Time.
“You are young
and
life is long and there is time to kill today / And then one day you
find ten
years have got behind you / No one told you when to run, you missed the
starting gun / And you run and you run to catch up with the sun, but
it’s sinking.”
Time
- Pink Floyd
E
all’improvviso
sono passati dieci anni.
Eppure non è ancora iniziata. La vita. L’ho inseguita così a lungo che ormai si è consumata, come una rotaia affondata nella neve del tempo.
Dieci anni fa mi hai toccato sulla fronte, e io ho detto “sì”: pensavo di aver finalmente trovato il mio inizio, il nostro. “Sì”, avevi detto tu, e poi, ancora: “devo partire”.
“Partire, di nuovo?”
“Sì, questa volta è per il bene del villaggio.”
Dovevano
passare
dieci anni per capire che non me ne frega niente del bene del
villaggio.
Non me ne frega niente degli ordini del nono Hokage;
c’è una sola cosa che di cui mi frega, una cosa che volevo ma che non ho mai posseduto:
un marito, un padre per mia figlia.
E invece cos’è, che ho avuto?
I
piatti sono impilati
in ordine sopra al lavello, asciutti, senza la minima macchia. Mi sfilo
i
guanti di plastica: sì, ho fatto un lavoro perfetto.
È questa la mia vita ora?
Le piccole epifanie come quella di adesso – la svilente tristezza del suono delle gocce che picchiettano nel lavello, queste sono i momenti in cui mi rendo conto di ciò che ho perso. O che non ho mai avuto.
Era facile, quando ero giovane…
Non facevo altro che sognare, pensare che tanto il futuro mi avrebbe donato quello che tanto desideravo, l’amore del mio uomo, una famiglia. Invece ora possiedo solo questa lista infinità di ovvietà quotidiane, queste file di piatti puliti, vuote.
…e dire che ormai ho quarant’anni.
Mia figlia già sta lasciandomi indietro, per rincorrere i traguardi della sua, di vita. E io sono da sola, ad aspettare un uomo che mi è stato più vicino nei miei sogni adolescenziali che nella realtà di tutti i giorni.
Un uomo che scappa, dopo avermi accontentata con un tocco sulla fronte, una casa e una figlia.
Ma non con se stesso.
Lui non c’è mai.
Sono sposata ad un fantasma.
Eppure non è ancora iniziata. La vita. L’ho inseguita così a lungo che ormai si è consumata, come una rotaia affondata nella neve del tempo.
Dieci anni fa mi hai toccato sulla fronte, e io ho detto “sì”: pensavo di aver finalmente trovato il mio inizio, il nostro. “Sì”, avevi detto tu, e poi, ancora: “devo partire”.
“Partire, di nuovo?”
“Sì, questa volta è per il bene del villaggio.”
Non me ne frega niente degli ordini del nono Hokage;
c’è una sola cosa che di cui mi frega, una cosa che volevo ma che non ho mai posseduto:
un marito, un padre per mia figlia.
E invece cos’è, che ho avuto?
Le piccole epifanie come quella di adesso – la svilente tristezza del suono delle gocce che picchiettano nel lavello, queste sono i momenti in cui mi rendo conto di ciò che ho perso. O che non ho mai avuto.
Era facile, quando ero giovane…
Non facevo altro che sognare, pensare che tanto il futuro mi avrebbe donato quello che tanto desideravo, l’amore del mio uomo, una famiglia. Invece ora possiedo solo questa lista infinità di ovvietà quotidiane, queste file di piatti puliti, vuote.
Lui non mi vuole.
Fa di tutto per stare lontano da me.
Fa di tutto per stare lontano da me.
…e dire che ormai ho quarant’anni.
Mia figlia già sta lasciandomi indietro, per rincorrere i traguardi della sua, di vita. E io sono da sola, ad aspettare un uomo che mi è stato più vicino nei miei sogni adolescenziali che nella realtà di tutti i giorni.
Un uomo che scappa, dopo avermi accontentata con un tocco sulla fronte, una casa e una figlia.
Ma non con se stesso.
Lui non c’è mai.
Sono sposata ad un fantasma.
*Bonus
OOC*
Essere sposata con te
è come vivere al
tempio con voto di castità.
Domani vado a chiedere il divorzio, stronzo.
Domani vado a chiedere il divorzio, stronzo.
Questa flash partecipa a
Il
contest delle ship: di canzoni, luoghi e parole indetto da emmevic.
Ho cercato di interpretare la coppia che mi piace di meno di tutto quanto il fandom, non perché la giudico male assortita quanto per l'ira funesta che mi procurano i suoi due partecipanti: Sakura e Sasuke. Sì, so che c'è chi li ama, ma io personalmente non riesco a sopportarli. E si son pure sposati (bah).
Ho cercato di immaginare come si sarebbe potuta sviluppare la loro unione in modo verosimile, e ne è uscita una valanga di angst, che è sempre ben accetto. Detto questo, buon proseguimento di vita a tutti!
Ho cercato di interpretare la coppia che mi piace di meno di tutto quanto il fandom, non perché la giudico male assortita quanto per l'ira funesta che mi procurano i suoi due partecipanti: Sakura e Sasuke. Sì, so che c'è chi li ama, ma io personalmente non riesco a sopportarli. E si son pure sposati (bah).
Ho cercato di immaginare come si sarebbe potuta sviluppare la loro unione in modo verosimile, e ne è uscita una valanga di angst, che è sempre ben accetto. Detto questo, buon proseguimento di vita a tutti!
Kiki