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Autore: Anita purple    29/12/2015    0 recensioni
Il mio corpo era interamente nero, le mie braccia scure color pece, stropicciai gli occhi impaurito, temendo che stessi facendo un sogno
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’IO SMATERIALIZZATO
Questo primo capitolo lo dedico interamente alla descrizione del mio primo contatto con la realtà dopo la trasformazione, o quello credo sia stata una deformazione della realtà sotto il mio punto di vista, una sorta di cambiamento improvviso. Ve lo racconto. Banale mattinata quotidiana, nulla più che quello che tutti fanno all’alba di ogni giorno, quando il sonno lascia il posto alla veglia e poi la coscienza che prende contatto con il reale. Come ogni mattina quindi ero riuscito a sentirmi vivo, nonostante la consapevolezza di star attraversando un lungo periodo di scoraggiamento, amorfismo, stasi. Tuttavia i primi secondi non mi resi conto di nulla tranne il fatto di esser vivo. Alzatomi scorsi subito che qualcosa non andava. Sobbalzai. Il mio corpo era interamente nero, le mie braccia scure color pece, stropicciai gli occhi impaurito, temendo che stessi facendo un sogno. Socchiuse di nuovo le palpebre mi guardai le mani. Le dita erano quadrate! La mano era nera e squadrata, la toccai per accertarmi che tutto ciò fosse vero ma al tatto erano morbide e carnose come ogni giorno dall’inizio della mia esistenza. Eppure le vedevo, erano nere e spigolose. Mi spogliai velocemente, credo di aver impiegato una manciata di secondi. Tutto il mio corpo era nero! Le anche erano appuntite e i piedi quadrati! Corsi in bagno, i miei occhi avevano qualcosa che non andava, ma lo specchio mi rivelò il contrario, ero tutto nero e la mia faccia! Non vedevo più occhi naso o bocca tutto era liscio e tondo, spariti i miei capelli le palpebre, la peluria che avevo accuratamente fatto crescere per farne una barba. Come può essere possibile? Palpeggiai ogni parte del mio corpo notando che la carne le ossa erano come sempre, soltanto di colore nero e più appuntite. Come se fossi diventato un uomo stilizzato. Mi vestii di corsa, ma non mangiai nulla per colazione lo stomaco si era come chiuso per la paura. Uscii da casa ma nessuno si accorse del cambiamento, il portiere, la cameriera dell’albergo, tutti mi salutarono normalmente augurandomi buongiorno. Mi tranquillizzai parzialmente. Quella mattina pensai di non andare a scuola ma di recarmi direttamente in biblioteca dove dovevo capire esattamente se c’erano ragioni scientifiche che avevano provocato questo cambiamento, non sentivo alcun dolore quindi non mi preoccupai di andare in ospedale. Poi sapevo che in biblioteca avrei incontrato Vanessa magari lei avrebbe potuto aiutarmi. Vanessa la conoscevo da ormai tre anni e il mio era un amore che si stava concretizzando su se stesso, sull’idea di un possibile fidanzamento. Non avevo perso le speranze ma non potevo sperare che qualcosa si evolvesse per quanto la mia amicizia con lei era radicata. Quindi era il concetto di amore che si stava vanificando lasciando il posto solo all’idea mortificata di esso. Tuttavia non rinunciavo alla forte amicizia che mi spingeva a rincorrere un miglioramento sapendo in partenza di non aver la possibilità di raggiungere per primo il traguardo. Mi recai in biblioteca e come al solito i miei amici universitari stavano discutendo di qualche nuovo scoop in ambito politico. Loro erano cosi, un po’ stravaganti, impegnati ogni volta nel discutere di argomenti le cui discussioni si era smesso di fare da tempo, geopolitica, economia, diritto e altre materie che non accumunavano i loro studi ma esclusivamente il loro interesse. Mi avvicinai e mi dissero con naturalezza di sedermi, lo feci nascondendo la paura che si accorgessero del mio aspetto ma arrivando al contempo alla conclusione che la mia vista aveva un evidente difetto. Presi parte alla discussione ignorando per qualche attimo il problema. Poi improvvisamente arrivò lei e quando la vidi sobbalzai. Era diventata nera anche lei, stilizzata, quadrata. Si avvicinò a noi salutandoci come sempre. Anche lei facendo finta che nulla fosse accaduto. Forse ero solo io e nemmeno lei stessa si vedeva cosi. La mattina prosegui senza che io avessi la possibilità di parlarle,  ma non riuscii a studiare molto quanto ero distratto dal scrutarla, analizzando ogni suo punto del corpo. Tornai in albergo deluso per il modo in cui non avevo saputo affrontare la situazione, per non averle fatto notare nulla e preoccupato per la mia vista, l’indomani sarei andato a farle una visita a casa.
 
   
 
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