Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: LeMuseInquietanti    26/12/2015    0 recensioni
Pensieri e attimi dei personaggi che mi hanno più colpito di A Song of Ice and Fire. Oggi inizio con Arya Stark, serva del Dio dei Mille Volti.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Bran Stark, Eddard Stark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I venti dell'inverno non filtravano, in quella caverna. Tralci pendenti e un groviglio di radici era tutto quello che si poteva trovare rivolgendo attorno lo sguardo. Il buio lo accompagnava ormai da mesi ed era un ottimo amico. Il principe spezzato era stato molte cose prima di diventare un uomo verde. Prima era stato un bambino che amava immaginarsi in battaglia. Poi uno scalatore provetto che poteva osservare dall'alto il castello di suo padre che un giorno sarebbe stato di Robb e scoprirne i segreti più nascosti. In realta' non aveva mai scoperto nulla, prima di quel giorno. In seguito era stato quasi morto. Quella notte il bambino dentro di lui aveva lo aveva abbandonato ed era risorto come uomo. Non ancora lo sapeva, ma Bran Stark era vivo e destinato a volare. Per volare però bisogna donare qualcosa di essenziale. Gli dei non danno niente in regalo, soprattutto quelli antichi. La vecchia Nan amava dire frasi del genere per insegnargli a non desiderare nulla di impossibile. Lui aveva perso le gambe, forse era quello il prezzo del volo. Non era la sola cosa che aveva perso. I suoi genitori erano morti. I suoi fratelli dispersi. Perfino il piccolo Rickon ormai era da qualche parte a nord di Grande Inverno. Grande Inverno non esisteva più. Eppure Bran non poteva crederci davvero. Qualcosa era rimasto nonostante l'incendio. Cercava la sua casa ogni volta quando smetteva i panni del ragazzo storpio e entrava in quelli di un corvo. Volare non era difficile come sembrava. Bisognava farsi spazio nel ventre dell'uccello e convincerlo a farsi domare. Bran amava volare ma ancora di più provava un brivido quando scivolava nella pelle di Estate. Erano una cosa sola lui e il suo metalupo. Però da quando il Corvo con tre occhi lo aveva accolto oltre la Barriera in quel regno di ghiaccio e foglie rosse come suo adepto non aveva molto tempo per correre alla ricerca di una preda né di andar in cerca del suo vecchio branco. Il Corvo, i figli della foresta, Hodor, Meera e Jojen, il suo povero amico sempre più debole che vedeva futuri verdi nei suoi sogni di nebbia erano tutto il suo mondo. Tutti loro si aspettavano che imparasse presto i misteri degli Alberi del cuore e degli antichi dei. Prima dell'inverno era necessario che lui capisse. Bran non aveva capito come fare ciò che tutti si aspettavano da lui. Poteva essere un uomo a detta di tutti ma in realtà era solo un bambino. Gli alberi erano rossi come il fuoco che aveva divorato casa sua. Erano silenziosi e brulicavano di misteri. Avevano volti scolpiti e parevano vederti dentro. Una spada tra le scapole sarebbe andata meno profondamente di un loro sguardo. Erano esseri intangibili e indifferenti alle lacrime. Lui aveva pianto tanto una volta scoperto che suo padre era morto. Aveva chiesto ai suoi dei che fosse tutto un grosso errore. Avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per rivederlo. Ma forse era merce avariata ormai. Non c'era gusto nel rompere qualcosa di irrimediabilmente compromesso. Bran si era sentito sentito spesso come un guscio vuoto. Quando entrava in Estate erano gli unici momenti in cui la sensazione alla bocca dello stomaco si placava. Erano giorni che conviveva con l'idea della fine imminente. Vedeva il Corvo con tre occhi che era solo un vecchio rachitico più albero che essere umano e si chiedeva se fosse proprio quello che gli dei di suo padre si aspettassero da lui. Era morto per diventare uno di loro? Provava a esser come loro, ma non riusciva a quietare il ricordo del suo passato. Quando apriva gli occhi rossi di resina e sangue dei figli della foresta tornava a Grande Inverno. Gli capitava così spesso di vedere suo padre e in quei momenti non desiderava imparare a capire il linguaggio del tempo e come ripararsi dall'inverno. Voleva solo potergli parlare. Sentire di nuovo la sua voce. Voleva incontrare i suoi occhi grigi e gravi. Suo padre pregava e pregava e Ghiaccio scintillava accanto a lui. Bran provava a chiamarlo ma Ned vedeva solo le foglie vibrare nel vento. Quando tornava nel suo corpo sentiva una rabbia strana montargli nelle vene, come quando cercava di abbracciare Meera per confortarla ma non poteva raggiungerla se non strisciando come un verme. Il corvo diceva che era un ragazzo svogliato e inesperto. Jojen nei momenti di lucidita' gli aveva detto che non si puo' sfuggire al proprio destino. E Hodor quando blaterava con fare solenne pareva ricordargli che l'inverno incombe va su di loro. Bran voleva mandarli tutti al diavolo. Cosa avrebbe dato per essere un lupo. O per pescara con Meera senza dover pensare ai sogni e ai sogni dell'oltre. Erano attimi in cui desiderava solo di tornare a ciò che era stato quando aveva ancora dei fratelli e una famiglia. Prima delle gambe spezzate e dell'incendio. Quel giorno pensò proprio a tutto ciò mentre per l'ennesima volta scrutava in quella bocca degli inferi tramutandosi in un dedalo di linfa e foglie. Stranamente finì di nuovo a Grande Inverno. Riconobbe subito quel parco, anche se qualcosa era mutato dal tempo in cui lui aveva pregato l'ultima volta. Che fosse stato scagliato nel futuro? Era tutto coperto di neve. Aveva voglia di piangere. Poi lo vide. Sembrava fragile come il cristallo. In ginocchio. Aveva gli occhi fissi verso di lui, sembravano occhi conosciuti ma al contempo nuovi. Erano disillusi e spaventati. Persi. Spezzati. Riconosceva quello sguardo che un tempo era stato anche il suo. Ma non erano i suoi occhi quelli che guardavano. Era Theon Greyjoy e per la prima volta non lo vedeva sorridere. Bran parve fare un balzo indietro se solo fosse stato possibile muoversi mentre era in quell'albero pieno di ricordi. Theon sembrava un vecchio, più anziano del maestro Luwin. Quanto oltre si era spinto? L'inverno sarebbe stato così lungo? "Aiutami. Aiutatemi. Qui il Dio Abissale non può udirmi. Questo Reek non ha mai pregato un dio di ferro e acqua. Questo Reek appartiene al Nord. Il principe delle isole di Ferro è uno spettro tormentato dalle vite che ha preso. Antichi dei datemi la forza di fare ciò che è più onorevole." Sentiva la sua supplica. Bran non capiva. Cos'era diventato quel ragazzo tanto caro a Robb? Lui aveva avuto paura di Theon. Aveva creduto in lui e aveva perso tutto facendolo entrare nel loro castello. Era stato condannato a morte. Si era dovuto nascondere per sopravvivere. Era strisciato nelle cripte dei suoi antenati e poi aveva imboccato la strada verso la Barriera. Ma era finito proprio dove il destino voleva che si trovasse. Theon che sorte aveva avuto? Piangeva e sembrava un vecchio. Forse lo era. "Ignoralo" si disse. Ma era uno spettacolo difficile da ignorare. "Non volevo. Non volevo. Ho dovuto farlo. Io volevo bene a tutti loro. Non ho ucciso i piccoli Stark. Ho fatto ciò che mio padre si aspettava da me. Ho creduto a un falso amico. Ho ceduto. Ho visto morire tutti gli uomini di Grande Inverno e i miei uomini di Ferro. Ramsay mi ha preso tre dita. Posso ancora impugnare la spada e ucciderlo. O farmi uccidere. Questi pensieri saranno la mia rovina. Reek non pensa queste cose. Reek vuole morire. Non volevo farlo. Io volevo bene a queste persone. Mi odio per averlo fatto. Ora non sono più quella persona. Ora sono Reek che fa rima con weak, debole. Sono debole e sporco e non ho più un animo da affidare agli dei una volta morto. Nessuno piangera' per me. Ramsay mi darà in pasto alle sue cagne o si farà dei guanti con la mia pelle. Nessuno si ricorderà di me. Non ricordo nemmeno io chi sono" "Sei Theon Greyjoy. Dov'è finito il tuo coraggio? Alzati e combatti. Sei uno di noi". Si sentì sciocco per aver detto questo, per averlo pensato. Per averci creduto. Per un attimo Reek alzo' lo sguardo verso il viso arcigno scavato nel tronco. Gli parve quasi di esser visto. Non era possibile, non era possibile... "Bran?" Bran si portò le mani alla bocca. Senti' voglia di vomitare. Fu come precipitare all'infinito all'indietro attratti da una forza sconosciuta. Come cadere dalla torre di nuovo consci di non saper volare. Quando aprì gli occhi il Corvo lo fissò con il solito sguardo canzonatorio. "Che bambino dispettoso che parla in nome degli dei. Forse stavolta però hai finalmente messo da parte il tuo orgoglio e le faide personali. Quel ragazzo aveva bisogno di risposte per fare ciò che deve. E tu gli hi fornito un dono inestimabile" "Cosa ho fatto? Non ho fatto niente" "Invece hai fatto il giusto Bran. Gli hai ricordato chi è davvero, perché esiste e come raggiungere la strada di casa. Gli esseri umani pensano di non poter sapere sempre tutto e sono convinti che gli dei abbiano delle risposte che per qualche motivo sono a loro oscure. In realta' sanno più di ciò che sembrerebbe. Il compito degli dei è spingerli a cercare, ad andare più in fondo. Bran, sei stato bravo. Forse dopotutto non sei del tutto inutile come ti senti" Quella notte Bran non volle volare né correre né aggirarsi a due piedi urlando Hodor nella caverna. Quella notte fu semplicemente se stesso. Brandon Stark di Grande Inverno. Il ragazzo che era morto per rinascere dio.
  
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