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Autore: francoise14    23/12/2015    16 recensioni
24 dicembre 1788. Una mattina d'inverno, struggenti ricordi e un'improvvisa opportunità per i nostri Oscar e André. Una storia lieve, scritta per l'evento Christmas Carol e per augurarvi buon Natale, ispirata da una bellissima illustrazione di Alga e a sua volta fonte d'ispirazione per un suo secondo disegno.
A chi vorrà... buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un bacio sotto il vischio
 


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Oscar si strinse nel pesante mantello scuro, mentre camminava nel silenzio del parco, interrotto soltanto dal sommesso rumore dei suoi passi sul vialetto di ghiaia. Il cielo sopra di lei una coltre candida, pronto a versare le sue lacrime di ghiaccio; il parco intorno ammantato di brina. Con una punta di malinconia, la donna rimpianse i colori sgargianti della primavera e il tepore delle sue placide giornate. L’inverno le metteva tristezza.
Un tempo non era così. Un tempo bastava il fuoco nel camino a riscaldarle il cuore, insieme al sorriso di André e a un bicchiere di buon vino. E poco importava se fuori ci fosse la neve o il sole... era felice e non sapeva nemmeno di esserlo, come spesso accade in gioventù.
Sospirò: l’indomani sarebbe stato il giorno di Natale e avrebbe compiuto trentatré anni, un’età in cui la maggior parte delle donne era già madre, un’età di bilanci, e il suo era alquanto deprimente. Oh, era fiera dei suoi successi tra i soldati della Guardia, della fiducia conquistata a caro prezzo, dell’impegno che vi aveva dedicato… ma non era felice come avrebbe dovuto. Niente aveva più valore da quando aveva scoperto di amare André.
Sì, lo amava... in fondo era come se lo avesse urlato in faccia a Fersen, assieme al suo nome, quella dannata sera in cui le era stato strappato via e in cui aveva temuto di averlo perso per sempre; in fondo lo aveva urlato a se stessa... ma la fiera Oscar François de Jarjayes non aveva avuto il coraggio di sussurrarlo all’orecchio dell’uomo che aveva capito di amare. L’uomo che per lei aveva perso un occhio, l’uomo che aveva condotto sino alla follia; l’uomo che continuava a starle accanto forse senza più speranze e sicuramente senza chiedere niente in cambio.
Mentre rientrava in casa, Oscar si chiese con nostalgia perché non potesse ritornare tutto come una volta, quando lei e André erano solo due ragazzini ingordi di vita e di ciliegie... quando Natale era il giorno più bello dell’anno e André le faceva trovare sul cuscino un rametto di vischio da appendere sulla porta della camera.
Fra cento e più preziosi regali, era quel modesto dono, auspicio sincero di fortuna e felicità, il più caro al suo cuore; ricordava ancora la prima volta che lui glielo aveva portato, intimidito, lo sguardo basso, quasi temendo la sua reazione. Oscar sorrise, le sembrava quasi di rivederlo, un cucciolo d’uomo dagli occhi verdi sempre un po’ tristi, giunto solo da qualche mese a Palazzo Jarjayes.
Lo aveva accettato con gratitudine e lui le aveva spiegato, rinfrancato, che suo padre lo riportava in casa ogni Natale, narrandole quindi la leggenda che lei non conosceva e la tradizione del bacio, quale augurio di fortuna e di prosperità per l’anno a venire.[1]
Ella allora aveva rotto gli indugi e gli aveva proposto, nella sua infantile ingenuità, di provare a rispettare la tradizione; il bambino, dopo un attimo di esitazione, aveva obbedito e le aveva appena sfiorato una guancia con le labbra, per poi dileguarsi imbarazzato.
Da allora, la tradizione del bacio sotto il vischio era continuata, seppur di nascosto: erano solo due ragazzini, ma già consapevoli delle rigide regole del mondo in cui iniziavano a muoversi; finché, al tredicesimo compleanno di Oscar, era stata lei a interrompere bruscamente quell’innocente consuetudine, comunicando ad André che non era appropriato per il futuro capitano delle Guardie Reali baciarsi sotto il vischio con il suo attendente, benché fosse il suo amico più caro. André si era limitato a darle ragione e, posato il rametto su un tavolino, era uscito dalla stanza. Da allora, per qualche anno aveva continuato a farle trovare il vischio nel suo letto il giorno di Natale; poi aveva smesso e questo era coinciso con l’infatuazione di Oscar per il conte di Fersen.
All’epoca la giovane non vi aveva fatto caso; ma ora, consapevole dei sentimenti dell’uomo, si chiese se non ci fosse stato un nesso, e a quel pensiero un dolore sottile le pungolò il cuore.
Il fuoco era già acceso nello studiolo al pianterreno; Oscar si avvicinò al camino, con le mani intirizzite nonostante i guanti, e stette per un poco immobile a scaldarsi, senza togliersi il mantello.
“Oscar... ma che ci fai sveglia a quest’ora? E dove sei stata con questo freddo?” udì alle sue spalle.
Sorrise stanca, voltandosi verso la porta dove si era affacciata la buona Marie, con il suo penetrante e gradevole profumo di lavanda.
“Ero andata a camminare nel parco... In caserma sono abituata ad alzarmi presto.” le spiegò.
“Ma adesso sei in licenza, e dovresti approfittarne per riposare!” la rimbrottò l’anziana donna “E il discorso varrebbe anche per quel buono a nulla di mio nipote!”
Oscar la guardò, sorpresa.
“Perché, anche lui è già sveglio?”
“Sì, cara. È uscito ancor prima di te, fuori non si era fatto giorno".
“Sai dov’è andato?” domandò Oscar perplessa, oltre che incuriosita.
“No... Comunque è uscito a cavallo, quindi non credo sarà qui prima di una certa ora.”
“Va bene. Grazie Marie.”
“Ti porto qualcosa da mangiare? Una cioccolata calda?”
“No, Marie, ti ringrazio ma non ho fame”
La donna le rivolse un’occhiata di rimprovero.
“E invece dovresti mangiare! Sei sempre più pallida e magra, mi chiedo come mai non ti sia ancora ammalata!” esclamò incrociando le braccia.
“Ti prometto che più tardi mangerò qualcosa. Aspetto André”
“E sia!” sospirò Marie “Tanto lo so, che è impossibile farti cambiare idea!”
Oscar rise sommessamente.
“Sì, hai ragione... ma lo sai, infatti, che ho la testa dura!”
La donna scosse il capo, tentando di sembrare adirata quando già un largo sorriso spuntava sul viso gentile solcato di piccole rughe, e senza aggiungere altro uscì dalla stanza.
 
Oscar non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato prima di sentire gli inconfondibili passi di André nel corridoio. Poco dopo l’uomo entrò, dapprima senza accorgersi della sua presenza, e a lei si strinse il cuore: la sua vista si era indebolita molto negli ultimi tempi, anche se lui non lo avrebbe ammesso neanche morto.
Lo guardò e mai come quella mattina lo trovò bello. Ne contemplò la figura alta e slanciata coperta dall’ampio paltò di panno marrone, che ancora non si era tolto, i ribelli capelli corvini che gli ricadevano sulle spalle, il velo di barba che ne induriva appena i lineamenti delicati, e quelle labbra che una sera di tanti mesi prima avevano violato, esigenti e crudeli le sue... quelle stesse labbra che le avevano confessato dolorosamente il suo amore.
“Buongiorno André” lo salutò quindi, palesandosi.
Un’espressione stupita si dipinse sul volto di André.
“Buongiorno Oscar. Non immaginavo di trovarti qui a quest’ora”.
“Mi sono svegliata presto. Nevica?” domandò lei in tono casuale, notando i fragili fiocchi che iniziavano a sciogliersi sulle sue spalle.
“Sì, da qualche minuto. Guarda tu stessa” rispose pacatamente lui, sfilandosi il paltò. “Ma tu, piuttosto, come mai indossi il mantello? Devi andare via?” chiese subito dopo, perplesso.
Oscar avvampò suo malgrado.
“Oh, no... a dire il vero sono rientrata da un po’, sentivo freddo e mi sono dimenticata di toglierlo.” gli spiegò imbarazzata, iniziando ad armeggiare con la chiusura del mantello, ma il lieve tremito delle mani  le impedì di riuscirvi.
André si avvicinò a lei.
“Aspetta, ti aiuto” mormorò, e così dicendo con gesti sicuri slacciò l’indumento e lo posò sul canapè di velluto azzurro posto davanti al camino.
Oscar, che aveva trattenuto il fiato sentendo le dita di André così vicine alla sua pelle, divenne se possibile ancora più rossa.
“Senti caldo, Oscar?” le domandò André.
“No... cioè… sì, ora sento caldo!” farfugliò, togliendosi rapidamente la giacca e il panciotto, per giustificare le sue guance imporporate. “Ma davvero sta iniziando a nevicare?” chiese con finta noncuranza, mentre riponeva i suoi abiti sopra il mantello dopo averli ripiegati con insolita cura.
André, che la stava osservando in silenzio con aria meditabonda, a quelle parole sembrò riscuotersi.
“Sì, ti faccio vedere” e così dicendo scostò le pesanti tende ancora tirate, facendo entrare il chiarore del giorno nella stanza.
Oscar si avvicinò al vetro della finestra, e per un attimo dimenticò l’imbarazzo di poco prima, osservando incantata i morbidi fiocchi, che come candidi petali si posavano lievi a terra, alcuni dissolvendosi immediatamente, altri lasciando la loro labile traccia.
“Tra poco sarà tutto bianco” costatò laconicamente André.
Sentendo il suo tono farsi lontano, Oscar si voltò e cercò il suo sguardo ma André sembrava improvvisamente interessato all’ordito del tappeto orientale che ricopriva il parquet scuro della stanza. Fu in quel momento che ella notò alcune foglie spuntare dalla tasca della giubba dell’amico.
“Che cos’hai in tasca?” domandò incuriosita.
Questa volta fu André ad arrossire come un adolescente.
“Oh, niente di particolare…”
“Dai, fammi vedere!” insisté lei allargando finalmente le labbra in un sorriso e rivelando i suoi piccoli denti di perla.
André restò per un attimo a guardarla, pensando che era tanto tempo che non la vedeva sorridere... e poco male se il prezzo era risultare ridicolo. Estrasse dunque teatralmente un ramoscello di vischio dalla tasca e glielo porse.
“C’era un cespuglio cresciuto sopra dei rami di betulla[2], l’ho visto mentre stavo tornando da casa… e non ho resistito. Buon Natale e buon compleanno, Oscar.” disse con semplicità.
“A dire il vero sarebbe domani…” puntualizzò scherzosamente lei “Comunque grazie” aggiunse facendosi seria. Distese il braccio per prendere il rametto, quando di colpo un’idea che in altri tempi le sarebbe sembrata folle, si affacciò prepotente e sfrontata nella sua mente. D’impulso ritrasse la mano.
“Credo… credo che sia di cattivo auspicio non rispettare la tradizione!”
“Che cosa?” domandò attonito André, credendo di aver udito male.
“Sì… ti ricordi? Anche da bambini lo facevamo! Il... il bacio, ci vuole un bacio sotto il vischio, André!” gli spiegò lei sforzandosi di apparire disinvolta, nonostante il battito accelerato del proprio cuore.
Appunto… da bambini, Oscar!Da bambini, e non lo siamo più da un pezzo!
Avrebbe voluto gridarle questo, André, ma non lo fece. Pregò soltanto Dio che la faccenda si chiudesse nel modo più indolore e rapido possibile.
“Va bene, vada per il bacio sotto il vischio… chiudi gli occhi” capitolò.
Oscar obbedì, sorridendo eccitata come una bambina. André s’intenerì, e sfiorandole il capo biondo con le verdi foglie del ramo, le depose un casto bacio sulla fronte.
Oscar non riuscì a trattenere un moto di delusione e un’ombra incupì l’azzurro limpido dei suoi occhi, quando li riaprì.
“Tutto qui?” domandò inarcando le sopracciglia.
“Tutto qui?!” ripeté costernato André.
“Direi che siamo un po’ cresciuti, così il bacio non vale”.
“E come dovrebbe essere questo bacio?” le chiese  l’amico.
“Be’, non sulla fronte! Sulla fronte si baciano i morti.” dichiarò lei con enfasi.
“Aspetta… vediamo se così va bene!” sospirò André, maledicendo l’impulso che gli aveva fatto riportare il vischio a palazzo. Per la seconda volta si augurò che il suo profumo non gli facesse di nuovo perdere la ragione come in quella malaugurata notte di febbraio, e posò le sue labbra tremanti sulla guancia morbida di lei.
Oscar trattenne il respiro, e sperò che egli finalmente capisse… ma il bacio si esaurì in quel contatto fugace e delicato per lei più amaro del fiele.
“Auguri, Oscar. E ora scusami, ma ho promesso ai ragazzi di passare in caserma nel pomeriggio e ho un po’ di faccende da sbrigare” disse lui con apparente freddezza.
Oscar annaspò. Per un momento pensò che l’uomo non la amasse più, eppure c’era così tanta mestizia in quello sguardo di ossidiana. Poteva mentirle con le parole, ma non con l’anima. Decise di fare l’ultima mossa, giocandosi tutto, anche l’orgoglio.
“No, aspetta. Non va bene neanche così.”
André allargò le braccia, esasperato.
“Ma hai bevuto, Oscar?” sbottò. “Insomma, come dovrebbe essere questo benedetto bacio?”
“Dammi il vischio” ordinò lei per tutta risposta.
André obbedì con un gesto stizzito e incrociò le braccia, in attesa.
“Chiudi gli occhi!”
Mentre André abbassava le palpebre, trattenendosi da un’osservazione sarcastica sul fatto che un occhio fosse già chiuso, la donna si sollevò in punta di piedi e alzando il braccio con il vischio sopra le loro teste, lo colse di sorpresa con un timido bacio a fior di labbra.
André la guardò stupito, mentre lei, restituendogli il vischio, bisbigliava a testa bassa, come se di colpo avesse perso tutta la sua sfrontatezza:
“Ecco, questo è un bacio sotto il vischio. Buon Natale, André.”
Bastarono quelle parole ad allargare il cuore stanco di André, a fargli provare una gioia più pura della neve. Fu l’istinto a guidare la sua mano, facendogli afferrare delicatamente il mento di lei e costringendola con dolce violenza a guardarlo in volto.
“No, Oscar. Non è nemmeno questo.” mormorò con voce roca.
Ella schiuse le labbra in un sorriso deliziosamente malizioso.
“Allora mostrami tu… come debba essere un bacio sotto il vischio”.
André rise piano, per non farsi udire da orecchie indiscrete.
“Come vuoi, mio comandante …”
Comandante?” fece lei aggrottando la fronte.
“Come vuoi tu… amore mio!” furono le ultime parole dell’uomo, prima di perdersi sulle sue labbra.


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[1]Tra le numerose leggende e tradizioni antiche legate al vischio, considerato dai Celti pianta sacra e dono degli dei, ve ne è una nordica secondo la quale il vischio avrebbe tenuto lontane disgrazie e malattie; è ancora considerato in molti paesi un simbolo di buon augurio durante il periodo natalizio ed è molto diffusa l’usanza, originaria dei paesi scandinavi, di salutare il nuovo anno baciandosi sotto uno dei suoi rami. (fonte Wikipedia) In rete è riportata da più parti una leggenda con protagonista Balder, figlio di Odino e Frigg, ucciso da un ramo di vischio scagliato dal fratello, che però nella conclusione (le lacrime di Frigg si trasformano nelle bacche del vischio, e cadendo su Balder lo riportano in vita, mentre Frigg per la gioia inizia a baciare chiunque passi, donando fortuna) si discosta molto dal mito, ben più amaro, riportato sul sito della Treccani o della stessa Wikipedia
[2] Il vischio è una pianta sempreverde emiparassita, ossia pur essendo dotata di clorofilla e quindi di capace di fotosintesi, si procura da altre piante sali minerali e acqua, penetrando nel fusto della pianta ospite. Sue “vittime” sono soprattutto latifoglie quali pioppi, salici,tigli, aceri, meli, betulle e mandorle, ma lo si può ritrovare anche su alcune conifere.
 
 
Grazie di essere giunte fino a qui! Un ringraziamento speciale ad Alga per il suo doppio dono e buon Natale a tutti!
Silvia (Françoise 14)
   
 
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