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Autore: foodporv    27/12/2015    0 recensioni
Sarebbe rimasta lì ore ad ascoltarlo parlare nel suo accento marcato e nel suo gesticolare continuo e, diamine, avrebbe dovuto smettere di fare tutte quelle considerazioni su di lui: continuando in quel modo ci sarebbe ricascata e, gira e rigira, sarebbe stata un'altra delusione da aggiungere ad una lunga serie.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6th Chapter – All the right moves


Zayn finì di allacciarsi le scarpe, le sue amatissime e nerissime Clarks, e fece un lieve sospiro.
Fu sul punto di alzarsi in piedi ma sentì una presenza insinuarsi tra le sue gambe: abbassò lo sguardo incontrando quello adorabile di Zeus, il siberian husky bianco e nero che mamma Trisha e papà Yaser avevano portato in casa circa quattordici anni prima e con il quale era cresciuto. «Bestia!» lo salutò con un sorriso, accarezzandogli la testa, mentre l'animale, felice, muoveva la coda.
Facendo attenzione a non calpestare le zampe a Zeus, il quale non lo aiutava affatto, dato che continuava a girargli intorno, si diresse in cucina per recuperare lo zaino che aveva gettato a terra in malo modo quando era sceso a fare colazione. Trovò sua madre intenta ad infilare un succo di frutta nello zainetto di Safaa, la piccola di casa, che proprio quell'anno aveva iniziato le scuole elementari. La donna osservò il figlio sollevare lo zaino da terra e guardarsi intorno alla ricerca delle chiavi del suo motorino. Trisha le vide prima del moro, poste sul piano della cucina per qualche astruso motivo, e gliele consegnò: «Stai attento» gli raccomandò, facendo annuire passivamente il figlio, il quale alzò gli occhi al cielo senza nascondersi troppo.
«Papà?» chiese Zayn. Il moro e Yaser si vedevano sporadicamente: gli orari di lavoro del secondo variavano molto facilmente, quasi sempre ampliandosi, perciò succedeva spesso che non riuscissero a vedersi per giorni interi - e lo stesso accadeva con gli altri figli.
«È tornato poco fa, sta dormendo», comunicò Trisha al figlio, aspettandosi una qualche reazione. Zayn arricciò leggermente le labbra e annuì soltanto, non proferì parola.
«Bene, donne, io vado», annunciò, stampandosi sul volto un piccolo sorriso. Si abbassò all'altezza della sorella e le posò un bacio sulla fronte, scompigliandole leggermente i capelli. La bambina, con grande sorpresa del moro, «Fai il bravo, Zaynie» mormorò, facendo ridacchiare Zayn: «Promesso», assicurò beffardo, sfiorandole il mento.
«Ciao mamma» la salutò con un cenno della mano che venne ricambiato con una leggera pacca sul sedere e una piccola risata proveniente dalle labbra di Safaa.
Zayn uscì dalla cucina e, ancora una volta, incontrò uno Zeus alla ricerca di qualche coccola e sebbene l'idea allettasse non poco il moro, doveva andare o avrebbe fatto ritardo, tanto per cambiare. Zeus mise le zampe sulle ginocchia del ragazzo, facendolo sussultare, «Dai, bello, ci vediamo dopo», gli accarezzò il muso Zayn e subito dopo lo congedò definitivamente. Aprì la porta d'ingresso per poi chiudersela velocemente alla spalle, onde evitare che il cane lo seguisse, si diresse a passo svelto verso il garage; dopo averlo aperto con un gesto secco, vide la sua moto, una Honda grigia e nera lucente e più bella che mai. Ne era completamente innamorato.
Dopo essersi messo lo zaino in spalla, prese il casco messo su un tavolo lì vicino e lo indossò con gesti delle mani rapidi, tolse il cavalletto alla moto per farla uscire dal garage e successivamente la appoggiò in equilibrio più o meno precario al muro. Controllò quante sigarette fossero rimaste superstiti nel pacchetto e in seguito chiuse il garage con un gesto secco; una volta spostato il mezzo, vi montò sopra con una mossa slanciata. Sorrise nell'udire il rombo del motore e una volta accomodato, uscì dal vialetto e mise in moto. Avrebbe fatto un salto dal tabacchino.

«Loueh!» esclamò Evelyn non appena vide la chioma castana dell'amico. Si fiondò fra le sue braccia muscolose, che aveva sempre amato perché così possenti, e gli circondò il busto, poggiando il capo sul suo petto. Louis le ricordava tanto il fratello, sebbene Nathan fosse più alto e robusto; stare vicino a lui però le infondeva una sensazione di sicurezza e protezione.
«A cosa devo tutto questo affetto?» le chiese il ragazzo, una volta che Evelyn si staccò dal suo corpo. Cercò il pacchetto di Camel Black e l'accendino rosso nella tasca della tuta nera che indossava, e dopo averne estratto una sigaretta se la portò alle labbra, riportando il pacchetto dov'era precedentemente.
Evelyn osservò attentamente il gesto e il viso dell'amico, pensando che fosse veramente un bel ragazzo, si ritrovò a sorridere. Le tornò alla mente il loro primo incontro, le immagini di quando quella sera, alla festa di compleanno di Harry, Louis le aveva poggiato un braccio attorno alle spalle, flirtando con lei in modo spudorato, fecero incurvare le sue labbra verso l'alto. «Sono disperata, Tomlinson, ho la verifica di goniometria oggi, prenderò 2 se va bene!» rispose alla domanda, mentre l'amico si portava la sigaretta ormai accesa alle labbra, aspirandone la nicotina e sentendo il fumo raschiargli leggermente la gola.
«Ho bisogno di una cioccolata!» si lamentò, e Louis rise perché le sembrava una bambina. Decise di infastidirla e le buttò il fumo in faccia: una volta che quella nube grigiognola svanì, si ritrovò una Evelyn con un'espressione di disappunto in viso e la fronte leggermente corrucciata, le labbra serrate. «Non sei simpatico, sai? Per farti perdonare mi offrirai tu la cioccolata»
«Neanche tu sei simpatica di mattino, questo è poco ma sicuro!» cantilenò lui con espressione tranquilla. La reazione della mora fu un colpo sul braccio di Louis, il quale finse che questo lo avesse scalfito, cosa che fece alzare gli occhi azzurri di Evelyn al cielo e la fece sbuffare.
«Abbracciami, razza di stupido» borbottò e senza che il castano potesse reagire, Evelyn si era già fiondata tra la sue braccia. «Quante volte sei caduta dall'altalena da piccola per essere così?» le chiese retorico Louis, sospirando leggermente. Evelyn serrò le labbra e grugnì: «Attento a quello che dici, Lou, sono piccola ma pericolosa» lo minacciò, credendo di spaventarlo, ma la risposta non importò più di tanto al castano, il quale alzò gli occhi al cielo, «Sì, sì, come vuoi».
La mora era ancora tra le braccia dell'amico quando la sua attenzione venne catturata dal rombo di una moto che vide arrivare in direzione delle spalle di Louis, su cui lei aveva appoggiato il capo per vedere meglio, alzandosi in punta di piedi. Vide il mezzo fermarsi, il proprietario scendere da questo per mantenerlo in equilibrio con il cavalletto e finalmente togliersi il casco. Era Zayn.
Evelyn ebbe un quasi impercettibile sussulto al cuore nel vederlo, per un attimo le si mozzò il respiro: il moro si stava sistemando i capelli, che il casco aveva un po' devastato. Si guardò nello specchietto della moto e si assicurò che questa fosse a posto, una volta avervi estratto le chiavi che ripose al sicuro in una tasca interna del suo zaino.
Sentì la voce squillante di Louis continuare a blaterare qualcosa a cui però non stava prestando la minima attenzione, con la testa - e gli occhi - del tutto da un'altra parte. «Che bello quando la gente ascolta quello che stai dicendo» commentò il castano, fintamente offeso. Osservò in direzione dell'amica e sorrise furbo, notando Evelyn con la coda dell'occhio e mordendosi la punta della lingua. «Non guardarlo troppo: ce lo consumi, così» la prese in giro, beccandosi un'occhiata truce da parte di lei: «Quando hai trovato la tua simpatia fammi sapere» mormorò, incrociando le braccia sotto il seno.
«Comunque, dicevo... Quando parlerai di me a tua cugina?»
«Mai?» disse retorica, sorridendo beffarda.
«Dai, sei stronza, perché non vuoi?» le chiese Louis con voce lagnosa, come quella di un bambino capriccioso.
«Perché io so cosa vuoi fare con mia cugina e te lo puoi scordare completamente! E poi è già fidanzata» disse seria, con espressione di chi la sa lunga. «Ma è solo per fare conoscenza, diventare amici!» aggiunse Louis in modo poco convincente, non rendendosi conto di star solamente peggiorando la situazione. Probabilmente se avesse continuato a parlare non l'avrebbe vista nemmeno col binocolo, la cugina di Evelyn.
«Diventare amici di chi?» s'intromise nel discorso Zayn, il quale teneva saldamente il suo casco nero. Evelyn lo osservò bagnarsi le labbra con la lingua e subito dopo mordersele, dovette distoglierle lo sguardo per non essere colta in fallo e ritrovarsi in una situazione imbarazzante.
«Bella! - lo salutò Louis, stringendogli la mano - Comunque, di sua cugina, guarda qua!» sbloccò il telefono e andò nell'account twitter della ragazza, pigiando sull'immagine del profilo, subito dopo mostrò la foto a Zayn: «E tu vuoi esserle solo amico?» ridacchiò il moro, osservando Louis con un sopracciglio alzato e non credendogli minimamente. «Hey, tu dovresti appoggiarmi!» borbottò il castano, fingendo un'espressione afflitta. Zayn si limitò ad alzare le spalle e a prendere una sigaretta dal suo pacchetto nuovo e portarsela alle labbra, accendendola l'attimo seguente.
«In ogni caso non avresti speranze e Sebastian ti spaccherebbe le gambe» commentò Evelyn con tono di voce tranquillo e sorriso beffardo. «Ma ti sta sul cazzo Sebastian!» ribatté Louis, non trovando la logicità del discorso della mora. «Questo è un altro discorso, Tomlinson. L'argomento è chiuso.» concluse, successivamente si girò nella direzione di Zayn e, diamine, non l'avesse fatto: i suoi occhi grandi e azzurri s'incrociarono con lo sguardo più scuro del moro. Sentì di star arrossendo e dovette abbassare il capo, troppo imbarazzata da quel contatto visivo. Si sentì stupida perché non riusciva a guardarlo in faccia per più di cinque secondi: gli occhi di Zayn avevano la capacità di metterla in soggezione con una facilità inconsueta e non sapeva ancora se quella sensazione le facesse piacere o meno.
«Devo fare uno stronzo immenso, ci becchiamo poi in giro!» se ne uscì Tomlinson, senza aspettare una risposta da parte dei due amici e dirigendosi a passa svelto verso l'edificio scolastico.
«Poteva ometterlo, sì, poteva, ew» commentò velocemente Evelyn, borbottando e chiedendosi per l'ennesima volta perché l'amico fosse così cerebroleso. Sentì la risata di Zayn, subito dopo il braccio del moro si posò attorno alle spalle della ragazza e «Comunque, ciao» disse, pizzicandole un fianco, mossa che la fece sobbalzare e allontanare da lui. Evelyn si limitò a sorridergli e fargli poi una linguaccia, non sapendo lei stessa di essere così in confidenza con lui, ma non si oppose perché il gesto le faceva più che piacere. «Ciao anche a te!» rispose al saluto.
Zayn si sistemò meglio lo zaino in spalle e con un gesto della mano, quella con cui teneva la sigaretta arrivata ormai a metà, intimò ad Evelyn di andare a sedersi sui muretti dove erano soliti stare durante gli intervalli. La fece andare per prima e ne approfittò per dare un'occhiata fugace al suo fondoschiena - d'altronde era sempre un maschio -, ringraziando il fatto che la ragazza usasse una tracolla e non uno zaino che coprisse quello che aveva mentalmente definito un "ben di dio".
Una volta seduti, Evelyn decise che non avrebbe permesso che tra di loro s'insinuasse un silenzio pesante ed imbarazzante, i suoi occhi incontrarono il casco del moro: «Non sapevo avessi una moto - commentò - cioè, è la prima volta che ti ci vedo sopra» aggiunse. «Ci sono tante cose che non sai di me, Beadle» disse Zayn con voce ammiccante, muovendo le sopracciglia in un gesto che avrebbe dovuto essere sensuale, tentativo mandando all'aria dal sorrisino idiota che aveva stampato in viso.
«Ora capisco perché sei amico di Louis» borbottò lei, alzando gli occhi al cielo, sebbene le sue labbra fossero curvate in accenno di sorriso. «A proposito! - alzò di poco la voce, attirando l'attenzione di Zayn su di lei - quell'idiota doveva offrirmi una cioccolata!» esclamò, mettendo poi su una faccina imbronciata.
Zayn gettò a terra il mozzicone con un gesto secco - se lo avesse visto il professor Sullivan gliel'avrebbe fatto raccogliere con la lingua - e «Avanti, andiamo, te la offro io», disse, poi si alzò con un gesto veloce. «Ma non devi, ce li ho i soldi!» ribatté lei. Non era di certo costretto a pagare per lei!
«Infatti non era una proposta o qualcosa del genere, sai?» le domandò retorico, strizzandole leggermente una guancia come se stesse parlando con una bambina che non capiva. Evelyn diede uno schiaffetto secco e veloce sulla mano del moro, «Te la taglio a fettine quella mano, Malik» lo avvisò. In risposta, Zayn le pizzicò nuovamente un fianco, come era accaduto quando l'aveva salutata quella mattina, e prese a camminare verso l'ingresso della scuola.
Evelyn osservò la figura del ragazzo: indossava un maglione grigio scuro lasciato in vista dalla giacca di pelle nera lasciata aperta. Le gambe erano fasciate da un paio di jeans neri messi, ovviamente, a vita bassa. Zayn si girò, notando che la ragazza non lo stava seguendo: «Allora? Che ci fai ancora lì?» chiese fremente, mentre con la mano con la quale teneva il casco esortava la mora a seguirlo. Evelyn in risposta abbassò lo sguardo, sorridendo e percependo del calore nella zona delle guance. Si portò una ribelle ciocca di capelli dietro le orecchie, in seguito raggiunse Zayn.
«Allora, cappuccino e cioccolata?» le chiese Zayn provocandola, ricordandosi di una conversazione che lui e la mora avevano avuto tempo prima, poco prima che avesse luogo l'Open Night. La mora fece una faccia disgustata, «Ew, no, neanche sotto tortura, Malik!»


«Avanti!» esclamò con voce pimpante la professoressa Todd, insegnante di letteratura, interrompendo la sua lezione su Jane Eyre, romanzo di Charlotte Brontë.
«Scusate il disturbo, siamo qui per distribuire il giornalino della scuola, se qualcuno lo volesse. Potete alzare le mani, per favore?» parlò una ragazza con in mano una busta contenente dei soldi, seguita da un ragazzo più alto di lei, il quale teneva in mono salto un'ingente pila di giornalini da dover distribuire.
La maggior parte della classe, Evelyn e Gwen comprese, alzò la mano, non perché tutti volessero leggerlo integralmente, ma il motivo principale stava nelle ultime pagine: alcune erano dedicate allo sfottò nei confronti degli insegnanti che ogni tanto si concedevano a qualche battuta o facevano gaffes che per forza dovevano essere tenute vive nella memoria, altre invece offrivano uno spazio in cui solitamente venivano fatte confessioni o domande, dedicate poesie o canzoni, il tutto rigorosamente in anonimo (anche se, in realtà, il nome della classe del mittente compariva).
Una volta tra le mani, Gwen, da brava pettegola, si affrettò a guardare le ultime pagine, come faceva ogni volta.
«Eve, vai a pagina 13, terza dedica» borbottò Gwen all'amica, ridacchiando fra sé e sé.
«"A: Harry Styles, 4°C. Da: 1°B. Harry sei bellissimo, i tuoi ricci sono la cosa più bella del mondo. Lascia la tua ragazza e mettiti con me"» lesse sconcertata Evelyn, posando successivamente lo sguardo su Gwen, la quale stava trattenendo una risata sguaiata.
Gwen era consapevole del fatto che il suo ragazzo fosse tra i più ammirati della scuola, e infatti si considerava più che fortunata ad averlo tutto per sé, le sembrava quasi un privilegio: la classe della mittente, soprattutto, le aveva fatto ridere. Non poteva certamente evitare che le ragazze guardassero Harry, era un tipo che difficilmente passava inosservato e se lei fosse stata al posto loro avrebbe di sicuro fatto lo stesso; non riusciva, però, a credere che quella ragazza si fosse spinta così tanto oltre con le parole. La trovava una situazione quasi assurda, divertente: probabilmente quelle parole le aveva scritte una tredicenne con gli ormoni impazziti, troppo ingenua per dare peso alle parole scritte e, se ci pensava su, Gwen si sentiva troppo cattiva a ridere di lei.
La ragazza estrasse il cellulare dalla tasca inferiore dello zaino e senza farsi vedere dall'insegnante, che nel frattempo aveva ripreso la spiegazione, lo sbloccò, pigiando poi sull'icona dei messaggi:


Nuovo messaggio
Ore: 09.27 / A:
Haz
Hai letto cosa c'è in fondo al giornalino?
Se becco chi è le strappo i capelli, e li strappo anche a te!!! Dopo facciamo i conti”

Scrisse quelle parole per divertirsi un po', avrebbe pagato per vedere la reazione istantanea di Harry, se la stava già pregustando col pensiero. Fece leggere il messaggio ad Evelyn che «Ma dai, povero!» commentò, ridendo anche lei. La risposta di Harry non tardò ad arrivare, scrisse subito che lui non c'entrava niente e che non sapeva nemmeno chi fosse quella ragazza. L'ora di letteratura passò così, con Evelyn che tentava di sorridere innocente alle occhiatacce della Todd, che sentiva arrivarle alle orecchie le risatine di Gwen, e con quest'ultima che si sorprendeva di quanto Harry potesse essere ingenuo e credulone, trovandolo però tremendamente adorabile. La ragazza, però, sapeva già come si sarebbe fatta perdonare.

«E vedi di badare al linguaggio, Beadle» mormorò con tono severo la professoressa Goodman, insegnante di matematica, dopo che Evelyn le aveva chiesto cosa cazzo volesse da lei, credendo di non farsi sentire dalla donna.
«Eh, sì, va bene, tanto ha ragione lei» borbottò in risposta Evelyn, con gli occhi lucidi. La Goodman non mandò avanti la conversazione, la guardò truce e si diresse fuori dall'aula facendo risuonare i tacchi troppo alti per una donna della sua età.
Evelyn odiava profondamente il fatto che quando era nervosa o arrabbiata o entrambe le cose, come in quel momento, le venisse anche da piangere. Non sopportava di sentire quel groppo in gola che addirittura le impediva di respirare normalmente.
Non era dispiaciuta per come le fosse andata la verifica di matematica in sé, la cosa passava in secondo piano, le dava fastidio che ogni fottuta volta la professoressa Goodman dovesse umiliarla davanti a tutti perché, secondo lei, Gwen le suggeriva tutto da cima a fondo. E se fosse stato vero i commenti della donna l'avrebbero solo irritata, niente di che, ma così sputava sulle sue ore passate a cercare di capirci qualcosa di seno, coseno, tangente e altre stronzate di cui non le importava nulla e sulla sua intelligenza: era questa la cosa che non tollerava. Aveva provato a ribattere, ma i suoi sforzi erano stati vani perché in fin dei conti quello che pensava lei non contava, era solo un'alunna.
Gwen aveva provato ad intervenire in favore dell'amica, ma, come lei, non era stata ascoltata.
La mora si alzò velocemente e si diresse fuori dalla classe, senza guardare in faccia nessuno, come se davvero fosse nel torto. Gwen non la seguì, sapeva che altrimenti la situazione sarebbe solamente peggiorata e non era proprio il caso.
Nel frattempo una lacrima le era scesa sulla guancia involontariamente, andandosi ad insinuare nel solco delle sue labbra. Si passò velocemente una mano sul viso per eliminarne la traccia e si diresse verso il bar della scuola, da dove poi sarebbe arrivata in cortile.
Non impiegò troppo tempo ad arrivare fuori, si accovacciò, diventando più minuta di quanto già non fosse. Espirò profondamente, mentre ancora la rabbia le ribolliva dentro; si passò una mano tra i capelli scuri, sentendo ancora le lacrime agli occhi. Probabilmente il naso e le guance le erano diventati rossi e sembrava reduce della sbronza del secolo, sentiva infatti di essere inguardabile. Udì la porta aprirsi e chiudersi velocemente e «Eve?», si sentì chiamare.
Sarebbe riuscita a riconoscere quella voce tra migliaia, onde evitare che però Zayn la vedesse in quello stato, fece finta di non sentirlo.
«Hey» il moro si mise all'altezza della ragazza, sventolandole la mano davanti al viso. La sentì tirare su con il naso e lentamente alzare lo sguardo nel suo.
Il moro la scrutava attentamente, indeciso sul da farsi. La trovò estremamente carina, nonostante lo sguardo afflitto: la ragazza indossava un cappotto nero di lana, un maglioncino color crema e dei denim jeans a vita alta le fasciavano le gambe perfettamente, esaltando le sue forme. Ai piedi un paio di Adidas che Zayn si chiese come facesse a tenere così pulite.
Evelyn lo fissò negli occhi, questa volta - una delle poche - senza abbassare lo sguardo. Lo fece per così tanto tempo che, sentendosi una completa idiota, si mise a ridere, scuotendo poi la testa: «Scusami, sto diventando una psicopatica come quella donna» si scusò, causando una smorfia incerta da parte del moro che non sapeva ancora a quale donna si stesse riferendo. Evelyn lo notò e «La Goodman», gli chiarì il dubbio. A quelle due sue stesse parole, la sua espressione mutò in arrabbiata, mise su un broncio e iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, ignorando che quel gesto stesse mandando completamente il tilt il cervello del ragazzo di fianco a lei.
«Hai una sigaretta?» gli chiese dopo un po' la mora, anche se probabilmente la risposta sarebbe stata affermativa. Non aveva il vizio del fumo, Evelyn, ma certe situazioni, secondo lei, richiedevano di essere alleggerite e in quel momento, quella del fumo, le sembrava la soluzione più immediata. Zayn la scrutò accigliato, inarcò le sopracciglia e «Fai sul serio?» le domandò, incredulo.
Evelyn annuì, come una bambina, sentendosi piccola di fronte agli occhi penetranti di lui, sembravano trapassarla. «Ne ho proprio bisogno» si giustificò, sedendosi completamente a terra, non curante che i jeans nuovi che indossava potessero sporcarsi. Il moro imitò il suo gesto, in seguito estrasse due sigarette dal pacchetto che aveva acquistato quella stessa mattina: «Sono forti», l'avvisò, riferendosi al fatto che fossero Marlboro Rosse, non proprio delle sigarette leggerissime.
Zayn le passò l'accendino nero, facendo accendere prima a lei, la quale si sentiva quasi inesperta, dato che era passato un sacco di tempo dalla sua ultima sigaretta. Si sentì osservata dagli occhi scuri del moro ma decise di ignorarli, anche se sentiva le guance calde. Non sarebbe stato un problema nascondere il loro rossore, siccome quella sorta di pianto che si era fatta gliel'aveva fatte già diventare di un colore purpureo. L'accendino passò nella mano destra del ragazzo, che non ci mise molto ad accenderlo, poi il suo sguardo si posò nuovamente sulla figura della mora. Poteva essere inquietante, fastidioso forse, se ne rendeva conto, ma non poteva fare a meno di osservarla, era più forte di lui.
«Che ha combinato la Goodman?» decise di chiederle, giusto per non rimanere in totale silenzio e perché un po' era curioso di sapere perché Evelyn fosse in quello stato.
«"Beadle, smettiamola di copiare, poi è ovvio che vai magicamente bene... E non usare quel linguaggio con me!" e bla bla bla - cercò di imitare il tono di voce della donna - povero suo marito, con che coraggio ci fa sesso? No, non fanno sesso, ecco perché è così frustrata! Vecchia megera bastarda!» blaterò, mentre Zayn la guardava incredulo, scoppiando poi a ridere e tossendo un po' per via del fumo. Evelyn si compiacque di essere riuscita a farlo ridere e si unì al moro, il quale si avvicinò un po' di più al corpo della ragazza.
Dopo essersi ripreso, «E questa vecchia megera bastarda ti ha addirittura fatta piangere?» le domandò. «Sì, quando sono arrabbiata e non so come gestire la rabbia mi metto a piangere. Stupido, lo so, ma non ci posso fare nulla» borbottò, portandosi alle labbra la sigaretta arrivata ormai al filtro, spegnendola poi per terra.
«Non è stupido, se poi ti fa stare meglio. Ognuno si sfoga a modo proprio» le disse Zayn, guardandola negli occhi in modo serio. La mora non gli rispose, si limitò a sorridergli grata che non l'avesse giudicata come una bambina immatura che al primo ostacolo si metteva a piangere. Il ragazzo le si avvicinò maggiormente, facendo sfiorare le loro braccia e, sebbene ci fossero alcuni strati di vestiti a coprirla, Evelyn sentì come se Zayn le stesse toccando il braccio spoglio, per quanti brividi sentiva.
Non seppe né come e né perché, ma, data quella vicinanza, Evelyn appoggiò il capo sulla spalla di Zayn, il quale fece passare la sigaretta tra l'indice e il medio della sua mano sinistra e con il braccio destro circondò il busto della mora, che sorrise a quel gesto. «Comunque forte è riduttivo, mi ha devastata tutta quella sigaretta», ridacchiò, scuotendo la testa.


La villetta degli Styles si trovava nella periferia di Manchester, però in un quarto d'ora, venti minuti al massimo, il centro della città era facilmente raggiungibile. Era posta su due piani, più una taverna. Sul retro c'era un ampio giardino, che quando Harry e sua sorella Gemma erano piccoli ospitava un'altalena e un paio di scivoli, i quali erano stati sostituiti da un'ampia veranda in legno.
Gwen stava percorrendo il vialetto della casa di Harry, quel pomeriggio avrebbe dovuto aiutarlo a prepararsi per un'interrogazione di storia: indossava un paio di skinny jeans neri, sopra ad essi una maglietta con le maniche a tre quarti a righe bianche e nere. La giacca era di pelle, molto simile a quelle alla Malik, gliel'aveva regalata Evelyn il giorno del suo compleanno.
Una volta arrivata davanti alla porta d'ingresso, percorsa una breve rampa di scale in legno, fece per pigiare sul campanello ma la porta, con sua sorpresa, si aprì di colpo. Ne uscì una Gemma Styles, sorella maggiore di Harry, tutta trafelata, che non aspettandosi di trovare qualcuno davanti alla porta di casa, «Oh, ciao!» esclamò. «Io vado all'uni, il tonto è su di sopra a fare non so cosa, voi non fate le vostre cose strane nelle stanze comuni» parlò velocemente la ragazza, facendo diventare rossa come un peperone Gwen. Vedendo la reazione di quest'ultima, Gemma ridacchiò leggermente: «Sto scherzando - le poggiò una mano sulla spalla - ma neanche troppo, onestamente» aggiunse poi. Le lasciò la porta d'ingresso aperta ed estrasse le chiavi della macchina dalla borsa, poi «Ci vediamo», salutò Gwen, la quale rispose muovendo le labbra quasi impercettibilmente.
La ragazza seguì le indicazioni di Gemma, indirizzandosi subito verso il piano superiore, dove c'erano le stanze da letto. Vide il cartello, che doveva rimandare al segnale stradale di divieto d'accesso, con la scritta "get outta here" appeso sulla porta della stanza del suo ragazzo, lasciata socchiusa. Sbirciò all'interno della stanza, notando che Harry era sdraiato con ancora tutti i vestiti addosso; vi entrò dentro e senza fare troppo rumore spostò una sedia per poggiarvi sopra lo zaino e poi anche la giacca. Si tolse anche le scarpe, un paio di Vans senza lacci, con gesti veloci.
Salì sul letto e si mosse a gattoni fino a raggiungere il corpo di Harry: si sedette a cavalcioni sulla sua schiena, successivamente piegò il busto e incominciò a lasciare una scia di piccoli baci sul collo del riccio. Egli, in un primo momento non si accorse di nulla, poi iniziò ad emettere dei mugolii di piacere e a muoversi un poco. Gwen sorrise nel vederlo con quell'espressione che era un misto fra l'addormentato e lo sperduto e quando lo vide ruotare di poco il capo e aprire gli occhi, «Hey» lo salutò sorridente, passandogli una mano fra i folti ricci.
Una volta riacquisita coscienza di se stesso, per quanto fosse possibile per Harry Styles, si mosse abbastanza da far capire a Gwen che sarebbe dovuta entrare sotto le coperte con lui. Il messaggio arrivò chiaro alla ragazza, che in una mossa veloce scese dalla schiena del ragazzo, entrando poi nel luogo caldo che Harry aveva scaldato col suo corpo possente.
Il riccio se la strinse addosso, affondando la testa tra i capelli di Gwen, più scuri dei suoi, che profumavano di miele. Le baciò la spalla, lasciata scoperta dalla maglietta che si era leggermente spostata: «Come stai?», le chiese, poi si spostò quel tanto che bastava per poterla guardare in viso. Non riusciva ancora a credere che Gwen fosse finalmente sua: gli era piaciuta fin da quando l'aveva vista per la prima volta in quarta elementare, ma non aveva mai avuto il coraggio di rivolgerle la parola, bloccato dal fatto che lei potesse snobbarlo. Era poi intervenuta Evelyn, che cinque anni dopo li aveva presentati, e da lì erano diventati un trio inseparabile. E dopo tre anni da quando si erano rivolti la parola, Harry aveva finalmente tirato fuori gli attributi e, senza proferire parola, l'aveva baciata come, in realtà, avrebbe voluto fare in tutto quel tempo (anche a nove anni, sì). Osservò ogni centimetro del viso di Gwen, soffermandosi poi sulle sue labbra rosse e carnose. Si avvicinò lentamente ad esse per poi farle combaciare con le proprie, unendolo in un piccolo bacio casto. La sentì sorridere contro le sue labbra e quando si separarono, «Harry sei bellissimo... Lascia la tua ragazza per me - iniziò a scimmiottare quella che doveva essere la voce di una bambina spocchiosa - ma per favore, mi baciasse il sedere!» aggiunse, assumendo poi un'espressione che avrebbe dovuto incutere timore. Questo non funzionò per niente, dato che a quelle parole Harry era scoppiato a ridere come un idiota: «Sono irresistibile, mi vogliono tutte» si pavoneggiò, con l'unico obiettivo di provocarla. «Sì, sì, vacci, mi raccomando» borbottò lei, togliendosi le mani di lui di dosso e incrociando le braccia sotto il seno. Il tutto era, ovviamente, una finta; Gwen voleva vedere se davvero Harry fosse così deficiente.
«Sto scherzando!» cercò infatti di riparare subito lui, prendendole le mani e incrociando le dita con le sue. Gwen gli rise in faccia: «Lo so, idiota - lo guardò come per chiedergli se ci avesse creduto davvero, al fatto che lei si fosse arrabbiata sul serio - Non la trovi un'altra che ti sopporta come faccio io!» si diede delle arie, sbattendo ripetutamente le palpebre come a dare più enfasi alle sue parole.
«Sì, infatti» l'assecondò piuttosto serio Harry, stringendola in un abbraccio e baciandola. Picchiettò la lingua sul labbro inferiore di Gwen, segno che avrebbe voluto approfondire il bacio, richiesta alla quale la ragazza non si tirò indietro.
Harry la portò sopra il suo corpo e prese ad accarezzarle in fianchi, mentre lei si portò una ciocca di capelli di troppo dietro l'orecchio. Le mani di Harry salirono lentamente, alzandole di poco la maglietta, lasciandole così la pancia scoperta. Gwen sospirò sentendo le mani grandi e calde di Harry sfiorarle il corpo così delicatamente, scese un poco e mise a contatto le sue labbra con il collo di lui, lasciandovi piccoli baci umidi e focosi. Anche le sue mani incominciarono ad accarezzare il corpo di Harry, il quale indossava una tuta verde e una maglietta bianca a maniche corte, sotto la quale, ben presto, si insinuò una mano di Gwen, muovendosi timida. Harry poteva affermare di star impazzando ed ogni cellula del suo corpo avrebbe potuto confermarlo. Per la stanza risuonavano i loro sospiri e il suono dei loro baci, nel cuore di Gwen un afflusso di sensazioni le avevano tolto quel poco di lucidità rimasta, mentre il cervello di Harry era andato in stand-by già da quando l'aveva vista quel pomeriggio.
Il ragazzo tenne saldo il corpo di Gwen mantenendola per i fianchi con il braccio sinistro, con l'altro braccio, invece, stava salendo sempre di più, fino a sfiorarle il seno, tocco che fece rabbrividire e sussultare un poco la mora, appagata da quel gesto. Quest'ultima tornò a concentrarsi sulle labbra del riccio, continuando a baciarlo con desiderio. Senza che se ne rendesse conto, la mano che era ormai a contatto con il petto di Harry, seguendo un ritmo che andava avanti e indietro, scese troppo indietro, tanto da sfiorare la patta ormai gonfia dei pantaloni del ragazzo, che subito spalancò gli occhi verdi, ansimando leggermente. Gwen finalmente si accorse di dove fosse finita la sua mano e subito tornò sui suoi passi, staccando le labbra da quelle del suo ragazzo: «Ehm, noi... Noi dovevamo studiare storia, o sbaglio?» chiese palesemente imbarazzata. Si abbassò infatti la maglietta e alzò il busto, trovandosi a cavalcioni su Harry, accorgendosi che anch'essa poteva essere una posizione compromettente. Scese dalle gambe di lui e si sedette sul bordo del letto, trovando occupazione nel sistemarsi i capelli, che sicuramente erano scombinati, evitando a tutti i costi gli occhi verdi di Harry.
Che i due si fossero trovati in una situazione così intima, questa era la prima volta, e se ci pensava, la cosa faceva in un certo senso piacere a Gwen, dall'altro però la imbarazzava da morire. Non che fosse una cosa sbagliata, non lo pensava affatto, piuttosto era anche normale, ma semplicemente le pareva tutto piacevolmente strano e nuovo.
Harry, anche lui imbarazzato, forse per il fatto che lei si fosse accorta di quanto quelle attenzioni l'avessero mandato fuori di testa, si schiarì la gola e «Mh, sì, giusto, storia», mormorò ancora un po' intontito. Si passò una mano fra i ricci e con un gesto veloce scese dal letto, stiracchiandosi un po'. Vide che Gwen si stava passando freneticamente le mani fra i capelli, gesto che faceva quando era agitata, e la trovò adorabile, perché, davvero, tra i due quella in preda alla vergogna non sarebbe dovuta essere lei. Fermò i movimenti affannati della mora e incrociò le dita con le sue, movendole un poco, intimandola ad alzarsi. Una volta in piedi, le diede un piccolo bacio sulla fronte e poi sul collo, conducendola poi verso la scrivania: l'aspettava un pomeriggio intenso passato a capirci qualcosa, almeno quello, sulla Guerra dei Trent'anni, anche se dopo ciò che era successo, ormai, la sua testa era completamente altrove. E non era l'unico in quelle condizioni, in quella stanza.













  
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