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Autore: ReaRyuugu    23/12/2015    1 recensioni
Raccolta di oneshot ImaHana - Imayoshi Shouichi x Hanamiya Makoto - in un contesto domestico...
o presunto tale.
Dall'ultimo aggiornamento: «Ecco perché alla fine si era persino abbassato a chiedere di poter occupare un minuscolo perimetro dell'armadio con le proprie cose, quando si era reso conto che era mille volte più comodo lasciare qualcosa di più di un misero cambio d'abito piuttosto che essere costretto a rincasare di volta in volta. Aveva quasi finito di sistemare le magliette, e le mani si stavano già posando sulle ante per chiuderle, quando uno sbuffo divertito risuonò alle sue spalle.
Si voltò, già profondamente seccato.
- Cosa c'è. -
- Forse dovresti smettere di rubare le maglie all'Uomo Ragno, lo sai? -»
{2. Magliette}
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makoto Hanamiya, Shoichi Imayoshi
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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» Spiders, glasses, and everything in between

 

Salve! Qualche parola prima di cominciare~

All’inizio questa doveva essere una OS fine a se stessa, ma alla fine ho deciso che sarebbe stata la prima storia di un progetto vagamente più ampio.

Semplicemente, visto che sono sentimentalmente debole per tutto quel che riguarda otp in ambienti domestici o pseudo-tali, mentre scrivevo questa fic ho concluso ch avrei potuto usare questo contesto per ambientare anche altre storie, sempre con i miei due cari Imayoshi e Hanamiya. Ci saranno pochi fili conduttori tra una storia e l’altra, principalmente, oltre ovviamente alle ambientazioni, il fatto che tra i due ci sia effettivamente “qualcosa”, ma l’intensità di questo qualcosa potrebbe vagare di storia in storia – visto che non garantisco la continuità temporale *cough

… e nemmeno di rating.

Insomma, in breve, ogni volta che avrò un’idea per questi due, la caccerò qui. Spero vogliate seguirmi!

 

Genere: Slice of life

Rating: Verde

Parole: 1500+

Note: Inizialmente, doveva essere solo una flash su Imayoshi che osserva attentamente Hanamiya durante un certo specifico momento.

Poi, è subentrato tutto il resto. Sono incorreggibile…

 

1. Ma è amarissimo!

 

Non era solo il silenzio che Imayoshi apprezzava degli intensi pomeriggi di studio in cui si intratteneva insieme ad Hanamiya.

Quale sarebbe stato il vantaggio di questa semplice condizione, se tanto ormai in quella che era quasi la loro casa era praticamente la norma? No, no: c’era qualcosa di più interessante, in quei momenti di calma solo brevemente interrotti dallo sfogliare delle pagine e dal frusciare ovattato della biro sulla carta, qualcosa che poteva permettersi di osservare con così tanta attenzione solo in simili occasioni.

Sorrise dietro il palmo che con un gesto apparentemente spontaneo sistemava gli occhiali sul dorso del naso, lo sguardo che da oltre le lenti si puntava sul tenero, concentrato kohai proprio davanti a lui: pensandoci, era una fortuna che fosse proprio in quel periodo, in cui per lui gli esami di ammissione all’università si avvicinavano incombenti giorno dopo giorno, che avesse deciso che le mura di casa propria erano troppo opprimenti per focalizzarsi sui libri, e come le biblioteche fossero troppo affollate per andare incontro alle sue personalissime, capricciose esigenze. Se l’era ritrovato davanti alla porta dell’appartamento da un giorno all’altro, una mano occupata dalla cartella coi libri e l’altra da un borsone contenente uno scarso assortimento di vestiti di ricambio, e in faccia l’espressione palese di qualcuno che non avrebbe mai accettato un “no, torna indietro” come risposta; e senza troppe questioni lì da lui si era stabilito, dicendo semplicemente che “aveva bisogno di un posto dove studiare”.

- E i tuoi amichetti, non studi con loro? - gli aveva domandato, curioso, ma forse anche geloso del legame sicuramente saldo che Hanamiya aveva coi suoi compagni di squadra. Ricordava come se fosse accaduto dieci minuti prima lo sguardo serio, ma accentuato da una breve scintilla di curiosa maliziosità che l’altro gli aveva rivolto, mentre apriva tutti gli armadi per cercare un piccolo perimetro di spazio in cui forzare la propria roba.

- Sei pure sordo, oltre che mezzo cieco? Ti ho detto che studiare in biblioteca non mi riesce. - aveva scrollato le spalle, a malapena continuando a guardare verso di lui - E poi, Kentaro andrà a studiare all’estero, Hiroshi si prende un anno sabbatico, Kojiro ha puntato un’altra sede e Kazuya s’è messo in testa di voler fare il batterista. Io invece frequenterò la tua stessa università, no? Vedi di darmi qualche dritta, senpai. -

E con quell’epiteto lanciato più come dispregiativo che altro, quel monolocale già stretto per uno era diventato il silenzioso nido di uno studente di giurisprudenza e di un genietto improvvisamente assorbito dal richiamo dei libri. Avrebbe dovuto lamentarsene? Poco ma sicuro — dormiva più spesso lì che a casa propria, spesso uscendo da scuola e arrivando direttamente da lui, visto che aveva addirittura preteso una copia delle chiavi di casa pur non pagando nemmeno l’affitto.

E se ne lamentava? No, affatto: come già menzionato, era davvero un’incredibile fortuna che quella combinazione di fattori si fosse palesata proprio adesso, portando Makoto a condividere quei momenti che non aveva mai avuto l’occasione di osservare così da vicino.

Era una specie di piccola pretesa che aveva sempre avuto, nei suoi confronti, frutto della necessità che aveva di sviscerare dettaglio dopo dettaglio tutti gli aspetti presenti in una persona — e, in particolare, del proprio caro kohai. E poiché alle medie la vocazione allo studio del giovane Hanamiya era tutt’altro che forte, limitandosi a vivere sui risultati che la propria spaventosa intelligenza gli permetteva di raggiungere, ogni volta era un piacere perdersi nella contemplazione segreta delle sue abitudini.

Se già nella norma non era da lui prendere la parola per avviare il discorso, allora diventava completamente impossibile sentirlo parlare. Come immerso nella sua personalissima zone tagliava ogni stimolo superfluo al di fuori delle proprie percezioni, lasciando assorbire ogni stilla della propria concentrazione dalle fitte pagine che rapide gli scorrevano sotto gli occhi.

O, beh, quasi ogni stilla: mentre era assolutamente innegabile che il 95% del suo cervello fosse dedicato allo studio, era anche vero che un margine, per forza di cose, lo lasciava sempre. Come, altrimenti, avrebbe potuto dedicarsi così bene alla sua vera passione, a quel piccolo rituale che si ripeteva silenziosamente di volta in volta?

Aveva notato che c’erano alcune regole precise a quella che, inizialmente, sembrava una mera abitudine del tutto automatica: mai più di massimo due quadratini per pomeriggio, e guai avventarsi su di essi come la natura delle cose suggerirebbe di fare. Tra una pagina e l’altra, quel che faceva era allungare le dita verso l’immancabile barretta di cioccolato scurissimo da cui non si separava mai, staccarne un pezzo, e prima ancora di portarselo alla bocca lo sfregava per qualche secondo tra i polpastrelli, avvicinandoselo al naso per inspirarne l’aroma.

Ma non erano questi i dettagli su cui amava soffermarsi, per quanto già terribilmente interessanti. Il bello arrivava non appena quel pezzetto di cioccolata si posava sulle sue labbra, e presto da esse veniva celato: iniziava allora quel lento, infinito processo di degustazione, durante il quale si alternavano espressioni che mai, poteva metterci la mano sul fuoco, gli aveva visto fare in contesti spontanei. Certo, quando metteva su la facciata del dolce e tenero Hanamiya Makoto amico del mondo era pure ovvio che avesse una varietà tutta diversa di modi di porsi; ma quello che aveva davanti adesso non era che l’Hanamiya Makoto autentico, reale. In, quanti? Circa cinque anni di conoscenza più o meno approfondita, non era ancora mai riuscito a penetrare in questo aspetto del suo essere, al punto che la prima volta quasi si sorprese di come quel ventaglio di nuove sfaccettature lo stesse così preponderantemente schiaffeggiando dritto nel muso.

E non c’era una stilla d’esagerazione, nelle proprie considerazioni, perché osservarlo era un autentico spettacolo: passava gradualmente da una prima espressione assorta, concentrata, passando per un stasi di pacifica calma, fino ad arrivare al momento che Imayoshi amava più di tutti; quando le sue labbra si contraevano in un appena percettibile sorriso soddisfatto, e persino la sua fronte perennemente corrugata si scioglieva in quella sorta di aria appagata e quasi… orgasmica?

Sì, in un certo senso lo era. Al pensiero, fu davvero difficile trattenere un malizioso sogghigno, mentre appoggiava tranquillo la guancia contro il palmo della mano.

- Eeeeh, però non è giusto, sai che ti dico? Sono quasi geloso! - sbottò, col solito tono che assumeva quando aveva la precisa volontà di irritare la persona davanti a sé. L’altro, in tutta risposta, alzò in silenzio la testa, limitandosi ad una singola occhiata di dubbio. Shouichi ghignò.

- Tu con me quelle facce non le fai mai… e poi perché non ci sono io, a passare così tanto tempo tra le tue labbra? -

Di solito, quando si permetteva commenti del genere, doveva saltare sulla sedia pur di non ritrovarsi le gambe viola di lividi a forza dei calci che quello gli avrebbe tirato, ma stavolta così non fu. C’era un palese, scarlatto imbarazzo sulle sue guance, e un lieve tremore denotava quanto si stesse trattenendo per evitare di alzarsi, avvicinarsi, e distruggergli la faccia contro il primo spigolo disponibile, ma non si mosse.

Anzi, qualcosa lo fece: staccò senza neppure guardare un quadratino di cioccolata dalla barretta, e l’attimo immediatamente successivo si slanciò con la mano verso di lui. Tentò di ritrarsi, Imayoshi, già sentendo nella propria testa il rumore del setto nasale frantumarsi, ma l’unica cosa che ricevette fu quel pezzo di cioccolato a dir poco forzato tra le sue labbra. Perplesso, cercò senza trovarla una risposta negli occhi di Makoto, che nel mentre aveva piegato inquietantemente gli angoli della bocca.

- Mangia. -

E poté solo obbedirgli, una volta tanto, fregandosi dell’esperienza accumulata con l’osservazione e mordendo quel boccone: un saporaccio terroso si diffuse sul suo palato, costringendolo ad una smorfia di disgusto.

- Ma è amarissimo! -

- Lo so. - commentò l’altro, divertito - Ma a me piace che lo sia. Tu invece sei solo acido… ora perché non ti rispondi un po’ da solo, hm? -

- Questo è estremamente rude, Mako-chan! - si lagnò, ancora faticando per ingoiare quel boccone di fango - Fai l’abusivo e insulti pure il padrone di casa? Non si fa, non si fa! -

Non si lasciò il tempo per mostrarsi sorpreso, provocando nell’altro, con quella reazione, una semplice scrollata di spalle prima del ripristinarsi della quiete di poco fa. Tuttavia, nonostante la plateale e immediata risposta, almeno a se stesso poteva concederlo: non si aspettava una replica del genere, abituato com’era all’avvampare facile del caro kohai dalla psiche instabile – soprattutto quando si trovava faccia a faccia con lui. Ma la cosa non lo infastidiva: non era, questa sfrontatezza, nient’altro che un’altra delle mille facciate che lentamente stava riuscendo a scoprire di lui?

Alla fine, non erano tanto diversi. Hanamiya col cioccolato, e lui con Hanamiya stesso: entrambi dedicavano quella calma lenta, quasi asfissiante, al portare alla luce ogni più celata e soddisfacente accezione, accogliendone ogni nuova con la giusta sorpresa ma anche col più sfacciato piacere. Ah, ma in effetti c’era una sostanziale differenza: avrebbe sì continuato a lasciarlo sciogliersi, piano piano, ma di certo non gli avrebbe permesso di consumarsi, pezzo dopo pezzo, fino ad esaurirsi e sparire.

 

… e, cosa più importante, non l’avrebbe mai forzato in quel modo nella bocca di qualcun altro.

   
 
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