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Autore: Francesca lol    29/12/2015    2 recensioni
Vi prego, recensite! Le critiche costruttive sono più che desiderate!
"Un corno. Il suo suono possente risuonò in tutta la capitale, devastando il tranquillo e pacifico silenzio che aleggiava in Trundast. Ci fu un attimo in cui tutto, perfino il Tempo, sembrò fermarsi: le poche persone ancora sveglie smisero di respirare, affinando l'udito; gatti, cani, topi...tutti si misero in allerta.
Di nuovo. Ma questa volta più prolungato, più acuto. Fu come un'onda invisibile che attraversò Trundast. Si svegliarono tutti, in un allarme generale. Il seguito fu una disperata corsa nel cercare di proteggere le cose più care che avevano o mettersi direttamente al riparo, troppo poveri per avere qualcosa di sufficientemente prezioso. Sarebbe stato tutto inutile, Fiamma lo avrebbe scoperto più tardi."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto tempo fa, su queste terre, vivevano esseri puri e buoni. Tra questi c'erano le Fenici, i Dragoni, i Grifoni, i Giganti infine le Morellandi. Vivevano in pace gli uni con gli altri, ma ogni cosa bella ha la sua fine.

Scoppiò una guerra, così grande e terribile che lo stesso Sole si nascose a quella vista mentre l'Oceano protestava allagando tutto, indignato.

Attualmente non si sa per quale motivo ci fu. Anche se io credo che, in fondo, nessuno di quelle creature era così buona. O forse erano ingenui. Quando penetrò il Male tra loro, non seppero come affrontarlo: fu questa la loro rovina. Però non è questo che ti interessa, vero Fuocherello?

In ogni caso, la Luna ed il Cielo erano gli unici che riuscivano a guardarli. Il secondo, piangendo lacrime amare alla vista di quella perfezione che si distruggeva con le sue stesse mani. Per questo, dalla rabbia per quello che lui riteneva uno stupido conflitto, non mostrò più loro le Stelle. Le uniche che in qualche modo riuscivano a confortare i combattenti.

Chiesero aiuto agli altri. Ebbero l'idea che, se avessero visto un po' d'Amore ciascuno, magari le cose sarebbero migliorate. Crearono gli umani, crearono noi. Furono talmente sorpresi da questi piccoli esseri che si bloccarono momentaneamente solo per osservarli meglio. Essi, li persuasero a non combattere più, a tornare al loro antico splendore. Accettarono. Solo per poco.

Noi li superammo, da sempre inferiori. E questo non andava per niente bene.

Ci fu un'altra guerra. Questa volta fummo coinvolti anche noi. Fu uno sterminio: specie su specie si estinsero, cadaveri su cadaveri vennero bruciati. Nacque la Malattia.

Sopravvissero solo pochi di noi. Il resto, per chi non era già morto, fuggì.

Si dice che esistano ancora alcuni esemplari. Io dico che sono solo fandonie.

Ma niente è impossibile, giusto Fuocherello?”

Un corno. Il suo suono possente risuonò in tutta la capitale, devastando il tranquillo e pacifico silenzio che aleggiava in Trundast. Ci fu un attimo in cui tutto, perfino il Tempo, sembrò fermarsi: le poche persone ancora sveglie smisero di respirare, affinando l'udito; gatti, cani, topi...tutti si misero in allerta.

Di nuovo. Ma questa volta più prolungato, più acuto. Fu come un'onda invisibile che attraversò Trundast. Si svegliarono tutti, in un allarme generale. Il seguito fu una disperata corsa nel cercare di proteggere le cose più care che avevano o mettersi direttamente al riparo, troppo poveri per avere qualcosa di sufficientemente prezioso. Sarebbe stato tutto inutile, Fiamma lo avrebbe scoperto più tardi.

Era sveglia, ultimamente soffriva di insonnia e osservava la gente correre da una parte all'altra. Alzò lo sguardo verso l'inizio della cittadina, poi sgranò gli occhi quando vide ergersi nel cielo una colonna di fumo. Non capiva, non capiva. Cosa diavolo stava succedendo? Sperò non accadesse quello che temeva di più.

“Signorina! Signorina, venga! Stanno arrivando! Signorina, venga subito!” Strillò Madierance, la cameriera. Le prese un polso, trascinandola fuori dalla sua stanza.

Scesero velocemente le scale ma un boato le fermò momentaneamente. Si sentirono delle urla e Fiamma sentì l'angoscia montarle nel petto. Non si fermarono più.

A piedi nudi, fu costretta ad attraversare l'intero castello, trascinata da quella signora in carne a cui voleva tanto bene. Ad un certo punto, però, i ruoli si invertirono e fu Fiamma a trascinare Madierance.

Si ritrovarono nella Sala del Trono, dove i suoi sospetti si rivelarono fondati.

Suo padre, re Mingord, era in armatura assieme ad un'innumerevole quantità di soldati.

Ruggiva ordini a destra e manca mentre gli altri ubbidivano senza protestare.

La regina, vicino ai troni, era vestita del primo abito che aveva trovato, con i capelli scombinati e le labbra serrate in una linea dura. Era in piedi e sembrava avere, nonostante tutto, quell'area di regalità che Fiamma le aveva sempre invidiato.

Al suo fianco c'erano i più fedeli consiglieri del padre: a destra Helmon, il più basso del gruppo, dai capelli rossicci e gli occhi verdi. Le era affezionata perché il suo sorriso era talmente buono che non potevi non volergli bene. E la faceva sempre ridere.

A sinistra, Gingrerem. Occhi celesti, capelli castani, affascinante e portamento fiero. Lui e il re non andavano molto d'accordo, Mingord temeva potesse essere interessato alla regina. Nonostante tutto, però, era quello che dava i consigli più validi e pratici. Neanche a lei piaceva tanto, la sua logica era...strisciante, di quella che avresti attribuito ad una serpe.

Il più distante, Steser, era biondo e con gli occhi castani. Era il migliore quando si trattava di reati nel regno. Il più giovane, sposato da poco ma già con una bella bimba.

Fiamma si era avvicinata pian piano al re, sgomitando tra ferro e corpi. Non le interessava di mostrarsi in camicia da notte, i problemi principali erano altri.

“Che cosa ci fai qui?!” Urlò il sovrano, quando la vide. Scosse la testa, non era per quello che era venuta.

Il bagliore dell'armatura gli metteva in risalto i suoi occhi grigi. Fiamma aveva sempre pensato che suo padre, da giovane, avesse fatto stragi di cuori. Dopotutto era carismatico, intelligente e affascinante, molte avrebbero fatto cose folli per lui. Per di più era il re.

Helmon le si avvicinò, coprendola col suo mantello verde. Lo ringraziò con un sorriso, a cui lui rispose subito.

“Non ti avevo detto di portarla via?!” Sbraitò, verso Madierance. Impaurita, si fece piccola piccola.

“Perdonatemi, sire. Mi ha trascinata fin qui.” Pigolò. Fiamma le fece una carezza sul braccio, come a dirle di non preoccuparsi. Mingord storse le labbra, non era sua intenzione spaventare nessuno. Era il mix d'emozioni del momento.

“Arelix!” La regina si voltò verso loro e, nel suo lungo abito blu, si avvicinò il più velocemente possibile. Capelli neri, occhi verdi con sfumature dorate, naso all'insù. Una parola: bellissima.

“Portala via di qui, dalle il cavallo più veloce che abbiamo e falla fuggire. Ora!” Le ordinò.

Fiamma scosse più volte la testa, velocemente. Si lanciò ad abbracciare il padre, sentendo sotto di sé il freddo dell'acciaio.

“Se non fosse necessario, non lo farei, Fuocherello.” Le disse, ricambiando la stretta. Fiamma aveva paura. L'angoscia che aveva tentato d'ignorare, si era fatta prepotentemente sentire.

“Stanno per attaccarci. Nell'ipotetico caso che ce la faremmo, si alzeranno delle bandiere col nostro stemma reale. Se invece dovesse andare male...” L'abbraccio tra i due si fece più stretto da parte di entrambi.

“...non sarà alzata nessuna bandiera, non la nostra. Sai dove andare per controllare e rimanere al sicuro.” Si staccarono. Le fece cenno di seguirlo, avvicinandosi al suo trono. Fecero per avanzare anche gli altri, ma Mingord li bloccò con un gesto della mano. La poltrona rossa era riccamente ornata d'oro sia sui braccioli, sia sui contorni, formando dei ghirigori. Sembrava che quando una persona ci si accomodava, quei ghirigori confondessero chi guardava colui che era seduto, donandogli un'aura quasi divina. Il re premette su uno di questi prima a destra, verso lo schienale; poi in basso, sulla stoffa; di nuovo a destra ma più in basso, a sinistra, su, e nuovamente in basso.

Fiamma non notò subito il leggero movimento, troppo rapita dai movimenti del re, quando però rialzò lo sguardo le sembrò che il sedile si fosse leggermente alzato. Il re lo levò, sorprendendola. Dove prima c'era un morbido cuscino, ora, nel centro della sedia, c'erano un panno che avvolgeva qualcosa.

“So che sai usarlo. Non esitare. Mai. Ora vai. Ti voglio bene, Fuocherello.” Poi si avvicinò alla regina.

“Non mi perdonerai mai, lo so. Ma ti amo, questo non cambierà. Lei non ha colpe. Ti prego, portala al sicuro.” Bisbigliò.

“Non incolperò mai lei. È solo tua e di quella cagna di sua madre.” Lei non l'aveva detto a bassa voce, anzi. Era una vena ribelle che ogni tanto faceva capolino. Contro ogni logica, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con estrema passione.

Il re non si sorprese. O, forse, furono i suoi riflessi a farlo rispondere immediatamente.

Le avvolse un braccio intorno ai fianchi mentre l'altra mano finì nei capelli, finalmente liberi e indomiti della regina.

Fiamma distolse lo sguardo, imbarazzata. Approfittò di quel momento di pausa per abbracciare Medierance e fare un inchino ai consiglieri che risposero chi più elegantemente, chi meno. Dedicò un sorriso ad ognuno di loro nonostante la vista si stesse appannando sempre di più a causa delle lacrime che non poteva versare. Sentiva il suo cuore battere, pompare sangue come non mai. Voleva strapparselo dal petto per tentare di fermare quel dolore acuto che provava, come se le fosse stata inferta una pugnalata. Non li vedrai più, biascicò una voce sibilante nella sua testa. La scacciò violentemente.

“Andiamo.” Si voltò. E mai Arelix Arienne Gilince Dekenist Masderan Helien Dracoe le sembrò più regale e letale di quel momento.

Una spada sul fianco, arco e faretra sulla spalla. In più i capelli ribelli le davano un aspetto tremendamente sensuale. Rivolse un ultimo sguardo al padre, che le sorrise debolmente, gli occhi lucidi; poi la seguì.

Schivò più cavalieri che poteva, tentando di non perdere mai di vista Arelix.

Si ritrovarono nell'incrocio dove le scale si incontravano. La regina si diresse verso un tavolino di mogano, spostandolo, poi premette su una pietra. Fiamma corrugò le sopracciglia notando che era caduta, seguita subito da altre, in un vuoto dove prima c'era il pavimento. Vide anche l'inizio di una scala. Una piccola parte di lei si infastidì per non essere a conoscenza di quel passaggio, ma non le diede troppa importanza. Buffo, le veniva mal di testa pensando a tutti quei corridoi eppure ricordava a memoria tutti i passaggi segreti più strani e nascosti.

Arelix le sorrise, poi non perse più tempo: senza fiatare scese quasi con tranquillità, tradita dall'espressione così seria che aveva. Fu presto inghiottita dall'oscurità e lei non la vide più.

Fiamma deglutì, aveva sempre avuto paura del buio. Se ne vergognava perché ormai aveva diciassette anni eppure non poteva fare altrimenti. Odiava il fatto di non poter sapere quello che accadeva.

Arelix la chiamò e lei, titubante, iniziò a calarsi nell'oscurità.

Dopo pochi scalini non vide più nulla.

Un'ondata di gelo attraversò il suo corpo, si irrigidì e le parve impossibile proseguire. Eppure...eppure sentiva quella sensazione che non provava da...tantissimo. Quella sensazione che l'avrebbe fatta scattare appena fosse stato necessario. Adrenalina, ecco. Come le aveva più volte detto suo padre: la paura va a braccetto con l'adrenalina.

“Fiamma, forza, muoviti!” Le ripeté lei. Deglutì rumorosamente poi riprese a scendere, più velocemente possibile. Aveva immaginato che ci volesse un po' per arrivare alle stalle, dato che erano ai piani più alti e il castello era molto grande, ma non pensava ci mettessero così tanto tempo per arrivare al piano terra!

“Coraggio, siamo quasi arrivate.” La incoraggiò. Sospirò e chiuse gli occhi, tanto già non vedeva nulla a causa dell'oscurità. Li riaprì immediatamente. No, molto meglio stare con gli occhi aperti.

Sentì un gemito e un tonfo, come se qualcuno si fosse buttato ma cercò di continuare a scendere come se nulla fosse. Finalmente una luce comparve nel buio e dopo qualche gradino avvertì il vuoto. Si aggrappò giusto in tempo prima di cadere, ringraziando i suoi riflessi, dono di famiglia.

“Su, lascia. Non cadrai.” Fu piuttosto riluttante a mollare però decise di fidarsi. Si aspettava come minimo di restare sospesa nel vuoto per almeno qualche metro, invece la distanza tra i suoi piedi e il suolo fu quello di un normale saltello. Aprì gli occhi, che aveva inconsapevolmente chiuso e si ritrovò davanti il sorriso divertito della regina. Scoppiò a ridere per il sollievo e la stessa Arelix ridacchiò, scuotendo la testa. In mano aveva una fiaccola, la luce aranciata le faceva brillare gli occhi mentre le ombre rendevano il suo volto più enigmatico. Sorrise amaramente, pensando che non avrebbe mai avuto neanche un centesimo della sua bellezza.

“Tutto bene?” Le chiese, notando il suo mutamento. Annuì con un cenno secco e con un gesto elegante della mano la invitò a proseguire.

“Bene, allora. Ormai non ci resta molto, tra poco sarai al sicuro. Andrai con Morgan, il purosangue nero che ti piace tanto. Esatto, so che ti piace.” Rise silenziosamente, notando il sopracciglio inarcato di Fiamma accompagnato dall'impercettibile sorriso che le aleggiava sulle labbra. Non si erano fermate a parlare. Anzi, Fiamma stava maledicendo la veloce andatura della donna.

“Comunque. Sarà lui a portarti da Eris. Dopo che avrete passato il ponte, non passate assolutamente per il villaggio, staranno saccheggiando tutto e non oso immaginare cosa ti farebbero. Andate nei boschi e attraversate il fiumiciattolo. Dovrete trovare una quercia divisa a metà, da lì saprai tu cosa fare. Sono stata chiara?” Le prese il mento in una meno, fermandosi, e la guardò dritto negli occhi, costringendola a ricambiare. Era in preda al panico: sapere cosa fare? Lei? Quasi si perdeva nel castello, figurarsi nel bosco.

“Sono. Stata. Chiara?” Scandì lentamente. Chiuse gli occhi e sospirò, il cuore le batteva così forte che sembrava volesse sfondare la cassa toracica. Fu tentata di scuotere la testa energicamente in senso negativo ma non era il momento. Stava rischiando la vita per lei, la codardia non era il giusto ringraziamento. Annuì.

“Perfetto. Non è la più saggia delle scelte però sarai al sicuro. Dov'è ciò che ti ha dato Mingord?” Chiese, mentre abbassava il braccio. Lo aveva messo nelle tasche del mantello che gli aveva dato Helmon. Sapeva che non sarebbe caduto nulla poiché l'aveva sigillata con i due bottoni che erano al centro. Glielo mostrò, ancora avvolto da quel pezzo di stoffa vecchio e lercio. Guardò Arelix che contraccambiò, fiduciosa.

Levò lo straccio ma non lo gettò, sarebbe potuto essere uno delle poche cose che le rimanevano di suo padre. Lo rimise in tasca anche se non si assicurò che fosse chiusa. Era troppo impegnata ad osservare la fondina di quel che sembrava un pugnale. Aveva appena posato lo sguardo sull'impugnatura che entrambe avvertirono un boato e un urlo battagliero.

Non si era neanche accorta che momentaneamente la paura era scemata, ma tornò. E più forte di prima. Non per lei, no. Per suo padre, per Medierance che conosceva da quando era piccola, per tutti i consiglieri da cui era stata più o meno coccolata. Ma, pensò piuttosto egoisticamente, tremava per suo padre. Era colui che le aveva donato la vita, che la abbracciava appena poteva. Certo, non era stato sempre presente ma era suo padre, le voleva bene e lei ne voleva a lui. Tantissimo.

Non avrebbe esitato a dare la sua vita in cambio della sua. Se...se fosse morto?

No. No. No, no, no. Non sarebbe accaduto.

E se lo fosse già? Le sussurrò la voce viscida di prima. Le lacrime iniziarono a rigarle le guance, non riuscì a trattenere un singhiozzo. Stavano correndo, non c'era tempo da perdere.

I piedi nudi sfregavano contro il terreno. Le pietre le avevano inferto piccole ferite che probabilmente si sarebbero infettate, se non curate il più presto possibile.

A Fiamma non importava, voleva solo piangere stretta nelle braccia del re, svegliatasi da un orribile incubo. Oppure di urlare, di fermare tutto, di far finire quelle barbarie.

Non riusciva a smettere di piangere e si insultava per quella dimostrazione di debolezza mentre Arelix correva veloce, con la stessa regalità e serietà di una leonessa a caccia. Sapeva che Mingord l'amava, non faticava nemmeno a chiederselo. Bella, raffinata, intelligente, furba e dolce. Sì, anche dolce. Sebbene fosse nata da un'altra donna, la regina non aveva mai fatto troppe storie. Al contrario, si era comportata come fosse figlia sua. Da piccola, una volta l'aveva chiamata mamma, lei aveva sorriso come non mai e l'aveva abbracciata. Aveva continuato a chiamarla come tale fino a quando non aveva scoperto la verità. Arelix ci era rimasta malissimo ma aveva finto di ignorare il cambiamento.

Le facevano male le gambe, i polmoni, la gola, i piedi. Andava avanti solo grazie all'adrenalina e alla paura. E alla voglia di vivere. Non riuscì a non cadere quando avvertì la differenza e la mancanza delle piccole pietre, ormai aveva preso il ritmo ed era stato interrotto dall'erba bagnata.

“Alzati, muoviti! Siamo quasi arrivate!” Urlò la sua matrigna, tornando indietro. Le afferrò un braccio e le sue dita affondarono nella carne per aiutarla, facendole male.

Per quanto il suo corpo pregasse il contrario, si alzò. Scattarono di nuovo ma, rispetto a prima, la distanza tra Arelix e Fiamma fu maggiore. Le bruciava tutto.

E poi, finalmente, entrarono nelle stalle. I pochi cavalli che non erano stati utilizzati dai cavalieri erano nervosi, nitrivano e scalciavano come se stessero combattendo anche loro.

Fiamma vide il bellissimo stallone nero, l'unico calmo. La stava aspettando, lo sentiva.

Prese a rallentare, fino a camminare. Si avvicinò lentamente fin quando non gli fu davanti, tra i due passò un unico sguardo.

Arelix avrebbe giurato di aver scorto negli occhi di Morgan lo stesso luccichio che aveva notato in Fiamma, appena dopo aver chiuso il portone.

Si inchinarono nello stesso istante, facendo sorridere orgogliosa la regina. Morgan non era facile da addestrare, figurarsi avere un'intesa mentale come quella. Lo aveva sempre saputo, Arelix, che Fiamma era speciale.

Morgan sbuffò, muovendo la testa come a voler ricevere una carezza, lasciando la donna ancora più di stucco. Morgan affettuoso? Mai!

Prontamente, la richiesta del cavallo, venne esaudita.

Fiamma si ritrovò il pugnale stretto in una mano e si insultò mentalmente.

Per un momento pensò di osservarlo meglio, quando avvertì le grida. E non solo.

La pioggia cadere scrosciante, il freddo pungerle la pelle, lo scontro delle lame, i capelli bagnati appiccicati al viso, il peso del mantello ormai zuppo. L'odore di sangue e il respiro della Morte sul collo la intontirono al punto che cedette, cadendo sulle ginocchia. Non arrivò neanche a sfiorare il terreno che fu rialzata per il colletto della camicia.

“Monta, subito.” Le disse con voce dura Arelix. Era stata delusa dal notare che non era riuscita a sopportare tutto fino al momento esatto, cioè pochi secondi dopo. Doveva salire in sella e andare via, tutto qui. Perché non c'era riuscita? Non era il momento per comportarsi da principessina indifesa, pensò la regina. Non è neanche il momento per la delusione, aggiunse.

La ragazza montò a cavallo subito dopo, spinta dalla sua matrigna. La donna le allacciò la fondina del pugnale intorno la vita poi le baciò la mano. Fiamma sentì qualcosa di freddo nel palmo prima che Arelix gliela chiudesse a pugno.

“Io e tuo padre ti vogliamo bene.” Le sussurrò. Anche io ve ne voglio. Ma non ebbe la forza di dirlo ad alta voce.

La regina sorrise un'ultima volta prima di far muovere il cavallo. E partì.

Ebbe solo il tempo di voltarsi un'ultima volta, tuttavia ciò che vide la gelò, mozzandole il fiato e facendole sgranare gli occhi: entrarono tre uomini, ebbe solo il tempo di visualizzare il freddo brillare delle armi che lo sguardo tornò a sua madre. La vide farle l'occhiolino prima di sguainare la spada con uno stridio metallico. Tutto quello che sentì dopo essere uscita fu il cozzare delle lame e la speranza a cui si aggrappava disperatamente che almeno i suoi genitori avrebbero potuto farcela.

Ringraziò la pioggia che avrebbe coperto le sue lacrime, non provava nemmeno più a fermarle.

Singhiozza e tremava terribilmente, vedeva sangue ovunque: sull'erba, sugli scudi e sulle armi abbandonate al suolo, sui muri e le pareti. Era sicura di aver visto più di un cadavere, ma la sua mente si rifiutava di elaborare l'immagine e tutto ciò che ricordava di quegli uomini era solo un bozzolo nero. Le urla, di battaglia o dolore, erano ormai uno sottofondo che le sue orecchie pregavano finisse presto. I bagliori della luna sull'acciaio l'avevano illuminata come la leggera luminescenza delle saette. Se non fossero stati in quella situazione, Fiamma l'avrebbe osservata attentamente e avrebbe sorriso pensando che non era vero che la bellezza sfioriva col tempo. La Luna era la più anziana delle signore e nonostante ciò risultava sempre più affascinante.

Morgan correva veloce, i muscoli guizzavano quasi isterici, i suoi affanni si confondevano con quelli della ragazza che, dopo la corsa, non era ancora riuscita a domare.

Erano quasi al cancello, ormai. Mancavano pochi metri, doveva farcela.

Sentì urlo di dolore e fu istintivo, per lei, voltarsi. Un cavaliere con l'armatura, uno degli uomini di suo padre, era in ginocchio. Non avevo l'elmo, il viso rivolto verso l'alto. Inizialmente la ragazza non capì il motivo di quella posizione quando si accorse della figura nera che si mimetizzava nel buio; tirava l'uomo per i capelli e aveva una grandissima ascia insanguinata nella mano sinistra. La ragazza afferrò tutto al volo poi gridò come non mai. Tralasciando la certezza che Fiamma aveva sulla sorte dei combattenti del regno, Morgan, udendo lo strillo della sua padrona aveva accelerato l'andatura, evitando l'orribile spettacolo che da lì a poco avrebbe visto.

Era così stanca, di tutto. Si era già stufata della sua paura, aveva freddo e l'adrenalina era scemata velocemente, lasciando posto alla stanchezza. Poi sentì lo scalpitio di Morgan sul legno e si diede uno schiaffo per svegliarsi. Arelix, Mingord, tutti stavano combattendo per vivere, per sopravvivere. E lei che aveva una via di fuga? Poteva sprecare la vita per semplice stanchezza? Era a dir poco patetica.

Il legno fu sostituito dall'erba, foglie secche e rametti. Morgan rallentò fino alla normale andatura per una camminata. Ogni cosa aveva il doppio del peso normale eppure era tutto così confuso. Ormai non riusciva più a distinguere le lacrime dalla pioggia o la paura dal freddo.

Era tutto molto più che scuro. Fece una carezza sul collo al povero animale e continuò a muovere la mano sul suo manto caldo e bagnato, il contatto la tranquillizzava. Non poteva andare peggio. E, ovviamente, si sbagliava. Improvvisamente Morgan si fermò e Fiamma tese le orecchie. Un pigolio e un fischio si mischiarono, mettendo in allerta la ragazza. Sentì lo stesso rumore ma questa volta più vicino di prima.

Morgan nitrì e sbuffò: era nervoso. Molto. La mano di Fiamma si spostò vicino le orecchie, facendo dei grattini lungo il percorso, calmandolo leggermente.

Tum tum, tum tum, tum tum. Questo avvertì nel silenzio. Un sibilo.

Tirò le redini, lo stallone si alzò su due zampe prima di scattare. Non c'era tempo da perdere, se quel verso proveniva da quel che pensava, erano in pericolo. Ancora di più.

Si sentiva in colpa per sforzare a tal punto il suo amico ma occorreva così. Dopo tutto questo, il minimo che poteva fare era superare il ruscello.

Si voltò dietro per controllare se li stesse seguendo e vide un bagliore turchese. Imprecò in un modo che avrebbe scioccato suo padre, dovevano andare più veloci. Ad un certo punto, Morgan superò un albero e Fiamma alzò il braccio, strappando un ramo. Si voltò nuovamente e cercò di colpire quella bestiaccia, ci riuscì ma il gioiellante non si fermò.

Si rassegnò e spronò il purosangue, furono costretti a passare lungo gli alberi, tentando di confondere la bestia. I rami le graffiarono il viso e le mani mentre il mantello era ormai a brandelli.

Aveva di nuovo paura. E quella, viscida, non la faceva pensare oggettivamente. Torse il collo, era ancora dietro. Dal corpo del più lungo e possente dei serpenti, il viso leonino, l'alito e i denti velenosi come nessun altro essere. Lo chiamavano 'gioiellante' perché il suo corpo era tempestato di pietre preziose che potevano essere usate separatamente o per vestiti e collane usando interi pezzi di pelle di quel mostro. Le loro pelli erano rare, quando facevano la muta le gemme diventavano banali pietre e da vivi non erano facili da uccidere. In particolare per l'alito, altamente tossico che usavano come attacco, sfruttando la lingua. Avevano una particolarità: a caccia sibilavano mentre in caso di aiuto o per attirare l'attenzione pigolavano e fischiavano. Non sopportavano...cosa? Cosa non sopportavano? Il fuoco?

Una parte remota di Fiamma si chiedeva perché non la attaccasse con questa tecnica, avrebbe fatto prima.

Il ruscello. Finalmente il ruscello! Quando Arelix le aveva detto della quercia divisa a metà non aveva badato a questo particolare dettaglio, ma vederlo dal vivo, illuminato dalla luna, faceva un certo effetto.

Di un grigio perlaceo, si divideva immediatamente sopra le radici in due parti, proseguiva un solco per qualche metro poi i due rami principali si univano dando vita a una delle ramificazioni più vaste che la ragazza avesse mai visto. Ed esattamente al centro del buco, come se fosse un ritratto, c'era una casetta piccolissima e sull'uscio di questa vi era una donna che, in base agli atteggiamenti, pareva impaziente. Era lei, era Eris.

Morgan stava rallentando, era stanco. Non lo notò subito ma avvertì anche l'ansimare persistente. Il gioiellante tra qualche metro avrebbe potuto morderli liberamente. Spronò vanamente il cavallo, con lo sguardo ancora rivolto alla bestia che si avvicinava troppo rapidamente. Fu presa dal panico. Bene, sarebbe morta azzannata da quello schifo. Lei aveva fatto il possibile, aveva cercato di salvarsi spronando il cavallo.

Si diede uno schiaffo mentale, suo padre non sarebbe stato fiero di lei. Non sarebbe morta, non così. Non voleva morire.

E neanche lo stallone, a quanto pareva. Forza, solo pochi metri! Avevano ripreso a galoppare, l'altra sponda si avvicinava sempre di più. Ma era più vicina anche la bestia. Cosa diavolo odiavano quei mostri?! L'acqua! Pochi metri e poi sarebbe finita! Potevano farcela.

Appena Morgan posò tutte e quattro le zampe nel fiumiciattolo, il gioiellante emise un sibilio frustato. Girò i tacchi, o meglio, la coda e se ne andò.

Rise dal sollievo, una risata così carica di gioia che avrebbe contagiato tutti.

Fece rallentare Morgan, se lo meritava. Eris la vide. Agitò le braccia, iniziando a venirle incontro.

Si incontrarono proprio vicino la quercia, il tempo che Eris aprì la bocca che Fiamma svenne.








Angolo Autrice: 
Salve a tutti!
Sono stramega contenta di pubblicare, finalmente! Pur non essendo così soddisfatta di questo capitolo, spero vi abbia incuriosito!
Allora, allora, allora. Da cosa iniziare? Partiamo da Fiamma. Qualcuno di voi ha notato che le manca qualcosa? Che ne pensate di lei? 
Sono curiosa, fatevi sentire! 
Avrete ormai capito che Arelix non è la sua vera madre. Chi sarà, dunque? E chi è questa famosa Eris?
Vi informo che dal prossimo capitolo in poi la storia sarà in prima persona. Non sono molto a mio agio a scrivere da un punto di vista esterno. Ma questo non credo vi interesi ^_^
Comunque. Ragazzi, davvero, vi prego di recensire. Non mi fermerò tanto presto ma sarei estremamente felice sapere che a qualcuno interessa questa storia. 
Ringrazio di cuore chiunque abbia letto fino a questo spazio e alla mia beta, Black Truth!
Un abbraccio
       Fra

  
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