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Autore: MinexLaggante    22/12/2015    0 recensioni
Non pensavo che avrei sofferto tanto.
(autobiografico)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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A essere sincero, lei mi era sempre piaciuta; sottile, piccolina, lunghi capelli castani, due gambe perfette e affusolate e due occhi di un verde indefinibile (ma d'altra parte gli occhi lo sono sempre), vivaci ed allegri. Ricordava la ragazza di cui i Guns'n'Roses cantavano in Sweet Child o'Mine. Ma il mio apprezzamento si fermava qui, alla superficie; era bella, punto.

Almeno, questo era quello che avevo pensato per i tre anni e mezzo in cui eravamo stati in classe insieme, fino a quella fatidica domenica di gennaio.

Non sono sicuro di cosa fosse successo; anzi, quasi sicuramente non era accaduto nulla. Eppure, quella mattina mi svegliai con il cervello annegato nell'adrenalina e una sfuggente e dolcissima immagine di lei: l'avevo sognata. E ciò poteva significare una cosa sola: mi ero innamorato. Il nesso mi sembrava così evidente e naturale che ancora adesso fatico a credere alla sua assurdità; ma d'altronde, se nei sentimenti ci fosse sempre una logica, non sarebbero tali. A volte bisogna lasciarsi un po' trascinare dal momento, che di per sé è quasi sempre piacevole; è quando iniziamo a ragionarci su che cominciamo a soffrire, che subentrano le ansie, le paure e le insicurezze, che ci fanno quasi rimpiangere di avere un cuore. Ma d'altro canto, se non si soffre per questo, non potremmo dire di essere vivi.

All'inizio ero euforico; avevo la mente leggera, annebbiata, si agitava vorticosamente come una falena schizofrenica intorno a una luce; con il senno di poi, questo per me fu l'unico momento davvero felice di tutta la storia. Scrissi subito al mio amico D., dicendogli che mi ero appena accorto di avere una cotta; mi rispose chiedendomi i dettagli. Fu allora che mi resi conto di una cosa; lei era già fidanzata. Da un anno, ormai. Non sarei mai potuto stare con lei, che a quanto sapevo amava il suo ragazzo.

Ma anche se non lo fosse stata, averla al mio fianco sarebbe stato improponibile; uno come me, un grassoccio nerd stereotipato, timido e incapace, con una ragazza così bella, dolce e speciale? Improbabile, anzi proprio impossibile.

Da lì fu tutta discesa; fu uno dei periodi peggiori della mia (breve) vita. La consapevolezza di non poterla raggiungere, per cause esterne ma anche per la mia ottusità, mi lacerava costantemente il cuore e la mente; uno che non sapeva far altro che piangersi addosso, l'altra che continuava a rigirare il coltello nella piaga, ricordandomi quanto fossi un fallimento come uomo e come essere umano e quanto fossero inutili i miei sentimenti. "Oh giorni orribili in così verde etade!" scriveva Leopardi; non posso che dargli ragione.

Intanto passavano le settimane, e la mia angoscia continuava a crescere sempre di più; non passava giorno in cui non stessi almeno mezz'ora a fissare il vuoto, spesso con le lacrime agli occhi, con un demone nella testa che continuava a deridere delle me disgrazie e insicurezze. Un giorno di marzo decisi che non ne potevo più; mi sarei dichiarato. Dopotutto, stavo già sprofondando nella disperazione, come poteva andare peggio? In un momento di quella che ora descriverei solo come lucida follia, scrissi una lettera, rovesciandoci dentro quello che provavo e non riuscivo a dire; che la amavo, che per me lei era la cosa più bella che avessi mai visto, che mi aveva dimostrato che anche un essere insignificante come me era capace di sentimenti così grandi ed eroici. Era un tentativo disperato, poiché sapevo che non potevo fare molto; era già impegnata. Lasciai la lettera sul suo banco, segnata da un "X GIULIA" scritto sopra nella mia calligrafia sbilenca, un po' come uno di quei libretti romantici per adolescenti che io odio tanto.

Ricordo ancora le sue parole. "Nessuno mi aveva mai detto cose del genere, grazie... se ti serve un'amica, sono sempre qui."

Quel giorno tornai a casa con addosso una felicità immensa; era più di quanto avessi osato sperare... ma non durò a lungo. Ben presto ricaddi nella stessa angoscia di prima, con gli stessi sguardi nel vuoto e lo stesso demone che mi tormentava, ma stavolta era pure peggio perché non vedevo nessuna via d'uscita.

Ma lei era serena, tranquilla e splendida come sempre. "E tu non sai quanta piaga m'apristi in mezzo al petto..." . Di nuovo Leopardi. A quanto pare, la somiglianza non è così lontana.

Non sapevo come considerare quella quasi-indifferenza nei miei confronti. Mi aveva promesso un'amicizia, ma... era piuttosto evidente che non voleva avere a che fare con me. Non credo fosse perché mi detestasse; molto probabilmente si era spaventata di ricevere un messaggio simile da qualcuno che a malapena conosceva.

D'altro canto, da allora ho imparato a farmene una ragione, anche se devo ammettere che lei c'è sempre in qualche angolo della mia mente. Riesco quasi a vederla, con quel suo viso così dolce, che per me è risultato amaro... ma queste sono fantasticherie stucchevoli per romanticoni.

Forse in realtà non mi sono mai davvero innamorato, e seguivo semplicemente degli istinti corporali, o forse sono stato semplicemente un idiota nel credere a certe illusioni; fatto sta che ogni volta che la vedo, con quel corpicino sottile, con quegli occhi arborei, il mio cuore gelido si scalda, brucia, va a fuoco; la stessa sensazione di quando il dolore di una fatica cessa, ma non è ancora arrivato il sollievo.

Le mie speranze di trovare l'amore si assottigliano giorno dopo giorno, e quando vedo le persone della mia età che godono della vita assieme ad un'altra anima, non posso fare a meno di chiudere gli occhi e sprofondare lentamente in un dolore greve e sordo, poiché loro hanno una gioia che so che non sarà mai mia.

   
 
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