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Autore: Luce Lawliet    24/12/2015    4 recensioni
Anche il mito di Santa Claus possiede un lato oscuro, di cui pochissime persone sono a conoscenza... una storia malvolentieri raccontata ai bambini, per paura di spaventarli.
[ Se amate il Natale e non volete rovinarvene l'immagine, non so quanto vi convenga leggere... ]
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                    V e l a t u m,     s u b     c a r n e






A Jòzsef.
Il mio cuore è ancora spezzato,
così come il tuo collo.




Scende la neve a Kaposvàr.
L'Ungheria è fatta di ghiaccio solido e gratinato, una coperta di freddo cotone che protegge dall'oscuro avanzare dei demoni. Si possono vedere, dicono, nella notte di San Nicolò. Mescolandosi tra le persone normali, vagano liberamente per le strade, a caccia di bambini, seminando prima ostilità e smarrimento negli occhi di chi dovrebbe badare a loro.
Non guardarli negli occhi.
Portano sempre quei lunghi mantelli, che strisciano a terra. Perché sono così lunghi? Che cosa non vogliono che vediamo?
Se non li guardi negli occhi, non potranno ingannarti.



                                                                                                * * *
      


                                                       
Aron piangeva.
Il braccio era tornato a dolere, era come un lungo bastone arroventato dal fuoco. Se l'era rotto in due punti dopo una tremenda scivolata sull'asfalto ghiacciato << Stavamo giocando a palle di neve >> era tutto quello che era riuscito a dire, senza reggere lo sguardo accusatorio della nonna.
Il gesso al braccio era come la morsa stretta di un mastino, dolorosa e senza tregua. Proprio come quella del cane dei loro vicini, e del loro figlio Velkan. Lui e i suoi bastardi compagni di giochi, che se ne andavano in giro con i cappelli di pelliccia in testa e le guance arrossate dal gelo, si divertivano a portare quella bestia di cinquanta chili con loro, a spaventare a morte gli altri bambini del quartiere, quand'erano intenti a fare un pupazzo di neve in giardino, o a sistemare le luci colorate attorno alle siepi che delimitavano i recinti delle case.
Quella volta era toccata ad Aron. Il bambino aveva detto a sua nonna e al medico di essere scivolato da solo, ma la verità era diversa. Ed era certo che sua nonna non fosse riuscita a leggergliela negli occhi, ma suo fratello Jòzsef sì.
Jòzsef aveva tre anni in più di lui e possedeva l'altezza, il coraggio e la cattiveria che Aron non avrebbe mai avuto. Jòzsef aveva capito che c'era Velkan, dietro la sciagura avvenuta a suo fratello, ma non aveva aperto bocca fin dopo cena, quando il vecchio orologio a pendolo della nonna aveva battuto le dieci, e loro erano andati a dormire.
Aron singhiozzava. Il braccio in fiamme gli impediva di addormentarsi, e fu semplice per Jòzsef fargli vuotare il sacco.
Era stato Velkan. Lo aveva visto lì, in strada, da solo, e aveva sorriso. Poi uno dei suoi compagni gli aveva sussurrato qualcosa all'orecchio, e un attimo dopo lui aveva sganciato il guinzaglio che tratteneva il mastino.



<< Avresti dovuto gridare. >>
<< L'ho fatto, sono scappati via. >>
<< Allora dovevi dirlo a qualcuno. Sei proprio uno stupido. >>
<< Velkan è passato da me, in ospedale, prima che mi dimettessero. Si è chinato su di me e mi ha sussurrato che semmai mi fossi azzardato a fare il suo nome, qualcosa di brutto sarebbe capitato alla nonna. >>



Jòzsef diede un calcio alle coperte e balzò giù dal letto. Frugò tra i cassetti della scrivania, procurandosi un foglio e qualcos'altro che il fratellino, dal letto a castello, non vide.
Jòzsef si mise in punta di piedi ( non aveva bisogno della scaletta ), sporgendosi quel tanto che bastava perchè il suo viso fosse a pochi centimetri da quello di Aron.



<< Ce la fai a scrivere con l'altra mano? >>
<< Perché? >>
<< Per scrivere una lettera. Domani sarà già il 5 dicembre, devi fargliela pagare. >>
<< La lettera a Santa Claus...? L'ho già scritta. E comunque, a che servirebbe? Non potrei mai chiedergli di fare qualcosa di brutto, neanche contro Velkan. Santa Claus porta doni solo ai bravi bambini, quelli cattivi non sono sulla sua lista. E se mi vendicassi di Velkan, cancellerebbe dalla lista anche me. >>
<< Infatti la lettera non sarà per Santa Claus. >>



Jòzsef prese la mano sana del fratellino, facendogli un piccolo taglio sul polpastrello, con la lama di un temperino. Infine, gli passò il foglio.
Aron strabuzzò gli occhi. Voleva che scrivesse col sangue, una lettera, alla vigilia di San Nicolò. E lui sapeva bene cosa significava.



<< Tu vuo-... vuoi che scriva il nome di Velkan, con il mio sangue?
Vuoi evocare il Krampus?!
No, no Jòzsef, lasciamo perdere! >>
<< Andiamo, il Krampus non ti farà del male, lui vuole solo i bambini cattivi, lo sai.
E Velkan ti ha torturato per troppo tempo. Mi stupisce che non sia ancora venuto a prenderselo. >>
<< Sei un pazzo! Sai bene che cosa fa quello spirito, porta sfortuna attirarlo, c'è un motivo se le persone lo temono. Lui è l'ombra di Santa Claus! >>
<< È troppo tardi, ormai. Velkan ne ha avute tante, di possibilità, per redimersi. Non gli permetterò più di minacciarti e se questo è l'unico modo per accertarmene, così sia. Ora scrivi quel nome. >>



                                                                                                  * * *
                                                              


Erano le cinque del pomeriggio, ma il cielo era già nero. In compenso, cadeva un gentile nevischio, che si posava sulle finestre addobbate, creando deliziosi ghirigori sui vetri, che incantarono Aron per lunghi minuti, prima che i suoi occhi si posassero sulla porta d'ingresso dei Liebert, da cui ne uscì Velkan, imbaccuccato nel cappotto pesante e nel cappello di pelliccia. Lo vide portarsi due dita alla bocca e lanciare un fischio stridulo; in meno di tre secondi il suo cane lo raggiunse dal retro della casa, e insieme scesero in strada, probabilmente per fare il solito giro e raccattare i suoi amici bulletti.
Quando Velkan si fermò bruscamente davanti a casa sua, voltando il capo nella sua direzione, Aron trasalì, tirando le tende della finestra. L'aveva visto, ne era certo. E per una frazione di secondo, quando gli occhi glaciali di Velkan si erano scontrati coi suoi, Aron aveva avvertito qualcosa, come un brivido lungo la schiena, intensificarsi nel momento in cui una specie di ringhio, proprio alle sue spalle, lo fece voltare di scatto, terrorizzato.
Ma così com'era sobbalzato, il suo cuore tornò ad un ritmo regolare quando si rese conto che era stata la legna nel camino a provocare quel rumore. Un ciocco secco aveva prodotto uno scoppiettio più forte degli altri, provocando minuscole scintille che erano saltate ovunque, separandosi dalla grande fiamma del fuoco, per poi sparire nell'aria l'attimo seguente.
Aron tornò a guardare fuori dalla finestra, meno sereno di prima. Velkan e il suo cane non c'erano più.
Strano, pensò, mentre abbandonava il davanzale su cui fino a quel momento se n'era stato appollaiato a far niente, per andare a prendere un altro antidolorifico, credevo veramente di aver sentito una risata raccapricciante.



Quattro ore passarono, e dopo cena Aron chiese il permesso a sua nonna per poter uscire in strada. Era il 5 dicembre, dopotutto, e stavano già passando i carri carichi di paste e caramelle che gli abitanti mascherati da vescovi col mantello rosso distribuvano ai bambini. Jòzsef si era volatilizzato senza nemmeno mangiare, per andare a raggiungere degli amici che lo attendevano dall'altra parte della città. Era una stupida gara che facevano tutti gli anni, la corsa dietro ai carri, per vedere chi di loro ce l'avrebbe fatta. Chi resisteva fino alla fine sarebbe stato incoronato campione e gli sarebbe spettata una doppia razione di caramelle.
Fuori casa faceva molto freddo. Vista la momentanea invalidità di Aron, sua nonna aveva passato tutta la giornata a lavorare ai ferri, fabbricandogli una specie di poncho bianco, ma molto pesante, che potesse infilare e togliersi con facilità, senza che il braccio rotto fosse d'intralcio.
I carri purtroppo se li era persi. Avevano lasciato i segni delle ruote di legno lungo le strade innevate.
Tuttavia, c'erano ancora i finti vescovi rimasti a piedi che distribuivano caramelle ai bambini che li inseguivano, giocando, con le mani tese, in attesa che fossero riempite di dolcetti.
Aron si guardò intorno, per cercare l'individuo mascherato più vicino a lui a cui sgraffignare un dolcetto o due, quando vide la banda di Velkan camminare allegramente verso di lui, le tasche dei giacconi gonfie di caramelle.
Aron indietreggiò. Non lo avevano ancora visto, faceva in tempo a correre e rientrare in casa, prima che a Velkan venisse in mente di liberare di nuovo quel maledetto cane.
Per questo girò su se stesso, ma non potè fare un passo, perché davanti a lui c'era un individuo dal mantello rosso, con un cesto carico di caramelle al braccio.
Se ne stava tranquillo, alto, dritto, il cappuccio tirato sulla testa a coprirgli il volto, ma sembrava fissare proprio lui.
Inizialmente Aron pensò che volesse offrirgli qualcosa, essendo rimasto l'unico bambino a mani vuote, e quasi automaticamente porse una mano per accettare le caramelle, quando questi si scansò, quasi con fastidio, allontanandosi da lui.
<< Ma... >> fece per dire lui, offeso, quando vide il vescovo mascherato andare incontro al gruppetto di Velkan, che lo fissava con curiosità.
L'individuo mascherato inclinò la testa, come se lo stesse valutando, poi afferrò una manciata di caramelle dal cesto, porgendogliele. Sulla brutta faccia di Velkan apparve un grande sorriso di soddisfazione.
<< Ehi ragazzi! Altri dolci in arrivo! >> esultò, strappandogli di mano le caramelle con avidità, seguito a ruota dagli altri bambini, entusiasti.
All'improvviso, il cane di Velkan prese ad abbaiare contro il tizio mascherato, tirando con forza il guinzaglio. Velkan dovette smettere di fare il cretino e stringere il guinzaglio con maggior forza, per impedire che il mastino ringhiante si liberasse.
<< Vi saluto, gente, prima che questo sacco di pulci si mangi quest'idiota tutto intero! >> sbottò, troppo impegnato a tenere il cane sotto controllo per accorgersi che " l'idiota " non sembrava minimamente intimorito dal cane. Non aveva ripreso il ragazzino per la sua maleducazione, né si era mosso.
Quando il gruppetto si sciolse e Velkan si diresse verso casa sua, Aron era ancora lì, immobile e incredulo, sforzandosi di dare un senso alla scena a cui aveva appena assistito, senza sapere cosa pensare.
<< Ehi, sgorbio! >> la voce di Velkan bloccò i suoi pensieri e Aron si girò appena in tempo perché una palla di neve lo centrasse in pieno petto. Poco male, una palla di neve, pensò stupidamente, un attimo prima di rendersi conto che non si trattava solo di neve. C'era anche del fango molliccio mischiato, che ci mise ben poco ad inzaccherargli il poncho, rovinando il bianco immacolato della lana che sua nonna aveva intrecciato per tutta la giornata, senza fermarsi un momento, in modo che il nipote avesse potuto indossarlo quella stessa sera, per non perdersi la sfilata di San Nicolò.
Velkan scoppiò a ridere, per poi correre in casa col cane.


Quando Aron rientrò in casa, il suo viso era rigato di lacrime.
Si chiuse in camera sua, togliendosi il poncho e nascondendolo sotto il letto, mentre udiva la voce di sua nonna giungere dalla sala, che lo avvertiva di non mangiare troppe caramelle.



                                                                                                  * * *




Quella stessa sera, verso le undici, iniziarono le grida.
Aron fu svegliato dalla voce dei suoi vicini e si mise a sedere sul letto, stropicciandosi gli occhi assonnati. Sua nonna entrò nella stanza, accendendo la luce.
<< Avete mangiato le caramelle? >> chiese ai nipoti, agitatissima. Sotto le spesse lenti degli occhiali i suoi occhi marroni erano lucidi ed era paonazza; sembrava stesse per piangere da un momento all'altro. << Aron? Rispondi! Dove le hai messe? >>
<< Non... non ne ho. >> mormorò lui, confuso.
<< Quante ne avete mangiate? >>
<< Nessuna, nonna... io mi sono perso la sfilata e non ho potuto mangiarle. >> mormorò, senza guardarla in faccia.
<< Io ho mangiato solo le frittelle al burro del fornaio in centro >> mugugnò Jòzsef, dal letto di sotto << Perché? >>
La nonna trasse un sospiro di sollievo, rispondendo alla domanda solo dopo un minuto buono.
<< Hanno dato l'allarme già quattro famiglie. Pare che... i loro figli abbiano mangiato delle caramelle che... >> il suo sguardo volò su Aron e improvvisamente cambiò espressione << che li hanno fatti stare molto male. Mi ero preoccupata per voi, ecco, ma vedo che state bene, quindi rimettetevi a dormire. >>
Abbandonò in fretta la stanza, nonostante Aron volesse chiederle qualcosa a proposito, spegnendo la luce.



<< Cinque. >>
<< Come? >>
<< La nonna si è sbagliata. Saranno cinque, non quattro, le famiglie che porteranno i loro figli all'obitorio, questa notte. >>
<< Che cosa?! >>
<< Il Krampus è venuto per loro, Aron. Per Velkan, per i suoi quattro amichetti, e per quello stupido cane. Ha dato loro quelle caramelle e li ha messi sulla sua lista. >>



Aron ascoltava nel buio, confuso e agitato.
Non capiva le parole del fratello. Il Krampus? Il Krampus aveva dato loro le caramelle? E cosa c'entrava l'obitorio?



<< Per quale motivo pensavi che ti avesse scartato, quando gli hai chiesto le caramelle? Te l'ho detto, fratellino. Al Krampus non interessano i bravi bambini. Lui viene a reclamare l'anima di quelli malvagi. >>



A quel punto Aron comprese, e per un lunghissimo momento il suo cuore smise di battere.
<< Sei stato tu. >> sussurrò così piano, che perfino lui pensò di essersele solo immaginate, quelle parole.
Eppure Jòzsef le udì. E si arrabbiò.



<< Li hai avvelenati tutti? >>
<< Ho schiacciato delle bacche di belladonna e ho intinto le caramelle nel succo. Velkan, poi, è così ingordo! Scommetto che se l'è mangiate tutte. >>
<< Ma perché l'hai fatto? >>
<< Per avverare il tuo desiderio, fratellino. >>
<< Tu mi hai obbligato a scrivere quel nome sulla lettera! >>
<< Sì, perché senza di me tu saresti perduto! Spreco il mio tempo a badare a te, a guardarti le spalle e a tirarti fuori dai guai, e mai una volta mi sono sentito dire grazie. >>
<< Vuoi che ti ringrazi di aver avvelenato cinque bambini? >>
<< Come ti pare. Se la cosa proprio ti sconvolge, prega che si salvino. Forse, se riescono a farli vomitare, magari ce la faranno anche. Così ti potrai preparare a trascorrere molti futuri Natali con Velkan, ma per quanto mi riguarda, tu sei morto per me. >>



                                                            


Quelle furono le ultime parole che si scambiarono, prima che entrambi spofondassero nel silenzio. Quanto durò? Secondi? Minuti? Dopo un po' Aron si addormentò. Fece un sonno senza sogni, turbato, spaventato, e da qualche parte dentro di sè sentiva che l'unica cosa che desiderava era potersi svegliare.
E, quasi come in un sogno reale, qualcosa parve assecondare la sua disperata richiesta.
Aron si svegliò di soprassalto, frugando con gli occhi nel buio, senza riuscire a vedere niente. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Voltò la testa e vide una figura, in piedi, vicino a lui.
Per poco non gli sfuggì un grido.
<< Jòzsef? >> sibilò, cercando di calmare il respiro << Che stai facendo? >>
Si era rimesso il mantello con il largo cappuccio a coprirgli il volto. Come se ce ne fosse bisogno, l'intera stanza era avvolta dall'oscurità.
Perché l'aveva indossato di nuovo?
E perché se ne stava lì, come se dovesse parlargli, non gli aveva detto che per lui Aron non esisteva più?
Queste e mille altre domande gli attraversarono la mente, prima che il bambino potesse rendersi conto di una cosa, in particolare; qualcosa che lo avrebbe tormentato per sempre, nei suoi incubi peggiori. Quell'essere che se ne stava lì, davanti ad Aron, era alto come Jòzsef, indossava lo stesso mantello di Jòzsef... ma non era lui.



Quale misteriosa e ancora troppo sconosciuta creatura è, il Krampus. Ci sono solo due cose che possiamo fare, per proteggerci da lui.
La prima è non guardarlo mai negli occhi, poiché, attraverso i nostri, lui toccherà i nostri pensieri, scoprirà di chi ci fidiamo, e ci si maschererà dietro...



<< Sei un bravo bambino, Aron. Lo sei sempre stato. >>
Quella era la voce di Jòzsef, ma lui sapeva, sapeva che non poteva essere lui. Non era lui, ne era sicuro, riusciva a percepirlo, ogni singola cellula del suo corpo urlava pericolo, doveva smettere di fissarlo negli occhi.
Eppure, nonostante l'oscurità, gli occhi del Krampus brillavano di luce propria; era un colore indefinibile, ma labile e magnetico, e malgrado gli sforzi, Aron non riuscì a guardare altrove.
<< Stai tranquillo, sono io. >> insisteva la voce di suo fratello, facendosi strada nella sua testa. Era così calda e gentile, che per Aron era impossibile non ascoltarla. << Torna a dormire. >>


La seconda cosa che non dobbiamo mai fare, invece, è appropriarci, anche per gioco, della sua identità.

                                                            



                                                                                             * * *



Al cimitero di Kaposvàr, nel lato est, è stato eretto un mausoleo, con sei tombe all'interno.
Tutti e sei bambini, deceduti in circostanze misteriose, la notte del 5 dicembre del 1998.
Cinque di essi erano stati portati d'urgenza in ospedale in seguito ad un'intossicazione alimentare, ma con una lavanda gastrica effettuata per tempo, sembrava che fossero fuori pericolo. Furono trovati senza vita il mattino seguente.
Il sesto ragazzo, invece, fu trovato in giardino dai familiari. La finestra della camera condivisa con il fratello minore era aperta, e il caso era stato archiviato come suicidio; pareva che si fosse lanciato di sotto, rompendosi l'osso del collo nella caduta.
L'unica cosa che tutti e sei avevano in comune, era un piccolo carillon a scatoletta, trovato accanto ad ognuno dei corpi, che riproduceva il motivetto natalizio di Jingle Bells in chiave minore.




                                                                                              * * *
                                                        

          L'ho scritta di getto, non so cosa mi è preso, ma ho sempre avuto qualcosa di indisponente verso il Natale,

qualcosa che non me l'ha mai fatto apprezzare al 100%
Oltre a questo, sicuramente ha giocato un ruolo importante quest'ultimo mese il fatto che il film "Krampus", che attendevo da quasi un anno,
non verrà proiettato nelle sale italiane. Per una volta che un film metteva in risalto il lato oscuro del Natale, ecco che viene censurato... io boh.

Il motivetto nella relativa minore di Jingle Bells è inquietante ( beh, è fatto apposta ), ma lo trovo comunque divino, se siete curiosi:  https://www.youtube.com/watch?v=4h_6aRAxcwU

P.S. il titolo è un estratto della nostra Adeste Fideles.

Grazie di aver letto, spero di non aver rovinato l'atmosfera natalizia a nessuno :P
e grazie in anticipo a chi vorrà lasciarmi un parere.

L.L.

   
 
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