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Autore: AlexRae00    27/12/2015    1 recensioni
Annabeth e Percy si incontrano per la prima volta alla festa di Talia. Dopo alcuni anni, il ragazzo si trova a passare il natale a casa della ragazza. Nonostante l'unico incontro risalga a molto tempo prima, entrambi sembrano conservare perfettamente memoria dell'altro.
"Percy trattenne a stento il sorriso che gli si stava aprendo sul viso nel ricordare la ragazza in questione, poiché, nonostante l’avesse incontrata una sola volta, la ricordava perfettamente.
Il cipiglio serio da tipica ragazza che ama studiare, il fisico atletico e abbronzato da californiana, i lunghi boccoli biondi e gli occhi grigi che sembravano racchiudere una vera e propria tempesta al loro interno.
Finse indifferenza e si voltò versa la porta del bagno per farsi la tanto agognata doccia."
(Partecipante agli Oscars Epifani 2016)
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth, Talia/Luke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il sole di dicembre illuminava a malapena il bosco dove si trovava. Un brivido la percorse a causa del vento freddo, da cui era riparata solo da un felpa scura.
I boccoli biondi, chiusi in una coda scomposta, le ricadevano in parte sul viso corrucciato.
Affondò le mani nel manto niveo che ricopriva il terreno, su cui era seduta a gambe incrociate, e afferrò una manciata di quella candida sostanza che aveva iniziato a ricoprirla lentamente.
Sospirò e si lasciò ricadere sulla neve, allargando le braccia e chiudendo gli occhi, come a volersi fondere con essa.
La voce concitata di una donna interruppe il silenzio che la circondava, costringendola a spalancare le iridi color tempesta per osservare la figura vestita di bianco che la cercava.
La sua infermiera la guardava preoccupata e arrabbiata, rimproverandola con il suo sguardo scuro per essere scappata nuovamente.
“Se continua ad uscire fuori solo con una misera felpa con questo freddo morirà assiderata! Dovrebbe dare più importanza alla sua salute signorina!”
 
Annabeth sbuffò infastidita, alzandosi lentamente dal terreno imbiancato e incamminandosi verso la struttura in cui ormai viveva da alcun mesi.
Lanciò un occhiata impassibile all’infermiera che la seguiva incespicando e affondò le mani nelle tasche, per poi entrare dalla porta da cui quasi un ora prima era uscita.
“Ma guarda! Hanno trovato la fuggitiva?”
 
Dinanzi a lei si stagliava la figura di un ragazzo biondo con una cicatrice sulla guancia che le sorrideva malandrino, ammiccando con un sguardo azzurro cielo nella sua direzione.
La bionda accennò un sorriso e affiancò il giovane dottore che conosceva fin da quando era una bambina.
“Lo sai che non sopporto il dover stare ferma in quella stanza Luke”
“E tu sai che devi avvisare prima di uscire. Soprattutto quando hai dei controlli da effettuare”
“Va bene dottor Castellan, la prossima volta che voglio respirare aria fresca e non disinfettante glielo farò sapere”
 
Luke scosse il capo, divertito dal sarcasmo della ragazza, prima di aprire la porta della sua camera e accompagnarla dentro, ignorando l’infermiera alle sue spalle a cui sbattè la porta in faccia.
Annabeth si sedette sul letto rabbrividendo per il tessuto bagnato della felpa che le si attaccava alla pelle a causa della neve.
“Dovresti cambiarti se non vuoi peggiorare le tue condizioni di salute”
“Quindi adesso parlo con il medico?”
“Annie io sono sempre il tuo medico, anche se siamo come fratelli perché siamo cresciuti insieme. Tuo padre ha voluto che mi occupassi io di te..”
“Perché non si fida di nessun altro e sa che hai un grande talento eccetera”
“Annabeth… Questo controllo è molto importante. Dopo questo potrai tornare a casa per le vacanze di natale”
“A meno che non ci siano delle complicazioni”
 
Il medico si sedette al suo fianco, incatenando il suo sguardo con quello tempesta della ragazza, e le afferrò una mano con forza, come per trasmetterle la speranza che tutto andasse per il meglio.
Ogni volta che doveva occuparsi di lei non riusciva a lasciare da parte i ricordi che avevano condiviso. Sapeva che non avrebbe dovuto essere così coinvolto nei confronti dei sui pazienti e per questo inizialmente non aveva voluto occuparsi del caso. Solo dopo le preghiere del Signor Chase aveva ceduto, prenendosi la responsabilità della salute della giovane nei campi che lo riguardavano, nonostante non potesse dedicarsi totalmente alla malattia che la affliggeva.
Aveva fatto tutto il possibile per aiutare con la sua causa ma alcune cose non erano di sua competenza e si era trovato ad osservare la situazione da esterno, senza poter intervenire.
Luke nutriva da sempre un profondo affetto fraterno verso la ragazzina magra e scattante dai boccoli biondi e il magnetico sguardo grigio tempesta, ormai divenuta una giovane donna.
Erano cresciuti insieme, abitando vicini e dandosi forza nei momenti in cui si erano trovati ad affrontare i diversi problemi famigliari che li avevano colpiti.
Lui, Annabeth e Talia Grace, migliore amica della ragazza e fidanzata del ragazzo.
“Sai che non posso intervenire quando si tratta di queste cose. Sono il medico della tua famiglia e ti sto accanto tutto il tempo che posso ma non sei sotto la mia diretta responsabilità quando si parla di questo”
“Non è colpa tua Luke e apprezzo che tu ti prenda cura di me”
 
Rispose alla stretta e si alzò, dirigendosi verso l’armadio in cui si trovavano i suoi vestiti, prendendo le prime cose che le capitarono sotto tiro.
Dopodichè andò verso il piccolo bagno connesso alla sua stanza, rivolgendo un ultimo sorriso al giovane medico dai capelli color grano.
 
 
Spalancò di scatto gli occhi verde mare, sollevandosi dal divano su cui aveva passato la notte, con indosso li stessi vestiti della sera prima.
Un mal di testa atroce lo colpì all’improvviso, costringendolo a portarsi le mani alle tempie, per tentare di trovare un minimo di sollievo.
La risatina derisoria che proveniva dalla piccola cucina, lo convinse a voltarsi, portandolo a incrociare lo sguardo divertito della cugina.
Braccia incrociate, coperte di braccialetti borchiati, jeans e maglione nero, disordinata chioma corvina con le punte azzurre e due occhi blu elettrico intenti a fissarlo con divertimento.
“A quanto pare hai deciso di svegliarti, principessina!”
“Hai deciso di dedicarti allo stalking, faccia di pigna? Oppure il mio irresistibile fascino ti ha spinto a fissarmi?”
 
Talia ghignò, prima di allontanarsi dal tavolo a cui era poggiata e avvicinarsi al ragazzo, impegnato a scompigliarsi i capelli scuri più di quanto non lo fossero.
Il moro si stiracchiò come un gatto, allungando le braccia verso l’alto e si alzò definitivamente, abbracciando la cugina.
“Pensavo che saresti arrivato domani, invece torno dalla scuola e ti ritrovo sul mio divano a sbavare sui miei cuscini!”
“Simpatica! Ho deciso di andarmene un po’ prima così potevo passare più tempo con te e quell’idiota del tuo ragazzo. Non ci vediamo da un sacco di tempo!”
“Ormai sei troppo impegnato ad allenarti con la squadra nazionale di nuoto per prestare attenzione a noi comuni mortali”
 
Percy ridacchiò e si incamminò verso il piano superiore, per farsi una doccia e liberarsi dai vesti spiegazzati che indossava ancora.
“Sono arrivato questa mattina presto e c’era solo Luke, anche se se n’è dovuto andare presto perché aveva una questione importante. Pensavo che avessi già lasciato il campus ma non eri ancora arrivata, quindi ho cercato di aspettarti sul divano e mi sono addormentato”
 
Sentendo le parole dell’altro, annuì silenziosamente mentre il pensiero correva ad Annabeth e al controllo che doveva effettuare quella mattina.
Nonostante Luke avesse cercato di tranquillizzarla non era riuscito a farle passare il brutto presentimento che continuava a tormentarla.
La sua migliore amica faceva avanti e dietro da quel maledetto ospedale da ormai alcuni anni. Ogni volta che ripensava al periodo prima della malattia, sentiva un profondo dolore verso i sogni andati perduti che la ragazza bionda da sempre coltivava.
Rendendosi improvvisamente conto di aver ignorato la domanda del cugino, si riscosse e gli sorrise, cercando di scacciare le brutte sensazioni per concentrarsi sul suo ospite.
“Ehi Tals, tutto okay? Mi sembri un po’ preoccupata”
“Tranquillo. Stavo solo pensando alla mia amica, Annabeth. Vi siete incontrati alcuni anni fa ma non penso che tu la ricordi”
 
Percy trattenne a stento il sorriso che gli si stava aprendo sul viso nel ricordare la ragazza in questione, poiché, nonostante l’avesse incontrata una sola volta, la ricordava perfettamente.
Il cipiglio serio da tipica ragazza che ama studiare, il fisico atletico e abbronzato da californiana, i lunghi boccoli biondi e gli occhi grigi che sembravano racchiudere una vera e propria tempesta al loro interno.
Finse indifferenza e si voltò versa la porta del bagno per farsi la tanto agognata doccia.
“Mi sembra di ricordarla. Viene a scuola con te?”
“Lei.. Diciamo che ha dovuto lasciare la scuola un po’ di tempo fa”
 
Corrucciò le sopracciglia scure, spostando di nuovo il suo sguardo sulla cugina che cercava di cambiare argomento.
Ricordava Annabeth Chase e, anche se non la conosceva, era certo che nulla avrebbe potuto allontanarla dai libri.
La prima ed unica volta in cui ebbe l’onore di fare la sua conoscenza fu infatti al compleanno di Talia e non avrebbe mai potuto scordare la ragazza che aveva passato metà della serata china su un libro perché il giorno dopo aveva un test importante.
“Come mai ha dovuto lasciare?”
“Ha avuto qualche problema che l’ha costretta ma non è il momento di parlarne. Vatti a fare una doccia e rilassati, mi è sembrato che avessi mal di testa prima”
“Si, hai ragione. Penso sia per il viaggio e la comodissima dormita sul tuo divano”
“Allora fai come se fossi a casa tua. Io devo andare a fare una cosa, ci vediamo più tardi”
“A più tardi Tals!”
 
 
Non appena ebbe varcato la soglia di casa, una sensazione di sollievo la pervase, spingendola ad inspirare l’odore di legno e pulito che pervadeva l’intera abitazione.
La mano di sua padre posata sulla sua schiena le dava un senso di tranquillità, nonostante l’uomo fosse pieno di agitazione e continuasse a chiederle come stesse.
La voce dei suoi fratellastri attirò la sua attenzione e in silenzio raggiunse l’origine del vociare, finendo nel salone in cui da bambina passava le ore a leggere tutti i libri che riusciva a trovare.
Salutò i due ragazzi con dolcezza, ormai completamente a suo agio con quella parte della sua famiglia che un tempo non riusciva ad accettare.
Rispose a qualche domanda che i ragazzi le posero, prima di congedarsi per riposarsi nella sua stanza.
“Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami. Sei a casa adesso, quindi stai tranquilla”
“Papà, sei tu quello che deve stare tranquillo. Hai sentito Luke, per adesso va tutto bene. Sembra che le cose vadano per il meglio”
“Lo so, ma non smetterò mai di preoccuparmi per la mia bambina”
 
L’uomo le baciò la fronte, stringendola delicatamente, come se avesse il timore che si sarebbe sgretolata tra le sue braccia.
Annabeth sospirò e chiuse la porta alle spalle dell’uomo, per poi lasciarsi cadere sul materasso, rannicchiandosi in posizione fetale.
Rimase immobile per tutto il tempo, fino a che la voce di Talia non la scosse da quel torpore, spingendola a sedersi sul letto.
Quando la ragazza dai capelli scuri fece il suo ingresso nella stanza, la bionda riuscì a stento a trattenere la voglia di saltarle addosso e scoppiare a piangere.
Al contrario l’amica non si trattenne affatto, anzi si fiondò tra le braccia dell’altra, stringendola con tutta la sua forza.
“Talia! Mi sei mancata tantissimo. Sono quasi due settimane che non ci vediamo”
“Annie! Mi dispiace di non essere stata con te in questi giorni. Ho dovuto studiare un sacco. Come stai bionda?”
“Non preoccuparti. Sto bene”
 
Inspirò con forza il suo profumo, percependo il famigliare odore di sigaretta e di menta che la caratterizzava, e avvertì tutta la negatività abbandonarla in un attimo.
Affondò il viso nell’incavo del suo collo e sorrise sinceramente per la felicità di rivederla.
“Quest’anno passeremo il natale insieme bionda! Non si discute!”
“Ma non avevi delle questioni con tuo padre? Una cena importante e cose così?”
“Pensi davvero che preferirei una stupida cena di gala con una massa di ricchi spocchiosi a una serata con te, Luke e la tua famiglia?”
 
La risata di Annabeth invase la stanza e riscaldò il cuore della ragazza dai capelli scuri che si sdraiò sul letto, accanto all’altra.
Intrecciarono le gambe tra di loro mentre iniziavano a discutere di quanto era successo nelle settimane precedenti in cui non si erano potute vedere.
“E mio cugino è arrivato in città! Sua madre è in vacanza con il marito e lui ha deciso di sfruttare il mio appartamento come un albergo!”
“Tuo cugino?”
“Percy Jackson, più pesce che ragazzo!”
 
Annuì, cercando di ricordare il viso del ragazzo in questione e si sorprese nel vedere il suo volto spuntare facilmente tra i suoi ricordi.
Le sembravano passati secoli dalla festa in cui lo aveva incontrato ma stranamente ricordava perfettamente l’affascinante ragazzo dai capelli petrolio e gli occhi verdi che aveva attirato l’attenzione di tutte le ragazze presenti.
“Parli del ragazzo che fa nuoto giusto?”
“Si, lui. Lo hai visto un paio di anni fa ma non penso che lo ricorderai. Comunque penso che rimarrà con noi per natale, quindi dovrò trovare un modo per sbarazzarmi di lui.”
“Non credo che sia un problema se lo porti qui. In fondo mio padre adora te e Luke e si fiderà se è un tuo parente”
“E’ bello sapere che c’è qualcuno che si fida di me!!”
 
 
Dopo aver fatto zapping due volte, il moro spense la tv e si alzò dal divano, stupendosi di non essere divenuto tutt’uno con esso dopo averci trascorso così tanto tempo. Il rumore delle chiavi attirò la sua attenzione e si voltò gusto in tempo per vedere arrivare Luke con uno sguardo stanco ma soddisfatto in volto.
Sorrise al ragazzo e lo raggiunse dinanzi alla porta, salutandolo con una stratta fraterna.
“Allora dottore com’è andata oggi? Hai salvato delle vite?”
“Ho solo fatto il mio dovere. Tu invece non hai fatto niente! Speravo di tornare e trovare la mia adorata fidanzata e invece ci sei tu qui che pretendi di vivere con noi per, quanto?”
“Mi dispiace mio caro ma dovrai sopportarmi per più di una settimana!”
“Di male in peggio insomma! A parte gli scherzi, Tals è andata da Annie quindi tornerà tra poco, perciò che ne dici di preparare qualcosa?”
“Come comanda doc”
 
I due ragazzi si diressero verso la cucina e iniziarono a cercare qualcosa da mettere sotto i denti per tutti e tre.
Non trovando niente di soddisfacente, ripiegarono su una pizza d’asporto e mentre Luke andava a cambiarsi, Percy chiamò la pizzeria più vicina.
Talia fece il suo ingresso una mezz’oretta dopo, accolta dal profumo del cibo e dalle risate dei due ragazzi che scherzavano come due bambini e bisticciavano.
I due erano così impegnati a fare confusione che non si erano nemmeno accorti del suo arrivo, perciò si soffermò a guardarli, in parte persa tra i suoi pensieri.
Lei e il cugino si assomigliavano ben poco, tranne per la massa di capelli scuri e la pelle chiara, non avevano molto che facesse capire il loro grado di parentela.
Percy aveva un fisico molto atletico, dovuto agli anni di nuoto e sembrava che la sua pelle odorasse costantemente di mare.
Luke invece era più alto e, nonostante avesse un corpo allenato grazie alla palestra, non aveva le spalle larghe di Percy.
“Ehi Tals! Che ci fai lì sulla porta? Non ti avevo nemmeno sentito entrare”
“Cugina io lo avevo detto che sei una stalker!”
“Piantala sirenetto dei miei stivali e tornatene nelle profondità marine!”
“Nah, preferisco passare il tempo ad infastidirti”
“Come stava Annie? Quando è andata via era un po’ strana”
“Stava bene. Ero così agitata ma quando ci siamo riviste sono riuscita a scacciare tutti i bruti pensieri. Penso stia bene”
“State parlando di Annabeth? Non stava bene?”
 
La ragazza dai capelli corvini sorrise tristemente e si passò una mano tra i capelli, per poi concentrarsi sul cugino che la osservava incuriosito.
Castellan si mosse a disagio e prese un pezzo della pizza che aveva davanti, attendendo la risposta che la sua ragazza avrebbe dato.
“Ti avevo accennato che Annabeth aveva dovuto lasciare la scuola, beh ha avuto qualche problema di salute quindi non ha potuto frequentare i corsi per un po’”
“Sta bene adesso?”
“Sta meglio, molto meglio. In proposito, questo natale andremo da Annabeth e sei invitato anche tu”
 
Jackson sollevò un sopracciglio, stupito dall’affermazione della cugina che ora si stava dedicando alla sua pizza e annuì semplicemente.
L’agitazione che aveva provato un attimo prima era sparita ma continuava ad essere stranito da quell’attaccamento nei confronti di una ragazza con cui aveva parlato una sola volta nella sua vita.
Era stato fidanzato più di una volta e, tra tutte, quella più importante era stata Rachel, con cui aveva chiuso qualche anno prima, stranamente lo stesso anno in cui aveva incontrato la ragazza dai capelli biondi.
Quella sensazione però non l’aveva mai provata. Una specie di ansia dovuta alla possibilità che l’amica di sua cugina non stesse bene.
Scosse il capo, convinto di star facendo dei pensieri stupidi e cercò di non pensare ancora a quella ragazza.
 
 
La sera della vigilia stava nevicando fin dal mattino, quindi la città era completamente ricoperta di neve.
La cena che avrebbe avuto luogo poco dopo non prevedeva di vestirsi eleganti, perciò Annabeth aveva scelto dei semplici jeans chiari e un maglione rosso con dei fiocchi di neve stampati sopra.
Suo padre sembrava l’uomo più felice del mondo e continuava a parlarle del lavoro che aveva svolto in quei giorni, facendola sorridere.
I suoi fratellastri stavano aiutando la madre a sistemare la tavola, mentre la donna si occupava della cena.
 Lei era seduta sulla poltrona che di solito occupava il padre e aveva un libro sulle ginocchia, illuminato dal fuoco che scoppiettava nel camino.
Il pensiero che avrebbe trascorso quel natale a casa con la sua famiglia e i suoi amici la rendeva più felice di quanto non fosse mai stata nell’ultimo periodo.
Era riuscita a prendere i regali per tutti grazie all’aiuto di suo padre e di Talia. Aveva persino comprato qualcosa per il cugino dell’amica, basandosi sulle informazioni dell’altra.
“Sono curioso di conoscere questo giovane campione che fa parte della famiglia di Talia. Sono certo che sarà un ottima persona”
“Certo tesoro. Mi puoi dare una mano con il dolce per favore?”
“Arrivo subito! Ragazzi quando suonano andate voi, non fate stancare vostra sorella”
 
Annabeth vide Matthew annuire convinto, mentre Bobby si lasciava cadere al suo fianco e le parlava di alcuni dei suoi professori, raccontandole aneddoti divertenti.
Il campanello suonò pochi minuti dopo e Matthew, essendo il più vicino, andò ad accogliere i tre ragazzi che entrarono reggendo alcuni regali e una torta.
Appena ebbero messo piede nella casa ed ebbero salutato, Talia e Luke si diressero subito da Annabeth che li aspettava a braccia spalancate.
Appena giunto dalla cucina, Frederick Chase raggiunse Percy, intento a reggere alcuni pacchetti, Sono il signor Chase ma puoi chiamarmi Frederick. Loro sono Matthew e Bobby, i piccoli di casa, mentre in cucina c’è mia moglie. Mia figlia è invece la ragazza che tua cugina e il suo ragazzo stanno soffocando”
“Piacere signor..Frederick. La ringrazio per avermi accolto in casa anche se non mi aveva mai incontrato. Ho preso qualcosa per lei e per la sua famiglia. Spero che vadano bene, Talia mi ha aiutato a scegliere”
“Non dovevi ragazzo! In ogni caso lascia tutto sotto l’albero e raggiungi gli altri”
 
Da quando aveva messo piede nell’accogliente casa dei Chase era stato avvolto da una piacevole aria natalizia.
L’odore proveniente dalla cucina sembrava preannunciare dei piatti deliziosi e il suo stomaco già brontolava.
Con lo sguardo cercò i ragazzi e si immobilizzò per un attimo quando rivide la fin troppo nominata Annabeth.
Seduta su una poltrona bianca, un libro sulle gambe e le fiamme del camino ad illuminare la sua figura.
Accanto a lei si trovavano sua cugina e Luke, intenti a scherzare con disinvoltura,nonostante ci fosse un pizzico di apprensione presente in ogni loro mossa.
I capelli della ragazza erano più corti rispetto a come li ricordava e la pelle non era più abbronzata come quel giorno di fine primavera.
Si schiarì la voce, annunciando la sua presenza, e incontrò finalmente lo sguardo tempesta che ricordava, trovandolo forse più duro ma con una traccia nascosta della fragilità che in alcuni momenti sembrava pervaderla.
Sorrideva felice per le presenza dei suoi amici ma conservava una sorta di controllo nascosto dietro ogni mossa.
“Ciao Annabeth. Io sono Percy, non penso che tu ti ricorderai ma ci siamo incontrati alcuni anni fa”
“Si, mi ricordo”
 
La voce del ragazzo le sembrò lo scroscio delle onde su una scogliera e la fece rabbrividire. Incontrò il suo sguardo color mare e rimase stupita nel ritrovarlo esattamente come lo aveva visto nei suoi ricordi.
Nonostante il loro fosse stato un incontro unico e risalisse ad alcuni anni prima, la ragazza non riusciva a spiegarsi l’inaspettata felicità che provò nel vederlo.
Era più alto e le sue spalle erano probabilmente più larghe, così come i tratti del viso più maturi ma era esattamente lo stesso ragazzo che aveva incontrato alla festa della sua amica.
La sua mente non riusciva a trovare una risposta razionale a quella reazione, se non un semplice apprezzamento nei confronti del moro, dopo il tempo trascorso lontano dai ragazzi della sua età al di fuori dell’ospedale.
“Bene, a quanto pare entrambi avete una memoria fin troppo precisa. Ora cugino, hai intenzione di sederti o fisserai Annabeth da lì per tutta la serata?”
“Grazie cugina, penso che mi siederò esattamente al tuo fianco, per  tutta la sera, così potrai constatare quanto sia divertente passare il tempo in mia compagnia”
“Smettetela di stuzzicarvi e dedichiamoci a qualcosa di più importante, come la cena che i signori Chase hanno gentilmente preparato! Su!”
 
I ragazzi si alzarono e si diressero verso la tavola, ora imbandita di diversi piatti, raggiungendo i  proprietari della casa.
Durante tutto il tempo, Annabeth e Percy continuarono ad osservarsi, quasi si stessero studiando, attirando l’attenzione di Talia e Luke.
Il signor Chase sembrava entusiasta del nuovo ospite e continuava a chiedergli informazioni sulle gare e gli allenamenti, affiancato dai figli più piccoli.
Il giovane rimase colpito dall’accoglienza più che positiva e rispose con entusiasmo alle varie curiosità, cercando con lo sguardo la figlia maggiore dell’uomo, come per averne l’approvazione.
Dal canto suo, Annabeth tentava inutilmente di distogliere lo sguardo dal ragazzo, rimanendo però colpita dalla passione con cui parlava di ciò che amava.
Osservandolo, rivede sé stessa quando si trovava ad ammirare sculture e palazzi, immaginando le migliorie che avrebbe potuto apportare e i dettagli che non avrebbe saputo riprodurre.
Aveva sempre amato studiare e la storia dell’arte l’aveva da sempre affascinata, soprattutto quella greca. Fin da bambina provava una spasmodica attrazione nei confronti degli immensi monumenti che capitavano dinanzi al suo sguardo acuto e attento.
Il suo sogno era sempre stato quello di diventare un rinomato architetto, per poter lasciare un indelebile traccia del suo passaggio nel mondo, come i grandi artisti del passato.
Il suo percorso di studi lo aveva scelto non appena aveva capito cosa fosse e non aveva mai avuto ripensamenti.
L’unica cosa che era riuscita ad allontanarla dai suoi amati libri sull’architettura e dal suo sogno, era stata il peggiorare improvviso della malattia contro cui continuava a combattere, nonostante i miglioramenti degli ultimi tempi.
“Mi sembra di essere stato fin troppo al centro dell’attenzione! Abbiamo passato la cena a discutere di quello che faccio. Sono curioso di sapere qualcosa sulla vostra famiglia”
“Ragazzo non preoccuparti! Sei pieno di novità! Ormai conosciamo fin troppo Talia e Luke, tanto che li considero dei figli acquisiti”
“Ma come! E io che pensavo di essere la sua fonte preferita di racconti! Questo mi ferisce profondamente!”
“Avanti Tals, ormai il sottoscritto può definirsi migliore di te in tutto!”
“Perce, mi risulta di essere l’unica con una solida relazione tra i due! Oppure mi sbaglio?”
 
La bionda lanciò un occhiata al ragazzo, stupendosi nell’avvertire interesse verso la risposta. Si morse le labbra e corrucciò lo sguardo, tornando a concentrarsi sul suo cibo, senza avvertire gli occhi verdi del ragazzo che si andarono a posare sulla sua figura.
“No, hai ragione Talia. Mi sa che in campo amoroso sei stata migliore di me”
 
 
Dopo il lauto pranzo mentre i signori Chase si occupavano di sparecchiare la tavola, i giovani andarono in salotto.
Matthew e Bobby sembravano molto concentrati in una discussione e si sedettero sul divano più piccolo.
Talia invece prese posto accanto a Luke, lasciando libero quello vicino alla poltrona su cui si trovava Annabeth.
La padrona di casa lanciò uno sguardo di sbieco all’amica, sollevando il sottile sopracciglio biondo.
Le labbra di Percy si incurvarono in un piccolo sorriso nel momento in cui il nuotatore prese posto, sfiorando inavvertitamente la mano della ragazza accanto  a lui. I loro occhi si incrociarono ancora e per qualche secondo, rimasero incatenati tra loro, attirando l’attenzione degli altri due ragazzi.
“Bene! Perché non giochiamo a qualcosa mentre aspettiamo la mezzanotte?”
“Ottima idea Tals, Percy perché tu e Annie non fate squadra contro il mitico team TaLuke  in un emozionante partita a Taboo!”
“Ottima idea Luke! In fin dei conti la mia amica bionda ha un cervello abbastanza grande da compensare quello assente di mio cugino”
“Ehi! Faccia di pigna, vedrai che saremo noi a battervi!”
“Non credo proprio principessina! I Percabeth non avranno speranza”
“Percabeth?”
 
Le voci dei due ragazzi si sollevarono all’unisono, con un tono ironico ed entrambi sorrisero dopo aver parlato.
Dopo aver preparato il gioco ed essersi posizionati, i due team incominciarono a pescare le carte, cercando di far indovinare il maggior numero di parole.
Grace e Castellan raggiunsero un totale di sei parole in un minuto per il primo turno ma, stupendo tutti e persino loro stessi, Jackson e Chase arrivarono a undici parole.
A vincere furono Percy e Annabeth che allo scadere del tempo si batterono il cinque, ridendo per le facce sconvolte degli avversari.
“Non vale! Annabeth sei una sapientona ecco perché hai vinto!”
“Sarà una sapientona ma è la mia sapientona!”
 
Le parole del moro fecero arrossire Annabeth e lasciarono di stucco gli altri due che si fecero però coinvolgere dalla risata del giovane, non resosi conto del tutto di quanto aveva detto.
La sensazione di imbarazzo lasciò pian piano il posto alla felicità e la ragazza si voltò verso il compagno di squadra, soffermandosi ad ammirarne l’aura positiva che sembrava emanare e l’innegabile bellezza.
I capelli scuri erano piccole onde color pece che cadevano scompostamente sugli occhi, non impedendo però agli altri di vedere le iridi di un verde così profondo da incantare. In contrasto con la chioma era la pelle color avorio, su cui spiccavano il sorriso splendente e la piccola fossetta sulla guancia destra.
Annabeth avvertì l’ennesimo brivido attraversarla ma cercò di convincersi che si trattasse dell’aria gelida di dicembre, non volendo accettare l’attrazione che percepiva nei suoi confronti.
“Ragazzi è quasi mezzanotte! Tra poco sarà natale!”
“Lascia stare i ragazzi Frederick e prendi lo champagne che sta in cucina”
“Va bene, va bene!Ai suoi ordini!”
 
L’orologio della sala segnava mezzanotte meno cinque e l’atmosfera natalizia sembrava pervadere tutti quanti, senza eccezioni.
Percy  non riusciva a smettere di sorridere mentre guardava Talia e Luke bisticciare scherzosamente e osservava lei con la coda dell’occhio.
Le parole da lui stesso pronunciate poco prima continuavano a tornargli in mente, accompagnate da un senso di imbarazzo e di felicità.
Non riusciva a credere di averla definita “sua” e cercava di convincersi di averlo detto poiché erano compagni di squadra.
Quando però giunse la mezzanotte e il signor Chase stappò la bottiglia accompagnato dalle acclamazioni e dagli auguri, l’espressione che le illuminò il volto gli strinse lo stomaco piacevolmente.
Si alzò per augurarle un buon natale, pensando che magari avrebbe potuto darle un bacio sulla guancia come semplice augurio ma i suoi piani furono interrotti dal freddo getto di champagne che gli bagnò la testa.
“Mio dio! Frederick fai più attenzione!”
“Mi dispiace ragazzo sono inciampato! Non volevo innaffiarti i capelli!”
“Beh cugino, a quanto pare i liquidi si sentono attratti da te come tu da loro! Penso che questa sia l’inizio di una meravigliosa storia d’amore!”
 
Sbattè gli occhi diverse volte, cercando di liberarsi dalle gocce fermatesi tra le ciglia e si spostò una ciocca di capelli dal viso.
Annabeth, rimasta zitta fino a quel momento, non riuscì a trattenere la risata che le si era formata in gola e rompendo l’atmosfera preoccupata, si piegò su sé stessa per il divertimento.
Nonostante fosse bagnato e avesse probabilmente una faccia da pesce lesso, Percy si lasciò trasportare dall’euforia e rise, passandosi le dita tra i crini zuppi.
“Devo dire che ti dona questo look, testa d’alghe”
 
Sentendo il soprannome anche il resto dei presenti si lasciò andare, notando quanto la chioma scura, a causa dello champagne, sembrasse una massa di alghe intrecciate posta sul capo del ragazzo.
 
 
Asciugato il disastro causato dal signor Chase e dopo che il moro era riuscito a liberarsi dalla sua nuova acconciatura, tutti si sedettero in salotto per scambiarsi i regali. Percy tenne per ultimo il dono preparato per Annabeth e consegnato il resto degli acquisti, porse alla ragazza dai boccoli biondi il pacchetto.
Lei gli sorrise, non percependo più alcun imbarazzo nello sfiorarne le mani per prendere il regalo.
Sfiorò la carta rossa e con delicatezza si liberò del fiocco, scartandolo con attenzione per evitare di danneggiare l’oggetto incartato.
Il libro che si ritrovò fra le mani aveva sulla copertina il Pantheon greco e parlava dell’arte antica e delle tecniche architettoniche.
I suoi occhi brillarono mentre sfiorava emozionata i caratteri in rilievo e lo apriva per inspirare l’odore di carta nuova che proveniva dalle pagine.
Jackson rimase a guardarla tutto il tempo, soddisfatto nell’essere riuscito a togliere dai suoi occhi, la scintilla di tristezza che aveva percepito per tutta la sera.
Vederla così concentrata e contenta per quel semplice dono lo faceva sentire orgoglioso e non riuscì a negare a sé stesso di essere totalmente attratto da quella ragazza.
“Grazie. É davvero bellissimo.. Anche io ho una cosa per te”
“Non dovevi. Davvero, sono felice di aver passato la serata con voi, mi basta questo”
“Piantala testa d’alghe. Prendi il mio regalo e chiudi il becco”
“Allora penso che lo accetterò, sapientona!”
 
Senza la delicatezza dell’altra, il giovane si liberò della carta che avvolgeva la piccola scatola blu e l’aprì curioso.
All’interno, poggiato sul tessuto blu scuro, una collanina in cui era infilata una sferetta verde con sopra disegnato un tridente.
Il cordoncino, di pelle scura, era morbido sulle dita e il ciondolo era liscio e freddo al tatto. Lentamente sollevò la collana e la strinse, sollevando lo sguardo per incontrare gli occhi tempesta di lei, in attesa del suo giudizio.
Sul volto gli spuntò un sorriso e con pochi movimenti fluidi la indossò, facendo sorridere anche lei.
Senza dire una parola si chinò, essendo alto quasi una testa più della ragazza e le sfiorò una guancia con le labbra, avvertendo una piccola scossa.
Allontanatosi assunse un espressione malandrina e facendole l’occhiolino la ringraziò del regalo.
“Hai buon gusto sapientona. Mi piace moltissimo”
“Buon per te, testa d’alghe. Se non ti fosse piaciuto te lo saresti dovuto tenere comunque”
 
 
Da natale erano trascorsi tre mesi e in quel tempo, Annabeth e Percy si erano rivisti più volte, anche se non quanto il ragazzo desiderava.
L’impegni del nuoto lo avevano costretto a tornare a casa e la stanchezza, molto spesso, gli aveva impedito di raggiungere casa Chase, essendo abbastanza distante dal suo appartamento in centro.
Talia aveva visto quell’avvicinamento come una cosa molto positiva, anche per il miglioramento negli atteggiamenti dell’amica che sembrava stare meglio in ogni campo, persino in quello medico.
Nonostante le insistenze dell’amica, però, Annabeth non aveva voluto dire a Percy i dettagli sul suo stato di salute, sperando che non ci sarebbero state ragioni di preoccuparsi.
Quel giorno, il moro era arrivato in mattinata ed era stato invitato a pranzo dal signor Chase, felice nel vedere sua figlia uscire dallo stato di apatia in cui sembrava stare cadendo nei mesi antecedenti.
I due ragazzi si trovavano nella camera di lei e stavano discutendo di argomenti futili. Lui sdraiato supino sul tappeto, una mano sullo stomaco e una sotto il capo, le gambe distese e intrecciate tra loro. Lei sul letto, con il libro regalatole dal ragazzo posato al suo fianco e un cuscino a sollevarle la testa.
“Sei fin troppo sapientona! Non puoi essere una secchiona in ogni cosa!”
“Non è colpa mia se tu sei un idiota, testa d’alghe”
“Io sarei un idiota? Stai parlando con uno dei migliori della sua scuola!”
“I migliori bocciati forse!”
 
La risata della bionda venne interrotta da un attacco di tosse che la costrinse a mettersi a sedere.
Il ragazzo smise di giocare con la collanina che portava al collo e il suo sorriso si incrinò mentre si alzava, avvertendo la preoccupazione salire.
Annabeth tentò di fermare l’attacco ma riuscì solo a peggiorarlo mentre la mano che aveva portato dinanzi alla bocca si tingeva di rosso a causa del sangue.
Non appena Percy si accorse della gravità della situazione, cercò di non farsi prendere dal panico e chiamò aiuto, sperando di poter fare qualcosa.
Il padre di Annabeth salì di corsa le scale e spalancò la porta con il fiato corto e l’ansia in volto. In mano aveva già il telefono e dopo aver digitato il numero dell’emergenze lo consegnò al ragazzo.
“Chiedi di far venire un ambulanza! Svelto!”
“Io..Si..Dio”
 
Udendo una voce provenire dal telefono riuscì a riscuotersi dal profondo terrore che lo aveva immobilizzato e chiese di farsi mandare un ambulanza, mentre la sua voce si incrinava alla vista di Annabeth che perdeva il respiro.
Quando finalmente giunse qualcuno e il signor Chase lasciò la stanza al fianco della figlia, si rese conto di star stringendo il telefono come se fosse l’unica cosa a tenerlo in vita e senza fiato, lo lasciò cadere.
Scese le scale tremante e si trovò davanti il volto cinereo della matrigna di Annabeth che guardava il muro, immobile.
“Cosa..Cosa è successo..Io non capisco”
“Percy mi dispiace. Annabeth non voleva parlarne..Sembrava che le cose andassero bene e…Mi dispiace”
“Perché le dispiace? Cos’ha Annabeth?”
“Ha un tumore ai polmoni”
 
Le parole della donna suonarono più orribili di quanto si fosse aspettato e avvertì il fiato mozzarsi. Cercò qualcosa in quella stanza che lo aiutasse a fermare l’improvviso giramento che lo colse e si aggrappò alla porta.
Rimase immobile per qualche secondo, non sapendo cosa fare, finchè il pensiero di Annabeth in ospedale non lo spinse a raccogliere tutte quelle emozioni e riprendere il controllo.
Inspirò profondamente e serrò i denti, per poi dirigersi verso la porta con l’unico desiderio di assicurarsi che la ragazza stesse bene.
 
 
In ospedale aveva trovato il signor Chase, seduto su una scomoda sedia di plastica con la testa fra le mani e gli occhi bagnati di lacrime.
Si era seduto al suo fianco e aveva chiamato Talia per avvertirli di quanto era accaduto, stupendosi del suo stesso autocontrollo.
Avevano aspettato per più di un ora in quella saletta, sotto la luce fredda dei neon, senza avere notizie certe delle condizioni della giovane.
Talia, arrivata subito dopo aver ricevuto la chiamata, stava seduta accanto all’uomo, una mano sulla sua schiena e lo sguardo duro a cercare di mascherare il dolore.
“Talia, perché non me ne ha parlato? Perché sono venuto a saperlo in questo modo?”
“Percy, devi capire che non è facile e nonostante tutto vi conoscete da pochi mesi. Aveva detto che lo faceva perché stava bene ma penso abbia avuto paura”
“Paura? Paura di cosa?”
“Paura di spaventarti e farti scappare via. Molto probabilmente cercava di auto convincersi che sarebbe andato tutto per il meglio perciò non ci sarebbe stato bisogno di farti sapere che sta male”
 
Jackson chinò il capo, il pugno destro stretto attorno alla perla con il tridente e chiuse gli occhi. La cugina lo guardò e attraverso tutto il dolore e la preoccupazione per l’amica, avvertì una sorta di orgoglio nei confronti del ragazzo che aveva di fronte. Sapeva per certo che i sentimenti del ragazzo verso Annabeth erano molto più di una semplice attrazione. Lo aveva capito dal modo in cui la guardava e dal suo nominarla costantemente. In quei mesi aveva visto suo cugino felice come mai ed era rimasta stupita dal suo impegno nel trovare anche solo un’ora di tempo libero per passare del tempo con lei.
Nonostante i suoi timori si fossero rivelati corretti e la sua amica avesse avuto una ricaduta, Percy era ancora lì e il suo unico pensiero era rivolto ad Annabeth.
“Lei è il signor Chase?”
 
La voce del dottore fece scattare tutti e tre sull’attenti, spingendo Frederick ad alzarsi in piedi per ascoltare le notizie che l’uomo portava.
“Si è stabilizzata ma occorrono dei controlli più approfonditi. Potrebbe trattarsi di una ricaduta di poco conto o di qualcosa di più grave di quanto pensiamo”
“La ringrazio.. Possiamo vederla?”
“Sta riposando ma tra poco dovrebbe svegliarsi. Non fatela agitare”
“Certo”
 
Il gruppetto si avvicinò alla stanza e fece il suo ingresso nel più totale silenzio, interrotto solo dai rumori emessi dalle macchine a cui la ragazza era collegata.
Talia e Frederick avendo già assistito alla scena che si trovarono davanti, si avvicinarono alla giovane, in attesa del suo risveglio.
Percy, al contrario, rimase immobile sulla soglia, gli occhi lucidi alla vista di Annabeth coperta di tubi e attaccata a quelle macchine.
Il moro strinse ancora una volta il ciondolo verde che pendeva dal suo collo e si fece coraggio, sedendosi al fianco dell’amica senza emettere alcun fiato e respingendo le lacrime affiorate all’improvviso.
La cugina lo guardò ancora una volta, conscia dei sentimenti che lo stavano pervadendo.
Rimasero al suo fianco per alcuni minuti prima che arrivasse Luke, camice indosso e un  espressione contrita in viso.
All’arrivo del ragazzo, il signor Chase uscì per parlare dei controlli da effettuare, seguito da Talia che desiderava conforto da parte del giovane dalla chioma dorata.
Solo, Percy poggiò la fronte sul lettino, serrando la presa attorno alla mano immobile di Annabeth, ascoltando il respiro della ragazza guidato dalla macchina.
“Perché non mi hai detto niente? Non sarei scappato…Non da te. Per qualsiasi ragione”
 
La sua voce era un sussurro tremante, interrotto solo dai pochi singhiozzi che sfuggivano al suo controllo. Inghiottì a vuoto, tentando di fermare le lacrime che iniziavano nuovamente a sfiorargli le ciglia.
“Sapientona non ero preparato. Dovevi avvertirmi. Se lo avessi fatto forse avrei potuto fare di più. Forse non sarei rimasto lì, troppo spaventato da quello che poteva accaderti. Non sarei scappato. Non scapperò. Te lo prometto Sapientona”
 
Annabeth non aprì gli occhi, anche se le parole del ragazzo le avevano riscaldato il cuore e le lacrime di lui le stavano bagnando la mano.
Sapeva di essere una codarda ma non riusciva ad affrontare il suo sguardo color acquamarina. Non ora che le lacrime lo avrebbero increspato, come le onde fanno con il mare. Se solo avesse aperto gli occhi, avrebbe dovuto accettare di vederlo soffrire per lei e non poteva sopportarlo.
Il fremito che percorse il suo corpo, però, la tradì e Percy sollevò di scatto la testa, ricacciando indietro le lacrime per poterla vedere.
“Sapientona”
 
Non riuscendo a resistere oltre, la bionda aprì gli occhi e lo guardò, le iridi grigie opache, come un cielo nuvoloso.
Si guardarono e il sorriso che nacque sulle labbra del giovane, spinse Annabeth a ricambiare la stretta che non aveva lasciato la sua mano nemmeno per un secondo.
Jackson si chinò su di lei e le spostò un ricciolo dalla fronte, carezzandole delicatamente il viso con le dita.
Annabeth chiuse le palpebre, facendosi cullare da quel tocco delicato, sorridendo nel sentire le labbra del ragazzo posarsi sulla sua fronte.
E mentre il suo cuore accelerava assieme ai bip della macchina pronunciò, senza essere udita, due parole: Testa d’alghe.
 
 
Percy mantenne la sua promessa e nonostante le varie difficoltà le rimase accanto, rispettando la sua scelta di restare amici per un anno.
Solo quando le condizioni della ragazza sembrarono essersi stabilizzate definitivamente e lei scelse di tornare a studiare, il ragazzo le chiese un appuntamento e Annabeth accettò.
La sera stessa dell’appuntamento, dopo una passeggiata sulla spiaggia coronata da un acquazzone improvviso che li aveva inzuppati, Percy le disse di amarla e lei lo baciò in risposta.
In quel momento, un anno e tre mesi dal primo natale insieme, sotto la pioggia gelida che li pungeva come spilli e bagnava ogni cosa, si dichiarò.
Nessuno dei due pensava al fastidio degli abiti che si appiccicavano alla pelle o alla sabbia che si attaccava dappertutto. A Percy non importava del leggero trucco sbavato di lei e dell’acconciatura sfatta. Ad Annabeth non interessava se il ragazzo sembrasse avere nuovamente delle alghe in testa. L’unica cosa che contava erano le labbra dell’altro sulle proprie, il ti amo appena sussurrato e gli occhi incatenati a quelli del compagno mentre si stringevano con forza per non lasciarsi più.
  
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