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Autore: _Branwen_    26/12/2015    3 recensioni
[Post DOFP] [Logan/Jean]
Quella era esattamente la situazione in cui Wolverine non avrebbe mai voluto trovarsi, una di quelle circostanze che aveva fatto di tutto per evitare e Jean lo sapeva.
Non si era permessa di leggere la sua mente e in teoria non lo aveva fatto.
In teoria. Nella pratica non era stato affatto necessario
.
Jean si rende conto che qualcosa non va in Logan che, ancora più scontroso di quanto lei ricordasse, non vuole rivelarle il motivo della sua assenza, nata da quella distanza che ha creato e che cerca di accrescere sempre più, anche se in cuor suo è proprio l'ultima cosa che desidererebbe fare.
*Storia partecipante a "Il contest delle ship" indetto da Emmevic*
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Logan' Howlett/Wolverine, Jean Grey/Fenice
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Lì dove si trova l'abisso


You are young and life is long and there is time to kill today
And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun.”

Time, Pink Floyd.


Oh, merda!”

Jean abbassò lo sguardo mettendosi a osservare le punte dei propri piedi, avendo intuito i pensieri di Logan.
Quella era esattamente la situazione in cui Wolverine non avrebbe mai voluto trovarsi, una di quelle circostanze che aveva fatto di tutto per evitare e Jean lo sapeva.
Non si era permessa di leggere la sua mente e in teoria non lo aveva fatto.
In teoria. Nella pratica non era stato affatto necessario.

Le emozioni dell'uomo trasparivano chiaramente, erano impossibili da ignorare: il suo corpo parlava per lui. Per una donna intuitiva come lei, fin troppo abituata a scandagliare l'animo altrui anche solo osservando una persona in volto, Logan era un libro aperto, almeno tanto quanto lo era lei per lui. Erano mesi che si comportava così.

Era combattuto, Jean lo percepiva, ma non riusciva a capire la ragione di quel conflitto in Logan; c'era comunque dell'altro, un qualcosa di cui Jean era all'oscuro e che non le permetteva di spiegarsi quella strana condotta.
Avvertiva in lui un grande senso di colpa, frammisto a un'adorazione crescente: il suo guardarla per alcuni istanti mentre lei non lo notava – o meglio, mentre Logan pensava di non esser visto – non facevano altro che acuire in lui questi sentimenti.
La sua corazza, già solitamente dura da scalfire, ormai appariva impenetrabile anche a lei, facendolo sembrare freddo, imperscrutabile, quasi irreale.

Tutto ciò rendeva Jean ancora più curiosa e sempre più confusa.

Si era ormai abituata al suo corteggiamento – non convenzionale, ma sicuramente sincero – dato che sapeva quanto fosse testardo, ma adesso era distante, in ogni modo possibile e immaginabile.
In un primo momento aveva creduto che finalmente Logan avesse trovato una donna che potesse ricambiare il suo amore, ma non era plausibile col suo comportamento: era sempre a scuola, era raro che uscisse e se non lo si trovava all'istituto era in missione per conto del professore.

Deve esserci qualcosa sotto”, aveva pensato Jean, analizzando altri suoi comportamenti strani.

Se lei entrava in una stanza Logan trovava sempre una scusa per andare via; se c'era una riunione lui sedeva il più lontano possibile da lei, come se starle vicino gli desse fastidio.
Era anche molto più educato, rispettoso, ma nei modi risultava brusco, ogni sua azione forzata. Pareva che il solo parlarle lo innervosisse e Jean non ricordava che si fosse mai indirizzato così verso le persone e specie verso di lei.

Quel giorno ebbe ancora ulteriori conferme.

Il professore li aveva convocati: aveva sentito al telegiornale di un incendio doloso dai retroscena bizzarri avvenuto in Texas e, controllando con Cerebro, aveva scoperto che la causa era dovuta a una bambina dotata della piromanzia; era dunque una mutante che aveva scoperto così il suo dono.
Aveva preso già contatti con i genitori che, spaventati sia dell'accaduto sia del fatto che qualcuno fosse a conoscenza di ciò, avevano subito acconsentito a un colloquio con degli insegnanti della Scuola per giovani dotati.
Per l'occasione aveva scelto di mandare loro due; aveva persino dato loro due biglietti aerei, immaginando anche che Logan avrebbe declinato l'offerta optando per un viaggio in macchina.

Jean sospirò, alzando gli occhi al cielo: sarebbe stato un lungo viaggio.

***

A quanto pareva, Logan non aveva la benché minima intenzione di essere loquace e Jean aveva già terminato il libro che si era portata in borsa.
Si ritrovò quindi a guardare il paesaggio canticchiando di tanto in tanto i brani che trasmetteva la radio.
D'un tratto, però, a entrambi venne l'idea di sintonizzarsi su un'altra stazione; le loro dita si sfiorarono per un istante avvicinandosi alla tastiera della radio.
Jean istintivamente sentì il suo potere percepire qualcosa del vecchio Logan, il Logan che aveva imparato a conoscere.

E non solo, non poteva negarlo a se stessa.

Quello che captò fu molto chiaro.
Si trattava di un desiderio frammisto all'amara consapevolezza di non poter avere ciò che desideri, quel desiderio mai appagato che tormenta incessantemente, lasciandoti logorare, una lenta agonia inestinguibile.

«Fai pure» fece Logan laconico, dandole quindi l'opportunità di cambiare stazione.
«Grazie» fu tutto ciò che lei disse e continuò ad alternare il suo sguardo tra la strada che si stagliava dinanzi a lei e l'uomo alla guida.

Lo vide per un attimo incerto, fu solo un secondo, eppure lei lo notò, capendolo subito.
Non le risultò difficile capire che cosa volesse Logan: un sigaro.
Si era portato la mano sul torace a ridosso della tasca interna della giacca, alla ricerca della solita confezione che teneva sempre con sé, ma non si permise di prenderne alcuno.
Solo allora Jean si rese conto che Logan aveva smesso di fumare.

Come ho fatto a non accorgermene prima?” si chiese, e decise di provare a intavolare una conversazione con un Logan che non ricordava affatto.

«Logan, puoi fumare, se vuoi» esordì gentile.
«Credevo che detestassi il fumo» replicò invece lui, con un tono burbero nella voce.
«E chi te lo ha detto?» fece sorpresa. È vero, non sopportava il fumo, ma non si era mai permessa di esternare il suo fastidio; era davvero così trasparente per lui?

Logan indugiò prima di prendere un sigaro dalla tasca, già tagliato e pronto per essere fumato. Lo mise in bocca, assaporando un gusto a lui ben noto.
Diede di nuovo la sua completa attenzione alla strada, ma si concesse di guardarla per un attimo.
Fu un'occhiata fugace, ma intensa, e persino Jean restò colpita dall'intensità del suo sguardo.
Era passato tantissimo tempo dall'ultima volta che l'aveva guardata a tal modo, l'ultima volta che l'aveva spogliata di qualsiasi pensiero superfluo, leggendo quelli essenziali, autentici.
Ma non disse nulla; qualunque cosa avesse desiderato dire, Logan la tenne per sé.
Era uno dei nuovi gesti che faceva quando era accanto a lei; erano più i silenzi colmi di parole inespresse che non le parole effettivamente pronunciate dall'uomo che pareva diventare sempre più taciturno.

Logan cercò in tasca l'accendino guidando con una mano, senza trovarlo.
Non lo vide nemmeno sul cruscotto o accanto al cambio, mentre Jean guardò nel vano della sua portiera, trovandolo. Il disappunto nel viso di Logan quando glielo porse – le loro dita si toccarono ancora – le fece fare un sorrisetto di trionfo.

«Avresti potuto accendermi il sigaro coi tuoi poteri.»
«Vero, ma almeno così abbiamo avuto un piccolo contatto, dato che sembra che mi odi.»

Logan serrò la mascella, incassando la battuta, senza replicare, ma le sue emozioni erano ancora tutte lì, rivolte a lei.
E lei poteva percepirle, ne era a conoscenza.
Rivoli di fumo iniziarono a vedersi nell'abitacolo, prontamente richiamati all'esterno dal finestrino che veniva aperto.
Jean inalò l'aroma del sigaro: le era mancato quel profumo pungente così familiare, così come le mancava Logan. Il vero Logan.

«A proposito...» disse d'un tratto molto serio «non mi sono mai scusato come si deve.»
«Per cosa?»
«Anni fa, quando avevamo a che fare con Stryker e tu leggesti la mente di Nightcrawler nei boschi... ti baciai. Non avrei dovuto farlo e mi dispiace.»

Nel sentire quelle parole, Jean non poté fare a meno di ridere. Era una risata amara, ma non riusciva proprio a capire perché, dopo tutto il tempo passato Logan aveva deciso di rivangare una faccenda ormai sepolta e soprattutto perché sono state proprio queste le parole scelte per parlarle dopo mesi di evidente e voluto mutismo.

«Tante parole messe in fila e tutte indirizzate a me; sei sicuro che volessi rivolgermele?» chiese, senza mascherare il sarcasmo.
Logan la guardò accigliato, come se si fosse offeso.
«C'è un motivo particolare per cui debba sentirmi dire queste parole cariche di disprezzo, Jean?»
«Da dove posso iniziare? Sei strano, molto strano. Sei diventato un bravissimo insegnante e ne sono contenta, ma sei persino gentile con Scott, e questo lo trovo strano. Vorrei farti notare che non mi rivolgi la parola da mesi.»
«Non direi; in questo momento sto parlando con te, mi sembra» fu la risposta di Logan, glissando su tutto il resto.
«Solo perché il professore ci ha chiesto di andare a parlare con Sasha e per chiedere ai genitori se vogliono che venga nella nostra scuola. Sono sicura che se avessi avuto l'occasione di scegliere la compagnia per questo viaggio...» s'interruppe.
«Avrei scelto te» ribatté sulla difensiva, ma era chiaro per Jean che stava mentendo.
«Ti credo, guarda, ti credo.»

Jean si voltò verso il suo finestrino e sorrise, compiaciuta di averlo provocato e di aver ottenuto almeno una piccola reazione da lui.
Lasciò che il silenzio calasse di nuovo, aumentando la distanza che c'era tra loro; fu Logan a romperlo successivamente.

«Pensi davvero che io sia un bravo insegnante?»
«Sì, lo penso davvero, Logan» disse, sorridendogli; era sincera e contenta dei suoi progressi, i ragazzi lo adoravano.

Non poté fare a meno di notare che nel cuore dell'uomo in quel momento c'era un grande senso di colpa.

Perché, Logan, perché ti ostini a non parlarmi?”

«Logan, perché non vuoi parlarmi?» domandò, incapace di trattenere oltre la sua curiosità che non era solo tale.

Un sospiro rassegnato uscì dalle labbra dell'uomo; quella domanda a lungo rimandata necessitava di una risposta e Jean non avrebbe sopportato un altro silenzio.
La vide mentre aggrottava le sopracciglia: si aspettava una replica, anzi, la pretendeva.
La conosceva e dentro di sé sorrise perché, nonostante tutto, era lieto che non fosse mai cambiata, almeno lei.
La sua Jean.

«Non si tratta di questo, io ti rispetto. Prima ero un coglione, ci provavo con te con tutto che sapevo che il tuo cuore aveva accolto qualcun altro. Non sono più lo stesso di prima.»
«Non credo a nessuna parola da te detta, è una bugia!»
«Stai leggendo la mia mente?» chiese piccato.
«Non ne ho bisogno, Logan.»

Non ne ho mai avuto bisogno.”

La maschera che Logan aveva deciso di indossare da quel momento si incrinò. Bastarono quelle parole pungenti, eppure così schiette, a fargli pensare per un attimo di dire tutta la verità, ma non lo fece.
Gettò il sigaro dal finestrino e serrò la mascella: ogni angolo del suo viso era un concentrato di rabbia, i suoi lineamenti divennero più spigolosi.
Imprecò a denti stretti e si concentrò sulla guida.
Nessuno dei due disse più una parola per tutta la durata del viaggio.

***

Logan aveva deciso che avrebbe guidato fino a quando non fossero giunti in un motel che conosceva e che era vicino alla biforcazione dell'autostrada.
Jean si era assopita e la vide addormentata, con un'espressione serena sul viso; una ciocca di capelli – quei capelli rossi che tanto amava – si trovava vicina alle sue labbra e, prestando la massima attenzione, la spostò senza che lei si fosse accorta del gesto.
Nel mentre che si accingeva a raggiungere l'ostello, alcuni pensieri fecero capolino nella sua mente, incupendolo.

Non riusciva a dimenticare le lame di adamantio che, fuoriuscendo dalle sue mani, lacerandogli la pelle, giunsero nella carne di Jean, abbattendo la Fenice, ascoltando la disperata preghiera della donna che egli amava, la donna che tuttora ama.
Furono le sue lame, capaci di uccidere, a liberarla, mentre dilaniarono il suo animo che, disperato, non era mai riuscito a trovare una consolazione dopo averla perduta.
Che ironia, si ritrovava sempre a pensare, sarebbe morto per lei, per salvarla, mentre fu lei a dover morire per salvare lui, gli altri e l'umanità intera.
Il sangue sulle sue mani, che diventava sempre più copioso, scuro, lo sentiva ancora addosso, mentre l'abito rosso di lei assumeva un'altra tonalità più nerastra a ridosso dello stomaco.
Morì tra le sue braccia sorridendogli, grata per averla ascoltata; era nuovamente Jean, e finalmente in pace.

In quel mondo tutto questo non era mai accaduto, eppure lui lo aveva vissuto e non lo avrebbe dimenticato con facilità; non ci sarebbe mai riuscito, a dire il vero.
Lo riviveva ogni volta nei suoi incubi e in ogni donna la cui corporatura e i cui capelli rossi gli avevano ricordato Jean.
Fin quando quei ricordi fossero vissuti in lui, il senso di colpevolezza che lo attanagliava costantemente non avrebbe mai smesso di esistere.

Certe cose non cambiano mai e certi sentimenti non svaniscono mai.”

Ma nemmeno il suo amore per lei sarebbe mai cessato. Eppure, avrebbe fatto quanto fosse in suo potere per non farla più soffrire. Non in questa vita. Anche se questo avrebbe comportato un'esasperazione del suo dolore, il dolore di un amore irrealizzabile.
Ci sarebbe comunque riuscito, soffocando se stesso e sotterrando il suo sentimento quanto più possibile. Dedicarsi ai ragazzi e alle missioni che Xavier gli affidava era un buon modo per non pensare a lei.

È solo questione di tempo, presto starai meglio”, si ripeteva, provando a convincersi, inutilmente.

***


«Cazzo.»

L'imprecazione e il tuono fecero sobbalzare Jean; aveva iniziato a diluviare e la strada non era più tanto visibile.

«Logan, dobbiamo fermarci, è rischioso viaggiare in queste condizioni.»
«Siamo arrivati, vedi? Altri trenta metri e potremo stare all'asciutto.»

Jean stropicciò gli occhi ancora assonnati, mettendo bene a fuoco: notò le luci del motel e si sentì sollevata.
Lo fu un po' meno quando dovette prendere addosso tutta la pioggia dal parcheggio all'ingresso, ma non si lamentò; per quello bastava Logan.
Sentirlo bestemmiare la rinfrancò: era questo il Logan che conosceva e di tanto in tanto emergeva, nonostante egli cercasse di essere qualcun altro.

Era questo il Logan di cui si era innamorata.

Andarono alla reception e chiesero due camere.
«Signori, ci è rimasta una sola camera, la pioggia ha allertato molti guidatori» fu la risposta del proprietario, sinceramente dispiaciuto.
«Ti pareva» fu la replica di Logan, che sembrava volesse incenerire con lo sguardo l'anziano signore.
«Non si preoccupi, ce la faremo bastare» disse invece Jean, prendendo la chiave e ringraziò.

Jean aprì la porta della camera, sbuffando per il freddo derivato dagli abiti zuppi di pioggia. Logan la osservò, intirizzita come un pulcino e sorrise: era così bella...

«Allora ci vediamo domani» disse «cerca di riposare.»
«Vuoi scherzare? Tu non dormi in macchina» fece lei, con un tono che non ammetteva repliche.
«Ma davvero?» fu la risposta di sfida di Logan.

Jean non era abbastanza forte fisicamente per pararglisi davanti, bloccando il suo folle gesto; avrebbe potuto farlo desistere controllandogli la mente, ma si limitò a sfiorargli la spalla.

«Sarai diventato anche un bravo professore, ma resti sempre per certi versi come uno studente recalcitrante e ostinato. Tu resti qui, va bene?» gli disse, non nascondendo una vena di allegria per aver notato il suo Logan «Nel caso puoi dormire sulla poltrona, se proprio non desideri dividere il letto» proseguì.
Logan strabuzzò gli occhi chiedendo: «Mi stai leggendo di nuovo nella mente?»
«Te lo ripeto, non ne ho bisogno.»

Così si accomodò sulla poltrona, mentre Jean andò a fare la doccia.
Si tolse il giaccone e Logan poté vedere bene la curva dei suoi fianchi e del seno grazie alla camicetta bagnata, che aderiva al corpo di Jean come una seconda pelle.
Non era bella, era bellissima, e lo sarebbe sempre stata.

La pioggia continuava a imperversare e accompagnato dal tambureggiare dell'acqua sul tetto in legno Logan si ritrovò a pensare che tutti i suoi sforzi erano stati inutili.
Per quanto avesse tentato di allontanarsi da lei, adesso erano davvero tanto vicini, in una stanza piccola, ma accogliente, le cui pareti sembravano volessero farli riavvicinare.
Desiderava abbracciarla, sentire la schiena di lei a ridosso del suo torace, e cullarla, baciandole il collo, promettendole che non l'avrebbe mai più ferita.

L'unico modo per farla stare bene è starle lontano. Ottimo lavoro, cazzone!”

Jean aprì la porta del bagno e gli sorrise, i lunghi capelli rossi che le ricadevano sul volto, fuoriusciti dalla spugna dell'asciugamano in cui li aveva avvolti.
Si sedette sul letto, fissandolo.
Logan ricambiò lo sguardo, stando bene attento a non interrompere quel contatto visivo.
Egli notò che la sua bellezza ora era diversa: Jean gli appariva più matura, più saggia, più comprensiva... e attraente.

Per un istante pensò alla Fenice, alla creatura dentro di lei.
Sarebbe emersa anche in questa vita?” pensò, non senza riflettere all'eventualità che forse sarebbe stato meglio che l'entità cosmica lo avesse ucciso, così non avrebbe più sofferto.

«Vorrei leggerti la mente» le parole di Jean lo riportarono alla realtà.
«Io dico di no» disse, mettendosi sulla difensiva «e vado a dormire in macchina.»

Si alzò dalla poltrona in uno scatto e aprì la porta.

«Logan!» la sentì chiamarlo, mentre la sua mente continuava a ripetergli di non voltarsi e di andare via.

Non voltarti, perché se lo fai potresti fare la cazzata di baciarla, mandando a puttane tutta la distanza che sei riuscito a creare.”

Stette per un attimo immobile davanti la porta e quell'istante si rivelò fatale.
Jean si era alzata e, rapida, aveva poggiato la sua mano destra su quella di Logan, che teneva ancora la maniglia della porta ben salda.
Quel tocco delicato e leggero fu più eloquente di ogni parola, quella carezza fu come un urlo a gran voce, l'urlo disperato di Jean per fargli capire che desiderava averlo accanto, che restasse con lei. Quel grido silenzioso raggiunse il suo animo e prese saldamente la mano di Jean nella sua; con calma poi richiuse la porta, guardandola in volto.

Lo chiamò ancora, questa volta in un sospiro, avvicinandosi a lui, piano, cingendolo con le braccia.
Contraccambiò la stretta e sentì il suo corpo vicino; la maschera era ormai distrutta e ogni barriera abbattuta.

E a Logan andava bene così: aveva deciso di smetterla di fingere e di gettarsi verso di lei, lì dove si trovava l'abisso che sembrava il più incolmabile di tutti.

Jean lo baciò dapprima sulla fronte, scendendo poi sul naso e restando sorpresa del fatto che fu lui a catturarle le labbra in un bacio che aveva aspettato da tanto, ma che non aveva mai confessato apertamente, nemmeno a se stessa, se non proprio durante quel viaggio.

«Mi eri mancato, Logan, io...»

Un altro bacio, più famelico del primo, la interruppe, mentre le sue mani andarono verso i capelli di Logan, il cuore che le batteva forte e che parlava per lei.
Jean sentì di essere del tutto in sintonia con lui e tutto quello che non avevano detto sinora adesso sarebbe stato rivelato.

L'abisso era stato varcato e Logan avrebbe lottato ancora contro i ricordi di un futuro che non sarebbe mai accaduto e che non poteva rivelarle.
Aveva paura, ma sentiva che adesso sarebbe stato tutto più facile con lei.

Certe cose non cambiano mai e certi sentimenti non svaniscono mai.”

And you run and you run to catch up with the sun, but it's sinking.”



Informazioni storia e note autrice.


Nome autore (sul forum e sul sito)
: Layla Morrigan Aspasia sul forum, _Branwen_ sul sito.

Titolo storia: Lì dove si trova l'abisso.
Prompt scelti: citazione di “Time” dei Pink Floyd.
Fandom: X-Men.
Coppia: Logan/Jean.
Introduzione: Quella era esattamente la situazione in cui Wolverine non avrebbe mai voluto trovarsi, una di quelle circostanze che aveva fatto di tutto per evitare e Jean lo sapeva.
Non si era permessa di leggere la sua mente e in teoria non lo aveva fatto.
In teoria. Nella pratica non era stato affatto necessario.
Jean si rende conto che qualcosa non va in Logan che, ancora più scontroso di quanto lei ricordasse, non vuole rivelarle il motivo della sua assenza, nata da quella distanza che ha creato e che cerca di accrescere sempre più, anche se in cuor suo è proprio l'ultima cosa che desidererebbe fare.
Note dell’autore: Dopo aver rivisto Days of future past ho pensato a una piccola storia introspettiva ambientandola dopo questo film, seguendo il filone canon in cui Logan ricorda gli avvenimenti di The last stand, mentre Jean non ricorda nulla dato che gli avvenimenti del primo film citato annulla quelli del secondo. Da qui anche il dilemma dell'uomo e tutti i sentimenti che prova.
Jean, specie nei fumetti, è sarcasmo munita e sa essere anche molto pungente, e ho voluto renderla così. Ho sempre molto amato la loro complicità, tutte quelle parole non dette oltre alle emozioni palpabili tra loro; mi auguro di averle rese al meglio. È la prima volta che scrivo di loro e ringrazio Emmevic per l'occasione che mi ha fornito.
La formattazione per i dialoghi usata è quella della Mondadori.
Il titolo viene da un episodio del gioco Dragon Age Inquisition che ho pensato potesse essere calzante. Il nome della scuola di X è ovviamente in italiano; quando posso avere il corrispettivo nella mia lingua senza che sia forzato lo uso volentieri.
Un grazie di cuore a _Schwarz per la consulenza e il betaggio.
Spero che possa piacere e buona lettura.
E che nessun Capitan America mi dica “linguaggio”. Logan è così, prendere o lasciare, imprecazioni e tutto.

   
 
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