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Autore: Morpheus Wings    25/12/2015    1 recensioni
Venticinque di dicembre, un giorno normalissimo al quartier generale del Corpo di Ricognizione, se non fosse che il compleanno di uno dei soldati di spicco ricadesse proprio in quel giorno.
Pg: Levi, Erwin, Hanji
pre-slash Eruri
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Venticinque di dicembre
Fandom: Attack on Titan
Rating: Verde
Pg: Levi, Erwin, Hanji
Tag: implicito LevixErwin, Slice of Life, Fluff.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono purtroppo, è tutto frutto del loro creatore.

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Venticinque di dicembre, un giorno normalissimo al quartier generale del Corpo di Ricognizione. Ogni soldato era stato chiamato a svolgere il proprio dovere come sempre, nulla sembrava differire dal giorno precedente o quello prima ancora e forse non sarebbe neanche degno di nota se non fosse che il compleanno di uno dei soldati di spicco ricadesse proprio in quel giorno. Peccato però che quasi nessuno ne fosse al corrente.
Levi non amava festeggiare il suo compleanno, non sopportava tutte le attenzioni che in genere si rivolgono ai festeggiati, così come disprezzava commemorare l’aggiunta di un anno all’età di un individuo, come se il sopraggiungere della vecchiaia – e dell’inutilità infine- fosse un evento da accogliere con festoni e sorrisi.
Tch! Che perdita di tempo e che scocciatura.
Era per questo motivo che le uniche persone che erano al corrente del giorno della sua nascita – Erwin, Hanji e Mike- furono minacciate tempo addietro per costringerle a mantenere il segreto. Di certo i tre erano ben consapevoli che le minacce di Levi non andavano prese a cuor leggero ed era in virtù di tale consapevolezza che i tre avevano sempre tenuto le labbra sigillate su questo argomento, perfino Hanji che ogni anno, in occasione della ricorrenza, tentava sempre di convincere l’uomo a cedere e di lasciarle organizzare una festicciola ma, dopo il solito rifiuto e le dure parole, anche lei era costretta –chiamatelo istinto di conservazione- a far cadere la questione, seppur a malincuore.
La giornata era trascorsa normalmente, dalle pulizie agli allenamenti con la sua nuova squadra, fino alla redazione dei rapporti che il comandante richiedeva sempre ai suoi ufficiali. Tutto regolare, se non fosse che il capitano più si avvicinava la sera e più diventava di cattivo umore, più del normale, tanto che dopo aver traumatizzato ed insultato i suoi sottoposti questi ultimi si diedero alla fuga non appena gli fu detto di sloggiare.
Con il solito passo deciso, Levi si diresse verso l’ufficio del comandante, rapporto alla mano, pronto a porre fine a quella giornata infernale e a regalarsi un bagno tanto guadagnato. Aprì la porta senza neanche degnarsi di bussare, consapevole che all’interno non ci sarebbe stato nessuno a rimproverarlo per la sua insolenza. Il comandante era via da tre giorni, in cerca di fondi per le prossime missioni che il Corpo aveva in programma di organizzare e, per quanto l’assenza fosse necessaria, a Levi proprio non andava a genio che Erwin si dovesse abbassare ogni volta a chiedere l’elemosina a quei porci della nobiltà per il bene del Corpo e dell’umanità. Di certo non era contento che il comandante dovesse prolungare il viaggio di un altro giorno e spostare il rientro all’indomani solo perché un aristocratico aveva deciso di invitare tutti i comandanti dell’esercito a pranzo nella sua villa.
“Tch! Ricchi di merda!”.
Proprio con queste parole fece il suo ingresso nell’ufficio di Erwin, convinto che non ci fosse nessuno ad ascoltarlo ed invece proprio dinanzi a lui, affianco alla scrivania del capo, una figura ben nota si fece largo nel suo campo visivo.
“Oi quattrocchi, che fai qui?”.
“Leeee-viiiiii. Guarda, questa è la mia nuova proposta per…”.
“Non m’importa!”
La interruppe l’uomo, per nulla intenzionato ad ascoltare i suoi vaneggiamenti sui suoi esperimenti sui giganti, specie se faceva sventolare in quel modo un fascicolo di proporzioni epiche. Assottigliò gli occhi immaginandosi il povero Erwin seduto alla sua scrivania, piegato in avanti, intento a leggere la proposta di Hanji e a ponderare i pro e i contro delle sue idee strambe. Per fortuna non era compito suo quello, poiché mancava della pazienza necessaria per eseguirlo.
Si avvicinò alla scrivania e lasciò il rapporto su una pila di scartoffie, cercando di escludere mentalmente le lamentele della donna.
“Oi, ho detto che non mi importa, quattrocchi. Se hai tempo da perdere va a farti un bagno, che puzzi come un maiale!”
“Levi… sbaglio o sei di cattivo di umore?”
“Tch”
“Ma è il tuo compleanno, dovresti essere felice!”
“Non dire stronzate, quattrocchi. Solo le mammolette sono felici per queste cagate!”.
“uhuuuu eh sì, siamo proprio di pessimo umore. Per fortuna che ho qui qualcosa per te! Questo ti tirerà su di morale!”
Sono in pochi s riuscire a sopportare i modi irruenti e scurrili del tenebroso capitano, Hanji di sicuro era tra queste, sarà che conoscendolo da tanti anni riusciva a vedere ben oltre la scorza dura che l’uomo si era abilmente modellata addosso, o forse sarà solo l’abitudine nel sentirsi insultata giornalmente. Fatto sta che nonostante tutto aveva comprato un regalo di compleanno per l’altro, regalo che tirò fuori dalla tasca interna della sua giacca. Si trattava di una piccola boccetta con all’interno un liquido piuttosto sospetto, era per questo che il festeggiato aveva qualche dubbio se doverla toccare o meno, conoscendo il soggetto dal quale proveniva.
“Cosa cavolo è quella?”
“Non essere così sospettoso. È olio profumato, l’ho comprato all’emporio. Pare che sia molto richiesto tra gli abitanti di Wall Sina.”
“Cosa cazzo dovrei farci io?
“Ah ha molti usi. Puoi metterlo nell’acqua quando ti lavi, oppure spalmarlo addosso, oppure mettere alcune gocce sui tuoi vestiti per profumarli. Decidi te, io l’ho soltanto comprato!”
Detto ciò l’altra spinse con forza la boccetta nelle mani dell’uomo, che iniziò a studiarla con un cipiglio dipinto sul volto. Dopodiché Hanji girò i tacchi e si allontanò in direzione della porta.
“E comunque… Tanti auguri e smettila con quel broncio, Erwin sarà di ritorno domani!”
Non appena ebbe concluso la frase la donna si richiuse la porta dietro veloce come il vento, così da non dare la possibilità al capitano di poterle rispondere e, molto probabilmente, insultarla.
 
Dopo lo strano incontro con Hanji, Levi si diresse finalmente verso i bagni, concedendosi poi una lunga e meritata lavata, aggiungendo di nascosto nell’acqua qualche goccia dell’essenza che gli era stata regalata, giusto per mera curiosità, ritrovandosi ad ammettere che non era poi così male. Pareva che infondo quattrocchi ci avesse preso con il regalo. Lindo e profumato, e soprattutto di umore migliore, puntò in direzione della sua stanza pronto a porre fine a quella giornata, che gli aveva recato più stress di quanto potesse immaginare.
Il sonno non era amico di chi, come lui, soffriva di insonnia, di chi trascorreva lunghe ore seduto ad una sedia al buio, in attesa che la stanchezza avesse il sopravvento e lo costringesse a chiudere gli occhi per qualche ora. Quella sera però, le ore sembravano trascorrere lentamente, anche perché aveva deciso di ritirarsi in camera sua prima del solito, cercando conforto nella solitudine e nel silenzio della sua stanza. Pare che quel giorno non avesse intenzione di concludersi, specie quando, dopo l’ennesima occhiata al suo orologio, finì per accorgersi che la mezzanotte era ancora lontana di almeno una trentina di minuti.
Era ancora seduto lì sulla sedia, che in realtà fungeva da letto, braccia raccolte in grembo e gambe accavallate, quando sentì qualcuno delicatamente bussare alla sua porta. Il suo primo istinto fu quello di alzare lo sguardo all’orologio e confermare la tarda ora. Mancava un quarto d’ora a mezzanotte, decisamente un orario insolito per far visita a qualcuno, ecco che il suo cervello cominciò a lanciare una serie di campanelli di allarme, ognuno di essi inerenti ad una serie di possibili pericoli che potevano aver spinto, chiunque fosse dall’altro lato della porta, a contattarlo in così tarda serata. Ma i suoi nervi si misero a tacere quando udì una voce familiare giungere da dietro a quel legno che lo divideva dal mondo esterno.
“Levi apri, sono io”
Fu tutto ciò che gli venne detto da quella voce così profonda e così familiare nel dare ordini, tanto che perfino una semplice richiesta sembrava essere molto più autoritaria.
“Oi, Erwin, cosa cavolo ci fai qui a quest’ora? Non eri impegnato a leccare il culo ai nobili nella capitale?”
Così venne accolto il comandante non appena la porta si aprì, rivelando un capitano in veste da notte, ovvero senza la divisa dell’esercito, ma con indosso soltanto un paio di pantaloni neri ed una maglia bianca. Non che si aspettasse che il suo capitano possedesse indumenti quali il pigiama, lo conosceva da fin troppo tempo per farsi prendere alla sprovvista dalle sue scelte di vita, così come era abbastanza abituato al modo così irrispettoso con il quale l’altro gli si rivolgeva.
“Sono tornato prima”
Fu tutto quello che il comandante disse all’altro, forse in virtù del fatto che era tutto ciò che all’altro era dato sapere.
“Cosa vuoi?”
“Domani mattina all’alba fatti trovare giù alle scuderie, abbiamo delle faccende importanti da sbrigare.”
“Tch. Come vuoi tu.”
Era pronto a richiudere la porta, chiaramente Erwin non era in vena di chiacchiere, lo si poteva evincere dalle sue sopracciglia aggrottate e dall’aria di cane bastonato che si portava dietro. Forse l’incontro non era andato così come aveva sperato, era per questo motivo che Levi non voleva intromettersi nelle sue faccende, nonostante stesse morendo dalla curiosità, ma ben sapeva che gli sarebbe stato rivelato tutto a tempo debito.
Fu allora che il comandante fece un gesto inaspettato, spiazzando il capitano per la sua anormalità. Erwin aveva con sé un piccolo sacchetto di carta marrone, quello che in genere usavano i negozianti per avvolgere i prodotti appena venduti, dall’esterno era difficile indovinare così ci fosse al suo interno. Suddetto sacchetto venne spinto in direzione di Levi che, ignaro del suo significato nascosto, lo afferrò senza pensarci due volte, non era solito rifiutare qualcosa al suo comandante e se l’altro gli porgeva qualcosa allora lui lo accettava, indipendentemente dal contesto.
“Buon compleanno, Levi”
Fu l’unica spiegazione che gli venne offerta, dopo il passaggio del sacchetto, dopodiché il comandante fece rotta verso chissà dove, lontano dalla portata di Levi, ancora sbigottito da quanto era appena accaduto. Riscosso dallo stupore, il capitano richiuse finalmente la porta e se ne ritornò alla privacy della sua stanza buia, ma non più con lo stesso stato d’animo di qualche minuto prima. Sedutosi di nuovo su quella sedia, cedette alla curiosità, sbirciando immediatamente il contenuto del sacchetto incriminato. Al suo interno vi trovò quelle che chiaramente erano foglie di tè, probabilmente tè nero, il suo preferito. Un mezzo sorriso si fece largo sul suo volto, ma fu veloce come un lampo in una notte di tempesta, altrettanto abbagliante vista la rarità con la quale appariva, peccato che nessuno fosse lì a godersene la vista.
“Non male.”
Fu tutto ciò che ebbe da dire al riguardo, prima di tornare alla posizione adottata in precedenza, attendendo che il sonno venisse a reclamarlo prima o poi, questa volta rubando occhiate al suo orologio aspettando che l’alba giungesse, impaziente che il nuovo giorno iniziasse, chissà, magari proprio con una bella tazza di tè fumante.
   
 
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