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Autore: Lunastorta_Weasley    28/12/2015    1 recensioni
Ed Sheeran si sta finalmente godendo la sua meritata pausa, ma fra una passeggiata e l'altra, incontrerà una sua vecchia conoscenza, che lo farà andare un po' in confusione.
Spero vi piaccia e buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nina Nesbitt, Nina Nesbitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~I'm back, but now i've to go

Un piacevole odore muschiato aleggiava fra le strade di Londra quel giorno. Era un freddo pomeriggio di novembre, le foglie secche si staccavano dagli alberi formando dei cerchi durante la caduta, e grossi nuvoloni grigi riempivano il cielo.
Edward chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni il profumo della pioggia, un qualcosa di fresco, di pulito.
Il cappellino da baseball che di solito indossava per nascondersi dai paparazzi non era esattamente la protezione migliore, ma non gli importava. Finalmente era in pausa.
Dopo mesi e mesi trascorsi in giro per il mondo, era ritornato a casa. Era di nuovo fra le rassicuranti braccia dell'Inghilterra.
Non che non gli mancassero le serate passate a suonare per migliaia di persone, o i suoi fans che lo aspettavano dietro le quinte ai concerti, ma era bello poter camminare sotto l'acqua, senza dover temere le conseguenze di un raffreddore. Se si fosse ammalato, gli sarebbe bastato mettersi il pigiama, buttarsi sul divano e dedicarsi completamente alle sue serie tv preferite, senza avere l'ansia di disdire concerti, registrazioni o interviste.
Sembrava proprio che la sua vita, che si era trasformata nel casino che aveva in testa, stesse lentamente tornando sul binario giusto. Perfino i suoi genitori, Imogen e John, glielo dicevano. Non mancavano mai di ricordargli che più tempo passava, più stava tornando ad essere il loro piccolino, il loro Teddy.
E mentre pensava a tutto ciò, sentiva i suoi passi accompagnati ad un rumore acquoso: le sue calze completamente zuppe. Forse sarebbe dovuto tornare al suo appartamento, ma non sapeva dove si trovava.
Alzando la visiera per vedere meglio, diede uno sguardo al nome della via, constatando di trovarsi abbastanza lontano da quella in cui abitava, circa a dodici isolati.
Potrebbe sembrare strano, per uno con la patente farsi tutta quella strada a piedi, eppure era così che il rosso trascorreva le sue giornate. Spegneva il telefono, poggiava la chitarra al muro e se andava a zonzo per la città, scoprendo tutti quei posti che si era perso perchè troppo impegnato con il lavoro.
Ogni vicolo, via o edificio era una meraviglia per lui. Scattava fotografie mentali di tutto ciò che vedeva, proprio come stava facendo adesso. I suoi occhi azzurri, continuavano a vagare sullo stretto viale circondato da faggi spogli. Sulla destra c'erano alcuni negozietti, mentre sulla sinistra solo case. Piccoli fili di fumo uscivano dai comignoli londinesi, andando a mischiarsi alle nuvole. I tronchi degli alberi, leggermente bianchi, si confondevano con il tutto, e le foglie, con sfumature che partivano dal rosso fuoco al giallo paglierino, davano il giusto contrasto alla scena. Se fosse stato un pittore, avrebbe sicuramente voluto riprodurre quel paesaggio, purtroppo però, era negato con matita e pennello, così si limitò a dare un ultimo sguardo, per poi dirigersi verso un bar alla fine della strada.
Entrò nel locale, e subito il calore lo avvolse. Una stufetta era stipata infondo alla stanza, e accanto vi erano alcuni ciocchi di legno.
Lì per lì rimase sull'attenti, ma quando notò che ai tavoli c'erano solo pochi clienti, tirò un sospiro di sollievo e andò a sedersi in un posto isolato, accanto ad un'ampia finestra.
Si tolse il cappello e il giubbotto, e si accomodò sul soffice divanetto di stoffa bianca. Poggiò i gomiti sul tavolino e cominciò a guardarsi intorno. Alternava sguardi all'arredamento, ad occhiate alla strada. Ben presto, constatò che quel posto doveva aver aperto da poco, perchè non riusciva proprio a ricordare di aver suonato lì.
Poco dopo un ragazzo lo risvegliò dai suoi pensieri. Era magro, sulla ventina, con un accenno di barba e un orecchino al lobo sinistro.
- Buongiorno signore, come posso servirla? -
Il cameriere aprì il block notes per prendere l'ordinazione, e quando alzò gli occhi dalla carta, li spalancò.
Ed cercò di fingere indifferenza, osservandolo a sua volta, ma quando vide un sorrisetto comparire sulle sue labbra, dovette cedere. L'aveva riconosciuto.
- Un thè, grazie...e sì, sono proprio io - ammise.
La bocca del ragazzo si spalancò e un grido muto gli uscì dalla gola.
-Oddio! Ed Sheeran...in questo bar! Che...che ci fai qui? -
Alzò le spalle e gli rivolse un sorriso timido.
- Cerco un po' di tranquillità, nulla di che, ma ti sarei davvero grato se tu evitassi di dirlo in giro -
James, così si chiamava il cameriere, sorrise ancora di più e annuì, come se avesse appena preso parte ad una missione della massima importanza.
- Grazie, sul serio - gli rispose il rosso, prima che si voltasse per servire un altro tavolo.
Dopo di che fu di nuovo solo, libero di contemplare la finestra.
Senza staccare lo sguardo dal paesaggio che la sua postazione gli offriva, poggiò la schiena sull'imbottitura e si rilassò. Non aveva motivo di preoccuparsi, James gliel'aveva promesso, nessuno l'avrebbe sommerso con richieste di autografi o foto.
Quando arrivò il suo ordine, il giovane poggiò una tazza fumante sul tavolino, e mentre se ne stava andando, si girò e ammiccò in direzione del cantante. Ed non potè fare a meno di ridere. Amava i suoi ascoltatori, era un po' come se fossero i suoi complici. Non c'era lui su di un piedistallo e tutti gli altri sotto ad adorarlo, no . Lui aveva bisogno di loro, esattamente come loro di lui.
Senza smettere di sorridere, prese la tazza, coprendosi le mani con il maglione, per non scottarsi le dita, e soffiò sul liquido bollente. Bevve lentamente un sorso e chiuse gli occhi.
Era al limone, proprio come piaceva a lui.
Il vapore profumato gli imperlava il viso di goccioline d'acqua, che si aggiungevano a quelle che gli cadevano dai capelli.
Si passò una mano sui ciuffi rossi, scompigliandoli ancora di più, ma almeno asciugandoli un po'.
Attorno a lui, seduti comodamente, intenti a chiacchierare, c'erano una coppia sulla cinquantina e un gruppetto di ragazze. Vedendole, Edward si voltò di colpo e si rimise in fretta il berretto, sperando che non l'avessero riconosciuto.
Con una mano sul viso a coprire la barba arancione, continuò a bere a testa bassa. Se prima il suo intento era quello di rilassarsi e stare al caldo, ora voleva solo andarsene e tornare fra le mura sicure di casa sua.
Sentendo la porta aprirsi e una folata di vento entrare, sollevò appena lo sguardo e vide una ragazza attraversare l'ingresso e camminare verso di lui. Un senso d'ansia si fece largo in lui. Non poteva averlo riconosciuto. Insomma, dal cappello uscivano solo pochi ciuffi rossi e aveva le maniche lunghe.
Sentendo i passi avvicinarsi, i battiti del suo cuore aumentarono. Respirò a fondo e cercò di recuperare la calma. Forse, avrebbe potuto fingere di non essere chi era, lasciare i soldi a James, alzarsi e uscire con tutta la calma del mondo. Forse non l'avrebbero fermato.
Non sembrava male come piano. Certo, non era pieno di dettagli e non ne aveva un secondo, ma poteva provarci.
Prese un altro respiro, e sempre a testa bassa, afferrò il portafoglio nella tasca. Tirò fuori i soldi, e quando li posò accanto al piattino di porcellana, qualcuno si sedette proprio di fronte a lui.
Alzò gli occhi dai jeans e guardò quel qualcuno stupito.
E così era lei quella che gli stava andando incontro. Un sorrisetto gli si formò all'angolo della bocca, mentre notava quanto fosse cambiata.
Si era tagliata i capelli, ora le arrivavano sulle spalle, non più fino al fondo schiena. Il suo viso era più pieno e gioioso rispetto a quando faceva ancora la modella. Non era più una ragazzina di diciassette anni. Era cresciuta in qualche modo, ma non sapeva dire come.
- Ciao - lo salutò Nina sorridendo a sua volta.
- Ciao - le rispose, ancora leggermente basito.
- Beh? Prima non mi riconosci, e poi non mi parli nemmeno? Va bene che sei famoso, ma non è così che si trattano gli amici, caro mio -
Incrociò le braccia sopra allo stesso parca verde militare che usava indossare quando stavano ancora insieme. Edward era sicuro che non l'avrebbe mai cambiato.
- Hai ragione, mi dispiace. Posso offrirti qualcosa da bere? Magri a casa mia? - le chiese con tono affabile, senza però togliere la mano dal lato del viso.
Nina scoppiò a ridere e scosse la testa.
- Sei sempre lo stesso, Edward, ma se me lo chiedi così, non posso che accettare -
Ed lasciò i soldi e la mancia per il suo amico, e si alzò, offrendo il braccio all'amica. Lei lo prese, e fece un lieve inchino con la testa. Si fermarono un secondo perchè gli si era slacciata una stringa, ma quanto sentì una delle ragazze bisbigliare il suo nome, decise che la sua sicurezza poteva aspettare. Preferiva una facciata ad una folla.
Trascinò Nina fuori dal bar e in batter d'occhio furono di nuovo sotto la pioggia fredda.
- Allora, che ci fai a Londra? - chiese il rosso, tirandole su il cappuccio.
Lei lo guardò con la coda dell'occhio, sentendosi protetta da quel gesto.
Si erano lasciati da anni, le cose fra loro non aveva funzionato, ma perlomeno era riusciti a rimanere amici. Non si vedevano con frequenza, solo di tanto in tanto le loro strade si incontravano e potevano trascorrere un pomeriggio o una serata a bere o a fumare erba, o magari tutte e due le cose.
Brindavano in nome dei vecchi tempi, dei bei momenti passati insieme, del futuro, scommettevano l'uno sui successi dell'altra e così via. Forse non erano fatti per avere una relazione, ma la loro amicizia funzionava a gonfie vele.
- Solo una tappa, non resterò a lungo. Entro domani pomeriggio devo essere ad Oxford. -
- Oxford, eh? Hai deciso che la musica non fa più per te? -
Arrivarono infondo al viale dal quale Edward era arrivato, e svoltarono a destra.
- No, scemo, mia cugina si laurea -
Alcuni passanti, nel vederli si voltavano, e a volte sussurravano i loro nomi. Ed era quello che veniva riconosciuto di più, a causa dei capelli.
- Allora falle i complimenti anche da parte mia, se li merita -
- Va bene, lo farò. A proposito di lauree...complimenti Dottore - disse, alludendo alla recente conquista di Sheeran: una laurea ad honorem.
- Grazie, ma sai come la penso. Sono contento di averla ricevuta, ma non mi cambierà di certo la vita -
- Sì, sì, lo sappiamo Eddy, la scuola è inutile e serve solo a chi non sa cosa fare nella vita...dirò anche questo a mia cugina - lo prese in giro, lei.
Edward sbuffò e le diede un leggero colpo d'anca. Nina rise, e mentre continuavano a camminare, si appoggiò alla sua spalla.
Passeggiarono per molto tempo, un po' in silenzi, un po' chiacchierando del più e del meno.
Nemmeno loro riuscivano a spiegarsi quello strano rapporto, ma finchè funzionava, perchè lamentarsi?
Arrivarono a casa di Edward, che erano bagnati fradici e infreddoliti. Facendo attenzione a non scivolare, salirono i gradini e finalmente giunsero davanti alla porta dell'appartamento. Ed estrasse le chiavi dalla tasca posteriore e la aprì.
- Però, bel posticino - esclamò Nina, entrando.
- Ti ringrazio. Togliti pure le scarpe e fa come se fossi a casa tua, io vado un secondo a cambiarmi -
Nina si sfilò gli stivali e li lasciò accanto alla porta, poi andò in quella che doveva essere la cucina a cercare qualcosa da bere.
Aprì il frigo, trovandovi solamente ketchup, pasta al ragù e una decina di birre. Ne afferrò due e prese posto su uno degli sgabelli accanto al bancone.
Alcuni minuti dopo Ed riemerse dalla sua camera, con un nuovo maglione e dei pantaloni asciutti, e una felpa rossa in mano.
- Tieni, metti questa così non ti ammali - disse, porgendogliela.
- Grazie -
Nina si sfilò velocemente la sua, e indossò quella del rosso. Era enorme e calda, e le faceva tornare in mente le loro notti passate a fare l'amore e le carezze che lui le dava ogni volta. Era passionale sotto le coperte, ma tornava ad essere il solito dolce Edward dopo.
La ragazza, arrossì violentemente e si costrinse a pensare ad altro. Forse non era stata una buona idea quella della felpa.
Cercando di concepire idee diverse da loro due sotto le coperte, aprì la birra e gliela passò.
- Alla tua nuova casa discografica, e che tu possa passare in pace la tua pausa! - iniziò lei, sollevando la lattina in alto.
- Al tuo nuovo album e alla laurea di tua cugina! -
Edward fece scontrare le lattine, poi bevvero entrambi un lungo sorso.
Durante la prima birra, parlarono di cose come la famiglia, il lavoro, gli amici che avevano in comune e i loro viaggi. Fu così anche con la seconda e la terza, ma alla quarta, Nina varcò una soglia che nessuno aveva osato oltrepassare per tutto quel tempo.
- Allora Ed...come ti va con le ragazze? So che la Gouldin ti ha tradito, mi dispiace -
Ed osservò il fondo della lattina, dopo di che la gettò nel cestino e ne prese un'altra.
- Già, ma non la biasimo, in fondo è stata anche colpa mia. In una coppia si è in due, la colpa non è mai di uno solo -
Nina lo guardò ammirata. Se fosse successa a lei una cosa del genere, probabilmente avrebbe appeso manifesti con su scritto il nome del ragazzo e di seguito una sfilza di aggettivi poco amichevoli ed educati. Ma non doveva stupirsi, si dimenticava sempre che lui era Edward. Taylor aveva ragione, era saggio come un ottant'enne, e con l'umorismo di un bambino piccolo.
- Se ti può consolare, io non ti ho mai tradito - disse, giocherellando con l'anellino di metallo della lattina.
Per quanto il sonno e l'alcool glielo permettessero, Ed aprì bene gli occhi e la guardò. Sentendosi osservata Nina fece lo stesso.
- Lo so - disse lui, con un tono roco, pieno di serietà.
- Come fai a saperlo? - domandò lei, senza guardare altrove. Capelli, barba, naso, bocca, la stanza intera, era tutto sparito. C'erano solo lei e gli occhi di Edward.
- Eravamo una cosa sola...perciò mi amavi quanto io amavo te, e io non ti avrei mai tradita con un'altra. Eri tutto per me, non ne avevo bisogno -
Nina rimase a bocca aperta. In una frase le aveva spiegato il significato dell'amore.
Abbassò lo sguardo e cercò la sua mano, trovandola accanto alla sua. Con piccoli movimenti, le loro dita si intrecciarono, ed entrambi strinsero forte. La mano libera del rosso, corse a spostarle una ciocca bionda dal viso, e lei alzò il mento in direzione della sua bocca.
Non voleva baciarlo. Avrebbe rovinato quel magnifico rapporto che erano riusciti ad instaurare. Non voleva. Non voleva. Non voleva, e non poteva. Si ripetè quelle parole come una manthra, mentre contava le lentiggini sui suoi zigomi, cercando di non guardare le labbra.
Purtroppo però, una lentiggine, era scesa fin troppo giù rispetto alle altre. L'aveva trovata sull'angolo del naso, e senza volerlo gliele aveva guardate. Quelle maledette labbra, perennemente rosse e lucide, l'avevano chiamata a sè, e lei aveva risposto.
Gli lasciò andare la mano, lo afferrò per il maglione e lo baciò. Quel contatto fu fatale. Nessun ragazzo l'aveva mai baciata così, e quando Ed cominciò a rispondere al bacio, la tensione e l'elettricità avrebbero potuto ucciderli.
'Ma che importa?' Pensò Nina. 'Che mi uccidano pure, sto baciando l'uomo della mia vita, ma so che domattina non potrò più averlo. Perciò, che lo facciano, che mi uccidano'
Erano decisamente ubriachi. Non del tutto però, avevano ancora un po' di lucidità in corpo, ed era quella che faceva muovere ad Edward le mani sui fianchi di lei, e che a Nina faceva mordere il labbro di lui.
Cercavano di trattenere i sospiri e i mugolii come meglio potevano, ma con scarso successo. La passione li stava avvolgendo, e Nina l'aveva notato da un pezzo ormai. Abbassandosi per baciargli il collo, aveva notato un certo rigonfiamento sui pantaloni di ed, e dubitava che fosse in portafoglio.
Quando lui le morse la clavicola, scostando la felpa, lei si alzò in piedi e lui la seguì. La prese per i fianchi, schiacciandola contro di sè, senza smettere di tormentarle ogni piccolo pezzo di pelle raggiungibile. Collo, spalle, viso, lobo, ognuna di queste zone era stata tormentata dai denti e dalla lingua del rosso, ma Nina voleva di più. Quella bestia affamata che aveva dormito per molto tempo, ora era sveglia, e voleva lui, nessun altro.
Lo prese per le mani e lo portò fin sul divano. Edward si sedette e lei a cavalcioni su di lui. Erano consapevoli di essere entrambi fottuti in quella posizione. Lui era bloccato dal peso di Nina, e le sue mani la stringevano per i fianchi in modo talmente saldo da lasciarle quasi i segni.
Nina portò le mani al bordo della felpa rossa e se la tolse assieme alla maglietta, restando in reggiseno. Poi fece lo stesso con Edward, e il suo maglione raggiunse in fretta il tappeto.
Scese a baciargli il petto, mentre lui la torturava con delicati tocchi al di sopra del pizzo. Sospiri pesanti uscivano dalle loro bocche, e spesso si incontravano durante i baci.
Una bacio dopo l'altro, con lentezza snervante e calcolata, Nina arrivò alla lampo dei jeans. Slacciò il bottone e scese ancora, per giungere alla zip, ma qualcosa la fermò.
Era stata una carezza di Edward. Delicata, in viso.
Lei lo guardò, gli occhi che bruciavano, proprio come diceva nelle sue canzoni, i capelli appiccicati alla fronte, le labbra più rosse del solito in tinta con gli zigomi, e piccole goccioline di sudore che si raggruppavano sulla barba. Quell'uomo era il ritratto della voglia di avere qualcuno, eppure l'aveva fermata.
- Che succede? - gli chiese.
- Nina, cosa stiamo facendo? -
I suoi occhi era passati da infiammati a tristi, ed erano diventati lucidi. Le sfiorò il mento con il pollice e l'indice, per poi salire lungo la guancia.
- Noi siamo amici - continuò - non siamo amanti, nè fidanzati. Ci abbiamo già provato, e non ha funzionato. Io ti amo Nina, Dio solo sa quanto, ma non voglio che tu soffra solo perchè io sono un fottuto egoista che ti vuole tutta per sè. Ti sarai anche tagliata i capelli, e a me sarà cresciuta la barba, ma siamo sempre gi stessi ragazzini di prima. Quando finirà questa pausa, io tornerò al mio lavoro, e tu probabilmente sarai molto più famosa, saremmo sempre distanti e finiremmo per lasciarci di nuovo. Finiremmo per soffrire ancora. Io ho solo 24 anni e tu 21, ma i nostri cuori hanno già sofferto abbastanza, e tu meriti molto di più di uno come me, lo so perchè ti amo -
Finì di parlare e per Nina divenne quasi doloroso reggere il suo sguardo. Aveva ascoltato tutto, parola per parola, soppesandone il significato e il tono con cui l'aveva detto. Aveva fatto tutto ciò, giungendo alla conclusione che tutto quel discorso era un controsenso, ma che Edward aveva fottutamente ragione. Non potevano continuare così, lui non meritava di soffrire.
Avrebbe voluto ricambiare, con un discorso ancora più saggio e profondo, ma non ci riuscì. L'unica cosa che fece fu abbracciarlo e accoccolarsi contro al grande leone che tanti aveva criticato, ma che lei trovava stupendo.
Nessuno dei due seppe mai per quanto tempo restarono abbracciati, seppero solo che quando si staccarono, il freddo li avvolse, separandoli del tutto.
Nina si rivestì e se andò, lasciandolo con un bacio sulla guancia.
Ed non provò nemmeno a chiederle di restare. Sapeva che così facendo avrebbe solo peggiorato le cose.
La guardò andare via, giù per le scale, mentre una domanda assillante gli rimbombava in testa.
- La rivedrò? -

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Ehm...SALVE!
Ho scritto questa luuuunga OS, perchè Ed mi manca davvero e in questo modo mi sembra che non sia in pausa...si ok lo so, sono schizzato, perdonatemi!
Comunque, questa storia non ha pretese, spero solo che vi piaccia!
Lunastorta

  
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