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Autore: 1Phantrashn1    22/12/2015    1 recensioni
Dan Howell, in tutta la sua vita di vent'anni, non ha mai trovato una singola persona che sembrasse avere qualche interesse verso di lui ed è certo che non la troverà mai. "Chi potrebbe avere la pazienza di sopportarmi?" si è ormai ripetuto diverse volte, senza mai trovare una risposta, né la voglia di cercarla.
Questo è uno dei tanti motivi per cui, quel tardo pomeriggio d'inverno, Dan era in piedi sopra a un piccolo ponte, ancora una volta tentando di farla finita con tutte quelle domande.
L'unica differenza è che questa volta Dan conoscerà per la prima volta qualcuno a cui sembra importare di ogni persona che incontra, completamente diverso, ma, a suo modo, perfino più simile da lui di tutte le persone che Dan abbia mai incontrato.
Phan AU (2012) in cui né Dan né Phil sono Youtuber e con vari accenni alla depressione (non troppo forti).
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dan Howell, Phil Lester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dan appoggiò il piede sopra al muretto in pietra che delimitava il ponte inarcato e dallo stile antico. Guardò in basso, non era molto alto, ma era certo che buttandosi di testa sarebbe riuscito ad ottenere il risultato voluto.

Lasciò scorrere nella sua testa immagini e suoni , parole e canzoni di una vita dalla quale si stava staccando.

Distaccato, il ragazzo si diede una spinta e portò anche l'altro piede sul muretto alzandosi in piedi in tutta la sua statura. L'aria fredda dell'inverno gli sferzo il viso pallido e attraversò i capelli bruni, facendo in modo che Dan rabbrividisse in una smorfia.

Nonostante tutto, pensò Dan, era proprio come se l'era immaginato. 

Nessuno lo aveva cercato, capito o aiutato e a nessuno interessava nulla. Avrebbe potuto farlo anche di fronte a tutti, già che c'era, invece di andare a cercare quel ponte sconosciuto per finire tutto. A nessuno importava mai e probabilmente nessuno si stava neanche chiedendo dove fosse. Ed ora, eccolo lì, in piedi su un muretto, mettendo fine alla sua vita in un miserabile stagno dove probabilmente il suo corpo sarebbe solo marcito tra rane e libellule una volta fattasi primavera. Era sempre stato soltanto una comparsa per loro e nessuno sembrava averlo negato, nessuno mai lo aveva rassicurato come aveva sempre sperato, sicuro che almeno la sua famiglia avrebbe potuto ricordargli che no, non era una attore di sfondo, lui era importante per loro. Ma non era stato così.

Le lacrime calde scendevano sul viso di Dan, riscaldandogli le labbra per qualche secondo prima che il vento le congelasse di nuovo e lasciandoci sopra quel sapore di sale che hanno le lacrime. Avvicinò i piedi al bordo del muretto. Sospirò di nuovo ed esalò un respiro verso il cielo, lasciando che le memorie della famiglia, degli amici degli amori si allontanassero nell'aria, dimenticando la sua vita, lasciando che il suo corpo--

"MI DEVI STAR PRENDENDO IN GIRO!"

Dan fece scappare dalle labbra un'imprecazione sorpresa e quasi cadde per la sorpresa. L'urlo era risuonato talmente forte che l'eco ancora si propagava nell'aria gelida quando Dan riuscì a riprendere l'equilibrio. Lentamente, il ragazzo dai capelli scuri chinò la testa e guardò verso lo stagno sottostante.

In ginocchio, abbastanza nascosto dall'ombra del ponte, un ragazzo che sembrava avere qualche anno in meno di lui. Da dietro si potevano solo vedere i lati della rasati e la stecca degli occhiali che indossava. Per il resto, la voce lagnosa sembrava essere riferita al nulla, poiché lo sguardo del ragazzo era chinato verso lo stagno, in mano un sacchetto di plastica pieno d'acqua e un retino da pesca e per terra, vicino a lui, una boccia di vetro.

"Fermati immediatamente, Susan!" si lamentò ancora un po'. Poi, di scatto, il ragazzo si girò e si lanciò verso un punto indeterminato, lasciando che gli occhiali cadessero nello stagno, ma riuscendo a catturare nel sacchetto di plastica un pesce rosso delle dimensioni di un palmo.

Dan si lasciò scappare un risolino, attirando l'attenzione del ragazzo, il quale si volto a guardarlo. Con l'espressione di un bambino colto con le mani nel sacco, gli occhi azzurri quasi brillante si girarono verso Dan, fissandolo come se avesse voluto chiedergli scusa, la bocca stretta in una smorfia di quel che sembrava disgusto per via del fango, trionfo per aver catturato il pesce e totale imbarazzo per la figura fatta con il nuovo arrivato.

Indossava una maglione celeste le cui maniche ricadevano quasi fino alle dita, con ormai i lembi completamente sporchi, e un paio di pantaloni lunghi, arrotolati fino alle ginocchia. Purtroppo, nello slancio, il ragazzo si era allungato troppo perdendo l'equilibrio e facendo in modo che entrambi i capi che stava indossando si macchiassero abbastanza da farli sembrare a pois.

Dan lasciò cadere lo sguardo sugli occhiali caduti lì vicino, come a lasciare un indizio al ragazzo che, capendo al volo ciò che intendeva, si affrettò ad afferrare gli occhiali e a ripulirli impacciato con un lembo del maglione, alzandosi in piedi come a fingere che nulla fosse successo.

"Scusa il disturbo," fece sarcastico Dan, quando pensò che il ragazzo si avesse finito di sistemarsi "Potrei chiederti cosa stavi facendo con quel pesce?"

"Err... Non lo stavo maltrattando, se è questo che intendi! E' il mio pesce, Susan, mi è solo caduto nello stagno!"

"E sarebbe un disturbo anche se ti chiedessi perché stavi andando in giro con un pesce, un retino da pesca e un sacchetto di plastica?" chiese ancora Dan.

Il ragazzo dai capelli neri corrucciò la fronte e lo guardò come se la domanda appena fatta fosse stata quella tra le più banali di tutte e, una volta aver preso in mano il sacchetto di plastica, rialzò lo sguardo corrucciato al ragazzino coi capelli bruni: "Ma per portarlo a spasso, no? Se no, si annoia tutto il giorno in casa!"

Dan si coprì la mano con la bocca, tentando di non ridere troppo forte alla teoria del moro. "E per quanto riguarda la busta e il retino?" chiese nonostante nella sua voce si sentisse ancora ben chiara la nota del suo divertimento.

Il ragazzo abbassò la testa, chiaramente imbarazzato, fissando il sacchetto del pesciolino con un sorriso impacciato e cercando di evitare lo sguardo del ragazzo sopra al ponte.

"Potrebbe o non potrebbe essere l'ennesima volta che mi succede questo incidente ... Forse ..." rispose poi, piano.

La risata di Dan stavolta risuonò fragorosa per tutto lo stagno, facendo arrossire il ragazzino con il sacchetto in mano. "Ehi, non è colpa mia! Ogni volta che attraverso lo stagno, Susan si mette a boccheggiare sulla superficie e a saltare, è normale che riesca ad uscire!", tentò di scusarsi, invano, il ragazzo, ottenendo solo l'effetto opposto.

"Smettila!", disse poi dopo che la risata di Dan andava avanti da diverso tempo senza accennare a fermarsi "Più che altro, TU cosa ci fai qui? E' molto meno strano vedere un ragazzo che cerca un pesce più che un ragazzo che sta in piedi su un ponte a sospirare". Si accorse che probabilmente era il contrario solo una volta che ebbe finito di pronunciare la frase, motivo per cui, tappandosi le orecchie, cercò di prevenire l'arrivo dell'enorme risata dell'altro ragazzo. Almeno, che aveva pensato dovesse prevenire.

Quando, invece, alzò lo sguardo, il ragazzino non c'era più. Svelto, risalì il rapido pendio che collegava il ponte allo stagno e, per sua fortuna, il ragazzo non se n'era andato, eliminando quindi l'ipotesi di poter essere pazzo o in grado di vedere i fantasmi. Il ragazzo era seduto a terra vicino al muretto, il viso nascosto tra le ginocchi portate all'altezza della testa, le mani fra i capelli.

Il ragazzino si avvicinò a Dan e si sedette affianco a lui, provando un gran senso di tristezza a vederlo così disperato, osservando le spalle del ragazzo che fremevano, dal freddo o dal pianto non avrebbe potuto dirlo.

"Pensavo di essere serio stavolta", il mormorio di Dan che quasi si perdeva tra il semplice rumore del vento "Avevo preparato tutto, pensavo che l'avrei finalmente fatta finita. Insomma, lo avevo già pensato altre volte, ma questa volta facevo sul serio. Avevo anche lasciato la lettera ai miei genitori, perché diamine l'ho fatto?!"

"Tu... ti volevi buttare?" chiese il ragazzino con gli occhiali, incerto.

"Ovvio! Era finalmente l'ora, dannazione, la mia vita è stata così inutile che non capisco neanche perché sono ancora vivo! Ma figurati se per una volta che organizzo tutto per bene non succede qualcosa che mi ferma... Non posso semplicemente rifarlo da capo, è ridicolo. Avrei dovuto buttarmi oggi e non l'ho fatto neppure questa volta, è disgustosamente patetico...". Il ragazzo captò la nota di rabbia nella sua voce e si sentì quasi in imbarazzo per aver rovinato i suoi 'piani'.

"E... ti succede spesso di essere interrotto mentre... Sì, insomma... "

"Ogni volta! Ogni dannata volta che ci provo qualcosa, qualcuno, sia persino il minimo particolare, mi interrompe e non riesco a continuare seriamente. E' una sensazione così orribile, è come se l'intero universo si fosse coalizzato contro di me per impedirmi di suicidarmi!", Dan quasi urlò, le mani strette sulla nuca.

"Allora vuol dire che devi restare vivo, no?"

Dan alzò la testa. Si girò a guardare l'altro ragazzo, notando l'espressione completamente seria che portava in volto. "Intendo, se l'universo non te lo lascia fare, ci sarà un motivo! Mia nonna lo diceva sempre."

"Tua nonna ti ha anche accennato che probabilmente sono troppo sfigato e basta?", sibilò Dan, ironico.

"No, ma non penso sia così. Lei diceva che vuol dire che l'universo ha dei piani per te. Quindi è per questo che non riesci a morire. Sei e sarai semplicemente utile al mondo, farai qualcosa d'importante, che ne so."

Dan fissò a lungo il ragazzo. Nei suoi occhi non c'era il segno di una bugia, di uno scherzo o di una presa in giro. Era semplicemente lì, la testa inclinata, a parlare di nonne e universi, dopo averlo conosciuto grazie ad un pesce. Eppure quel ragazzino stava praticamente formulando tutto ciò che Dan aveva mai voluto sentire e lo faceva nel modo più semplice che avesse mai visto, come se fossero cose ovvie.

Nascose il viso tra le ginocchia e restò sul ponte per ancora qualche minuto, seduto vicino a quel ragazzo che mai aveva visto prima, le braccia intrecciate intorno alle ginocchia. Poi si alzò e così fece l'altro. Dan lo guardò negli occhi e sorrise, ringraziandolo per ciò che aveva detto e scambiando ancora qualche battuta con lui. Poi, quando sembrava ad entrambi che iniziasse a fare troppo buio, entrambi si salutarono e presero una direzione. Dan si diresse verso la stessa parte del ponte da cui era arrivato, diretto a casa. L'altro, una volta sceso allo stagno, recuperati boccia e retino, e messosi lo zaino in spalla, si avviò dalla parte opposta del ponte.

Ma quella per Dan non sarebbe stata un'esperienza di una sola volta. Lo poteva capire dal modo in cui avevano legato, dal modo in cui lo aveva aiutato e dal modo in cui, ad ogni passo che risuonava sul selciato di casa sua, diverse frasi della loro conversazione gli risuonavano in testa.

"Devi restare vivo, no?"

"Sei e sarai utile al mondo"

"Io? Io mi chiamo Phil Lester!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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