Serie TV > I Borgia (Faith and Fear)
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Autore: Greta Farnese    26/12/2015    0 recensioni
Perdonate la mia clamorosa assenza su EFP! Ritorno ora con una Fan Fiction ambientata in "Borgia - Faith and Fear", la serie francese dei Borgia, per intenderci, che ho cominciato a vedere un po' di tempo da dopo aver terminato la canadese.
Questa storia è un po' strana persino ai miei occhi, lo ammetto, ma ho voluto sperimentare e vedere cosa sarebbe successo.
Guardando la serie, dalla puntata in cui Alessandro aiuta Lucrezia ad ottenere l'annullamento dalle nozze con Giovanni Sforza, mi sono ritrovata a shippare troppo Alessandro&Lucrezia, e anche se so già che non accadrà niente tra loro (sebbene sia alla 2x02), la mia mente malata ha deciso di provare a scrivere di una loro love story.
Questa Fan Fiction esplorerà dunque il mutamento del loro rapporto dal funerale di Pedro Luis, dove si rivedono dopo un paio di anni.
Spero che possa piacere; le recensioni sono, come sempre, gradite.
Un abbraccio e buona lettura :))
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ALESSANDRO
Notai che Lucrezia era rimasta spaventata dalla mia entrata improvvisa, e ancor di più dallo scoprire che avevo sentito la sua ultima frase. Potrete ora pensare che stessi origliando, ma sareste in torto. Non avrei avuto motivi per farlo, ma scendendo le scale ed entrando, avevo sentito l'ultima parte della conversazione.
A dire il vero la battuta che avevo fatto esordendo non me la sarei aspettata nemmeno io. Io e Giulia eravamo molto legati, e in genere la difendevo da qualsiasi offesa o insulto, seppur minimale. Ma quella volta scattò in me qualcosa, come se sentissi che in quel momento era Lucrezia ad aver ragione e mia sorella torto. Sapevo che questa uscita non mi sarebbe stata perdonata da Giulia con facilità, ma in quel momento il mio cuore aveva vinto sulla mia testa.
Oh, ma cosa stavo dicendo? Cuore? Lucrezia era la sorella del mio migliore amico, mi ripetei per la millesima volta in nemmeno due giorni. Solo la sorella del mio migliore amico.
- Non avrei voluto spaventarvi - trovai la forza per continuare. Giulia mi stava già guardando storto, così come Adriana da Mila, la terribile cugina del cardinale Borgia. Le guance di Lucrezia, invece, erano diventate dello stesso colore dei suoi capelli e non riusciva a dissimulare il suo profondo imbarazzo.
- Mi dispiace, io... Non volevo, è solo che... - balbettò.
- Non è nulla, so per esperienza personale che mia sorella molte volte è davvero insopportabile - cercai di calmarla prendendo un bicchiere e servendomi del caffè senza nemmeno sedersi. Ciò mi sorprese nuovamente, poi ricordai che Lucrezia, prima di "insultare" Giulia, aveva prima detto che io ero amabile... 
Questo pensiero mi imbaldanzì. - Grazie per il complimento, comunque - sorrisi poi, accostando le labbra alla tazzina di caffè.
Mi dispiacque constatare di aver solo aumentato il suo imbarazzo con quest'ultima affermazione.
- Posso garantirti, Lucrezia, che mio fratello non sa nemmeno cosa sia l'amabilità - intervenne Giulia. Mi stava rendendo pan per focaccia, si capiva alquanto bene. - Per certi versi siamo più simili di quanto possa apparire.
- Detesto contraddirti, ma dissento, cara sorella - la fermai con un sorriso glaciale, sebbene sapessi che un po' me lo meritavo.
Speravo di aver dissimulato l'imbarazzo di Lucrezia, e in effetti le sue guance erano meno rosse, sebbene ora rivolgesse tutta la sua attenzione alla fetta di torta che aveva davanti.
Adriana mi rimbeccò, interrompendo il flusso di pensieri. - Giovanotto, se volete restare a conversare con noi signore e a fare colazione dovete sedervi. Non sta bene che ve ne stiate lì in piedi guardandoci dall'alto in basso.
Prima che potessi rispondere, Lucrezia posò sulla tavola il tovagliolo che aveva in grembo e si alzò. - Perdonatemi, cugina, ma l'aria viziata non fa che aumentare il mio mal di testa. Mi ritiro nelle mie stanze.
Da degna Borgia, si allontanò senza nemmeno aspettare la sua risposta.
- Non resto, cugina Adriana, grazie ugualmente. Ho... Ecco, devo assolutamente... Rivedere un testo per l'università.
Avevo improvvisato totalmente, e come Lucrezia, uscì dalla stanza senza salutare né lei, né mia sorella.

LUCREZIA
Uscii dalla sala più imbarazzata che mai. Avevo solo voglia di riaddormentarmi e di dimenticare la figuraccia che avevo fatto con Alessandro. Appena mi richiusi la porta alle spalle, mi allontanai velocemente, ma essa si raprì e richiuse poco dopo. Sperando che fosse un semplice servitore che entrava o usciva, non mi voltai e continuai a incamminarmi verso le scale.
- Lucrezia! Aspetta! 
Alessandro. La voce di Alessandro. Non mi sarei voluta voltare, ma era come una calamita, e mi girai quasi avidamente, avida di raggiungere quella voce, di risentirla nuovamente. Me lo trovai di fronte, e come al solito, non mi venne nulla di brillante da dire.
- Volevo scusami per averti messa in imbarazzo - proseguì.
Com'era dolce e carino! Si scusava lui con me, quando sarebbe dovuto essere il contrario. Decisa ad essere me stessa, gli risposi proprio con queste parole: - Dovrebbe essere il contrario, Alessandro. Sono io ad essere dispiaciuta, per tutto, e se potessi tornare indietro, lo farei senza esitare.
Sorrise furbescamente. - E perché? Non parlavi male di me, in ogni caso.
Chinai il capo, probabilmente per nascondergli il rossore che rischiava di nuovo di colorarmi le guance.
- Allora... - mormorai, decisa ad andarmene.
- Hai detto che l'aria viziata aumenta il tuo mal di testa, cos'hai? - mi interruppe Alessandro, poggiandomi una mano sul braccio. 
Mi sono chiesta spesso in seguito se non fosse stato quel tocco a far cambiare tutto. Non mi ero resa conto fino a quel momento di quanto la mia pelle urlasse per ottenere un contatto con lui. Un semplice, insignifcante gesto mi aveva già messa ko. Il giovane, affascinante Farnese era davvero solo un amico, per me?
- Nulla di grave - bisbigliai, sebbene non volessi farlo. - Mi sono solo svegliata con una lieve infreddatura.
Sorrise, allora, togliendo la mano dal mio braccio. Il suo sorriso mi piacque, il fatto che avesse tolto la mano invece no. - Non c'è nulla di meglio in questi casi di una passeggiata, fidati, lo so per esperienza personale. Permettimi di accompagnarti.
Un'eccitazione iniziò a salirmi nel petto. - Con molto piacere - riuscì a rispondere, sebbene avrei voluto mostrare il mio assenso con un abbraccio o un bacio sulla guancia.

ALESSANDRO
Avevamo tempo, tempo davanti a noi. Tempo per stare soli, io, lei e nessun altro. Mentre uscivamo dalla porta sul retro, mi ripromisi di comportarmi come sempre e di non cadere nello stato semi-balbuziente del giorno precedente.
- Raccontami di te, Alessandro - fu lei ad iniziare la conversazione, a mia sorpresa. - Cos'hai fatto in quest'anno?
- Ho frequentato l'università e... - feci una pausa, di certo non potevo proseguire con ciò che avevo intenzione di dire.
- E...? - mi incoraggiò.
Stavolta arrossii io. - Non credo proprio vorreste sentirlo.
Parve intristirsi. - E' una cosa tanto brutta?
- Troppo - risposi abbassando la testa. Ma cosa mi era venuto in mente? Già partivo male.
- Se non me la dici, torno dentro! - si inalberò allora Lucrezia, fermandosi e incrociando le braccia al petto.
Cesare mi aveva detto di quanto sua sorella fosse brava a lasciar parlare la gente, ma non immaginavo che fosse a questi livelli. Pareva davvero interessata a ciò che dovevi dire, come se non fosse animata da semplice curiosità, ma come se la sua vita dipendesse dal sapere quel piccolo segreto. E tu ti trovavi a cedere, pur di non vederla dispiacersi.
- Ahhh! - mugugnai apposta, per farla ridere, e ottenni l'effetto sperato. - E va bene - dissi poi. - Ma ti avverto che tutta la buona opinione che sembri avere di me crollerà.
Avvicinai le labbra al suo orecchio e parve irrigidirsi. Scacciai il pensiero e proseguii. - Ho frequentato l'università e... Qualche bordello di troppo - ammisi.
Scoppiò in una sonora risata. - Tutto qui?

LUCREZIA
Mi ero immaginata qualcosa di molto peggio. Forse si era dimenticato che stava parlando con una Borgia, una che aveva uno zio cardinale ben provvisto di amante, una madre che i bordelli li gestiva, un fratello maggiore che aveva fatto dei postriboli la sua seconda casa e uno minore che aveva messo incinta una prostituta di Pisa.
Continuai a ridere guardando l'espressione stupita di Alessandro. - So molto di bordelli, sebbene di esperienze non ne abbia alcuna.
Parve sollevarsi. - Ci sarebbe mancato altro! 
A quel punto lo guardai. - Ma sono promessa in sposa a un certo don Gaspare da Procida! Un damerino che non è affatto adatto a me, o alla mia illustre famiglia.
- A te forse no, ma alla tua famiglia sì. Deve aver offerto a tuo zio qualcosa di grosso, o non l'avrebbe tenuto in considerazione nemmeno per lustrarti le scarpe, Lucrezia - mi disse.
Le sue parole suonarono nuove al mio orecchio. - Cosa intendi?
- Non lo sai? - mi chiese, sinceramente stupito.
- Dipende da cosa credi che tu non sappia.
Mi piaceva il nostro modo di conversare, e mi piaceva di potermi aprire con lui. Mi piaceva davvero tanto.
- I matrimoni sono quasi sempre un fatto politico. E' come una specie di... - si interruppe, forse per trovare la parola giusta. - Accordo, tra i due capi-famiglia. Lo sposo riceve non solo una moglie ma una dote, cospicua se la famiglia di provenienza è fiorente. La parte della sposa, invece, riceve quasi sempre un tornaconto maggiore. Nella maggior parte dei casi un'alleanza, oppure un feudo, cavalieri, o anche titoli, nomine. In un contratto nuziale vengono poste molte condizioni. Ora, più le casate sono nobili e importanti, più esse sono elevate. Per tuo zio tu sei un'arma. Sei più importante di Cesare, Giovanni e Goffredo messi insieme. E lo sai perché? Perché se si gioca bene le carte, da un tuo matrimonio potrà ottenere in una volta sola un'alleanza, un appoggio incodizionato per ottenere il papato o qualche altro mezzo. Non ti avrebbe mai promessa a qualcuno che non soddisfi le esigenze della tua famiglia, di questo puoi star certa. Può non piacere a te, ma a lui deve, e molto, anche.
Alessandro era la prima persona a spiegarmi il mio ruolo. Un ruolo da pedina, che avrei ricoperto per tutta la vita. - Grazie, Alessandro - trovai la forza di mormorare.
Non potè rispondermi nulla, perché sopraggiunse Cesare.
- Il Papa, prostrato dalla febbre, affronta le sue ultime ore di vita! - ci informò gridando. - Lo zio ha predisposto indicazioni precise. Lucrezia, vai nella tua stanza, dove ti aspettano Adriana e Giulia. Fai tutto ciò che nostra cugina ti dirà. Alessandro, tu e io dobbiamo occuparci di una faccenda di protezione. 
Era quello, era quello, ne sono sicura, l'istante in cui il corso della mia vita mutò completamente.
   
 
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