sempre chiamati rose di Natale..."
Ne coglie una, con attenzione, e la contempla in quella luce irreale. Bianca, quasi trasparente, i petali a ricordare la consistenza del ghiaccio, gli stami pallidi,  così  diafana da sembrare fragilissima, ma indomita e tenace al punto da bucare le coltri di neve pur di offrirsi al cielo invernale.
Per tanti anni quei fiori sono stati il suo regalo di compleanno per Oscar. Glieli appoggiava, discreto, sul vassoio della colazione che la nonna le portava in camera, solo quel giorno, per concessione del Generale.
Sa che Oscar capirà.
Che quel minuscolo fiore intrepido parlerà per lui, le darà la certezza che tra loro nulla è destinato a cambiare. Le dirà che è così che lui la vede. Fragile all'apparenza ma con la forza e la bellezza dl più splendente dei diamanti.
Torna correndo nello spiazzo antistante l'ingresso dove le signore, aiutate dai domestici stanno salendo sulle carrozze che le porteranno alla Reggia. Oscar è un poco in disparte e sta carezzando il muso del suo cavallo, un magnifico esemplare bianco che ha ricevuto in dono proprio qualche giorno prima, per il suo imminente compleanno. Ha indossato un mantello e un tricorno bordato di pelliccia, simile a quello del Generale suo padre, ma il freddo le colora comunque le guance di vermiglio. Sussulta quando sente la sua voce che la chiama poi lo individua nel buio e gli sorride, grata alla mole del cavallo che parzialmente li nasconde. I suoi occhi si illuminano quando vede che ha indossato il fermaglio. Apre la bocca per parlare ma le parole di lui la fermano "Io ci sarò,  Oscar, qualunque cosa tu deciderai di fare." Con una mano sfiora la conchiglia,   e con l'altra le porge il fiore che teneva nascosto dietro la schiena. "Ci sarò sempre, per te." 
Per un attimo ci sono solo loro, sotto quel cielo stellato, e un richiamo di campane lontane. Ci sono gli occhi azzurri di lei, rilucenti di piccole lacrime di sollievo, a raccontare di un'anima confortata dal calore di un'amicizia unica e quelli verdi di lui, già occhi di uomo, consapevoli che nulla di umano potrà  spezzare ciò che lo lega a quella creatura eterea che gli sta davanti, che per custodirla e difenderla e amarla, sarà  disposto a tutto, anche a morire. 
E c'è quel piccolo fiore bianco che unisce le loro mani in una fugace, impercettibile carezza.
Un sorriso, all'unisono, come all'unisono sono le voci, quasi parte di un unico respiro.
"Buon Natale, Oscar"
"Buon Natale, André"



Questo piccolo racconto è per tutti voi, amici ed amiche, per augurarvi con tutto il cuore un Natale lieto e sereno, in compagnia di chi amate di più.
La conchiglia di cui parlo è la stessa di "Albori". Ci fu qualcuno allora che mi scrisse che le sarebbe piaciuto ritrovare quella conchiglia, nel futuro di Oscar. Questo racconto parte da quel suggerimento, con un grazie sincero a chi me lo diede.
Vi stringo nel più caldo degli abbracci e vi rinnovo una volta ancora i miei auguri più sinceri.

Monica





 
   
 
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