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Autore: Waraxe    24/12/2015    0 recensioni
Il Vecchio Mondo, un calderone ribollente di conflitti,odio,amore e corruzione. Un mondo prossimo alla fine, una fine annunciata dalle nuove e spietate invasioni della prole caotica degli dei oscuri, dal serpeggiante odio tra le razze, dagli infidi uomini-ratto che ordiscono oscure trame nei più reconditi cunicoli del sottosuolo. Un mondo che non vuole la fine, perché dove regna l'odio può ancora nascere l'amore, perché dove regna l'egoismo c'è ancora chi è pronto al sacrificio. Atti quotidiani ed aventi straordinari che vedono tanti e diversi protagonisti da poter seguire,odiare e amare questo troverete nella raccolta di storie "Cronache dal Vecchio Mondo"
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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La nuova leva di reiklander procedeva con passo cauto. La lugubre foresta pareva tenere sotto assedio giovani e anziani che componevano il povero reggimento mandato a chiarire quella brutta faccenda. Fronde nere protendevano le rinsecchite braccia lignee verso gli uomini come nel tentativo di ghermirli nel corpo e nell'anima. Un basso ululato ruppe il silenzio della selva. Poi di nuovo il nulla, era così che procedeva ormai da alcune ore. Forse sguardi invisibili seguivano il lento procedere della colonna, era quello che tutti temevano ma nessuno aveva l’ardire di portar scalogna. Procedevano con le alabarde basse, massicce teste d’acciaio rivolte al suolo per evitare che rimanessero incastrate tra i rami. Piccoli tintinnii annunciavano che ,saltuariamente, i più sbadati facevano cozzare l’arma contro qualche roccia affiorante dal quel tratturo che il prete si ostinava a chiamare sentiero. Adolf era ore che non vedeva altro che la schiena di quel prete fanatico. Padre Augustin ,così si chiamava il canuto predicatore, che con la schiena curvata dal troppo scrivere procedeva speditamente innanzi all'intero contingente. Il vecchio prete ricordava ad Adolf una polena, i grandi vascelli imperiali che levavano l’ancora per dirigersi nel burrascoso Mare degli Artigli erano sempre adornati sulla massiccia prua da quelle formose figure femminili. Loro ,decisamente meno fortunati, avevano quell’arcigno prete a fendere il mare verde che li inghiottiva. “Maledetta eresia” pensò Adolf strattonando nervosamente l’asta per disincagliarne la testa da un arbusto che faceva capolino fin sul sentiero. “Come può esserci un covo di eretici a un tiro di schioppo da Altdorf?” questa era la domanda che continuava a porsi e a cui non trovava risposta. “Partiamo per Grunburg…” aveva detto il Capitano Clemens “abbiamo un lavoro laggiù” non avevano avuto altre informazioni prima della stramaledetta seconda notte passata all’addiaccio lungo il sentiero che attraversava la foresta. “Non volevano diserzioni,né proteste prima della partenza” così aveva spiegato quel comportamento Dano ,il più anziano della compagnia assieme al Capitano stesso. “Per roba del genere la gente scappa, lascia l’uniforme, ritira la paga e di nuovo a menar di zappa” aveva detto sorridendo sornione ai compagni riuniti intorno al fuoco. Sembrava quasi che non lo turbasse affatto l’idea di andare forse a cacciarsi in un nido di eretici. “Ma perché mandare noi allora! Questa è roba da inquisitori e cacciatori di streghe” aveva squittito il povero Elias alla volta del veterano. Dano aveva ingurgitato l’ultimo sorso di vino,ruttato,pulitosi le umide labbra e finalmente risposto “Pare che gli inquisitori siano su una traccia più seria di questa mentre ,beh, conosciamo i metodi dei cacciatori di streghe” guardò schifato il bicchiere ormai arido e continuò “quei bastardi prima ardono viva mezza famiglia e poi chiedono ai superstiti se hanno qualcosa da dichiarare”. Era vero quello che diceva Dano aveva pensato Adolf. Ovunque tu fossi,ovunque ti trovassi, se vedevi apparire all'orizzonte le insegne dei cacciatori di streghe potevi essere certo che quel tanfo nauseabondo che accompagna quelle oscene pire umane avrebbe presto ammorbato l’aria. “Grungburg è sempre stata di fede salda, importante crocevia fluviale nonché tappa fissa per chiunque voglia traversare la foresta” Dano si rigirò vistosamente il bicchiere in mano aspettando il premio di tutti i bravi cantori prima di continuare. Solo quando uno dei suoi compagni sganciò finalmente la sua borraccia carica di acqua vite il reiklander proseguì. “Il vecchio Karl non può rischiare che la piccola cittadina sia bruciata intera assieme a tutta la sua popolazione ” ,si godette una lunga sorsata dalla borraccia del compagno, e terminò “ allo stesso tempo non può levare truppe regolari dagli avamposti perché siamo in estate e gli orchi fanno incursioni più frequenti in questa stagione”. Un rancido peto di Dano appesantì l’aria mentre continuò a spiegare “Ecco perché manda voi ,povere reclute, e me ,amante del vino degradato da poco, a vederci chiaro. Se torniamo interi allora la città è linda e pulita come il vecchio Karl spera che sia mentre se non torniamo…”lasciò cadere la frase ritenendo più che chiaro il concetto. Quando Dano terminò quel infausto pensiero Adolf scrutò attentamente i suoi compagni. I suoi profondi occhi verdi, lessero i volti, i gesti dei corpi, quegli automatismi che nascono dalle paure dell’anima. Adolf voleva sapere di che pasta erano le nuove leve imperiali e su chi poter realmente contare in caso di pericolo. Elias dai capelli biondi aveva gli occhi quasi lavati dalla paura, se c’era da menare col ferro non era l’uomo che avrebbe voluto al fianco. Il Capitano Clemens era distante ma non così tanto da impedirgli di origliare l’intera conversazione, era calmo,stoico nella sua livrea imperiale. Non avrebbe ceduto un solo metro senza combattere. Era per uomini come lui se l’Impero sopravviveva ancor oggi rifletté Adolf. Incrociò lo sguardo di Dano. Occhi verdi anche i suoi,capelli di fuoco e ricci, barba incolta e ramata, sicuro faceva sospirare molte donzelle. Lo sguardo sveglio e sprezzante di chi ne aveva viste tante e sapeva come doveva girare il mondo. Lo aveva appena dimostrato d'altronde. Se col ferro era bravo come con le parole allora non lo stupiva il fatto che fosse stato per dieci anni il portastendardo del reggimento dei reiklander. Se non avesse avuto quel vizio di bere magari il Capitano ora sarebbe stato lui e non Clemens. Gli altri volti erano un groviglio di apprensione e ,in alcuni,leggeva voglia di cimento. Le domande comunque non proseguirono oltre e lasciarono il posto a un inquietante silenzio. Giovani e adulti si erano chiusi in sé stessi enumerando nella mente le orribili storie che giravano in ogni villaggio. Cultisti che strappano cuori dal petto di poveri disgraziati per divorarne i fibrosi tessuti, oscene mutazioni dono di dei depravati e subdoli, sangue grondante da altari sacrificali. Quello stato di apprensione fu rotto dalla venuta di padre Costantin. Naso adunco,viso magro e senza barba, capelli pochi e candidi come la sua anima. La sua fede era un pino ritto al centro di un pianoro sferzato dai venti della tentazione ma mai si era incrinato e mai sarebbe potuto succedere perché adamantina era la fede del vecchio in Sigmar il guerriero. “Riuniamoci nella santa preghiera della sera chiedendo a Sigmar ogni potente di proteggerci dal male che forse incontreremo” appoggiò delicatamente la mano sulla spalla di uno degli uomini riuniti attorno al fuoco. Sapeva donare serenità al prossimo ed essere una baia sicura per gli animi afflitti e desiderosi di pace. Adolf vide Elias scattare in piedi e andare verso il prete come un bimbo che corre a ripararsi sotto la sottana della madre. “Femminuccia” lesse Adolf in un sussurro di Dano. Un fruscio nella foresta mise in allarme Adolf che lasciò da parte i ricordi della notte scorsa e ripiombò violentemente nell'oscura foresta. Non era stato l’unico a udire il fruscio nel sottobosco. Il manipolo di uomini ristette immobile in attesa che qualcosa di oscuro facesse la sua comparsa. Occhi luminosi al centro della pista, corna ramificate adornavano il capo. Adolf studiò la figura trattenendo quasi il respiro e chiedendosi cosa potesse mai essere quella cosa. Si diede dell’idiota. Era un cervo maschio,magnifico e imperioso che cedette lesto il passo al manipolo di armati. Dopo che il cervo fu sparito nel fitto sottobosco Adolf si voltò a guardare i suoi compagni. Volti tesi e incerti, mascelle contratte fin quasi a far scricchiolare i denti, mani serrate attorno alle aste delle alabarde fino a stritolarle. Quanto ancora avrebbero potuto reggere i nervi dei suoi compagni? questa era la domanda che iniziava a rimbombargli in testa. Poi la voce del capitano Clemens ruppe il silenzio “Era solo un cervo, in fila per due e passo doppio, ormai siamo vicini”. “Vuole uscire velocemente dalla foresta, si è accorto che i nervi dei più inesperti stanno cedendo” sussurrò Dano accostandosi ad Adolf, poi continuò “Credo comunque che abbia ragione, ormai Grunburg è prossima. Così la facciamo finita, una volta e per tutte. Sta vicino a me e al prete novellino.” poi con un ghigno beffardo iniziò a correre tirandosi dietro Adolf. Passò solo una mezz’ora e finalmente un cartello di lagno marcio, parzialmente sfilatosi dalla morbida terra annunciò che Grunburg era vicina. Anche Clemens lesse il cartello e dopo aver tirato un profondo sospiro diede nuovi ordini “ Dopo la curva siamo sull'obiettivo, doppia linea e armi pronte. Ricordate l’addestramento ricevuto e tutto andrà per il meglio”. Nessuno rispose all'incoraggiamento,il tentativo del capitano era miseramente fallito. Le anime dei suoi soldati forse si era già disperse in quel dedalo ligneo che avevano dovuto attraversare. Un labirinto per gli uomini e per le loro anime, da cui forse non sarebbero più usciti. Finalmente Adolf superò quella stretta curva e la città si parò d’avanti ai suoi occhi. L’appellativo “città” gli sembrò esagerato per quello sparuto gruppo di case immerso nella più folta foresta. Un distinto scroscio d’acqua annunciava la presenza del fiume, unica vera ragione per cui quel borgo non era stato dimenticato anche da Sigmar in persona. Ciò che non allietò sicuramente il gruppo fu però altro, il cimitero di Grunburg con le sue lapidi ignote, fiori avvizziti e tanfo di decomposizione dava un tetro benvenuto nel borgo fluviale. Il capitano , indurito da anni di servizio, non mostrò alcun segno di cedimento, almeno la sua stoica vista rincuorò in parte Adolf. “Padre Costantin stia vicino a me, come rappresentante della Chiesa ortodossa imperiale non possiamo permetterci che le accada nulla” disse il capitano Clemens all’anziano prete. Dopo aver fatto schioccare seccamente la lingua sotto il palato il vecchio rispose “Capitano, se Sigmar il guerriero vorrà che lo raggiunga in cielo non credo che conterà molto la sua protezione ma la ringrazio per l’attenzione” rivolse poi un ampio sorriso al capitano e indomito si avviò verso il borgo. Il gruppo iniziò a percorrere quel breve spiazzo che divideva la foresta ,ormai alle loro spalle, dalle prime dimore di Grunburg .Si udivano distintamente tutti i suoi della natura, il frusciare delle foglie al vento,il cinguettio di piccoli volatili rintanati tra le vecchie travi dei tetti, il gorgogliare del fiume poco distante, nulla accennava a qualche presenza umana.“C’è troppo silenzio… non sento né donne,né bambini, né uomini, nemmeno uno stramaledetto cane! Dov’è questa gente?” sussurrò tra i denti Dano. I verdi occhi correvano rapidi tra i pochi viottoli in vista, lungo i moli, sulle finestre delle case ma nulla sembrava muoversi in quella città. “Capitano, chiedo di conferire con lei” disse Dano correndo verso Clemens . Il capitano si voltò e precedette Dano nella risposta “So già cosa stai per dirmi. In quel borgo c’è qualcosa di strano. Non farò mettere un piede lì dentro a nessuno di noi finché non sarò certo che sia un luogo sicuro. Ora torna in riga e tranquillizza gli altri.” indicò al veterano il suo posto vuoto nello schieramento e questo lo riguadagnò rapido. Una rinnovata fiducia brillava negli occhi di Dano quando si andò a riunire ai suoi compagni. Rimessosi in posizione e stringendo vigorosamente l’arma tra le mani disse ai suoi commilitoni “Non abbiate paura ragazzi il vecchio Clemens ci tirerà fuori da questo impiccio e ,Sigmar mi è testimone, al ritorno vi pago una notte con Agatha la migliore puttana di Altdorf”. Un mormorio di consensi ristabilì almeno in parte il morale della truppa. Poi a circa una trentina di metri dal caseggiato il capitano Clemens diede l’alt, il momento della verità era arrivato. “In nome di Karl Franz I, protettore dell’Impero, imperatore egli stesso e figlio di imperatori,conte elettore del Reikland e principe di Altdorf, e in nome dell’autorità da lui concessami , io, Capitano Clemens Amedeus Osendorf vi obbligo a uscire allo scoperto abitanti di Grunburg” il capitano attese alcuni secondi e poi continuò “la pena al mancato appello è la scomunica dal seno di santa madre Chiesa, nonché il titolo di banditi e fuorilegge con tutto ciò che ne consegue”. Lunghi secondi di silenzio non lasciavano presagire la buona riuscita della diplomazia. Poi un cigolio, una porta raschiò un ruvido pavimento in legno e un uomo percorse solitario i viottoli di Grunburg fino a giungere innanzi alle prime case e lì si arrestò. Il capitano iniziò a studiarne l’aspetto e i movimenti. Notò che strascicava vistosamente il piede destro e che il braccio sinistro pendeva letteralmente al suo fianco, decise che non gli piaceva quell’uomo. Poi finalmente il nuovo arrivato iniziò a parlare. “Capitano Clemens sono Boris Bianovic ,borgomastro di Grunburg, lei ,e tutto il suo reggimento, siete i benvenuti nella nostra ridente cittadina” disse a gran voce l’uomo indicando col braccio destro le case a lui più prossime . Dopo aver dato il tempo al Capitano e ai suoi sottoposti di ammirare lo squallido borgo continuò“ Ma mi tolga una curiosità ,Capitano Clemens, era da molto che un rappresentante del nostro amato imperatore non giungeva fino alle nostre porte… A cosa dobbiamo allora la lieta visita?”. Clemens lesse una nota di sarcasmo nel discorso dell’uomo. Quella domanda quasi impertinente lo stizzì non poco ma non poteva tradire gli intenti che lo conducevano in quella topaia, l’imperatore aveva raccomandato personalmente la discrezione. “Il reggimento dovrà apparire come di passaggio nella zona, nulla deve turbare la Pace Imperiale a meno che non ci siano seri sospetti di eresia.”così aveva riferito l’attendente personale dell’imperatore. Padre Costantin notò che il capitano si mordeva letteralmente le labbra prima di rispondere a quello sfacciato rappresentante cittadino e poi finalmente la risposta “Borgomastro Bianovic, nulla di preciso ci porta a Grunburg. Siamo in viaggio da alcune settimane per le esercitazioni con le reclute e la sua ospitalità è più che ben accetta. Possa la sacra luce di Sigmar benedire il nostro incontro e la fedele Grunburg”. Detto ciò il capitano fece segno di avanzare e il reggimento iniziò ad avvicinare lentamente il caseggiato. Poi, d’improvviso , quando ormai solo una decina di metri li divideva dal borgomastro e dalla “ridente” cittadina venne dato nuovamente l’alt. Un mormorio di protesta corse tra gli uomini per gli ordini contrastanti dati in così poco tempo. “Silenzio lì dietro, il Capitano deve aver notato qualcosa” ringhiò Dano alla volta dei suoi commilitoni “e tu novellino prepara il ferro…ho una brutta sensazione”. Il borgomastro si era vistosamente irrigidito nel momento in cui Clemens aveva ordinato nuovamente l’arresto e ora studiava attentamente il suo interlocutore. “E’ una splendida giornata oggi ,non crede borgomastro Bianovic?” chiese a gran voce il rude capitano. Il borgomastro rispose immediatamente con una ben celata ira “Splendida , si , Sigmar è benevolo in estate”. Indicò nuovamente col braccio destro il sole che si rifletteva sul fiume poco distante rendendolo simile a quei draghi dalle dorate scaglie di cui si narrava nelle leggende. “Eppure lei indossa una sciarpa piuttosto pesante caro borgomastro, come mai?” disse il capitano indicando la pesante stola che l’uomo indossava in modo da a coprire l’intero viso. Solo due occhi azzurri e penetranti si salvavano dalla pesante copertura. Ora che il capitano l’aveva fatto notare l’intero reggimento s’accorse chiaramente dell’anomalo abbigliamento del borgomastro. Un cappellaccio a tesa larga, lo scialle inquisito , un pastrano che occultava quasi del tutto il corpo del suo portatore lasciando scoperti solo i due stivali. In piena estate i contadini vestivano panni leggeri o addirittura lavoravano a petto nudo, com’era possibile che quell’uomo indossasse tali indumenti. “I malanni non rispettano le stagioni, mio capitano. Una brutta tosse mi ha colto” la voce risultò stranamente incrinata nel tono. Il capitano intuì di aver colto nel segno e insistette “A costo di rischiare la sua salute, caro borgomastro, mi trovo costretto a chiederle di scoprire il volto…”. Il tono del capitano era stato perentorio, non intendeva scendere a patti né lui né i suoi uomini. “Abbassa la sciarpa”, “Fatti vedere”, “Cosa nascondi?” una fiumana di imprecazioni correvano dalla bocca di un soldato all’ altro , le armi già si levavano pronte a minaccia. Solo il pavido Elias andava sempre più rimpicciolendosi, quasi stava scomparendo dalla paura. Portato al limite il Capitano estrasse la spada e la puntò verso l’uomo “Borgomastro Bianovic questa volta è un ordine! Abbassi quella sciarpa! Non lo ripeterò ancora”. L’uomo portò le mani alla sciarpa e sulle falde del capello ormai rassegnato ad eseguire l’ordine perentorio del capitano. Uno strano silenzio calò tra gli uomini del reggimento, nessuno osava fiatare, tutti gli occhi erano puntati al volto del Borgomastro in uno stato di febbrile attesa . “Sciocco, a nulla varrà il tuo sforzo… il vostro destino è segnato, il maestro ha decretato la vostra fine!” poi con un gesto sprezzante gettò lontano sciarpa e cappello e rivelò finalmente la sua identità. Un volto scarnificato e vermiglio solcato alla base del collo da un ampio squarcio purulento, occhi inumani color del ghiaccio, un orecchio parzialmente mancante . Un moto di terrore e incredulità corse tra le file di imperiali mentre il non morto sorrideva per l’effetto sortito. Poi gli occhi di ghiaccio di posarono sul Capitano. Il volto era una maschera di determinazione, nessuno poteva arrecare minaccia o offesa all'Impero sperando di sopravvivere per raccontarlo di fronte a quell'uomo , tanto meno lui, un oscena mostruosità riesumata da chissà quale tumulo. “Mi odi vero EGREGIO Capitano? Provi ribrezzo? Provi terrore nel guardare la mia pelle lacera e morta?” sibilò il non morto “Io sono il frutto di quella che tu chiami Pace Imperiale! IO e la mia carne morta esistiamo anche grazie al tuo amato Imperatore” urlò l’essere. “Ti rispedirò a ingrassare la terrà schifoso mostro, sarai di nuovo cibo per i vermi” urlò di risposta il capitano ma le sue parole non ebbero l’effetto sperato. L’essere scoppiò in una gutturale risata e rispose “Se solo tu sapessi nobile Capitano quanto è sottile la linea di demarcazione tra Bene e Male non parleresti così”. La creatura assunse un aria pensierosa e alla fine si decise a parlare “Si,farò così! prima di uccidervi voglio che voi sappiate…voglio che moriate coscienti dell’anima nera che alberga nelle carni del vostro amato imperatore e della Santa Madre Chiesa” saettò con gli occhi di ghiaccio il prete sputando con disprezzo un grumo purulento al suolo. “Lei ricorda la peste capitano? Quegli osceni bubboni neri, gonfi e duri che spuntano portandoti la promessa di una fine tanto prematura quanto inclemente? Bene. La peste giunse a Grunburg due estati fa e nessuno riuscì a fermarla. Pregavamo giorno e notte ma i bambini,le mogli,i mariti,le madri e i padri di Grunburg continuavano a scivolare nell'eterno sonno della morte,nulla era risparmiato da quel mortale miasma. Poi arrivarono loro.” Il non morto indicò il prete “I messaggeri del Dio Guerriero, gli accoliti del grande Sigmar,coloro che avrebbero dovuto riportare pace alle povere anime di Grunburg”. Il mostro sorrise in maniera beffarda mostrando le arcate dentarie marce “Ma a nulla valse la loro santità, le preghiere , le messe, mentre noi continuavamo ad agonizzare nei letti i santi incarnati mangiavano e bevevano nei loro dorati tendoni al centro della pianura” indicò un punto poco lontano dal centro abitato, una spianata che forse in tempi migliori era stata usata per organizzare allegre fiere e mercati e che, in quell'occasione, aveva permesso ai sigmariti e al loro seguito di approntare un campo degno di nota. “Si ingozzavano con quel poco che ancora avevamo mentre noi continuavamo a morire. Mangiavano con forchette d’argento e piatti in oro, così lontani dal tanfo di morte e dai cadaveri marcescenti, così lontani da coloro che avrebbero dovuto aiutare”. Il capitano guardò padre Costantin sperando che si difendesse in qualche modo ma nessuna parola usciva dalle turgide labbra del prete, il comandante iniziava a sentire che in qualche modo quella cosa schifosa stava dicendo il vero. “Tra quei maiali c’erano dei grandi medici, caro Capitano! Uomini grassi e pasciuti che giravano con strane maschere a proteggergli il viso, maschere bianche dai lunghi nasi alla cui estremità ponevano sostanze che li avrebbero protetti dal contagio” continuava a spiegare il mostro “Poi uno di loro si ammalò e morì nell'arco di pochi giorni”. Il mostro godette a vedere il volto del prete contratto nella rabbia impotente, forse anche lui sapeva cosa accadde pensò, “Vuole sapere quale fu la spiegazione al triste evento Capitano Clemens? Grunburg era stata colpita dalla piaga per volere dello stesso Sigmar e tutti loro sarebbero stati contaminati dalla nostra impurezza e condannati alla stessa fine se fossero rimasti lì. Ci dissero che dovevamo espiare i nostri peccati da soli”. Il mostro aprì le braccia in un teatrale gesto e continuò “Ci abbandonarono Capitano, alla morte per fame o per malattia. Ci condannarono a morire,morire soli e disperati stringendo al petto il cadavere dei nostri cari.” .Il mostro iniziò a ridere in maniera isterica e alla fine continuò “ Stavano per partire, oh si che stavano per farlo,ma poi arrivò lui… Il Maestro… come l’alba dopo una notte di tempesta riportò la speranza nei nostri cuori. Colui che è in grado di trascendere le leggi di madre natura e ridare vita a ciò che muore esaudì le nostre suppliche.” In qualche modo al Capitano Clemens sembrò che la bestia stesse quasi per piangere ma scacciò via quel pensiero e serrò nuovamente la mano attorno all'elsa della spada. I morti non hanno anima, non hanno emozioni e quindi non può piangere,il male conosce mille modi per irretire i sensi e forse anche la pietà è uno di questi, pensò il ligio soldato. Poi il mostro continuò “Ma tutto ha un prezzo e l’equilibrio tra il mondo dei vivi e dei morti va mantenuto. Una vita resa è una vita data. Quando trovai mio figlio morto in un letto,stroncato nella più tenera età, col volto deformato dai bubboni come potevo non tentare di dargli in una seconda vita ciò che non aveva avuto nella prima? Quanto impiegai secondo lei, Capitano Clemens, a scegliere tra una nuova vita per il mio Samuel e la vita di uno di quei porci in abito talare? E dov'è il Bene Capitano? Nel padre che vuole risentire la voce di un figlio o in chi abbandona un intera città alla morte?” chiese la bestia rivolgendosi direttamente a Clemens. Poi un urlò di terrore si levò dalle file dei reiklander. I nervi di Elias il pavido avevano ceduto. In preda all'isteria, buttò l’alabarda al suolo e corse via, corse verso una vita senza marce,senza mostruosità e senza pericoli. “Soldato rimani in formazione” urlò il Capitano, “torna in formazione Elias” si aggiunse Adolf ma il giovane non era più padrone di sé e continuò a correre disperatamente verso il bosco, portatore di un serafico messaggio di speranza . Il biondo giovane scomparve tra i grandi tronchi al limitare della radura. Un urlo di morte dalla profonda foresta lasciò intuire che la sua fuga era stata di breve durata. “Non sono solo caro Capitano” nello stesso istante in cui il non morto scandiva questa frase dalla riva del fiume e dal bosco fecero capolino nuovi cadaveri. Spade e lance arrugginite componevano il loro equipaggiamento ma ,tra quelli uscenti dal bosco,alcuni imbracciavano al posto di quelle lame arrugginite arti umani. A quanto pare il pavido Elias era destinato a partecipare a quella battaglia che lo volesse o no. “Quanto impiegammo Capitano a scegliere tra le vite di quei maiali e una nuova vita per i nostri cari?” urlò il mostro indicando sé e i suoi compagni “Niente! notte tempo sacrificammo gli accoliti del vostro falso Dio, bruciammo le sue effigi e riducemmo in cenere il suo tempio” .Indicò una costruzione carbonizzata che da una piccola collina dominava la pianura ove Grunburg era prosperata. Il vecchio tempio di Sigmar era stato divorato da fiamme profane due anni or sono e non ne rimaneva che uno lugubre scheletro di travi e pilastri anneriti. “Non è più tempo di parlare Bianovic, stronca le loro mortali vite” la voce autoritaria si alzò improvvisa e l’intero reggimento cercò con lo sguardo il nuovo nemico ma senza successo. Poi lo videro. Sospeso a mezz'aria c’era il vampiro che aveva adescato queste povere anime e che aveva causato la loro eterna perdizione. “Come lei desidera Maestro.” rispose il borgomastro al vampiro, poi rivolse di nuovo la sua attenzione al capitano e continuò “Nel suo eterno riposo avrà tempo di riflettere sulla mia domanda Capitano. Chi è che decide cosa è Bene e cosa è Male? L’Imperatore? Il Maestro? oppure loro sono solo grandi figure dietro cui nascondiamo i nostri piccoli interessi personali?” .Il capitano ascoltò la creatura ma non dette credito alla sua domanda. “Fede salda e cuore saldo, sono tutto ciò che mi ha permesso di sopravvivere in questi lunghi anni di servizio e non gli permetterò di portarmele via.” pensò il veterano. Poi la creatura si mosse e Clemens ne seguì i movimenti con lo sguardo. Vide l’essere afferrare una arrugginita falce poco distante da lui e preparasi a caricare “Ora è tempo Capitano, tempo di morire” sibilò il mostro. L’imperiale scorse rapido i dintorni, anche gli altri non morti erano pronti a battersi “Uomini dell’impero preparasi all'urto. Rispediamoli nelle loro tombe una volta e per sempre.”
   
 
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