Nella
famiglia Atelier c’è una tradizione quando un
maschio arriva a compiere
diciotto anni: questa tradizione consiste in un piccolo ma alquanto
significativo regalo, donato al neomaggiorenne dall’uomo a
lui più vicino, che
sia egli un fratello o il padre, questo regalo è un simbolo,
accompagnato poi
da un piccolo biglietto che reca poche semplici parole
per non dimenticarti mai che
uomo sei
Fabien ha
regalato a Jean, per i suoi diciotto anni, un braccialetto
d’acciaio con una
frase di Lincoln incisa sul retro; Jean ha fatto lo stesso regalo a
Serge, ma
la frase era una di Bukowski, anche François e Dorian hanno
ricevuto il loro
una volta giunti alla soglia della maggiore età, che cosa ci
sarà mai stato
scritto sui loro bracciali?
…François…
Quello
era il suo diciottesimo compleanno e, per quanto ne aveva memoria,
François
aspettava quel giorno fin da quando suo padre gli aveva parlato del
bracciale
d’acciaio che portava al polso e da cui non si separava mai.
Jean
aveva ricevuto quel bracciale da suo padre e aveva promesso a suo
figlio che un
giorno, quando avrebbe compiuto diciotto anni, ne avrebbe avuto uno
anche lui;
da quel giorno di molti anni prima molte cose erano cambiate, ma la sua
curiosità non si era mai sopita e ora che finalmente era
arrivato quel giorno
non riusciva a crederci, si era arrovellato per giorni su quale frase
suo padre
avrebbe mai potuto far incidere su quella targhetta argentata, ma poi
si era
ricordato delle successive parole di Jean:<< Non
è solo una frase, tuo
nonno me lo ha regalato perché io non dimenticassi mai che
uomo sono, questo mi
aveva scritto nel suo biglietto “per
non
dimenticarti mai che uomo sei” ed è
anche quello che io ho fatto con tuo
zio Serge >> con ogni probabilità suo padre
aveva pensato molto a cosa
scrivere per lui, ma François non riusciva proprio ad
immaginare che diavolo
potesse avergli scritto; lui non era chissà cosa, spesso
ancora non riusciva a
credere che Lia fosse la sua ragazza, figuriamoci il
resto…inoltre era qualche
settimana che aveva come la sensazione che Jean Atelier ce
l’avesse con lui,
più o meno da quando gli aveva detto che una volta finito il
liceo non si
sarebbe iscritto all’università ma che avrebbe
fatto il pugile professionista
come gli aveva proposto il suo allenatore.
Inutile
dire che il pensiero di aver deluso suo padre lo metteva in agitazione
in
maniera incredibile, forse Jean nemmeno glielo avrebbe regalato quel
bracciale
visto quello che lui aveva combinato…ripensando a drammi e
liti famigliari
François tornò per un attimo con la mente a
Dorian: erano quasi due anni che
Ian se n’era andato, dalla loro litigata negli spogliatoi
della palestra non lo
aveva più visto e tre giorni dopo zio Serge gli aveva detto
che Dorian si era
trasferito ad Orléans e che avrebbe continuato lì
i suoi studi, inutile dire
che quell’abbandono lo aveva segnato in maniera indelebile;
chissà se Ian aveva
ricevuto il suo bracciale…avrebbe tanto voluto chiamarlo per
chiederglielo, ma
la ferita bruciava ancora e il suo dannato orgoglio gli impediva di
fare il
primo passo!
<< Buongiorno
tesoro, buon compleanno >> e sua madre lo strinse a
sé quando lui entrò in
cucina con addosso ancora la maglietta e i pantaloni della tuta che
usava come
pigiama:<< Grazie maman…
>>
mormorò con un sorriso guardandosi intorno, ma trovando la
cucina desolatamente
vuota:<< Dove sono tutti? >>
Dorothée tornò ad occuparsi della
colazione con un piccolo sorriso:<< Tua sorella dorme
ancora mentre tuo
padre è uscito presto, aveva del lavoro da sbrigare in
ufficio >> François
si sedette a tavola cominciando a mangiare le crepes salate che sua
madre gli
aveva messo davanti, stava proprio per mettersi in bocca
l’ennesimo boccone
quando un turbine di capelli color rame lo investì e il
fresco profumo di Izzy
gli invase le narici:<< Auguri fratellone! Buon
compleanno! >> lui
sorrise alzandosi e sollevando la sua adorata sorellina tra le braccia
stringendola a sé:<< Grazie Izzy
>> lei rise di nuovo poi correndo di
nuovo in sala tornò con un piccolo sacchetto blu tra le
mani:<< Aprilo!
Avanti aprilo! Voglio vedere la tua faccia! >>
François aprì il sacchetto
e guardò il piccolo pacchetto rosso e blu:<<
Ma cosa… >> poi aprendo
la carta si ritrovò in mano una cornice di legno blu scuro
con all’interno una
foto fatta qualche anno prima che ritraeva loro tre fratelli: Blanche,
François
e Izzy abbracciati nel giardino nella loro casa ad Orléans,
tornando a guardare
la foto, o meglio il giovane biondo dagli occhi azzurri abbracciato a
lui e che
altri non era che suo cugino Dorian, Frankie strinse gli occhi per
evitare di
piangere:<< Ti piace? >> domandò
la sorella preoccupata di aver
scelto una foto sbagliata visti i soggetti, ma il caldo sorriso di
François la
rassicurò:<< È bellissima,
è un regalo meraviglioso pulce, davvero >>
Elizabeth si gettò di nuovo tra le braccia del
fratello:<< Ti voglio bene
François >> lui sorrise accarezzandole i
capelli ramati:<< Anche io
te ne voglio piccola >>
Come ogni
anno alla cena per il suo compleanno fu invitata l’intera
famiglia e ognuno gli
fece gli auguri e gli diede il proprio regalo, Frankie
apprezzò particolarmente
quello di Lia che, insieme a Blache e Denis, gli aveva regalato
l’abbonamento
per le partite del PSG per l’intera stagione; aveva passato
tutta la cena a
ridere alle battute di Denis o a rispondere alle domande di suo nonno,
tuttavia
ogni volta che i suoi occhi capitavano su suo padre o suo zio cadevano
immancabilmente sui due bracciali d’acciaio, quasi identici,
che entrambi
portavano al polso; lui avrebbe mai avuto il suo? Ian lo aveva avuto da
suo
padre? Più ci pensava e più stava male, suo padre
e sua madre gli avevano regalato
una macchina e, per quanto apprezzasse il regalo, sentiva che una
piccola parte
del suo cuore si stava lacerando preda della delusione.
<< Ehi
festeggiato >> e la voce di Jean lo fece voltare mentre
lui era sul
terrazzo di casa alla ricerca di una boccata di aria
fresca:<< Papà >> lo
salutò poi atono tornando a guardare le luci
della città:<< C’è
qualcosa che ti preoccupa? >> domandò Jean
avvicinandosi:<< Cosa? No… >>
replicò sorpreso, possibile che suo
padre fosse così perspicace?
<< Bene
perché sarei io a dovermi preoccupare: le tue sorelle non si
interessano
minimamente di calcio e tu, il mio unico erede maschio, sei un
traditore come
tua madre; ormai sono in netta minoranza >> Frankie rise
pensando a come
si trasformava sua madre quando giocava il
Saint-Germain:<< Beh ho preso
da maman molti più pregi
di quanto
sia disposto ad ammettere >> Jean rise insieme al
figlio:<< Di sicuro
da me hai preso la modestia François Atelier!
>> poi poggiando una mano
sulla spalla del figlio e guardandolo dritto negli occhi
aggiunse:<< E
quindi so benissimo perché sei qui da solo invece che con la
tua fidanzata a
festeggiare >> << Papà
io… >> cercò di giustificarsi lui,
ma di
nuovo Jean lo bloccò estraendo un piccolo pacchetto dalla
tasca della giacca
grigia e poggiandolo nelle mani del figlio:<< Ho
aspettato questo giorno
da quando sei nato >> poi scostandosi il polsino della
camicia nera e
mettendo bene in mostra il bracciale che Fabien gli aveva regalato
molti anni
prima aggiunse:<< Questo per me ha significato tutto, mi
ha ricordato chi
sono ogni volta che me ne stavo dimenticando, mi ha fatto capire chi
ero, che
cosa potevo essere e, soprattutto, mi ha sempre ricordato che mio padre
era
fiero di me nonostante a quel tempo non la pensassimo allo stesso modo
>>
poi guardando suo figlio con il sorriso fiero che François
gli aveva visto il
giorno in cui aveva portato Blanche all’altare
aggiunse:<< So che abbiamo
avuto un po’ di divergenze ultimamente François,
ma sono e sarò sempre fiero di
te, qualsiasi scelta tu faccia da qui al resto della tua vita
>> poi
lasciandolo solo tornò dentro casa.
Guardando
di nuovo il pacchettino lo strinse in mano e sedendosi sul vecchio
dondolo alla
luce debole che usciva dalla sala scartò il regalo aprendo
il coperchio e
restando immobile davanti al bracciale d’acciaio che era
accompagnato da un
piccolo biglietto scritto velocemente da suo padre.
Sono
fiero di te, non dimenticarti mai che uomo sei.
Con il
cuore caldo di gioia sollevò il piccolo monile,
guardò il suo nome inciso sulla
piccola targhetta e poi lo girò piano curioso di vedere
quella piccola frase…
Si
può sempre averne più di niente.
Immediatamente
i ricordi lo invasero: era il giorno prima della recita scolastica, il
giorno
in cui aveva avuto l’ennesima riprova del fatto che Lia mai
lo avrebbe guardato
come qualcosa di diverso da un amico, a complicare le cose poi ci si
era messa
anche la notizia dell’imminente partenza di Dorian per
l’università viste le
sue spettacolari capacità da genio matematico; soffocato da
quell’assurda
situazione François era scappato da scuola e si era
rifugiato nell’ufficio di
suo padre dove in uno stupido monologo aveva rivelato a Jean i suoi
tormenti e
le sue paure, si era sentito stupido; pensava che suo padre
l’avrebbe
disprezzato o l’avrebbe preso in giro visto quello che gli
stava rivelando e
l’assurda gelosia che da un po’ nutriva nei
confronti del suo cugino e migliore
amico, ma poi le parole di suo padre lo avevano
bloccato:<< Ne sei davvero
convinto François? Sei davvero convinto di non avere niente?
Di non valere
niente? >> si erano guardati per un attimo poi lui aveva
replicato:<< Non dico che non ho niente, ma rispetto a
Ian io… >>
Jean aveva riso abbracciandolo stretto:<< A volte sei
troppo simile a tua
madre… >> poi poggiandogli una mano sulla
spalla aveva aggiunto:<< Si
può sempre avere più di niente, ricordatelo
>> anche quel giorno si era
messo a ridere sentendo quelle parole, erano una citazione di Alice nel
Paese
delle meraviglie, lo aveva imparato grazie alla recita che stavano
facendo a
scuola, ma solo ora che parlava con suo padre capiva veramente il senso
di
quelle parole.
<< Tutto
bene? >> la voce di Jean lo riportò alla
realtà e voltandosi verso di lui
François si mise il bracciale al polso
sorridendo:<< Benissimo >> poi
alzandosi in piedi e abbracciando l’uomo più
importante della sua vita
aggiunse:<< Ti voglio bene papà
>>
…Dorian…
Quella
fresca mattina di maggio si svegliò solo nel suo letto, era
ormai un anno e
nove mesi che si era trasferito lì, ma ancora non si era
abituato alla
solitudine, non il giorno del suo compleanno almeno!
Mettendosi
seduto sul bordo del letto Dorian Atelier si passò le mani
nei capelli biondi
tirandoseli appena e guardando la foto che aveva sul comodino e che
ritraeva
due giovani con i guantoni da boxe e due sorrisi da idioti stampati in
faccia:<< Mi manchi Frankie >> e guardando
il cugino che sorrideva
nella foto pensò al loro ultimo disastroso incontro e al
fatto che lui come un
codardo era fuggito, non sapeva nemmeno lui perché, non
sapeva che cosa gli era
successo, ma quando era entrato in palestra e aveva visto
quell’idiota di
Alexander Laurent insieme a François, si era sentito
irrimediabilmente tradito.
Avrebbe
dato qualsiasi cosa per non far fare al suo adorato cugino la sua
stessa fine,
ma non poteva metterlo in guardia senza rivelargli la verità
e se lo avesse
fatto sapeva bene che Laurent e coloro per cui lavorava lo avrebbero di
certo
rovinato.
Prima che
i brutti pensieri tornassero ad offuscargli la mente il suo cellulare
suonò
segnalandogli l’arrivo di un sms; prendendolo in mano si
accorse che durante la
notte ne aveva ricevuti altri tre e tutti da membri della sua famiglia:
buon
compleanno Ian, quando torni a casa? Ci
manchi…Izzy
auguri
per i tuoi diciotto anni, che oggi sia un
giorno felice, zio Jean e zia Dorothée
ehi
vecchietto come ci si sente con un anno in più?
verremo a trovarti presto, Bree e Den
chiamami
quando ti svegli, buon compleanno tesoro…mamma
e papà
purtroppo
la sola persona da cui voleva gli auguri non si era nemmeno degnato di
alzare
il telefono o di mandare un misero sms, ma in fondo lo conosceva bene e
Frankie
era orgoglioso almeno quanto lui se non di più, di cosa si
stupiva?
Tuttavia
alzandosi e dirigendosi in cucina prese il telefono componendo il
numero di sua
madre, probabilmente Arianne voleva fargli gli auguri a voce o cercare
di
convincerlo a tornare a casa con la scusa del compleanno o roba
simile:<< Tesoro… >> e sua madre
rispose al secondo squillo,
probabilmente attendeva vicino al telefono:<< Ciao maman… >>
<< Amore mio…buon compleanno >>
<< Grazie, come va? >> Aria
sbuffò:<< Andrebbe meglio se fossi
qui, è il tuo diciottesimo compleanno e non posso nemmeno
darti un bacio >>
lui rise piano, sua madre si sarebbe mai decisa a trattarlo come un
adulto e
non come un bambino piccolo?
<< Maman…ho
diciotto anni, direi che un
semplice buon compleanno può bastare, no? >>
<< Sei mio figlio e
anche a trent’anni avrò il diritto di baciarti il
giorno del tuo
compleanno >> Ian rise piano, adorava il fare da chioccia
di sua madre e
il fatto che lui fosse figlio unico era un incentivo in più,
era viziato e lo
ammetteva senza problemi, ma in fondo era quello il bello di essere il
primo ed
unico figlio, maschio per giunta, di una coppia come Serge e Arianne
Atelier!
<< Papà
dov’è? >> <<
È andato in ufficio, tuo zio aveva bisogno di lui per un
paio di sistemi di sorveglianza da finire, ha detto che ti avrebbe
chiamato
nella pausa pranzo >> Dorian annuì
distrattamente mentre cercava i suoi
cereali nella credenza, era orribile fare colazione da soli il giorno
del proprio
compleanno! Guardando poi l’orologio e accorgendosi di essere
quasi in ritardo
per le lezioni si affrettò a salutare sua
madre:<< Devo andare maman,
faccio tardi a lezione…ci
sentiamo stasera >> <<
Ian…potresti venire a casa per… >>
eccolo, il momento che sua madre aveva aspettato dall’inizio
della
telefonata:<< Sono in ritardo…ne parliamo
stasera d’accordo? >> poi
salutando frettolosamente riattaccò andando a cercare
qualcosa da mettersi
mentre il latte si scaldava nel microonde.
Mezz’ora
dopo era già diretto verso il campus, non che impazzisse
dalla voglia di fare
lezione quel giorno, aveva sempre in testa il pensiero costante di
François, ma
non poteva buttare al vento la sua laurea solo per un po’ di
malinconia, non
dopo tutto quello che aveva passato.
Quel
pomeriggio, avendo qualche ora libera Ian decise di fare due passi per
la
città, in fondo non aveva voglia di tornare in una casa
vuota dove tutto gli
avrebbe ricordato la sua famiglia che, se lui fosse rimasto a Parigi,
avrebbe
festeggiato degnamente i suoi diciotto anni, si sentiva stranamente
sentimentale quel giorno e lui di certo non era un tipo del genere!
Stava per
entrare in libreria quando il suo cellulare prese a squillare,
prendendolo in
mano vide il numero di suo padre sul display:<<
Papà…credevo fossi ancora
al lavoro con zio Jean >> Serge rise:<< Hai
parlato con tua
madre >> << Ci siamo sentiti stamattina,
volevo salutarti ma mi ha
detto che eri al lavoro >> <<
Sì, avevo un paio di cose da
sbrigare >> poi Dorian lo sentì smorzare
l’ennesima risata:<< Che
cosa c’è? Che hai tanto da ridere?
>> domandò un po’ accigliato, non
aveva
detto niente di divertente e non capiva cos’è che
faceva ridere tanto suo
padre:<< Scusa Ian…davvero scusami
>> e rise di nuovo, stavolta il
giovane Atelier, permaloso come suo padre, se la prese:<<
Sì certo,
scusa…chiamami quando ti sarà passata
>> e senza aspettarsi una risposta
riattaccò brusco, diavolo era il suo compleanno e suo padre
faceva così, voleva
dargli sui nervi? Cavolo sembrava Serge quello che aveva appena
compiuto diciotto
anni e non lui!
Poi quasi
come un lampo a ciel sereno si bloccò sulla porta della
libreria: quel giorno
era il suo diciottesimo compleanno, cavolo era tutto il giorno che ci
pensava
eppure non aveva realizzato davvero che giorno era: lui compiva 18 anni!
Ritornando
con la mente ad un discorso che lui e Frankie avevano fatto un paio di
anni
prima la sua mente si annebbiò per un secondo.
<<
Due
anni…ci pensi Ian, mancano solo due anni…
>> lui aveva guardato suo cugino
con una smorfia:<< Tu fai troppo affidamento su queste
cose, magari papà e
zio Jean non ci regaleranno niente >> aveva replicato
poi, ma doveva
ammettere che una piccola speranza si era presa un pezzo del suo
cuore:<< Ah davvero? Se ne sei così sicuro
perché hai chiesto a zio Serge
se potevi provare il suo bracciale? Ti ho sentito ieri mattina
>> Dorian
aveva fatto una smorfia annoiata:<< Sei un nanetto
impiccione lo sai
Frankie >> il cugino aveva riso e poi tornando serio
aveva aggiunto, quasi
quella fosse una verità ineluttabile:<< Fai il
duro quanto vuoi, ma so che
ci tieni quanto me >> poi alzandosi in piedi aveva
continuato con quegli
occhi verdi simili a quelli di un cobra:<< E comunque
sono alto quanto te
Dorian Jean Atelier! >>
<< Ci
sei arrivato vero? >> quella voce roca gli fece alzare
gli occhi sull’uomo
biondo dagli occhi smeraldo e il completo casual davanti a
lui:<< Papà… >> Serge
si avvicinò al figlio con un gran
sorriso:<< Ciao Dorian >> poi continuando a
sorridere tirò fuori
dalla tasca un piccolo sacchetto di velluto nero:<< So
che non ami le
smancerie, ma questo è qualcosa di diverso >>
poi poggiandolo nella mano
di suo figlio aggiunse:<< Spero che tu capisca quanto
è importante per
me >> Ian rimase immobile per un attimo a guardare il
regalo, sapeva bene
che cosa conteneva e una parte di lui moriva dalla voglia di aprirlo
per
leggere ciò che suo padre vi aveva fatto scrivere,
l’altra metà del suo cuore
tuttavia era impaurita dallo scoprire quelle fantomatiche
parole:<< Nervoso Ian? >> lo prese in giro
suo padre con un
sorriso:<< Cosa? No…cioè
io… >> poi fissando il padre negli occhi,
gli stessi occhi di sua madre si ricordò Serge, aggiunse con
una scrollata di
spalle:<< Forse un po’ >>
<< Non ne hai bisogno >> poco
prima di aprire il tanto atteso regalo Ian rimase immobile, la mente
persa
dietro al ricordo del cugino che in quel momento gli mancava quasi
più
dell’aria per respirare:<< Lui come sta?
>> Serge gli poggiò una mano
sul braccio:<< Gli manchi >>
<< Non mi ha nemmeno scritto un
messaggio di auguri, sono quasi due anni che non si fa sentire
e… >>
<< Hai fatto una scelta figliolo, ma sei sempre in tempo
per tornare
indietro lo sai >> << E se poi lo mettessi
nei guai? Frankie non deve
entrare in questa storia e… >>
inaspettatamente Serge abbracciò suo figlio
con un caldo sorriso:<< Non sono mai stato più
fiero di te, sei un uomo
incredibile Dorian Atelier >> ormai troppo curioso Ian
non si fece pregare
e aprì il piccolo sacchetto.
Ad
accompagnare il bracciale c’era un piccolo messaggio di suo
padre
non
dimenticare mai che genere di uomo sei.
Prendendo
la placchetta tra le dita lesse orgoglioso il suo nome: Dorian
J. Atelier, poi girandola quasi gli vennero le lacrime agli
occhi leggendo quelle poche parole
per
seguir virtute e canoscenza.
Era una
citazione della Divina Commedia ed era anche quello che gli aveva detto
suo
padre quando lui, quindicenne solo e spaventato, gli aveva raccontato
di quello
strano incontro con un reclutatore dell’Interpol e della sua
bizzarra offerta.
<< Io non sono quel
tipo di persona papà, non
sono un cowboy pronto ad andare in giro con la pistola in mano, che
cosa
vogliono da me? >> il tizio che lo aveva avvicinato gli
aveva impedito di
parlare di quell’incontro con chiunque, ma per Serge non
aveva mai avuto
segreti: suo padre era il suo mito e il suo scoglio in mezzo al mare.
<< Nessuno ti obbliga
a fare niente Ian, puoi
essere tutto quello che vuoi alle tue condizioni >> le
parole del genitore
lo avevano immediatamente calmato:<< Io non sono fatto
per quella vita,
non credo lo sarò mai, sono più a mio agio dietro
un computer o con una
tastiera in mano >> Serge aveva guardato suo figlio per
un po’ in
silenzio, anche se faceva lo spaccone e il gradasso davanti a tutti,
proprio
come suo zio Jean alla sua età, Dorian era un ragazzo
responsabile e, proprio
come lo zio, molto più calmo e con quel pizzico di
insicurezza che lo rendeva
irrimediabilmente irresistibile, più lui cresceva e
più Serge lo adorava ed era
fiero di lui.
Quando suo padre se ne fu andato quella sera Ian si lasciò cadere sul divano e, preda del suo ultimo barlume di coraggio, prese il cellulare cercando nella rubrica il numero del cugino, forse era ora che uno dei due facesse il primo passo.