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Autore: xxTabris    27/12/2015    3 recensioni
"Nei miei incubi peggiori, vedo me bambino in ginocchio nel sangue, e imploro che mi venga restituito mio fratello."
[Envy/Ed]
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Envy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tuo peggiore incubo

 Nell'ormai autunno inoltrato, le foglie secche coprivano il terreno come un enorme tappeto cangiante. Esattamente come tessere di un grande puzzle, andavano a coprire il sottobosco e non si riusciva ad intravedere nemmeno un lembo di terriccio. Lo scricchiolìo causato dalle foglie schiacciate sotto i suoi passi, era l'unico rumore che disturbava la quiete di quel luogo. In quel bosco fuori città, dimenticato da tutti in quel periodo, aleggiava un'atmosfera di quiete, come se il tempo si fosse fermato. Eppure, a scandire i secondi che passavano lenti e regolari, c'erano i suoi passi, che cercavano impazienti la fine delle distese di alberi e la vista su Central City. Quella maledetta foresta non sembrava così grande e, soprattutto, così  dannatamente tutta uguale, vista da fuori. In fondo, Edward  non avrebbe nemmeno saputo dire perchè era così teso e nervoso mentre camminava in quel posto. Aveva passato esperienze peggiori dell'essersi perso in un boschetto come quello. Se l'avesse visto la maestra adesso, così in ansia mentre cercava disperatamente di trovare la strada giusta, gli avrebbe riso in faccia. Non era niente, se confrontato con il suo allenamento sull'isola. Anche se stavolta non c'era suo fratello Alphonse con lui, era assolutamente in grado di farcela anche da solo. Già. Da solo. Il rumore di altre foglie schiacciate sotto dei passi che non erano i suoi, ma che lo seguivano con perfetta calma, qulache metro più indietro, gli ricordarono quanto gli sarebbe piaciuto trovarsi veramente solo. Anche se si stava sforzando di trovare una risposta, la sua mente non riusciva a trovare alcuna spiegazione logica per giustificare la situazione in cui si trovava. Perchè era finita così? Cosa doveva essere, una specie di punizione? Senza dire una parola - si era ripromesso che non avrebbe mai iniziato un discorso per primo finchè fosse rimasto solo con lui - notò un piccolo segno inciso sul tronco di un albero ad una diecina di passi da lui, alla sua destra. Ne tenne conto mentalmente, cercando di fare ordine nella mappa che stava costruendo nella sua testa, ma cercò di ignorarlo come meglio potè. Non voleva assolutamente ammettere all'idiota dietro di lui che si era perso. Sospirò lievemente e continuò a camminare dritto di fronte a sè, apparentemente mantenendo la direzione che aveva deciso di seguire. Dietro di lui, la voce del suo compagno lo colpì, dura come uno schiaffo, ricordandogli che era impossibile cercare di nascondere qualsiasi cosa con uno come lui.
 - Ehi, guarda che da qui ci siamo già passati, piccoletto d'Acciaio. Quel segno sull'albero lo hai fatto meno di un'ora fa. Non eri tu che avevi senso dell'orientamento?
A quelle parole, Edward non potè fare a meno di voltarsi e sbottare:
 - Sta' zitto, stupido homunculus! So benissimo dove siamo! E smettila di chiamarmi "piccolo"!
 Ma nonostante il finto tono scocciato con cui Envy aveva protestato, Ed capì benissimo che non era affatto dispiaciuto di non essere ancora uscito da quel bosco. Il suo odioso sorrisetto sarcastico non era sparito un attimo da quando avevano iniziato a camminare ed era più che evidente che ci godeva a farlo indispettire in quel modo. Eppure, non riusciva proprio a non rispondergli a tono.
 - Smettila di protestare e cammina, prima che faccia buio sarò uscito da qui.
 Con o senza di te, idiota. Si voltò di nuovo e riprese a camminare, con la triste convinzione di non avere la più pallida idea di dove erano o di quanto ci sarebbe voluto per tornare in città. Potendo solo immaginare che espressione divertita doveva avere l'homunculus in quel momento, sentì una lieve risatina canzanatoria. E così, era una sfida?
 - Sicuro.
 Era una sfida. Persa in partenza, forse. Ma in fondo, era solo mezzogiorno, e anche continuando a camminare senza una precisa idea di dove fossero, probabilmente sarebbe stato in grado di trovare ciò che stava cercando. Oltre al fatto che mai avrebbe voluto fermarsi a riposare con quello stupido tra i piedi.
 Così, mentre continuava ostentatamente a camminare, la convinzione che quel momento sarebbe presto arrivato, si fece sempre più strada dentro di lui. Il momento in cui avrebbe dovuto ammettere a sè stesso che ciò che lo rendeva così nervoso, era la presenza di quell'idiota di Envy.

 Sicuramente, la prima volta che l'aveva visto, Envy non avrebbe mai pensato che il piccoletto d'Acciaio potesse essere così divertente. Per tutto il tempo che erano stati insieme, Ed non aveva spiccicato parola, distanziandolo appositamente di qualche metro e ignorandolo il più possibile. Il piccoletto era agitato, bastava una sola occhiata per capirlo, e di questo non poteva che esserne soddisfatto. Chissà poi porchè Edward aveva iniziato ad interessarsi così tanto a lui. Oh, il motivo era più che ovvio, ed un tipo sveglio come Envy lo aveva capito subito: chiaramente il piccoletto voleva sfruttare lui come punto di contatto con il Padre, o sperava solo di riuscire a scoprire qualche informazione in più. Ma quello che Edward non sapeva, era che non si sarebbe lasciato sfruttare da nessun essere umano al mondo, e tanto meno da un nanerottolo come lui. E, evidentemente, l'alchimista di stato non si rendeva conto di essere uno spassoso passatempo. Era così. Envy avrebbe voluto ucciderlo subito. Se era ancora in vita, era perchè il Padre gli aveva espressamente ordinato di non torcergli nemmeno un capello. Non che Envy amasse eseguire gli ordini, specialmente quelli impartitogli da quell'uomo. Comunque, se non poteva ucciderlo, tanto valeva divertirsi con lui. Ed Envy lo faceva, si divertiva. Vedere il piccoletto che gli sbraitava contro non aveva prezzo, più si arrabbiava, più era spassoso. Ormai era diventato il suo passatempo preferito, importunarlo. E quando iniziava il suo facile gioco - perchè far arrabbiare l'alchimista d'Acciaio era qualcosa che aveva imparato benissimo a fare - sentiva che almeno una piccola parte di tutto il disgusto che provava per gli esseri umani spariva. In fondo, lui era un essere superiore, perfetto, non aveva motivo di odiarli così tanto se poteva schiacciarli come mosche. Ma non Edward. Non avrebbe mai voluto schiacciare la sua fonte di divertimento.
 Ormai era tutta la mattina che camminavano, e sapeva benissimo che, nonostante tutte le arie che si sarebbe dato, il piccoletto non avrebbe cavato un ragno dal buco. Doveva essere una tortura non da poco trovarsi perso in un bosco solo con lui. E la cosa non poteva divertirlo di più. Tuttavia, adesso era un po' troppo che lo lasciava in pace, se non lo stuzzicava almeno un pochino, la faccenda si sarebbe fatta davvero noiosa. Così, appena gli venne in mente un nuovo modo per infastidire il piccoletto trattenne a stento una risatina e decise di mettersi subito all'opera.
-Ehi, Edward.- per quanto adorasse prenderlo in giro per la sua altezza, non avrebbe avuto senso farlo arrabbiare subito. Prima doveva farlo innervosire, e questo gli riusciva benissimo.
- Ormai è da un bel pezzo che stiamo camminando, eh. Non sarai stanco? Certo, io sono un homunculus e non sento la stanchezza, ma tu non ti starai affaticando troppo?- chiese con tono canzonatorio. Era fin troppo ovvio che il piccoletto fosse stanco, ma sapeva che non l'avrebbe mai ammesso. Infatti, dopo qualche secondo di silenzio, estremamente scocciato sbottò che avrebbe potuto continuare ancora per due giorni senza mai fermarsi. Stavolta Envy non riuscì a trattenersi e rise di gusto. Che presuntuoso, ma figuriamoci!
-E dai, facciamo un pausa di qualche minuto, così da riposato troverai meglio la strada. Siamo appana passati di nuovo davanti allo stesso tronco, sai? Capisco che siano tutti uguali, ma almeno potresti evitare di farci girare in tondo.
-Ti ho detto di stare zitto, idiota! So benissimo dove siamo e non mi voglio fermare!
Mpf, ma certo. Sapeva che Ed si stava agitando; si agitava sempre quando era solo con lui. Beh, non poteva che esserne lusingato.
-Va bene, ma almeno dì qualcosa, non vorrei che ti si seccasse la gola a forza di star zitto.
-Non ho voglia di parlare con te. Ti ricordo che è colpa tua se sono in questo pasticcio.
 Vero anche questo, aveva deciso lui di incontrarsi in un luogo che non conosceva, per farlo perdere. Ma non poteva certo dirgli che l'aveva fatto di proposito. Così, con espressione fintamente pentita, continuò il suo gioco.
-Oh, povero alchimista d'Acciaio, quanto mi dispiace. Ma che ti piaccia o no, io mi sto annoiando, quindi dì qualcosa di divertente mentre cerchi l'uscita.
Stavolta Ed non rispose nemmeno, sempre dandogli di spalle, contenendosi per non mandarlo al diavolo. Ma Envy sorrise. Il divertimento era appena iniziato.
-Allora facciamo un gioco! E' molto divertente, l'ho visto fare agli umani!
-E da quando noi umani ti interessiamo così tanto, Envy?
-Bah, per quanto siate limitati, per lo meno sapete inventarvi passatempi carini. Chissà poi dove lo avete tutto questo tempo da passare. Senti questa. Devi dire qualcosa che lega con ciò che ho detto io. Non è divertente?
-Uno spasso.
-Bravo, vedo che capisci! Allora inizio io! La prima parola è... "piccolo"!
-Ora basta, questo è troppo!
Eh, già. Edward Elric era davvero divertente.

Appena Edward battè le mani insieme, una debole fiammella di alzò dal mucchietto di legno che aveva preparato per il fuoco. L'alchimista iniziò a soffiarci lievemente sopra, finchè le fiamme non si propagarono anche ai legnetti circostanti e il falò fu sufficientemente grande per generare calore.
- Accidenti, piccoletto, sei davvero bravo. Ti sei fatto dare lezioni da quel bellimbusto del Colonnello Mustang?
 Edward lo guardò storto, con l'amara consapevolezza di aver subito l'ennesima sconfitta. Alla fine era calata la notte senza che lui fosse riuscito ad arrivare a Central City, non era riuscito neanche ad uscire dal bosco, e adesso, per tutta la sera, gli sarebbe toccato sorbirsi le prese in giro di Envy. Quel che era peggio, aveva ragione. Sospirò con aria sconsolata, ingoiando quell'ennesima punzecchiatura, più rassegnato che arrabbiato. Stare tutto il giorno con Envy lo aveva stancato moltissimo. Ma, sebbene sopportarlo fosse sempre difficile, non gli andava di dargliela vinta di nuovo.
- Per accendere un fuoco non c'è affatto bisogno dell'alchimia del Colonnello. Perchè avvenga la combustione bastano tre semplici cose: un combustibile, che sarebbe la legna, un comburente, cioè l'ossigeno dell'aria, e un innesco.
 Guardando l'espressione perplessa che Envy stava mettendo su, Ed decise che voleva assolutamente vincere quell'ultima sfida. O gioco, come lo avrebbe definito l'homunculus. In fondo, per lui era solo un divertimento vederlo innervosito, lo sapeva. Eppure, per quanto se lo imponesse, non riusciva a rimanere calmo.
- Di legna e ossigeno ce n'è in grande quantità da queste parti. Io ho solo usato il calore come innesco.
- E dove l'avresti preso, genio? Hai imparato a trasmutare il sole? Qui si gela, altro che calore!
 Non era sicuro se Envy potesse effettivamente sentire il freddo del bosco - o il freddo in generale, visto come se ne andava sempre in giro conciato - o se lo stesse di nuovo prendendo in giro. Cercando di ignorare il suo tono canzonatorio, Ed continuò a spiegare.
-Farà anche freddo, ma nell'aria c'è sempre un po' di calore. L'ho semplicemente raggruppato intorno al combustibile per far accendere il fuoco. Alla fine, nell'alchimia non c'è alcuna magia, la sua base è la mera comprensione della realtà.
- Bah, io non ci capisco niente, piantala con i ragionamenti difficili, tanto rimani lo stupido bamboccio di sempre.
 Ed lo guardò di sottecchi, limitandosi a continuare ad alimentare il fuoco. Qualunque cosa dicesse, non riusciva proprio a spuntarla. Sentiva lo stomaco vuoto che gli doleva, le poche bacche che aveva rimediato per la cena non l'avevano affatto riempito, così, per ignorare la fame, si distese accanto al fuoco, girandosi sul fianco verso la destra, in modo da non dover vedere l'homunculus. Non che gli piacesse l'idea di addormentarsi con lui accanto, ma non aveva altra scelta. Camminare nel bosco di notte non sarebbe servito a nulla e non era nelle condizioni di poter rimanere sveglio tutta la notte. Inoltre, sapeva che Envy non gli avrebbe fatto del male. Non sapeva ancora come, ma per gli homunculus era importante che lui rimanesse in vita. E poi, quello stupido non si sarebbe certo privato da solo del suo "passatempo". Chiuse gli occhi, sperando di precipitare velocemente nell'incoscienza e poter finalmente riposare un po'. Ma Envy non aveva alcuna intenzione di lasciarlo in pace.
- Non dirmi che hai già intenzione di dormire! E' vero che un bimbo come te dovrebbe dormire tanto, ma così esageri...
 Sentendo quelle parole, Ed si rimise seduto in una manciata di secondi, guardandolo furibondo.
- Io non sono più un bambino, è chiaro?! Sono solo un essere umano, scusa se non riesco a fare a meno di sentire la fatica come te!
- Già, voi umani siete così delicati... veramente odiosi.
 Dopo qualche secondo di silenzio, Envy riprese a parlare. Era evidente che il discorso non era ancora finito.
- A proposito di cose odiose, sai che la scorse notte ti ho sognato, piccoletto? Era veramente un incubo, rompevi anche in sogno. "Smettila qui, smettila là, tu sei idiota, io non sono piccolo", tutto così. Alla faccia del riposo!
- Credevo che voi homunculus non avevate bisogno di dormire.
- In realtà no infatti, ma niente ci vieta di farlo. Certo, se devo sognare certe cose, meglio che rimanga sveglio. E' stato un incubo davvero orrendo.
- Almeno su questo allora non invidierai gli umani.
- Io sarei invidioso di voi umani? Ma dove? Tu ti sei bevuto il cervello, piccoletto!
 Ed sorrise. Almeno una volta era riuscito a far arrabbiare lui Envy, e non viceversa. Davvero interessante. Forse, erano più simili di ciò che non immaginava.
 Scosse la testa con decisione. Ma che pensava? Doveva essere davvero stanco per fare simili ragionamenti.
- Se non hai nient'altro da dire, homunculus, io dormirei.
- Che tristezza, piccoletto, la notte è giovane! Parliamo ancora un po'!
- Dì, ti diverti molto a non farmi riposare un attimo? Stare tutto il giorno appiccicato ad un idiota come te è stancante.
- Si, mi diverto molto. Ma mi annoio a parlare di me, parliamo di te invece.
- E cosa vorresti sapere, scusa?
 Ed non capiva dove l'homunculus volesse arrivare. Erano poche le volte in cui gli capitava di fare discorsi seri. In fondo, non riusciva mai a capire dove finisse lo scherzo. Ammesso che finisse. Envy che voleva parlare di lui? Il pensiero lo imbarazzò leggermente. E da quando?
- Beh, stavamo parlando di sogni, no? E di sicuro tu ne fai molti più di me. Dì un po', anche tu mi sogni?- chiese con fare divertito.
- Fortunatamente no, ci mancherebbe questa.
- Come sei cattivo, piccoletto d'Acciaio! E allora sentiamo, quale sarebbe il peggiore incubo che hai fatto? Sorprendimi, deve essere veramente orribile! E io di cose orribili ne ho viste.
 L'alchimista biondo non seppe  dire cosa lo portò a rispondere. Non aveva nemmeno capito come fossero arrivati a quel discorso, ma sapeva che era veramente odioso. Si chiese se anche suo fratello fosse curioso di conoscere i suoi sogni, o meglio incubi. In fondo, non parlavano mai di queste cose.
- Nei miei incubi peggiori, vedo me bambino in ginocchio nel sangue, e imploro che mi venga restituito mio fratello.
 Il silenzio calò di colpo, severo, pesante, grave. Non appena Ed diede le spalle ad Envy, l'espressione sarcastica morì sul volto dell'homunculus. Non era ciò che si aspettava. Per quando il piccoletto fosse il più giovane genio ad aver ottenuto il titolo di Alchimista di Stato ad Amestris, mentre si voltava, ad Envy sembrò più fragile di qualunque altro essere che avesse mai visto. Non era compassione quella che provava per lui. Non era invidia. Era qualcosa che ancora non aveva conosciuto. La stomaco gli sembrava pesante, improvvisamente, e il rimorso si fece lentamente strada in lui. Si sentiva in colpa, adesso. Uno stupido sentimento umano. Che schifo. Ignorò quella sgradevole sensazione. Lui, la personalizzazione dell'invidia, si sentiva in colpa? Era addirittura dispiaciuto per il piccoletto? Ridicolo. Eppure, piano e in silenzio, non potè fare a meno di portarsi dietro l'achimista e, schiena contro schiena, si appoggiò a lui nel modo più delicato che conosceva. Solo il crepitìo del fuoco che illuminava le loro figure interrompeva il silenzio della notte. L'essere artificiale non sapeva perchè si desse pensiero per un mero passatempo. Non avrebbe saputo dire se il calore che sentiva adesso provenisse dalle fiamme o dalla schiena dell'alchimista. Per quanto il suo corpo fosse simile a quello degli umani, non avrebbe mai potuto sprigionare quel tenero tepore.
 Ed girò il viso cercando di vedere l'homunculus appoggiato dietro di lui, stupito e leggermente imbarazzato.
- Envy? Ma che stai facendo?
- Niente, piccoletto. Stavo scomodo, fammi appoggiare.
- Ti ho detto di smetterla di chiamarmi in quel modo. Io non sono affatto piccolo!
 A quelle parole, l'homunculus non potè non sorridere leggermente e in quel momento fu felice che Edward non potesse vederlo in faccia.
- Che rottura che sei, non dovevi dormire?

 Sentendo il rumore di foglie calpestate, Ed aprì gli occhi di scatto. Si era addormentato disteso vicino al fuoco, di cui ormai rimanevano soltanto le braci ardenti e qualche fiammella ostinata. Envy era appoggiato con la schiena ad un albero di fronte a lui e dormiva profondamente. O meglio, faceva finta, perchè al secondo rumore aprì gli occhi tranquillo, cercando subito il suo sguardo. Erano passi, non c'erano dubbi. Una persona sola. Per quanto cercasse di camminare con passo felpato, le foglie secche sparse sul terreno lo tradivano. Si avvicinava sempre di più a loro. Ed portò in silenzio le mani di fronte a lui, pronto ad eseguire una trasmutazione. Ma quando lo sconosciuto fu a poco più di cinque metri da loro, si fermò per poi tornare sui suoi passi.
 Il volto del giovane alchimista di incupì. Chi era? Cosa ci faceva in quel posto a quell'ora? Se era qualcuno che si era perso nel bosco, non sarebbe certo tornato indietro dopo aver trovato altre persone. E poi, la foresta non era così frequentata, specie in quella stagione. No, chiunque fosse arrivato fin lì, stava cercando loro. E se era tornato indietro, probabilmente sarebbe andato a chiamare altre persone. I due si guardarono istintivamente. Erano soldati dell'esercito? O qualcuno mandato dal Padre? In ogni caso, c'erano diverse persone che non avrebbero visto di buon occhio un Alchimista di Stato e un homunculus insieme. Alla fine, Edward aveva deciso di avvicinarsi ad Envy per conto suo. Per scoprire informazioni sul Padre, non aveva chiesto aiuto all'esercito, che cercava di catturare gli uomini artificiali. Ed Envy? Aveva forse chiamato i suoi compagni? Erano lì per lui? Chiunque fosse stato, sicuramente non aveva buone intenzioni. Ed balzò in piedi, trasmutando l'automail, e si posizionò accanto all'homunculus, già pronto ad attaccare. Potevano solo attendere e stare in guardia.

 Quando l'alchimista intravide il primo nell'oscurità del bosco, fu troppo tardi. Erano una diecina e li avevano circondati. Non erano soldati, non avevano la divisa. Ma allora? I gruppi di banditi in quella zona di Ametris si erano sciolti molto tempo prima. Il bosco era troppo vicino al Quartier Generale dell'esercito per essere sicuro. E poi, nessuno passava mai di lì, non avrebbe avuto senso di esistere. Vedendo le loro armi, Ed vide i suoi sospetti confermati. Chiunque fossero, quegli uomini erano lì per loro e sicuramente non per indicare la via verso Central City.
- Si può sapere chi siete? Che volete?
 Il giovane cercò di assumere un'espressione minacciosa, nonostante lui e il suo compagno fossero in netto svantaggio, avevano comunque una buona probabilità di vincere, se se la giocavano bene. Fu un omaccione con in pungo un'ascia dall'aria molto pesante a parlare per primo, ma non rispose alla domanda che era stata loro rivolta.
 - Che succede, Dag? Non avevi detto che c'erano entrambi? Io qui vedo solo questo piccoletto, dov'è finito l'altro? Il cliente ci ha detto chiaramente che li vuole entrambi.
 Sentendo quelle parole, Edward si girò di scatto, ma non c'era nessuno. Solo altri banditi, armati, che lo avevano accerchiato. Di Envy non c'era traccia.
- Ti dico che erano in due, capo! L'altro dev'essere scappato!
 L'uomo con la scure ruggì qualcosa in faccia a Dag, che doveva essere l'uomo che era venuto a controllarli, prima di ricominciare a parlare. La voce roca arrivò come ovattata alle sue orecchie. Non riusciva a crederci. L'homunculus non c'era più.
- Evidentemente il tuo amico ha preferito squagliarsela e abbandonarti piuttosto che combattere al tuo fianco, eh? Bah, tanto lo ritroveremo sicuramente.
- Non è possibile...
- E invece è la realtà!
 Con un ruggito, l'uomo con l'ascia si gettò di peso su Edward, che non potè fare altro che parare il colpo con la lama dell'automail, appena in tempo. Sentì l'acciaio della protesi tremare e per un attimo si trovò a sperare che il braccio meccanico non si rompesse. Quell'uomo aveva una forza veramente mostruosa e mulinava la scure con solo un braccio. Il giovane alchimista si trovò ad indietreggiare incerto, sapendo che avrebbe dovuto parare un altro colpo. Non riusciva a credere che Envy lo avesse abbandonato.
 O forse era il suo piano fin dall'inizio? Ti fidavi di lui?
 No.
- Ehi, capo! Lasciane un po' anche a noi!
 Mentre sentiva le risa di scherno degli altri banditi, Edward non poteva che arretrare, sotto i fortissimi colpi dell'ascia di quel tipo. Non riusciva a contrattaccare, poteva solo difendersi e perdere terreno. Ogni passo indietro, lo portava più vicino agli altri mercenari, che lo aspettavano coi coltelli in pugno. Non poteva assolutamente permettersi di farsi portare dagli altri, ma non riusciva a rispondere agli attacchi come avrebbe voluto.
 Ti fidavi di lui?
 La domanda continuava a risuonargli nella testa e, mentre il capo dei banditi continuava ad incalzarlo, si insultava per essere stato così stupido. Perchè era deluso? Sapeva bene fin dall'inizio che non avrebbe dovuto fidarsi di Envy. Perchè aveva contato su di lui? Era deluso. Era arrabbiato. Ma solo in minima parte con l'homunculus. In realtà, ce l'aveva con sè stesso per essersi illuso che per l'invidia non fosse solo un passatempo. In realtà la bugia l'aveva raccontata lui, a sè stesso.

 Il colpo arrivò violento, non fece in tempo a pararlo. Forse quell'uomo aveva visto una falla nella sua difesa, perchè fu solo il bastone dell'ascia a colpirlo. La lama non lo sfiorò neppure, ma il colpo allo sterno gli tolse ugualmente il fiato, mandandolo a terra, contro l'albero a cui poco prima era appoggiato Envy. Tossì violentemente, senza poter in alcun modo rimettersi in piedi. Quando rialzò la testa, si trovò il volto del capo della banda a pochi centimetri dal suo.
- Scusa, piccolino, niente di personale. Quando qualcuno chiede un favore a noi mercenari, noi lo eseguiamo.
 Il fiato pesante dell'uomo gli inondò le narici, facendolo tossire di nuovo. Dietro di lui, si erano radunati tutti i suoi uomini e lo guardavano con aria di scherno.
- Bravissimo, capo, non avevamo dubbi che lei facesse fuori questa mezza calzetta. Lasciate che sia io a finirlo, la prego. Non sopporto gli Alchimisti di Stato.
- Razza di stupido, sbaglio o il nostro cliente ci ha chiesto di portarglielo vivo? Non capisci niente.
- Ora torna a dormire, va bene, piccolo? Noi adesso prendiamo anche il tuo amichetto e poi ci intaschiamo i soldi. Fa' il bravo...
 Il capo alzò la sua scure sopra la testa, preparandosi a colpirlo di nuovo con l'impugnatura.  la sua figura troneggiava sopra il giovane biondo. Per quanto si sforzasse di trovare una soluzione, non sarebbe riuscito a scappare.
 Nel momento in cui la scure iniziò a calare sull'alchimista d'Acciaio, un sorriso sornione si dipinse sul suo volto.
- Vi abbiamo fregati, razza di idioti.
 La sua voce fu un sussurro, un segreto che avrebbe condiviso solo con l'uomo che l'aveva mandato al tappeto. In un secondo, un schizzo di sangue dell'omaccione colpì il volto del ragazzo, mentre questi riprendeva il suo vero aspetto. In un attimo, Envy si rimise in piedi, il capo dei mercenari ai suoi piedi, in una pozza di sangue.
 I suoi compagni non si accorsero di nulla. Mentre il loro capo stramazzava a terra, una luce bluastra li avvolse e si ritrovarono chiusi in una gabbia di radici e terra. Come un'ombra notturna, il vero alchimista d'Acciaio scese con un balzo dall'albero su cui si era nascosto e subito il suo sguardo passò dall'homunculus all'uomo che giaceva ai suoi piedi.
 Intanto, Envy si era avvicinato ai mercenari rimasti intrappolati e adesso era lui a fissarli con aria di scherno, mentre sui loro volti si stavano creando espressioni di sgomento. Potevano solo osservare attoniti ciò che era accaduto al loro capo.
- Gli esseri umani sono davvero stupidi, non accorgersi di un trucchetto così semplice! Allora, piccoletto, direi che ho messo su una fantastica interpretazione, non credi?
 Ma quando Envy si girò, sul volto dell'alchimista d'Acciaio non c'era soddisfazione.
- Ti avevo detto di non uccidere nessuno, o sbaglio?
- Ma no, guarda bene, non è morto.
 In effetti il brigante respirava ancora, ma era evidente che non ce l'avrebbe fatta. Envy gli aveva tagliato la gola in profondità. Tra pochi minuti sarebbe morto. Il sorriso dell'homunculus morì sul suo viso quando vide l'espressione arrabbiata di Edward.
- Ehi, qual è il tuo problema, piccoletto? Se ci fossi stato tu al mio posto, quel maledetto ti avrebbe fatto fuori!
 Ma Ed non gli rispose, si limitò a battere le mani e riportare i materiali con cui aveva trasmutato la gabbia al loro posto, liberando gli altri nove mercenari rimasti.
- Andatevane, non fatevi più vedere.

Envy non riusciva a capire. Perchè il piccoletto li lasciava andare?
Quello è fuori! Con tutta la fatica che ho fatto!
 I mercenari si guardavano stupiti, probabilemente chiedendosi che avrebbero dovuto fare adesso. Il giovane alchimista si stava rimettendo in cammino lontano da loro, senza dire una parola, ed Envy gli corse dietro, cercando di fermarlo.
- Ce ne andiamo veramente così?
 Quella volta, Ed non si voltò neanche.
- Io me ne vado. E tu smettila di seguirmi.
 L'homunculus si bloccò su sè stesso, continuando ad osservare attonito l'alchimista che con passi lenti si allontanava. Senza voltarsi. Senza tornare. Envy sapeva che non lo avrebbe fatto. Aveva colto la scintilla di rabbia, nai suoi occhi ambrati, quell'odio indirizzato solo a lui. Che gli riportava alla mente che il suo divertimento sarebbe finito, prima o poi, perchè era la sua stessa natura, la loro natura, a far sì che non sarebbero mai potuti stare insieme. E mentre continuava a seguire i passi decisi che portavano Edward sempre più lontano, il suo cuore tornò ad essere freddo, ancora una volta.
-Stupidi esseri umani...
Udì appena il sussurro uscito dalla sua bocca e d'un tratto, il silenzio in cui era immersa quella maledetta foresta gli risultò insopportabile.
-Stupidi esseri umani! Va' pure dove ti pare, Piccoletto! La prossima volta, puoi scordarti che ti tiri fuori dai tuoi casini!
L'unica risposta che ebbe fu la quiete. Ed doveva averlo sentito, anche se ormai non riusciva più a vederlo. Seguirlo sarebbe stato inutile, quando ci si metteva era terribilmente cocciuto. Scocciato, prese a camminare nella direzione opposta, fermandosi davanti al fuoco che l'alchimista aveva acceso poche ore prima, e che continuava ancora a bruciare. Tirò un calciò al falò, osservando con soddisfazione le scintille volare in ogni direzione. Sentì il piede scottarsi in mezzo ai tizzoni ardenti, ma sapeva che il dolore sarebbe passato in pochi istanti. Era una fortuna essere un homunculus.
-Stupido bamboccio...
 Si guardò intorno, i banditi si erano volatilizzati, veloci come erano apparsi. Avevano parlato di una commissione, quindi doveva averli mandati qualcuno. Li avevano scovati? Eppure, Envy era sicuro di essere coperto. In fondo, l'esercito non poteva fare nulla senza dei precisi ordini. E Wrath non avrebbe mai dato quel preciso ordine. Alzò le spalle. Chiunque fossero, non avrebbe avuto nulla da temere.
Stava per andarsene, quando si trovò davanti il cadavere dell'uomo che aveva appena ucciso. Un brivido gli corse veloce lungo la schiena, ripensando al gruppo di uomini che si erano volatilizzati. Dove erano andati così velocemente senza il loro capo? Strinse i denti.
-Maledizione!
Ormai aveva vissuto abbastanza, per sapere che certa gente non si sarebbe fermata di fronte a niente, per i soldi. Si voltò nella direzione opposta e iniziò a correre.

Quando sentì il fruscio alle sue spalle, era troppo tardi. L'uomo gli fu addosso in meno di un secondo e l'Alchimista d'Acciaio riuscì a malapena a parare il colpo con il braccio destro. Sentì l'acciaio dell'automail tintinnare nuovamente sotto la violenza dell'affondo, costretto ad indietreggiare di qualche passo. Davanti a lui, l'uomo che poco prima aveva risposto al nome di Dag, troneggiava con in mano l'ascia che era appartenuta al suo capo e lo osservava con occhi impazienti. Evidentemente, non vedeva l'ora di battersi.
-Che seccatura, non vi è bastata la lezione?
Rimanendo in guardia, il giovane alchimista battè le mani, pronto ad eseguire un'ennesima trasmutazione sul suo braccio meccanico. Il bandito ghignò e, con uno scatto, preparò un secondo affondo. Edward fu costretto ad indietreggiare di nuovo, un passo dopo l'altro, cercando di mantenere l'equilibrio.
 Era inutile, l'uomo non gli dava tragua. Non poteva eseguire nessuna trasmutazione, doveva limitarsi ad evitare i colpi. Era in netto svantaggio, non riusciva a capire dove il bandito lo volesse far arrivare, ma sapeva che da lì a poco si sarebbe trovato con le spalle al muro.
 Sentì lo spostamento dell'aria appena dietro di sè e scattò di lato, evitando per un soffio il colpo di un secondo uomo. Un terzo bandito gli tagliò la strada e il biondo fu costretto a parare un altro affondo col braccio meccanico. Il contraccolpo lo fece finire a terra. Lentamente, alzò lo sguardo sui propri nemici e, in una manciata di secondi, capì di essere nei guai. Il gruppo di banditi lo aveva circondato, tagliandogli ogni eventuale via di fuga. Tra di loro, l'uomo chiamato Dag troneggiava su di lui, con in volto un'espressione tronfia. Si avvicinava, con passo sicuro e l'arma ben stretta in mano.
 -Stupidi Cani dell'Esercito! - sputò a terra con disgusto - Senza la vostra alchimia siete assolutamente inermi!
 Ed strinse i denti. Non aveva possibilità di fuggire, doveva affrontarlo. Cercando di coglierlo di sorpresa, battè le mani più velocemente possibile. Con un salto si rimise in posizione di attacco e iniziò a caricare il bandito, eseguendo la trasmutazione sul suo braccio.
 Ma neanche questo bastò. Dag sorrise con strafottenza, schivò l'affondo e colpì il giovane con un pugno allo stomaco.
 Il colpo tolse il respiro al biondo, costringendolo in ginocchio. Alzò con fatica la testa, la vista leggermente annebbiata. Sentiva il suo stesso respiro reso affannoso per lo scontro e un brivido gli corse lungo la schiena. Il bandito era davanti a lui, soddisfatto.
Da un lato, un altro mercenario arrivò a trattenere quello che era diventato il suo nuovo capo, attirando gli sguardi preoccupati del resto del gruppo.
-Ehi, Dag! Non devi ucciderlo, ti ricordi? Ci serve vivo per ottenere la ricompen-
L'uomo non fece in tempo a finire la frase che fu steso da un pugno del compagno, finendo a terra, inerme.
-Non scocciarmi, idiota! Io faccio quello che mi pare! Fosse per me, gli alchimisti li ammazzerei tutti!
Con una risata quasi isterica, Dag alzò su di sè la scure, pronto a dare il colpo di grazia. Il giovane alchimista chiuse gli occhi, non potendo fare altro se non aspettare. Sentiva il cuore martellargli nel petto. Era veramente spacciato, stavolta.

 Sentì il sangue caldo schizzargli sul viso. Era qualche goccia, ma bastò per fargli riaprire gli occhi di colpo. Il corpo decapitato di Dag stramazzò al suolo con violenza, a pochi metri da lui. Non avrebbe voluto guardare, ma era come impietrito. Davanti a lui, un homunculus combatteva contro i banditi, in una macabra danza di morte. Sentì le urla strozzate degli uomini, i loro lamenti, la loro fuga che veniva crudelmente interrotta. Il loro attaccamento alla vita. Alcuni di loro imploravano pietà, prima di essere fatti a pezzi da un essere che la conosceva a malapena. Qualcuno di estremamente superiore a quei poveri esseri umani, per il quale quello scontro non era altro che un po' di movimento.
 E in tutto questo, Edward potè solo osservare, assolutamente incapace di muovere un muscolo, col sangue gelato nelle vene. Come un semplice spettatore ad una rappresentazione teatrale.
 Appena calò il silenzio, ebbe la certezza che nessuno era riuscito a scampare a quella strage. L'erba si era tinta di rosso e i corpi di nove uomini giacevano immobili a terra.  A fatica, si rimise seduto, vincendo la nausea che lo stava assalendo per il forte odore di sangue. Il suo sguardo incrociò gli occhi spenti della testa di Dag. Il malessere lo assalì. Dovette voltarsi e rigettare, prima di provare a rimettersi in piedi. Inutilmente. Aveva le gambe molli e il colpo che aveva ricevuto allo stomaco faceva ancora male. La testa del mercenario rotolò via per un calcio e davanti a lui comparve l'homunculus, con espressione calma e per niente turbata. Sorridente e serafico, come sempre.
 Edward si trovò a fissarlo, puntando gli occhi ambrati in quelli ametista dell'altro. Potente, invincibile, inumano.
-Envy...
 Fu un filo di voce, quella che uscì dalle sue labbra. Sia per lo sgomento che per la battaglia appena conclusa, gli sembrava di non poter più parlare.
 L'essere artificiale gli si avvicinò, senza dire una parola, con la mano tesa. Il suo solito sorrisetto era sparito dal suo volto, lasciando il posto ad un'espressione seria.
-Stai bene, piccoletto d'Acciaio? Fortuna che c'ero io, eh...
 Incapace di rispondere a qualunque domanda gli fosse stata posta in quel momento, l'alchimista afferrò la mano e si fece aiutare a rimettersi in piedi. Era scosso, ma in fondo sollevato per il pericolo passato. Si sentiva ancora la testa leggera e  aveva la nausea, ma la paura era passata. Guardò ancora una volta l'homunculus e poi passò lo sguardo sull'ambiente circostante. Era stata una vera carneficina.
-Io te l'avevo detto subito che quelli era meglio farli fuori! Gli esseri umani più disgustosi che abbia mai visto, la feccia della feccia!
 Non aveva perso la sua lingua tagliente e il suo carattere dispotico, in fondo. Envy, che odiava gli esseri umani, e che per questo li aveva massacrati tutti. Envy, che lo aveva però anche salvato, quando non aveva assolutamente l'obbligo di farlo. Edward si ritrovò a sorridere, suo malgrado. Un sorriso amaro e disgustato.
 Mi hai salvato, si... Ma solo perchè è stato qualcuno ad ordinarti di farlo.
 In fondo, non gli importa niente di me. Come a me non importa niente di lui.

Proprio così. Ed si voltò, iniziando ad incamminarsi a passi lenti verso la direzione che riteneva più opportuna. Il sole stava sorgendo. Era l'alba, ormai non dovevano essere troppo lontani dalla strada per Central.
-Ehi, stupido alchimista, dove stai andando? Ti ho salvato la vita, dovresti almeno ringraziare!
A queste parole, Edward si costrinse a voltarsi, trovandosi ancora una volta faccia a faccia con quegli occhi di ametista, che non sapeva più se odiare oppure no.

 Basta. Envy non lo sopportava più. Era la seconda volta che il nanerottolo se ne andava piantandolo in asso. E, soprattutto, era la seconda volta che aveva salvato la vita ad un essere umano, ad uno stupido passatempo.
Perchè quello è solo un passatempo per te, vero, Envy?
Strinse i denti. Sentiva la rabbia iniziare a ribollirgli nelle vene. In ogni caso, ora voleva, anzi pretendeva, un ringraziamento. Fece due passi avanti, con aria decisa. I suoi occhi si fissarono in quelli d'ambra del Piccoletto.
-Beh, non hai niente da dire? Devi proprio fissarmi con quell'espressione idiota?
 Non era arrabbiato. Non era deluso. Era un'espressione che Envy semplicemente non riusciva a comprendere. Continuava a fissarlo.
 Non sopporto quell'espressione di pietà. Per chi crede di provare pietà? Per me? Io, che sono un essere perfetto?
-Ecco, io...
Edward distolse lo sguardo. Non riusciva a guardarlo, ed Envy sapeva benissimo il perchè. Aveva appena fatto strage di esseri umani, come pretendeva di essere ringraziato? Proprio da lui, che non avrebbe fatto del male a nessuno, se solo avesse potuto. Lui, che aveva sempre negli occhi quella luce di speranza e quella forza tipica degli esseri umani. Così imperfetti, eppure così unici.
Ed era questo che Envy non aveva mai sopportato, il saperlo migliore di lui. In fondo, avrebbe solo voluto trascinarlo in basso, al suo stesso livello, così che non si sarebbe più rialzato.
E allora, perchè non riesci a farlo? Perchè sei corso così disperatamente a salvarlo?
Vide l'achimista stringere i pugni. Incapace di dire altro, il biondo si voltò e con fare stanco fece per avviarsi. Envy non potè più farcela.
-Ora basta!
Sbottò. Lo raggiunse in meno di un secondo e posò la mano sulla sua spalla. Così calda. Così umana. Voleva le sue scuse, ora, con le buone o con le cattive. Perchè ci teneva tanto?
-Vedi di dire qualcosa, piccoletto, o te ne pentirai, te lo giuro!
A queste parole, anche Edward si alterò. Di scatto scostò la mano dell'homunculus dalla sua spalla, con violenza, rabbia, tristezza.
-Piantala di chiamarmi "Piccoletto"! Non sei divertente, stupido homunculus!
-E tu smettila di chiamarmi "homunculus"! Ho un nome, in caso non te lo ricordassi!
Ma appena finì di parlare, si stupì di sè stesso.
Ti piace così tanto il tuo nome, Envy? Lui, che esprime il tuo peccato e la tua debolezza? Perchè ci tieni tanto ad essere chiamato così, a distinguerti dagli altri? Non sei forse orgoglioso della tua natura?
Lo guardò andare via. Si allontanava con passo deciso, il Piccoletto d'Acciaio, e stavolta sapeva che non sarebbe tornato sui suoi passi. In fondo, ogni volta finiva in quel modo.
L'homunculus sentì il vento alzarsi e un brivido gli corse lungo la schiena. Non gli era mai sembrato così freddo. Allungò la mano davanti a sè, come per raggiungerlo, in silenzio. Voleva chiamarlo, ma la gola si era come seccata. Non "piccoletto", non "alchimista". Solo Edward. Era così difficile pronunciare il suo nome per quello che veramente era, senza storpiature o modifiche.  Era difficile fermarlo, non odiarlo, non invidiarlo.
 E mentre lo guardava andare via, gli tornò in mente quella scena. Lui e il piccoletto, intorno al fuoco.
 "Nei miei incubi peggiori, vedo me bambino in ginocchio nel sangue, e imploro che mi venga restituito mio fratello."
Il momento in cui gli era sembrato tanto fragile da poter spezzarsi. Sentì un dolore al petto, in quel punto dove per un essere umano sarebbe normale sentire il battito del proprio cuore. Ma non per un homunculus. Si stupì. Perchè mentre correva da lui, aveva avuto paura. Paura di non arrivare in tempo, di trovare l'alchimista morto. Perchè la vita umana, a differenza della sua, era estremamente fragile.
 E anche se ad occhi aperti, ora era sicuro di aver avuto il suo peggiore incubo. Aveva avuto paura di perderlo.




Note:
Questa fanfiction è stata un parto! Seriamente, erano due mesi che l'avevo salvata nel pc e non riuscivo mai a finirla. XD Ma ce l'ho fatta, per fortuna. Che dire, stavolta ho paura di essere sfociata leggermente nell'OOC, o così mi pare (non l'ho messo tra gli avvertimenti perchè comunque mi sembra una cosa abbastanza leggera, se così non è, ditemelo, vedrò di modificare^^). In fondo, quando si scrivono questo tipo di ff credo sia inevitabile andare un minimo OOC, spero che comunque la lettura risulti piacevole lo stesso. Grazie a tutti quelli che hanno letto! Se volete, lasciate una recensione con commenti, opinioni o critiche, ve ne sarei grata!
Socix96









 
  
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