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Autore: Ciulla    24/12/2015    4 recensioni
Whis e Beerus vengono invitati ad una festa natalizia...
"Il giorno 23 dicembre Beerus aveva dovuto aiutare Whis a scegliere quale abito rosso indossare. Trovava ridicola l’attenzione che il suo maestro aveva per il proprio abbigliamento, ma questi non l’avrebbe lasciato in pace se non avesse espresso almeno una misera opinione. Meglio accontentarlo con sincerità.
“Fanno tutti schifo, Whis. Se ti presenti nudo verrai apprezzato di più.”
Inutile precisare che anche il volto di Whis, per la rabbia e l’imbarazzo, era diventato del colore tipico del Natale."
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Un po' tutti, Whis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un maestro per sempre'
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“Perché continui a fissarmi, Whis? Hai bisogno di qualcosa?”
Il dio della distruzione Beerus si rivolse scocciato al suo assistente, che non voleva distogliere lo sguardo pensieroso dalla sua regale persona.
Udendo la voce del gatto, l’alieno si riscosse dalla sua distrazione. “Veramente sì, Lord Beerus. Stavo aspettando il momento e le parole adatte, ma avrei una richiesta da farle.”
Beerus si irrigidì, ricordando l’ultima volta in cui il maestro gli aveva fatto una richiesta con così tanta titubanza. Era iniziata come una semplice vacanza di cui l’alieno azzurro sentiva di aver bisogno, ed era finita con sette ballerine di cancan che danzavano scatenate intorno al dio. Ma questa è un’altra storia...
“La risposta è no.” Rispose con sicurezza, senza nemmeno lasciar parlare l’altro; Whis non aveva però intenzione di demordere.
“Nemmeno se in cambio otterrà del delizioso cibo terrestre?”
A quelle parole, il gatto fece una mezza capriola sul divano su cui era sdraiato, voltandosi in modo da poter fissare il maestro, che si era guadagnato tutta la sua attenzione. Le sue orecchie si erano improvvisamente irrigidite, pronte a non farsi sfuggire nemmeno il più flebile suono, e la sua coda ondeggiava vivacemente per l’emozione. “Cibo... Terrestre, hai detto?”
“Lady Bulma ci ha invitato ad una festa natalizia in stile occidentale” accennò con un sorriso l’assistente. Tentò di suonare noncurante, ma il dio poteva chiaramente leggere nei suoi occhi che guizzavano da una parte all’altra della stanza e nelle sue gambe accavallate rigidamente che la risposta che Whis desiderava era una sola. Da quando avevano fatto amicizia con i Terrestri l’alieno azzurro si era affezionato a loro più di quanto Beerus avrebbe mai immaginato, tanto da visitarli spesso anche durante i suoi lunghi pisolini, ed era evidente che desiderava con tutto il cuore partecipare a quello strano evento. In fondo, Beerus non aveva motivi per non accontentarlo, soprattutto se ci fosse stato il cibo delizioso a cui il maestro aveva accennato.
“Cosa significa festa natalizia in stile occidentale?” Chiese curioso il dio.
“Una festa natalizia è organizzata in occasione di una festività chiamata Natale, anche se non so bene cosa sia, lord Beerus. Stando alle informazioni che ho raccolto, è una solennità terrestre che si festeggia il giorno 25 dicembre e che si trascorre con amici e familiari. Bulma proporrà a tale festa una gamma di cibi tipici della parte occidentale del pianeta Terra.”
Il gatto guardò l’amico con aria perplessa. “Whis... La Terra è rotonda e gira continuamente su se stessa. Non ha una parte occidentale ed una parte orientale.”
“È quello che ho pensato anche io, lord Beerus. Ma prima che potessi chiederle spiegazioni, Bulma si è messa a parlarmi dello zabaione.”
Inconsapevolmente, il gatto si leccò i baffi. “Zabaione... Ha un nome così gustoso...”

 
Alla fine il dio accettò la richiesta del suo maestro, convinto sia dallo zabaione sia dallo sguardo insopportabilmente implorante di Whis; purtroppo per lui, non passò molto tempo prima che si pentisse di questa decisione.
Quando aveva dato il suo consenso mancavano quattro giorni alla festa. L’alieno celeste passò quei quattro giorni a cercare informazioni sul Natale e a comunicargliele con aria apprensiva. Era evidente che sperasse di fare bella figura con la compagnia dei Sayan, ma la cosa stava cominciando a stufare il povero Beerus, che si era visto messo da parte in favore di una festa sconosciuta.
Quei quattro giorno furono un crescendo di ansia e nervosismo.
In poche parole, per il povero dio, furono un inferno.
Il giorno 21 dicembre Beerus era comodamente seduto su una poltrona del salone, quando Whis si presentò trafelato con delle notizie di vitale importanza. “Il colore tipico del Natale è il rosso, lord Beerus. Pensò che dovremmo indossare qualcosa di rosso per l’occasione. Potrebbe chiedere a suo fratello, il dio della distruzione Champa, un paio dei pantaloni che indossava quando Vados lo aveva messo a dieta.”
“Non ci penso nemmeno, Whis. Vestiti del colore che vuoi, ma io rimarrò vestito di blu. Non mi omologherò a delle stupide usanze terrestri solo per essere apprezzato.”
Il giorno 22 dicembre convincere Whis ad escluderlo dalla preparazione alla festa era stato più difficile. Il maestro di arti marziali si era messo in testa di cucinare qualcosa per deliziare il palato dei convitati, ma non sapendo quale cibo alieno fosse adatto al Natale aveva cercato di convincere Beerus ad aiutarlo.
Il dio, pigramente accovacciato sul suo giaciglio, si era sentito tirare per una manica con forza sovraumana, mentre un agitatissimo Whis gli chiedeva di scegliere tra il “pasticcio di sangue di Blorb” e il “succo di fragolastra dolce”. Non trovando collaborazione da parte sua l’alieno li preparò entrambi, ma entrambi finirono nello stomaco del dio gatto prima ancora che la preparazione fosse completata.
Il dio sperò in questo modo di aver suscitato la rabbia di Whis, in modo tale che questi gli tenesse il broncio e non lo disturbasse più fino all’evento, ma le sue speranze erano state futilmente vane.
Il giorno 23 dicembre Beerus aveva dovuto aiutare Whis a scegliere quale abito rosso indossare. Trovava ridicola l’attenzione che il suo maestro aveva per il proprio abbigliamento, ma questi non l’avrebbe lasciato in pace se non avesse espresso almeno una misera opinione. Meglio accontentarlo con sincerità.
“Fanno tutti schifo, Whis. Se ti presenti nudo verrai apprezzato di più.”
Inutile precisare che anche il volto di Whis, per la rabbia e l’imbarazzo, era diventato del colore tipico del Natale.
Il 24 dicembre fu il giorno peggiore. “Lord Beerus! Ho scoperto che a Natale è usanza terrestre scambiarsi dei regali! Bulma ha detto che essendo stati avvisati tardi avremmo potuto farne a meno, ma che figura faremo se ci presenteremo a mani vuote?”
“Il mio regalo per loro sarà la mia presenza.”
Qualche istante di silenzio seguì a questa affermazione del dio.
“Mi perdoni il linguaggio, lord Beerus, ma lei è proprio un bifolco.”
“E tu sei un paranoico.”
Con grande gioia del gatto, Whis si ritirò in cucina e non si fece più vedere fino a tarda sera, quando era ora di partire alla volta della Terra.

 
Nonostante Beerus scalpitasse per entrare nella casa senza permesso e fiondarsi sul cibo, Whis bussò educatamente tre volte alla porta ed aspettò pazientemente che gli venisse aperta.
“Caro Whis! Lord Beerus! Entrate, entrate! È meraviglioso vedervi!” Esclamò la padrona di casa dai capelli turchini facendoli accomodare. Era chiaro a tutti che la sua gioia era genuina solo per quanto riguardava il più alto dei due nuovi arrivati, ma lord Beerus non vi fece caso e prese per primo la parola. “Affascinante signora Vegeta, dov’è questo zabaione di cui ho tanto sentito parlare?”
Scusandosi per l’irruenza e la golosità del gatto, Whis porse alla donna un vassoio estratto dal suo bastone magico. “Mi sono permesso, questa sera, di ringraziarvi per l’ospitalità cucinando personalmente per voi una torta al terriccio di Calmos”, asserì con aria impostata. La donna lo accettò titubante, sfoderando un sorriso di circostanza. “Oh Whis, sei stato troppo gentile! Sul serio... Non dovevi!” esclamò. E lo pensava veramente, soprattutto considerando il nome inquietante di quel dolce. Mentre i due nuovi arrivati entravano in sala, lei si assentò per riporre in un posto sicuro la pietanza che aveva tra le mani.
Fu solo allora che il dio e il suo assistente si soffermarono a guardare la sala. Era addobbata in maniera davvero particolare; decorazioni floreali pendevano dal soffitto insieme a strani ciuffi d’erba fresca e dei fiori rossi erano appoggiati qua e là sui mobili della casa. “Quelle sono stelle di Natale!” Affermò Bulma, uscendo dal bagno in cui aveva momentaneamente appoggiato il dolce di Whis. “Sono stupendi, non trovate?”
“La loro bellezza è certamente encomiabile”, concordò l’alieno azzurro vivacemente, avvicinandosi per annusarli. “E anche il loro odore è piacevolmente dolce e inebriante. Un’ottima scelta decorativa.”
Bulma ridacchiò felice. “Visto che siamo in vena di complimenti, Whis, mi sento in dovere di dirti che il tuo abbigliamento è semplicemente stupendo.”
Ed effettivamente non era l’unica a pensarlo. Tutti i presenti, non appena avevano intravisto tra le luci soffuse il suo corpo slanciato, avevano implicitamente ammesso con se stessi che l’alieno azzurro era l’elemento più stupefacente e meraviglioso della festa; seppur all’apparenza il rosso dell’abito e il celeste della pelle sembrassero stonare un po’, quei vestiti sembravano cuciti apposta per lui. Portava una lunga tunica scarlatta, orlata con un elegante bordo bianco, e un ponpon di soffice e candido cotone era presente sulla cima del semplice cappuccio che si allargava dietro il collo della veste. Era semplicemente perfetto.
“Ti ringrazio, Lady Bulma. Per fortuna qualcuno è ancora capace di apprezzare la moda”.
Beerus, sentendo che il suo maestro aveva intenzione di cominciare a denigrare le sue scarse conoscenze estetiche, indicò un elemento a caso della stanza su cui attirare l’attenzione. “Cos’è quello?”
La donna rivolse il suo sguardo al punto indicato dal dio. “È un albero di Natale, lord Beerus. È decorato con palline e luci, che al momento sono spente ma che generano un effetto bellissimo quando sono accese, specialmente quando si rifrangono sulle altre decorazioni.”
Rapito da quegli oggetti sferici che penzolavano dai rami dell’abete, Beerus ignorò le ultime parole di Bulma, che furono invece accolte con esclamazioni stupite da parte di Whis, e si avvicinò piano all’albero con gli occhi luccicanti e le mani tese. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, stupiti dal vedere nel suo atteggiamento una tale mancanza del suo abituale contegno orgoglioso. Quando era sul punto di mettersi a giocherellare con una pallina, Whis gli urlò simpaticamente una raccomandazione affettuosa. “Se fa il bravo e non si mette a giocare con le palle le prometto che gliene procurerò un paio tornando a casa!”
Tutti scoppiarono a ridere mentre un’aura pericolosamente viola si creava intorno al corpo del dio. Tentando di distrarlo dai suoi progetti certi di distruzione, Bulma attaccò la presa dell’albero alla corrente elettrico. “Questo è l’effetto che fa quando si illumina!” Urlò agitata.
Vedendo quelle luci proiettate in tutte le direzioni, Beerus si distrasse e fece un salto indietro, spaventato. Dopo aver constatato che non erano pericolose, sfoderò un ghigno animalesco e saltò verso i bagliori che irradiavano sul pavimento, tentando di afferrarli con le zampe, più simile che mai ad un gatto all’inseguimento di un laser. Appena prima che egli riuscisse ad afferrarle esse cambiavano direzione, ed il risultato finale era un dio che saltellava a destra e sinistra innervosito e infuriato. Fu solo grazie all’intervento di Whis, che staccò la presa della corrente, che il gatto si acquietò tra le risate generali.
Asciugandosi le lacrime che le erano spuntate per lo sforzo di trattenere le risa, Bulma pensò che fosse meglio indicare al dio la direzione dei dessert, prima che imbarazzato e a stomaco vuoto facesse saltare via tutto. Ma le cose erano destinate a non andare bene per il povero gatto; quando egli si avviò affiancato da Whis  verso il tavolo, cercando di non dare oltre nell’occhio, ci fu un momento in cui i suoi buoni propositi risultarono vani e tutti si voltarono verso di lui, a fissarlo.
“Che avete da guardare?” Chiese nervoso il dio. “Non avete mai visto un cretino vestito di rosso?” Aggiunse sogghignando ed alludendo chiaramente al proprio assistente.
Whis stava per ribattere, ma Crilin intervenne spiegando ai due alieni il motivo della loro reazione.
“Quello è vischio.” Disse indicando il rametto verde sopra di loro. “È usanza che quando due invitati passano insieme sotto il vischio, si scambino un bacio.”
“Beh, questo non accadrà!” Urlò rabbiosamente Beerus, ma prima che potesse finire la propria protesta Whis si avvicinò piano a lui, lasciandogli un lieve bacio su una guancia.
Staccandosi lentamente tra risate ed applausi, Whis si soffermò vicino all’orecchio del dio e gli sussurrò un’ennesima raccomandazione. “Non rovini la festa fin da subito, d’accordo?”
Più viola del solito per l’imbarazzo, il dio si fiondò sul tavolo del cibo.

 
A Beerus lo zabaione non piacque affatto, ma si consolò divorando da solo un pandoro e due panettoni.
Al contrario, il suo maestro trovò tale pietanza assolutamente divina; ignorando le proteste di Bulma secondo la quale la crema serviva ad accompagnare altri dolci dessert, l’alieno lo bevve a litri con l’unico ausilio di un cucchiaio, generando preoccupazione nella povera donna dai capelli turchini.
Era da poco suonata la mezzanotte quando Whis salì in piedi su una sedia attirando l’attenzione di tutti i presenti. Il rossore sulle sue guance faceva intendere, come Bulma aveva temuto, che il maestro di arti marziali non reggeva bene l’alcol, nemmeno quel poco marsala contenuto nello zabaione natalizio.
Nel momento in cui lo fece, tutti i presenti si voltarono repentini verso di lui e lo fissarono carichi di aspettativa. Lui e lord Beerus avevano dato spettacolo per tutta la sera, e la speranza che qualcosa di imbarazzante stesse per accadere all’alieno era forte e persistente.
Sentendo tutti gli sguardi su di sé, Whis abbassò la testa, guardandosi ostinatamente i piedi. Non gli piaceva che lo fissassero troppo; l’unica circostanza in cui sopportava una tale tortura era quando stava spiegando un concetto importante e l’interlocutore mostrava segni di viva attenzione. Facendosi coraggio e ricordandosi di avere qualcosa di importante da dire, rialzò lo sguardo fiducioso e convinto, scrutando la folla che sorrideva divertita per la sua esitazione. Cominciò a parlare con voce squillante. “Quando Bulma ci ha invitato a questa festa, non avevo ben chiaro che cosa fosse il Natale. Giunto qui, all’apparenza mi è sembrato una festa come le altre. Certo, ci sono dei cibi particolari davvero squisiti che non avevo ancora avuto occasione di gustare”, qui Beerus concordò alzando una fetta di pandoro, “ma a parte questo eravamo tutti riuniti, a parlare, come sempre accade alle feste. Non capivo cosa ci fosse di tanto speciale o... diverso.” Qui Whis barcollò, rischiando di cadere dalla sedia, ma lord Beerus intervenne repentinamente sostenendolo e facendolo stabilizzare. “Non finirai mai di mettermi in imbarazzo oggi, vero?” Borbottò. Ringraziandolo con un sorriso per le sue premure, l’alieno continuò il suo discorso illuminato. “Poi ho capito. Ho visto... Qualcosa, nei vostri occhi. Inizialmente non capivo cosa fosse, ma poi mi sono ricordato di quante volte ho guardato lord Beerus con lo stesso sguardo. Quello è amore.”
“Infelice scelta di termini, Whis!” Urlò imbarazzatissimo il gatto viola. “È affetto. Chiamalo affetto!”
“Affetto sarebbe riduttivo!” Esclamò l’alieno azzurro. La momentanea instabilità dei suoi pensieri gli impediva di capire cosa trovasse il dio di sconveniente nelle sue parole. “È amore. Qualunque tipo di amore. Leggo negli occhi di Chichi e Bulma l’amore che prova una moglie per il marito, leggo negli occhi di ognuno di voi il semplice amore che chiunque prova per un suo amico. I miei occhi rifulgono dell’amore che lega un maestro ad un allievo che ha cresciuto come un figlio, e i cuori di tutti si stringono nell’amore disarmante che si prova quando si incontrano i limpidi occhi di un bambino felice.” Sorrise piano a Goten e Trunks, che ascoltavano a bocca aperta le sue parole, rapiti dalla loro bellezza. “Ho capito che è questo il significato del Natale. È un’occasione per ricordarsi dell’amore che ciascuno di noi prova per gli altri, è un’occasione per farlo uscire e condividerlo senza temere di essere giudicati.”
“Io ti sto giudicando”, lo interruppe lord Beerus. Quando tutti si voltarono a guardarlo furenti, egli alzò le spalle. “Che ci volete fare? Non capisco tutti questi discorsi assurdi. L’unico amore che provo è quello per il cibo.”
Bulma si avvicinò a lui rabbiosa. La donna dai capelli turchini era l’unica, in quella combriccola di umani, che aveva il coraggio di tenergli testa almeno a parole. “È questo tutto quello che hai da dire alla persona che si è sempre presa cura di te?”
“Non mi infastidire, donna! Sono venuto qua per mangiare, e continuerò a farlo.”
Beerus, in realtà, era rimasto profondamente colpito dalle parole del suo maestro, ma non poteva permettersi di manifestare la propria debolezza di fronte a qualcuno che non fosse lui solo. Più tardi, forse, si sarebbe scusato, se Whis avesse dato segno di essersi offeso. Ma del resto il maestro era sempre stato bravo a leggergli dentro, e anche ora quello sguardo schifosamente pieno d’affetto e di alcol lo stava scrutando con un sorriso celato, certamente consapevole di tutta la sciocca e ingenua gratitudine che provava nell’animo per le sue belle parole.
Maledetto il giorno in cui si era affezionato a Whis.


I due alieni stavano tornando a casa.
O almeno ci stavano provando. Il senso dell’orientamento di Whis era notevolmente diminuito a causa di tutto lo zabaione che aveva inghiottito, ed era la quinta volta che i due si ritrovavano a svolazzare sullo stesso punto di Satan city.
“Whis.” Disse lord Beerus esasperato dal continuo barcollare dell’altro. “Ora ti fermi, fai mente locale su dove siamo e mi riporti immediatamente a casa, o giuro che approfitto della tua momentanea debolezza e ti disintegro.”
Fermandosi nel cielo stellato Whis assecondò i desideri del suo dio, voltandosi verso di lui con gli occhi lucidi. “Non sia arrabbiato con me”, gemette l’alieno. “Non sapevo che facesse questo effetto. Non mi ha avvertito nessuno.”
Il dio non riuscì a ribattere, perché una candida voce infantile lo interruppe. Un bimbo che, mano nella mano con la mamma, stava tornando da una festa di Natale, indicava il suo assistente vestito di rosso e rideva felice.
“Mamma, mamma, guarda! C’è Babbo Natale con una renna viola!”
Un’aura pericolosamente forte si generò intorno al dio. “Chi sarebbe la renna viola, nanerottolo? Ah, questa è la volta buona che disintegro questo stupido pianeta!”
Purtroppo sapeva che, ubriaco o no, Whis non gli avrebbe permesso di distruggere la Terra in quella notte magica.
   
 
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