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Autore: Anonimadelirante    27/12/2015    2 recensioni
“Avere il cuore spezzato ha i suoi vantaggi: nessuno può fargli più male di quanto già non senta. [...]
Non sa dire quando e come sia arrivato a questa conclusione, ma Raven è una
buona amica. Ed è scorbutica e scostante e a volte prenderla a pugni sembra l'unica soluzione coerente, ma nonostante questo – anche per questo, per quel suo essere irriverente e sfacciata e impietosa – meriterebbe molto di più che uno stupido tutore e due ingranaggi con cui giocare.”
[Natale al campo | post 2S | Friend!Bellaven – implied!Wick/Raven/Finn, hint!Bellamy/Clarke]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Raven Reyes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimenti: angst e fluff ed altra malinconia non ben definita e teorie sui risvolti culturali che potrebbe aver portato la vittoria contro Mount Weather.
Disclaimer: la serie non è mia, i personaggi non sono miei – né Bellamy né Raven, né tutti gli altri.E la OS non è scritta a scopo di lucro, ma di fangirlaggio.
Word count: 2230 w.
N/A: Tu. Tu che stai leggendo, hai aperto la pagina per leggere qualcosa senza troppe virgole e parentesi o trattini? Scappa.
—Ho questo headcanon, in cui Marcus pretende un gigantesco albero di Natale borbottando cose come “l'albero della vita!”, che volete farci? Ma Jaha sembra tanto Mosè, quindi riferimenti alla festa delle luci random, per accontentare tutti. Ne è uscita una roba trash che manco ‘Will e Grace’, ma magnema. Cioccolata calda, panna e liquore perché sì.
No, se ve lo state chiedendo non è una Bellamy/Raven, manco per scherzo. È una Friend!Bellamy/Raven, perché questi due sono BROTP a tutto spiano e per una volta senza bromance. È anche un po' una Wick/Raven/Finn e sullo sfondo (okay, un po' di più) c'è del Bellarke.
Ho questo problema coi titoli, sì, lo so. Migliorerò (spero).
— Perché nelle festività natalizie è una bella cosa plottare robe sul primo Natale sulla Terra di 'sti patati (no, non è vero, è devastante: non fatelo.)

 

 

 

 

Buon Natale
e buone feste

 

Alcoholic chocolate
and Christmas candles
Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, profumo di pino
e di vino, buone chiacchiere, bei ricordi e amicizie rinnovate.
Ma... se questo 
manca basterà l'amore.
(Jesse O'Neill)



È Natale ed anche peggio di come Bellamy si aspettasse. Non tanto per il freddo; no, quello è il meno e al campo Jaha stanno tutti davvero, davvero bene, meglio di quanto non siano mai stati, probabilmente, ché con quello che hanno recuperato da Mount Weather sono riusciti a raffazzonare un impianto di riscaldamento persino decente e anche un po' di libri e quadri ed altre cose che hanno creduto perdute per decenni. Il gruppo di preghiera ha addirittura organizzato un coretto ed ora cantano tutti, la neve che scende soffice e per una volta non preoccupa nessuno, perché sono organizzati e pronti ad ogni evenienza e hanno solo una gran voglia di festeggiare. No, non è per quello. Quello è quasi bello e Bellamy vorrebbe ancora essere capace di godersi questo tipo di cose – l'odore di zenzero e zucchero e cioccolata e i bambini che si rincorrono fra le tende e i resti dell'Arca ridendo, con baffi di panna sulla bocca – ma al suo fianco pesa una pistola, come sempre, e i suoi occhi corrono continuamente agli alberi che circondano l'accampamento, i sensi tesi allo spasimo. Ringrazia il cielo che O. sia distratta dallo spiegare a Lincoln il perché di tutti quei festeggiamenti – «No. Non capisco. Non vedo perché ci sia bisogno per forza di tutto questo per avere un buon motivo per scambiarsi dei regali», «Oh, e dai, è solo una scusa!», «Non dovrebbe esserci bisogno di una scusa per-», Octavia non è mai stata granché paziente quindi decide che il modo migliore per interrompere i suoi ragionamenti è baciarlo nel bel mezzo del discorso, rischiando di fargli andare di traverso un biscotto – perché altrimenti dovrebbe sorbirsi le sue attenzioni invasive, del tipo “Bell, goditi un po' di divertimento, ti preferivo quando non eri tutto campo e lavoro!” e seguiti che degenererebbero quasi sicuramente in un litigio.
Si muove piano per le tende, sperando di non dover intrattenere conversazioni, e lancia sorrisetti forzati a destra e manca per procura. Il problema è questo modo odioso che ha il Natale di essere quasi bello: potrebbe quasi abituarcisi, ed allora sì, che sarebbe un casino, quando tutto questo sogno strano e un po' stonato finirà. Se non si concede di sperare, non rimarrà deluso – non pensa che avrà la forza di rialzarsi, poi. Non così, non da solo.
La battaglia contro gli Uomini della Montagna sembra lontana anni luce e fa così paura; fa così paura pensare di poter dimenticare tutto, un giorno, tutto il sangue e il dolore. Fa maledettamente paura, probabilmente per il motivo sbagliato – probabilmente dovrebbe voler ricordare per tutte le vite che ha stroncato, i bambini e gli uomini che li hanno aiutati a costo della morte e il sorriso di Jasper che è rimasto sotto terra con Maya – ma spera di ricordare per sempre solo perché se si dimenticasse, poi, quando gli spiegherebbero ciò che ha fatto – e glielo direbbero con un sorriso, col tono da tu-sei-un-eroe che odia tanto – allora che crollerebbe. Sarebbe un po' come sperare e venir delusi. Sarebbe come scorgere una ciocca dei capelli biondi di Clarke e poi scoprire che era solo un riflesso del sole.
Avere il cuore spezzato ha i suoi vantaggi: nessuno può fargli più male di quanto già non senta.
È proprio mentre sta pensando che forse farebbe meglio a rintanarsi nella sua tenda per non guastare l'umore degli altri (O. questa mattina gli ha dato del Grinch. Ha il sospetto che c'entri qualcosa con il lettore DVD che le ha sistemato Monty un paio di settimane fa) – infondo se vogliono farsi del male gratuitamente, chi è lui per impedirglielo? – che vede Raven incespicare verso di lui. È migliorata molto col suo tutore, ma a volte si dimentica di avere dei limiti e allora cade ed impreca contro Wick e le sue protesi («Non è una protesi, dannazione, Raven! È un cazzo di tutore, non una gamba bionica!» «Ti dai tante arie e poi non sei manco capace di costruire una gamba bionica?» «Vedi troppi film di fantascienza, tu.» «Da che pulpito!»). Bellamy la guarda e l'aspetta, anche se potrebbe seminarla senza problemi, perché è Raven e ogni tentativo di spuntarla, con lei, è perso in partenza. Urla da lontano il suo nome e lo raggiunge in fretta, ma quando sono vicini non si ferma e inciampa e Bellamy deve fare un balzo in avanti per prenderla per le spalle e impedirle di finire a terra. In mano, ha due grosse tazze fumanti – gliene porge una senza guardarlo negli occhi e lui accetta di buon grado quel diversivo alla mezza caduta di poco prima (Raven ha un modo tutto suo di offrire le cose, un po' brusco e quasi cattivo, per cui un po' del liquido ambrato che c'è dentro schizza sul braccio del ragazzo, che però non se ne preoccupa): «Bel maglione» gli dice, ed è chiaro che lo sta prendendo in giro, perché è il maglione più stupido ed imbarazzante nella storia dei maglioni natalizi, ma Bellamy non ha potuto sottrarsi all'insistenza di Octavia, questa mattina, per cui fa spallucce e risponde a tono: «È che sono bello io, tutto è bello addosso a me – lo vuoi un autografo?» fa un giravolta sul sé stesso e arriccia le labbra, per poi unirsi alla risata di Raven: «O.» aggiunge in tono definitivo e lei annuisce come se questo spiegasse tutto – e in effetti lo fa.
Camminano piano per il campo e ogni tanto Raven gli si appende a un braccio per non slittare sul ghiaccio; Bellamy ha un sorriso un po' più piccolo, ma molto più sincero. È strano, non sa dire quando e come sia arrivato a questa conclusione, ma Raven è una buona amica. Ed è scorbutica e scostante e a volte prenderla a pugni sembra l'unica soluzione coerente, ma nonostante questo –anche per questo, per quel suo essere irriverente e sfacciata e impietosa – meriterebbe molto di più che uno stupido tutore e due ingranaggi con cui giocare. Meriterebbe tutto il bene che la Terra ha da offrire, e invece, per un'orribile scherzo del destino, non ha fatto altro che provare dolore da quando è arrivata.
Le vuole bene. È strano, a Raven è difficile voler bene, non si sa mai quando potrà fare una battuta più cattiva delle altre e a Bellamy ogni tanto ricorda Murphy che è stato ciò di più vicino ad un amico che abbia mai avuto – certo, questo primache tirasse un calcio a quella stupida cassa e John desse letteralmente di matto e sparasse proiettili a caso e contro la schiena di Raven stessa.
La guarda parlottare di viti e bulloni (e altre cose dai nomi impronunciabili) e finge di ascoltarla, perché è anche questo che a volte fanno gli amici: si fanno compagnia nella maniera stonata e discordante che conoscono.
Al centro del campo c'è un enorme albero (ci sono voluti una ventina di uomini a trascinarlo fin lì, e per Bellamy è stata la prova definitiva che Marcus ha completamente perso la testa, ad un certo punto di quella faccenda – per quanto si sforzi, non riesce a biasimarlo) tutto addobbato e con una grossa stella a sei punte luccicante in cima, rimasuglio di una mescolanza delle tradizioni tramandate sull'Arca e quelle degli Uomini della Montagna. È lì vicino che si ferma. Si siede su un grosso tronco fatto rotolare fin lì insieme ad altri, a mo’ di sedile, e Raven gli si lascia cadere accanto, la cicatrice sulle reni che prude e brucia come sempre, quando cammina troppo.
«È corretta» fa Bellamy, guardando fisso le candele appese alle fronde dell'albero. Beve un'altro sorso di tisana, mentre Raven lo fissa con l'aria scocciata che ha quando comincia a sottolineare l'ovvio: «Certo che è corretta. Sono passata da Monty, prima.»
Bellamy si lascia scappare un sorriso: «Capisco» e beve ancora.
Silenzio.
Raven stringe la tazza calda con le dita lunghe e fredde: «Ti manca?» chiede dopo un po'.
Bellamy vorrebbe risponderle Chi?, ed essere in buona fede, non sapere veramente a chi Raven si sta riferendo, ma se chiudesse gli occhi occhi la vedrebbe camminare tranquilla, incedere con passo sicuro e un sorriso appena accennato sul volto – un cappottino e i suoi guanti neri, ciuffi di capelli biondissimi come volute sbalzate nel sole. Vorrebbe respirare meglio, vorrebbe che il suo cuore non avesse appena fatto una capriola dolorosa, o che la sua mente non fosse corsa subito a cercare un paio d'occhi azzurri fra i ricordi. Vorrebbe essere ancora in grado di godersi l'odore di zenzero e zucchero e cioccolata e i bambini che si rincorrono con baffi di panna sulla bocca e un migliaio di altri piccoli, buffi, magici particolari. Vorrebbe, ma Raven è sua amica, ed è perspicace, e conosce il suo dolore perché lo sente bruciare sotto pelle anche lei, ogni ora di ogni giorno, quindi si limita a storcere la bocca: «Sempre.» (Tiene gli occhi ben aperti.)
Questo è un altro dei motivi per cui è più facile stare lontani da Raven che considerarla un'amica: capisce. Ed essere capiti è tremendo e pauroso e non è neanche lontanamente piacevole come raccontano i libri. Bellamy non le pone la stessa domanda, ché infondo la risposta è sempre uguale. Non le chiede E a te?, e le risparmia di guardarsi intorno alla ricerca di Wick o di rispondere con gli occhi che l'assenza di Finn è l'unica costante certa della sua vita. Si rigira la tazza fra le mani.
«Tornerà» dice Raven – aspetta che Bellamy le rivolga la sua totale attenzione, poi sorride quieta e ripete: «Tornerà
Bellamy sbuffa, mentre lei si porta la gamba buona al petto e si sbilancia appena contro la sua spalla – sbuffa e la circonda con un braccio, mentre con la mano libera continua a reggere la tazza ormai vuota: «Lo so», mormora, Ma non per questo fa meno male.
Raven gli dà un colpetto e poi esclama con un tono esageratamente entusiasta: «Ehi, ma questo non sarà... è il nostro primo Natale sulla Terra!» (il primo Natale senza Finn), batte le palpebre e sente il petto dell'amico vibrare in una muta risata: «Wow!», Bellamy le regge il gioco, «Questo sì che è figo-» ma si blocca subito e smette di sorridere, quando vede Jasper procedere spedito verso di loro: «Mi odia» mormora, raddrizzandosi. Lo capisco.
«Ma no- cioè », Raven ridacchia senza allegria o pietà, «, ma, credimi, odia più sé stesso. Lo dico per esperienza» – alza un dito con fare saputo e gli sorride fugace.
Bellamy scuote la testa, gli angoli della bocca rivolti appena all'insù.
Raven si sbraccia verso Jasper prima che Bell possa fermarla: «Ti unisci a noi?» gli chiede. Lui non risponde, ma si siede a fianco a Bellamy, lasciando una decina di centimetri fra loro.
(Lui lo fissa, stupito, ma non fa commenti.
) Decina di centimetri che poi, un paio di secondi più tardi, viene occupata dalla gamba di Monty – e da tutto il suo corpo che si fa spazio fra i due. Monroe lo segue da lì a poco, con una caraffa colma di cioccolata calda: «Volete?» chiede sporgendosi per riempire le tazze vuote degli amici.
«Che razza di domande» borbotta Monty facendo scivolare fuori dalla giacca una fiaschetta di qualcosa di sicuramente molto illegale che fa battere entusiasta le mani a Raven: «Bravo ragazzo» mormora lei, felice.
Bellamy alza gli occhi al cielo, ma aspetta il suo turno senza fiatare, mentre Monty lancia occhiate sospettose tutt'intorno – tanto varrebbe girare con la scrittacolpevole in fronte, si dice il ragazzo, sbuffando.
Jasper si lascia scappare un sorriso e anche se distoglie lo sguardo quando Bellamy ricambia è pur sempre un passo avanti dai mesi in cui la situazione stagnava nella fase, per dirla con le parole di Harper, “io-non-ti-parlo-perché-hai-fatto-fuori-la-mia-ragazza”. L'ultimo a raggiungerli è Wick, ormai membro del gruppo ad honorem, che scocca un bacio sulla testa bruna di Raven, prima di mettere a disposizione di tutti una grossa ciotola di panna montata.
È Natale, si dice Bellamy. È Natale, e forse non riesce a godersi come si deve lo zucchero o lo zenzero o le candele che rendono il campo Jaha un oceano di luce, ma la neve scende soffice, e lui è stretto fra i suoi amici e Clarke tornerà – lo sa, lo sa per davvero: deve solo aspettare che sia pronta abbastanza – e Jasper forse lo odia ancora, magari non lo perdonerà mai, però sorride.
È Natale, e persino Marcus ed Abigail sembrano un po' più rilassati – non proprio felici, d'accordo, ma almeno più o meno tranquilli – e deve ammettere che la cioccolata ci guadagna, con gli intrugli di Monty e la panna di Wick. È Natale – Miller e Roma si accovacciano vicino a loro e pretendono la loro razione – è Natale e forse, solo forse, la possibilità di tornare a sperare non fa più così paura, con Raven contro la sua spalla (Jingle bells, jingle bells – Jingle all the way. Oh what fun it is to ride, sta canticchiando a labbra strette).
È Natale e Clarke non è lì con lui ed O. è infrattata chissà dove con Lincoln e Abigail continua a rifilargli sguardi feroci e probabilmente Jasper lo odierà per il resto della sua vita e nessun miracolo riporterà Raven a camminare normalmente, ma è Natale (sono sulla Terra) e va (quasi) bene così.



 

  
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