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Autore: Julie05_ShinRan    26/12/2015    4 recensioni
Secondo un’antica leggenda cinese, ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra, questo filo ci lega in modo indissolubile alla nostra “anima gemella”. Potranno passare mesi, anni e ogni tipo di controversa peripezia, ma il destino alla fine farà rincontrare le due anime: se due persone sono destinate a stare insieme niente e nessuno potrà spezzare questo legame.
Questa storia parla di due ragazzi, così vicini seppure così lontani ma uniti da un filo indistruttibile, destinati, quindi, a stare insieme per sempre.
Dal primo capitolo:
"Si sentiva tremendamente in colpa per averla fatta soffrire per tutto questo tempo, lui era la causa dei suoi dispiaceri e questo lo faceva star male, ma ciò che gli dava più fastidio era il fatto che le era stato sempre vicino senza poter dire una parola, l’aveva vista piangere tante volte e tante volte l’aveva consolata o per meglio dire Conan l’aveva consolata, mentre Shinichi continuava a fregarsene e non si degnava di una telefonata. Dava l’impressione di essere un cinico egoista, ma lui sapeva bene di non essere per niente così"
La storia si sviluppa più o meno dal file 971
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dunque, inizio con lo scusarmi per il tremendo ritardo

Scusate Scusate Scusate Scusate Scusate

Ho già detto a fantasie i motivi per cui ho ritardato e li illustro anche a voi:

tra la scuola e le lezioni di danza sono stata così impegnata che non ho prorio avuto un pochino di tempo per dedicarmi al capitolo e come beffa al danno si è aggiunto il mio computer che dopo dieci anni ha deciso di morire.

Ho voluto farvi un regalo di Natale e quindi eccomi :)

è un po' corto, ma non volevo lasciarvi a bocca asciutta :)

Buona lettura, spero vi piaccia :)  

 

 

Erano le sette e un quarto del mattino, Ran era già pronta e stava preparando la colazione, si era svegliata presto e di buonumore: aveva fatto un sogno bellissimo e non vedeva l’ora di raccontarlo a Sonoko. No, forse non era il caso, sapeva benissimo com’era Sonoko e che, civettuola com’era, avrebbe spiattellato tutto in giro, ma sapeva anche che non le si poteva nascondere niente e che avrebbe voluto sapere tutto a tutti i costi. D'altronde era la sua migliore amica, se le avesse chiesto di essere un po’ più discreta l’avrebbe fatto, doveva assolutamente condividere con qualcuno le sue emozioni, sennò sarebbe esplosa.

A passo silenzioso entrò nella stanza di suo padre e si avvicinò al bambino che stava ancora dormendo e con tono premuroso lo incitò ad alzarsi:

- Conan-kun, sveglia, la colazione è pronta.

-Altri cinque minuti - disse il detective affondando la testa nel cuscino.

-Dai, non vorrai fare tardi a scuola?

Il bambino mugugnò un po’, ma alla fine decise che sarebbe stato meglio alzarsi, oziare non avrebbe prodotto alcun frutto e poi non era nella sua natura, odiava stare con le mani in mano, cercava sempre di tenersi in qualche modo impegnato, che fosse leggere il suo libro preferito per l’ennesima volta o giocare a un videogame con i Detective Boys.

Ancora assonnato e con i capelli in disordine si diresse in soggiorno. Sebbene fosse mezzo addormentato, i suoi occhi blu erano comunque vivaci e svegli, così simili ai suoi. Ran non riusciva a capacitarsi di quanto si somigliassero quei due, una volta si era perfino convinta del fatto che fossero la stessa persona, ma si è dovuta ricredere, il giorno della recita scolastica; sebbene avesse dovuto cambiare opinione, non ne era del tutto convinta, qualcosa non quadrava, non sapeva bene cosa, era più una strana sensazione che provava ogni qualvolta si trovasse con Conan o con Shinichi. Iniziava a trovare sospetto il fatto che Conan scomparisse ogni qual volta che tornasse Shinichi e che comparisse magicamente ogni volta che Shin la lasciava sola preferendo a lei uno di quei suoi complicatissimi casi, ma era comunque un dato di fatto che il piccolo riusciva sempre a ridarle il sorriso, a colmare il vuoto lasciatole dal detective stacanovista.

Il bambino cominciò a mangiare, anche se lentamente, non aveva molto appetito: a forza di arrovellarsi il cervello sui misteri della vita gli si era completamente chiuso lo stomaco. La ragazza, che lo guardava con fare amorevole, se ne rese conto:

-Non hai fame, Conan-Kun?

-Non molta, Ran-neechan- “Ran-neechan”… odiava dover usare quel suffisso, non riusciva proprio a farselo piacere.

-Io vado a svegliare papà, sennò dorme fino all’ora di pranzo. Tu vai a prepararti, così andiamo insieme.

-Va bene, Ran-neechan, vado subito- rispose col tono più infantile che poteva.

 

*     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *

 

-Finito!- così enunciò la piccola scienziata, che aveva appena finito di digitare gli ultimi dati sul suo computer.

Aveva lavorato giorno e notte durante l’ultima settimana, per terminare le ricerche per il nuovo antidoto all’APTX4869. Finalmente aveva finito, non era ancora quello definitivo, ma era comunque riuscita a prolungarne sensibilmente la durata; era vicina ad una conclusione, finalmente le notti passate al computer stavano dando i loro frutti.

Si stiracchiò e fece un sonoro sbadiglio, avrebbe dovuto riposarsi di più, ma non poteva proprio permetterselo, si era ripromessa di finire al più presto, l’aveva promesso a Kudo, ma soprattutto a se stessa, voleva rimediare a tutti gli errori commessi, voleva che tutto tornasse come prima, prima che LEI rovinasse la vita a così tanta gente: riteneva di essere la causa della morte di molte persone e, se non poteva ridar loro la vita, voleva almeno salvare quella di Kudo ed evitare la morte di altre persone innocenti per mano di quell’organizzazione di corvi neri.

Si alzò dalla sedia e stropicciandosi gli occhi si diresse in bagno. Si guardò allo specchio: due linee violacee solcavano il suo pallido viso all’altezza degli occhi, il suo sguardo era spento e avvilito, chiunque avrebbe capito che c’era qualcosa che la teneva sveglia la notte, anche se, non tutti, avrebbero compreso cosa.

Aprì il rubinetto del lavandino e iniziò a sciacquarsi il viso; diede un’altra occhiata allo specchio, aveva un aspetto davvero trascurato, cosa alquanto insolita per una bambina di otto anni, doveva assolutamente darsi una sistemata prima di andare a scuola, non sarebbe stata molto credibile se si fosse presentata conciata in quel modo. E soprattutto non voleva che Kudo sapesse che si stava dando così tanto da fare per farlo ritornare adulto, si sarebbe di certo intromesso e, per di più, le avrebbe fatto fretta, a lei piaceva lavorare con calma, senza seccatori tra i piedi e, in quel momento, Kudo era lo stereotipo del perfetto seccatore. E poi, non poteva affatto permettersi di dirglielo, avrebbe voluto a tutti costi un campione dell’antidoto sperimentale e, finché non fosse stata certa degli effetti collaterali, non avrebbe potuto darglielo: rabbrividiva al solo pensiero che uno dei suoi pastrocchi potesse fargli del male.

 

*     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *     *

Stavano camminando da circa cinque minuti uno accanto all’altra, meta: la scuola.

Lei, nella sua divisa blu, perfettamente in ordine, teneva la cartella davanti a se con entrambe le mani, aveva un aria serena e spensierata, stava sicuramente pensando a qualcosa, o per meglio dire qualcuno, che la rendeva felice. Di fianco a lei, un bambino procedeva con lo zaino sulle spalle e le mani dietro la testa, guardava davanti a se, aveva un’espressione assorta e pensierosa e ogni tanto volgeva gli occhi al cielo. D’un tratto trasse un respiro profondo, come a voler raccogliere tutte le forze rimastegli in corpo, quella vita lo esasperava, gli mancava tremendamente la sua, le sue abitudini, il suo stile di vita.

Qualcosa, però, lo distrasse dalle sue preoccupazioni: quattro bambini all’angolo della strada lo chiamavano a gran voce agitando le mani in segno di saluto.

-Conan! Conan!

-Buongiorno ragazzi!- sfoggiò il sorriso più sincero che gli riuscì in quel momento.

-Dopo scuola andiamo a casa del professore a provare un nuovo videogioco, vieni con noi?- disse Mitsuhiko con tono incalzante.

-Sì sì, certo- disse Conan evasivo.

-Conan, va tutto bene?-

-Si, Ayumi, tutto a posto-

-A me non pare proprio, Kudo. A cosa stai pensando?

-L’organizzazione, è un po’ che non si fanno vivi.

Ai sospirò e alzò gli occhi al cielo -Stanno solo aspettando il momento giusto per uscire allo scoperto-

   
 
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