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Autore: Elpis Aldebaran    08/03/2009    3 recensioni
[Sequel di "De Umana Insania". Per tutti coloro che l'hanno letta e un po' amata.]
Avevamo lasciato i nostri protagonisti con un articolo di giornale che annunciava il suicidio di Itachi in prigione. Tutti pensavano che quella brutta storia fosse finita, ma quella stessa notte quando l’ultimo Uchiha scelse la morte, qualcosa è cambiato, qualcuno è tornato in libertà, gira per la Londra di fine anni ’50 ed è alla ricerca di qualcosa che soddisfi le pretese del suo Dio.
Qualcuno che cerca vendetta.
Genere: Thriller, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Blue Eyes

 

(De Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

 

 

  1. Capitolo Primo – Earrings of Blood

 

 

 

Shikamaru Nara guardava fisso davanti a sé il telefono della centrale di polizia.

Sakura lo osservò per pochi attimi, prima di farsi avanti con passo incerto e posare accanto all’apparecchio telefonico una tazza di tè fumante; lui non degnò nemmeno di uno sguardo né la ragazza, né la bevanda, continuando imperterrito a memorizzare ogni singolo angolo del telefono, alla ricerca e nella speranza di un rumore o di un tremito da parte della cornetta, o di un lampeggiare della luce verde che indicava una chiamata in arrivo.

La ragazza dai capelli assurdamente rosa guardò impotente l’amico, non sapendo bene cosa fare, come comportarsi, mordendosi il labbro inferiore con insistenza. Anche lei era in ansia, aveva paura per quello che era successo, ma cercava con tutte le sue forte di mantenere la mente fredda e lucida per non impazzire, come stava accadendo al giovane Nara.

La porta dell’ufficio si spalancò con un tonfo, mentre Naruto che era poggiato su una delle stampelle, entrava goffamente tenendo stretto tra i denti un sacchetto pieno di ciambelle. Sakura gli si avvicinò apprensiva, aiutandolo ad arrivare fino al tavolo dove il ragazzo si sistemò per bene su una sedia, addentando poi famelico un pezzo di dolce.

“Novità?”

Chiese a Shikamaru seduto proprio di fronte a lui. Il giovane negò con la testa sospirando, e finalmente dopo tanto tempo, alzò gli occhi sui due amici che lo guardavano, compatendolo.

Ciò non fece altro che irritargli i nervi.

Due giorni prima era entrato a casa di Ino, dato che la ragazza non aveva risposto né alle sue chiamate, né ai suoi messaggi. Lui non era tipo che si preoccupava facilmente per le persone. Prima di farsi prendere dal panico o da pensieri negativi, faceva sempre passare una settimana o qualche giorno di più; ma con Ino non si sentiva mai sicuro. Era una ragazza incosciente, che spesso e volentieri si metteva nei guai perché non sapeva badare agli affari suoi; lui gliel’aveva detto un sacco di volte di stare attenta e di pensare alla sua vita, ma sembrava che le parole le entrassero un orecchio e le uscissero dall’altro. Quindi si era recato come spesso faceva, nel condominio dove abitava Ino, aveva salutato il portiere come sempre e aveva preso l’ascensore fino al terzo piano.

Non aveva fatto caso alla strana sensazione che aveva cominciato a invadergli lo stomaco come una tenaglia. All’inizio aveva dato colpa al fatto che non avesse pranzato.

Ma quando aveva bussato alla porta dell’appartamento numero ventidue e l’aveva trovata aperta, l’inquietudine era diventata sovrana del suo cervello, portandolo a urlare il nome della ragazza per tutta l’abitazione; perlustrando ogni stanza; rivoltando cassetti e coperte, qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Alla fine era giunto nella cucina, trovando gli articoli di giornale e il coltello sul pavimento accanto a qualche goccia di sangue; a quella vista, nel suo cervello si stava componendo un puzzle di frasi e immagini. Capì quello che Ino cercava di dirgli da una settimana a quella parte, maledicendosi per essere stato così superficiale, non avendo credendo alla paranoie dell’amica.

La sua voce, che mai lo avrebbe abbandonato, gli rimbombava nella testa, le sue parole di preoccupazione lo perseguitavano: “Shikamaru, credo che qualcuno mi stia osservando”; “Non sono sicura, ma ho la sensazione che qualcuno sia entrato nel mio appartamento”; “Hai per caso preso la chiave di scorta di casa mia? Non capisco, è scomparsa; “Shika, so che sono paranoica, ma io credo proprio che qualcuno mi stia seguendo”.

Tutto collegato, tutto finalmente chiaro.

Era corso giù per le scale del palazzo, saltando i gradini e arrivando di corsa in portineria dove aveva messo sotto interrogatorio il vecchio custode, nella speranza che avesse visto qualcosa o qualcuno di sospetto. E quel qualcuno c’era stato: alto, imponente, elegante, dai capelli biondissimi, quasi argentati.

Shikamaru ricordava perfettamente il salto all’indietro che aveva fatto il suo cuore, lo aveva sentito doloroso nel petto, come se la cassa toracica fosse troppo stretta per contenerlo.

Era arrivato alla centrale di polizia devastato e sconvolto; stava già predisponendo gli uomini per una perquisizione in casa Yamanaka alla ricerca di qualche prova, quando il telefono del suo ufficio aveva squillato, paralizzando tutti, come se qualcuno avesse detto ad alta voce che la persona dall’altro capo della cornetta era proprio l’uomo che stavano cercando.

Il giovane Nara aveva risposto tremante, sentendo la voce metallica di Hidan che lo canzonava, lo minacciava e lo ricattava.

Voleva soldi e lasciare il paese in modo sicuro, ma prima voleva pregare un po’ il suo Dio, magari con qualche sacrificio umano; Shikamaru gli aveva urlato per telefono provando a non bestemmiare, cercando dei compromessi, qualsiasi cosa per riavere Ino viva.

Ma Hidan era uno psicopatico, anche se questo non era stato riconosciuto dal giudice del processo, in quanto l’uomo al momento degli omicidi era perfettamente in grado di intendere e di volere.

Con lui non esistevano patti o ragionamenti: o stavi con lui o contro di lui; alle sue regole oppure morivi.

Shikamaru Nara ancora fissava il telefono della centrale di polizia.

Naruto stava finendo la sua terza ciambella e Sakura leggeva con attenzione il fascicolo sulla sparizione di Ino, sperando che il suo occhio da infermiera trovasse qualche particolare utile, come quando si deve controllare un organismo alla ricerca della malattia, il nodo della matassa.

“Senti, Shikamaru” iniziò poco dopo la ragazza, togliendosi gli occhiali da vista e posandoli sul tavolo. “ non mi hai mai parlato di Hidan né mi hai detto perché ce l’ha con te. Cosa gli è successo?”

Il ragazzo restò immobile e Sakura all’inizio credette che non le avesse prestato attenzione, ma poi Shikamaru si sciolse il codino spettinato, immergendo una mano fra i capelli lunghi e rilassandosi un momento, mentre le ciocche scure gli ricadevano scomposte davanti agli occhi.

“Lui, quel fetente, è un seguace della religione del dio Jashincominciò piano e lentamente. “ i suoi seguaci seguono la via dell’uccisione e dell’omicidio per onorarlo. Da quello che riuscii a capire, quando indagavo su questa setta, prima di uccidere una vittima pregano questo Dio affinché accolga la loro offerta; non so esattamente il perché di tutto questo, ricordo che la mia squadra era da settimane sulle tracce del capo

“Hidan..?” domando Sakura, intuendo già la risposta.

“Esatto. Riuscimmo a prenderlo una notte di tre mesi fa, grazie a una mia intuizione particolarmente brillante, devo dire.”

“Già, me lo ricordo. È stato un vero colpo di genio, Shikamaruaffermò Naruto con allegria.

Il moro non rispose, abbozzando solo un sorriso debole e continuando con la sua storia.

“Hidan fu processato e condannato all’ergastolo per omicidio e per organizzazione clandestina illecita. Ricordo che prima di abbandonare l’aula di tribunale, passò davanti alla squadra omicidi che seguì il suo caso, tra cui c’ero anche io. Mi guardò strano, non riuscì a capire cosa cercasse di trasmettermi con quegli occhi viola: se ci penso ancora adesso, mi viene la pelle d’oca” Shikamaru sospirò massaggiandosi le palpebre. Riprese l’elastico per capelli con cui aveva giocato tutto il tempo e si rifece il suo solito codino alto.

“Hidan sapeva che, se era stato incastrato, era stato per colpa mia. Non era un segreto, tutti quelli che avevano assistito al processo lo sapevano. Solo adesso ricordo con esattezza tutte le piccole cose che sono successe nel momento in cui lui ci passò davanti il suo sguardo si era spostato impercettibilmente da me ad Ino, che mi stava venendo incontro e mi abbracciava. Avrà pensato che fosse la mia ragazza o mia sorella, non lo so sicuramente qualcuno di importante” Sakura gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla. Adesso capiva meglio tutto: l’unico modo per vendicarsi di Shikamaru non era ucciderlo, la sua morte non avrebbe portato a niente.

La porta dell’ufficio si aprì piano e un uomo dai capelli argentati fece capolino, osservando i presenti uno per uno.

“Capitano Hatake!” urlò Naruto, senza un minimo di contegno. L’uomo entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle, in mano teneva una busta di colore giallo.

“Mi spiace disturbarti Shikamaru, ma avrei una cosa da consegnarti” disse puntando lo sguardo su Sakura, chiaro segnale di uscire da lì in quanto non era un agente di polizia. La ragazza capì al volo, prendendo le sue poche cose e uscendo silenziosamente senza protestare.

“Questa busta è per te. Non c’è il nome del mittente e non è arrivata col postino.” disse Kakashi; il ragazzo capì subito che Hidan aveva cominciato a muoversi contro di loro, non avendo ancora visto le sue richieste esaudite.

Prese la busta gialla e la strappò in cima senza tante cerimonie, sbirciando il contenuto. All’interno c’era solo un paio di orecchini semplici, tondi che lui conosceva benissimo.

“Sono di Inomormorò, rigirandosi quei piccoli oggetti fra le mani. Il telefono del suo ufficio cominciò a squillare, facendo sussultare tutti per la sorpresa. Come un razzo Shikamaru si portò la cornetta all’orecchio, senza aggiungere nient’altro.

“Oh-oh, ciao Nara. Ti è piaciuto il mio regalo?”

“Cosa le hai fatto? Che significa?”

“Ancora è viva, non temere. Ho solo pensato di mandarti i suoi oggetti personali:  da morta non credo che potrebbe più usarli, non trovi?” Shikamaru cercò con tutte le sue forze dal trattenersi di spaccare il telefono addosso al muro, mentre vedeva Kakashi davanti a lui che lo esortava a proseguire la conversazione. Stava cercando di rintracciare la chiamata.

“Chi mi assicura che non l’hai già fatta fuori?”

“Oh, caro Shikamaru, certi trucchetti con me non funzionano. Tu sai che è viva, per poco, ma lo è. Più aspetti a soddisfare le mie richieste, più lei soffrirà, non capisci? Ogni giorno che farai passare, io mi divertirò a toglierle qualcosa: spero che il sangue non ti faccia effetto.” 

Chiuse la comunicazione con tono di voce talmente divertito, da fargli arrivare il sangue alla testa.

Shikamaru afferrò il telefono e finalmente lo scagliò contro il muro, rompendolo in due parti.

“Nara, ti ha dato di volta il cervello?!”

Urlò Kakashi, spiazzato da quella reazione.

“Shikamaru, non credi che sarebbe meglio se andassi a riposare?”

Chiese invece Naruto più cautamente, questa volta senza sorriso.

Il moro non rispose, fissando con aria persa i resti del telefono che giacevano sul pavimento. Prese la giacca e corse via, non aspettando alcun permesso e non salutando nessuno. Quando uscì dalla centrale, una fitta pioggia si stava abbattendo sulla città, come sempre in quella stagione, ma non si curò né di prendere l’ombrello, nè di chiamare un taxi.

Cominciò a camminare lentamente, con le gocce d’acqua che gli bagnavano il viso e i capelli; se Ino fosse stata con lui, probabilmente si sarebbe lamentata per via dei suoi capelli che sarebbero diventati di lì a poco crespi e nodosi, intrattabili. Si lasciò andare ad una risata amara, prendendosi il viso con una mano e andando a sbattere contro una signora, passando oltre senza scusarsi.

Suo padre gli aveva sempre detto che non era lavoro per lui, quello.

Ora che ci pensava, Shikaku Nara gli aveva sempre dato un sacco di consigli per non farsi fregare nella vita e lui era stato tanto stolto da non seguirne nemmeno uno. Le regole di Nara Senior erano tre, semplici e concise:

1. Fare un lavoro modesto, ma che al contempo frutti bene e ti permetta di vivere non nel lusso, ma nemmeno nella miseria.

2. Trovare una brava donna, massaia, che non dia problemi e soprattutto che stia zitta la maggior parte del tempo.

3. La donna in questione non deve essere assolutamente, irrimediabilmente bionda.

Il primo punto lo aveva completamente ignorato, in quanto lo pagavano più di qualsiasi altro lavoro normale e il rischio di morire era abbastanza elevato, anche se lui poche volte prendeva poche volte parte alle missioni. Era il classico agente da ufficio, che studia i piani a tavolino, la mente di un’intera squadra investigativa. Finora non aveva mai avuto problemi con criminali in cerca di vendetta.

Il secondo punto non sapeva dire con certezza, in quanto non era sposato (più tardi lo si faceva meglio era, a suo avviso) e non sapeva minimamente con quale donna sarebbe capitato.

Il terzo punto per lui rimaneva un mistero e una seccatura ineguagliabile; conosceva Ino da quando aveva iniziato a lavorare a Scottland Yard, gliel’aveva presentata Naruto ad una festa, dove le giovani reclute entravano a far parte del vero mondo: donne, droga, assassini, tutte cose che si vedono nei polizieschi, meno stereotipate e più vere, più crudeli di quanto si possa immaginare.

Era una giovane che ancora studiava all’università, giornalismo avrebbe scoperto dopo. L’aveva subito inquadrata ancora prima di conoscere il suo nome: occhi azzurri, che servivano ad ammaliare gli uomini e a farli diventare burro nelle sue mani; capelli biondi, bellissimi, fatti per essere toccati, per incorniciare quel viso minuto e dai lineamenti morbidi; pelle bianca, perché risaltava, semplicemente; gambe da favola, su cui gli occhi maschili si soffermavano volentieri ogni qual volta accavallasse le gambe.

Poi avrebbe scoperto anche che possedeva un carattere terribile e una lingua biforcuta che sapeva usare benissimo, in tutti i sensi.

Non si ricordava molto bene, Shikamaru, se mai ci fosse stato un incontro finito senza litigare, fra loro due; lui non la sopportava a prescindere da tutto, gli dava l’impressione di nascondere sempre qualcosa e ciò lo infastidiva non poco. Lei non lo sopportava in quanto era la donna della seconda metà del secolo, che vuole emergere e farsi rispettare, e non poteva andare d’accordo con qualcuno così maledettamente misogino e tradizionalista; avevano una visione della vita completamente opposto, due caratteri differenti: avrebbero finito con l’ammazzarsi, sosteneva sempre Naruto.

Invece era successo quello che nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.

Ino si era svegliata una mattina, una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva visto i suoi occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe piaciuto qualche volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri, magari marroni e densi, calorosi come un pezzo di cioccolata fondente.

Aveva subito pensato a Shikamaru Nara ed era andata in crisi esistenziale.

Ma lui in quel periodo aveva Temari e le cose semplicemente non erano andate.

 “Era bionda anche lei, che maledizione” si disse Shikamaru, arrivato quasi al suo appartamento, bagnato come un pulcino.

Aveva sempre cercato di scansare le donne come Ino: non voleva complicazioni, non voleva problemi. Non sapeva nemmeno cosa ci fosse tra loro in quel momento, se proprio doveva analizzare il loro rapporto; Ino flirtava con ogni essere di sesso maschile che trovava almeno minimamente attraente, perché doveva imporsi, dimostrare al mondo che col vestito giusto e un sorriso ammiccante, qualsiasi donna poteva ottenere ciò che voleva. Era furba, anche troppo.

Invece, Shikamaru veniva fuori da una relazione che lo aveva assorbito completamente, anima e corpo, lo aveva distrutto in tutti i sensi e ancora dopo mesi che si era lasciato con Temari, a volte provava malinconia, provava tristezza per quel futuro che sarebbe potuto essere e che per un periodo sembrava il migliore. In quei momenti, chiamava Ino.

E non certo per chiacchierare.

Le piaceva, ne era consapevole. Lei ancora non voleva impegnarsi seriamente. Avevano trovato un compromesso che andava bene a entrambi; solo, non sapeva quanto sarebbero andati avanti, prima di rendersi conto che il solo sesso non avrebbe reso felice nessuno.

Se mai quella storia sarebbe finita, Shikamaru si promise che finalmente avrebbe cercato ciò che voleva dalla vita e avrebbe messo le cose in chiaro con Ino; solo adesso che lei non c’era -e forse non ci sarebbe più stata- capiva quanto quella ragazza fosse importante per lui, perché anche non sentire le risatine fastidiosamente acute o i suoi ragionamenti privi di logica gli provocava un peso, un senso di vuoto, come se gli mancasse un pezzo di cuore, già martoriato. Però non sapeva fino a che punto arrivava quell’affetto, come verso una sorella, un’amica o altro.

Ora come ora gli interessava solo riaverla e avere una magra illusione che forse le cose potevano cambiare.

Perché dovevano cambiare.

 

Ino aveva le lacrime agli occhi.

Cercò di tamponarsi con un panno stracciato l’orecchio destro, dal quale colava leggermente del sangue, macchiando i suoi vestiti.

Non sapeva dove si trovasse, la luce era sempre spenta e le finestre erano tappate da pesanti assi di legno, che facevano passare la quantità di luce minima affinché una persona non inciampasse. Sentiva un pesante odore di calcinacci e polvere e un ticchettio che proveniva da qualche angolo angusto del magazzino (almeno il luogo le sembrava tanto grande da esserlo), come il rumore di un lavandino non chiuso bene. Aveva le caviglie legate a un paio di manette di ferro, che le avevano tagliato la pelle, provocando due leggere ferite che le bruciavano da impazzire, soggette allo sporco del luogo.

“Se non muoio per mano sua, schiatterò per infezione, accidenti!” sibilò fra i denti, osservando il panno che ormai non presentava più segni di sangue fresco.

Dopo aver perso i sensi nel suo appartamento, si era ritrovata distesa in quel luogo, con la testa che ancora le faceva male per la botta ricevuta, ma che era stata fasciata alla bell’e meglio: evidentemente Hidan la voleva ancora viva, pronta per il suo bel sacrificio. Non ricordava quanto tempo fosse passato e non avrebbe avuto modo di saperlo comunque, dato che intorno a lei c’erano solo il buio e le sagome degli oggetti e dei macchinari, forse, che la circondavano. Con le mani libere aveva provato più volte a slegarsi i piedi, ma ovviamente non poteva rompere delle manette di ferro. Aveva anche preso in considerazione l’idea di tagliarsi un piede, in preda al panico iniziale, ma poi a mente fredda aveva constatato che, se anche ci fosse riuscita, sarebbe stato difficile scappare con una sola gamba, mentre l’altra lentamente la faceva dissanguare.

Aveva aspettato per un sacco di tempo, almeno una notte, ne era certa, prima di rivedere Hidan.

Quando veniva a controllare in che stato fosse, il suo arrivo era sempre preannunciato da una porta pesante che si apriva e si richiudeva in lontananza. Ino, fino a che non sentiva la sua voce divertita che la chiamava, sperava sempre che fosse qualcun altro che per puro caso si fosse ritrovato in quel posto dimenticato da Dio. Anche da Jashin, secondo lei.

Quella mattina poi, Hidan sembrava più eccitato del solito. Blaterava riguardo a un metodo efficace per far esaudire le sue richieste nel modo più veloce possibile, diceva che sarebbe stato divertente e che per questo, un giorno, il suo Dio gli avrebbe manifestato tutta la sua gratitudine e compiacenza.

Si era ritrovata, senza neanche rendersene conto, spiaccicata al suolo a pancia in su, il suo sequestratore che le teneva le braccia alzate sopra la testa per non farla dimenare troppo; anche al buio lui la poteva vedere benissimo in viso e anche lei, purtroppo. Vedeva nei suoi occhi un qualcosa, non sapeva bene cosa, che le metteva addosso un’ansia incredibile, che tutte le volte la faceva scoppiare a piangere inevitabilmente, spaventata come non mai da quello che le avrebbe potuto fare.

Lui la squadrava sempre; sembrava che volesse memorizzare ogni dettaglio del suo corpo e del suo viso, come a volersi gustare ogni momento di quella tortura; quella mattina la sua attenzione si era focalizzata principalmente sulle orecchie. Con un dito, le aveva sfiorate lentamente, percorrendone il profilo, dall’attaccatura superiore, tutto il padiglione, fino alla pelle morbida del lobo, dove i suoi orecchini (i suoi preferiti, quelli che le aveva regalato Shikamaru) facevano bella mostra, semplici ed eleganti. Aveva sentito le sue dita stringere piano quel minuscolo oggetto da una parte e dall’altra, mentre il cuore le martellava furioso nel petto perché non capiva cosa le sarebbe capitato.

Hidan aveva tirato via l’orecchino con forza, sferzandole il lobo, spaccando in due quei pochi centimetri di carne che la fecero urlare di dolore. Non poté nemmeno sfogarsi a dovere con lacrime e urla, perché le tappò subito la bocca, ridendo divertito di come il suo viso in quel momento fosse passionale, segnato così a fondo dal dolore.

Avrebbe voluto vomitare, se non fosse che quel pazzo fece lo stesso anche con l’orecchio destro. Questa volta, forse, non misurando bene la sua forza, perché sentì che probabilmente aveva strappato un po’ più di carne. Sentì il liquido vischioso che percorreva un piccolo tratto della nuca per poi finire a terra, dove Ino rimase sdraiata e piangente anche quando l’uomo sciolse la sua morsa e la lasciò libera.

Si girò di lato, in tempo per rigettare i succhi gastrici del suo stomaco.

“Oh, honey… se fai tutte queste scene per così poco, non voglio immaginare cosa tenterai di fare nei prossimi giorni.”

Le disse Hidan con tutta la disinvoltura possibile, come se la stesse mettendo al corrente delle previsioni del tempo.

Le aveva gettato quel panno bagnato in faccia ed era sparito; il ghigno divertito che sempre lo seguiva.

Giuro che se mi lascia la cicatrice e morirò, lo perseguiterò anche come spirito, accidenti!” sussurrò Ino a denti stretti con le lacrime agli occhi.

Cercava di rassicurarsi, ma nel suo profondo, sapeva esattamente che questa volta le cose non sarebbero andate per niente bene.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

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Neji si abbottonò il cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano indignati.

“Non è una cosa giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo lavoro.”

“Talmente maturo da scagliare un telefono contro il muro?”

Domandò sarcastico Neji, mostrando con un ghigno i denti bianchissimi.

 

 

 

 

 

 

Risposte alle Recensioni:

Saeko no Danna: sono contenta che alla fine tu abbia recensito, rendendomi molto felice e soddisfatta *smile*: ricevere recensioni è sempre una gioia, quindi ti ringrazio. Dato che non leggi spesso le AU, spero vivamente che continuerai a leggere e recensire questa facendomi sapere le tue opinioni, nella speranza che non ti deluda la storia e che tu la possa trovare almeno un po’ interessante come “De Umana Insania”.

Grazie ancora e spero e presto… ^^

 

Mimi18: grazieH Twin, mi dai sempre grandi soddisfazioni ù_ù; sai che questa fic è molto importante per me, che la amo da morire, e sapere che possa piacere molto anche ad altri per me è una grande soddisfazione! Se mai farò il terzo capitolo di questa saga (aiuto!), sarai la prima a leggerlo, te lo prometto! ><

Ti voglio bene, caraH.. XD

 

Shika: naaaaa! Non ti preoccupare con i ritardi, sai che io e loro andiamo d’accordo! XD

Per me è stato un piacere dedicarti questa fic, perché in tutte le fic che ho scritto, belle o brutte (più brutte che belle), tu ci vedi sempre il lato buono. Senza contare che mi riempi di complimenti e il mio ego si gonfia in modo osceno! XD

Grazie Giulietta, apprezzo veramente tanto :) …

 

 

Si ringrazia anche chi ha messo questa storia tra i preferiti, ovviamente.

Aggiornamento tra una settimana!

 

Lee

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

   
 
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