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Autore: Sam27    30/12/2015    2 recensioni
Dal testo:
-Pronto?-
-Sorellina?!-
-Fratellone?!-
–Cambierai mai?-
-Dovrei?-
-Sei già arrivata a casa di mamma?-
-Sì-
-Come si sta?-
-Come ad Azkaban, solo che qui i Dissennatori sorridono-
-Attenta a non farti baciare allora-
-
-Mi piaci- sussurra -Da sempre-
-Sei ubriaco, stai delirando-
-Non te l'hanno mai detto che gli ubriachi non mentono mai?-
-Anche tu mi piaci-
-Perchè me lo dici?-
-Forse perchè sono ubriaca anche io-
-
-Sto leggendo-
-Guardami quando ti parlo!- esclama Rebecca alzando la voce.
Io alzo lo sguardo su di lei, supplicandola con gli occhi di andarsene.
-Perchè ti comporti così?- mi chiede -E' perchè sono lesbica? Lo so che vorresti avere una madre normale ma io e Monica ci amiamo e...-
-E' perchè hai tradito papà!- urlo -Ed io ti odio, Rebecca-
Lo schiaffo arriva e lo accolgo quasi con sollievo.
Alla luce degli ultimi avvenimenti Nora può considerarsi una fangirl piuttosto sfigata.
-
In un'epoca in cui la friendzone va quasi di moda ho provato a parlare della vera amicizia.
In un'epoca in cui leggere è passato di moda ho provato a spiegare com'è la vita per chi vive per i libri.
Sequel della storia: "Potremmo volare". Può essere letta singolarmente.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Potremmo Volare'
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8. in compagnia di un troglodita troppo bello per essere vero
Esaminava quel volto, cercando di non leggere
quello che vi era scritto così chiaramente,
e contro la sua volontà
vi leggeva quello
che non voleva sapere.
Lev Tolstoj, Anna Karenina
 
Guardo mio padre mettere in moto la macchina e l’attacco di panico inizia a farsi strada nella mia mente, facendo a pugni con la razionalità. E’ peggio di quando mi ha lasciata qui la prima volta perché, ora, so che cosa mi attende: i litigi, la freddezza, la maleducazione, i finti sorrisi, le parole non dette, i silenzi assordati; sono stufa di tutto questo. Lui mi rivolge un ultimo breve saluto con la mano, poi schiaccia l’acceleratore ed io rimango con la mano a mezz’aria a salutare una nuvola di fumo.
Nei giorni seguenti la calma sembra regnare nuovamente sovrana, il gelo pungente si avverte fin dentro le ossa e non riesco a scambiare più di qualche battuta con nessuno dei miei tre coinquilini, tutta la magia regalata dal Natale sembra essersi rotta. E si disintegra definitivamente quando, alla vigilia del mio compleanno, sediamo tutti di fronte alla televisione fingendo di essere una famiglia normale. Io sono raggomitolata sotto un minion gigante sottoforma di coperta, Filippo mangia rumorosamente dei pop-corn e le due piccioncine sonno raggomitolate una sull’altra in una posizione che non troverebbe comoda neanche un eremita del deserto specializzato in contorsionismo.
-Abbiamo deciso di farvi un regalo per capodanno- dice Rebecca sorridendo ad entrambi.
Mi metto subito sull’attenti: se sono buone notizie per lei non lo saranno di certo per me. Questa è matematica, signori miei.
-Cioè?- domando con un filo di voce.
-Domani pomeriggio io e Monica partiamo per un viaggetto a Parigi, perciò potete organizzare una festa-.
-A patto che non distruggiate la casa- aggiunge Monica ridacchiando.
Dov’è finita la famosa punizione con i lavori forzati?
Rivoglio la mia punizione!
Filippo fa correre lo sguardo da una all’altra, allibito e, per la sorpresa, gli va un pop-corn di traverso mentre qualche altro gli esce dalla bocca cadendo sul tappeto lindo. Tutto questo, però, è un misero chicco di riso in una dispensa cinese in confronto a ciò che sta accadendo a me: sento gli occhi bruciare come la spiaggia alle due del pomeriggio in piena estate, lo stomaco sigilla i battenti a qualsiasi idea di cibo, le lacrime iniziano a fare a pugni con le pupille per uscire ed i pensieri corrono impazziti nella mia testa.
-Grazie-.
Il tono con cui pronuncio questa misera parola è così amaro che stupisce persino me.
Ed io che pensavo che forse stessimo iniziando ad allacciare i rapporti, magari al mio compleanno avrei risentito “la magia del Natale” ed avrei chiesto scusa a Rebecca.  Ma lei no, ovviamente no, deve andare a Parigi con la sua innamorata. Con mia grandissima sorpresa non sento rabbia, solo delusione e malinconia. Affondo le unghie mangiucchiate nei palmi delle mani e prendo un gran respiro.
-Non sei contenta?- mi domanda Monica perplessa.
-Certo che lo sono, era proprio quello che avevo scritto nella lettera per Babbo Natale: un Capodanno senza la mia famiglia ma in compagnia di un troglodita troppo bello per essere vero.
Mi trema la voce ma non ci faccio caso, li guardo tutti e tre mentre le lacrime iniziano a solcarmi le guance, li sfido con lo sguardo a contraddirmi poi salgo in camera e mi butto sotto le coperte incurante del fatto che siano le cinque del pomeriggio. Non scendo per cena, resto semplicemente a fissare il soffitto maledettamente rosa senza versare nemmeno una lacrima.
Quando mi sveglio la prima cosa che avverto è il mal di testa, la seconda è che è il mio compleanno e questo mi sembra, forse, ancora più terribile del primo fatto.
Scendo a far colazione senza rivolgere la parola a nessuno, sembro uno zombie e me ne rendo perfettamente conto ma non ci do peso più di tanto. Monica e Rebecca, assorte nel discutere su cosa portare o meno in vacanza, si interrompono non appena metto piede in cucina.
-Auguri!- esclamano all’unisono facendo un sacco di moine inutili.
Inizio a mangiare con una lentezza esasperante mentre loro continuano il loro inutile sproloquio, a salvarmi ci pensa zia Cesarina telefonandomi per farmi gli auguri. Subito dopo pranzo –circa venti chiamate-compleanno più tardi- arriva Alessandro.
Ci sediamo sul divano siccome Monica e Rebecca sono appena uscite per una commissione ed io sto per cimentarmi nella spiegazione della tragedia più struggente mai rappresentata quando Filippo ci interrompe.
-Tua madre mi ha detto di dirti che dopodomani dovrai iniziare a prendere ripetizioni dal sottoscritto e volevo chiederti se vuoi che qualcuno sia invitato alla festa-
-Credo che resterò in camera mia senza fare il minimo rumore, fingendo di non esistere- mormoro con voce atona lanciando un rapido sorrisetto ad Alessandro.
Filippo fa per aggiungere qualcosa poi sembra ripensarci, gira sui tacchi e se ne va.
Racconto al mio migliore amico per filo e per segno tutto ciò che è successo negli ultimi tempi e tutto ciò che riesce a dirmi è, beh, niente. Rimane a fissarmi con una solida espressione da pesce lesso, le braccia incrociate sul petto.
-Che c’è? Questo non è il momento in cui mi insulti e dai ragione a Rebecca?-
-E così Filippo ti dà ripetizioni?
Scherza, vero?
-Ti ho appena spiegato che me lo ha imposto lei!
Lui mi lancia un’occhiata di sottecchi.
-So cosa stai pensando Sandro e, se ci fosse anche una sola remota possibilità che ciò accada, ti direi che se mi mettessi con lui tu resteresti comunque l’unico punto fermo della mia vita.
-Quindi ci hai rinunciato?- domanda lasciando perdere l’espressione sostenuta e facendosi più vicino.
Io faccio spallucce.
-Perché non ci provi con lui?
Scoppio a ridere sicura che lui stia scherzando, rido così tanto da rotolarmi per terra e battere ripetutamente il pugno sul pavimento, infine mi asciugo le lacrime e mi ricompongo.
-Dovresti almeno provarci, Nora.
Scuoto la testa con decisione.
-Come posso farlo? Non ne sono capace e lui non ricambierà mai i miei sentimenti.
Alessandro mi guarda negli occhi e assume un cipiglio serio, quasi severo: -Sei una bellissima ragazza, di quelle bellezze non convenzionali. Le altre si truccano e tu ottieni il doppio del risultato senza alcuno sforzo. Sei unica e non c'è qualcuno che possa starti accanto senza essere travolto dal tuo modo di essere. Quindi io non vedo nessun caspita di motivo per cui non dovresti provarci con lui.
Per un momento rimango interdetta e trattengo il respiro, ricambio l'occhiata intensa che mi sta lanciando e mi sento scaldare il cuore. Vengo rapita dai suoi enormi occhi castani e per qualche secondo mi perdo in essi. Per un solo, assurdo ed interminabile momento lascio perdere tutto il resto mentre ciò che ha appena detto nuota felice nella mia testa. Appoggio la mano sulla sua coscia e mi avvicino ancora di più a lui ma, poco prima che io arrivi al punto di non ritorno, Rebecca entra in casa allegramente accompagnata da Monica.
Scatto in piedi come una molla e, con un colpo d’anche disumano, mi lancio sulla poltrona. Ansimo e mi passo una mano tra i capelli mentre sorrido nervosamente.
-Ciao ragazzi- dice con voce allegra Rebecca.
-Io devo...- inizia Alessandro alzandosi e indicando furtivamente l'uscio mentre si mordicchia il labbro.
-Una verifica di matematica... domani mattina...- balbetto confusamente dirigendomi verso le scale.
-Giusto... devo studiare!- esclama Alessandro nervosamente, inciampando nella fretta di guadagnare l'uscita.
-Non vuoi fermarti a cena?- gli domanda Rebecca –Tanto stasera verrai alla festa, suppongo-
-Sì, cioè no, un'altra volta, grazie.
Chiude la porta nello stesso momento in cui mi catapulto su per le scale, faccio i gradini due a due ma, anche se sono ormai sulla soglia della mia camera, riesco a sentire Rebecca che, confusa, chiede a Monica: -Siamo nelle vacanze di Natale, quale verifica?-
Poco più tardi Monica e Rebecca mi chiamano a gran voce e mi fanno il solito discorsetto pre-partenza poi varcano la soglia di casa ed io non posso fare a meno di lasciarmi andare ad un lungo sospiro.
-Quindi non verrai questa sera?- mi domanda Filippo posando in tasca il cellulare che ha smanettato tutto il santo giorno.
-Te l’ho detto: me ne starò in camera mia senza fare alcun rumore e fingendo di non esist-…
-Non vieni neanche per fare compagnia a me?- mi interrompe e, con appena due passi, è al mio fianco, mi soffia sull’orecchio e sento il suo sorriso troppo vicino alle mie labbra.
Lancio un urletto da checca isterica –e non me ne vergogno nemmeno- e corro su per le scale, chiudendomi a chiave in camera mia. Poco dopo lo sento bussare con insistenza: -Ma che ti prende? Stavo scherzando!
Bussa con ancora più insistenza, poi sbuffa: -Comunque volevo solo dirti che ci sarà il tuo regalo di compleanno.
-Perché dovrei venire? Per farmi deridere dai tuoi stupidi ed infantili amici?
-Perché parlare in questo modo è molto maturo ed intelligente, vero?
Lo sento ridacchiare e faccio una smorfia: colpita ed affondata. Bussa ancora per un po’, infine ci rinuncia e nella casa ritorna il silenzio. Sgattaiolo in cucina poco prima dell’arrivo degli invitati, mangio qualche fetta di torta salata per poi ritornare nella mia tana ignobilmente rosa. Verso le nove e mezza sento la musica diffondersi in salotto, il campanello suonare e gridolini eccitati spargersi sul divano, circa alle dieci cerco di dormire inutilmente: la musica rimbomba in tutta la casa insieme a voci, chiacchiere e risate. Alle undici provo a leggere un libro infine, poco prima di mezzanotte mi infilo un paio di jeans ed una camicia e scendo di sotto.
Se fossimo in un film tutti si volterebbero ad ammirare la mia candida bellezza ma siccome questa è solo la mia stupida vita melodrammatica mi faccio strada tra ubriachi e ragazze mezze svestite come se fossi invisibile. Non vedo nessuno che conosco, nemmeno Filippo e sto per tornarmene di sopra quando due bicchieri colmi di champagne si incrociano davanti ai miei occhi.
-Buon compleanno, cuginetta!
-E voi che ci fate qui?- domando squadrando il cardigan arcobaleno di Cristiano e l’assurda cravatta con i pesci di Gregorio.
-Siamo stati talmente simpatici al belloccio a Natale che ci ha invitati, incredibile no?- domanda Cristiano indicando la gente che balla.
-Incredibile è che voi possiate stare simpatici a qualcuno- dico alzando gli occhi al cielo.
-Non per essere scortesi cuginetta, ma ci sono due belle bionde che ci aspettano!- esclama Gregorio e, facendomi l’occhiolino, trascina con sé il gemello in mezzo alla folla.
Mi fermo in un angolo ad osservare la festa: stelle filanti pendono dai mobili e dalla televisione, il divano e la poltrona sono ricoperti di gente, tovaglioli e stuzzichini avanzati, subito dietro di essi un tavolo è ricco di alcolici e bevande di ogni tipo ma, a stupirmi, è la quantità di gente che riesce a ballare, ubriacarsi e filtrare, il tutto contemporaneamente. Inizio ad avvertire un certo mal di testa perciò afferro un giubbotto qualsiasi –dopo tutto è casa mia, no?- ed esco in giardino.
-Ciao- dice Alessandro parandosi davanti a me e dondolandosi sui talloni.
Improvvisamente sento la bocca asciutta e le mani sudate.
-Ciao- mormoro.
-Alla fine oggi pomeriggio dopo… tra una cosa e l’altra, mi sono dimenticato di darti il tuo regalo di compleanno-
Lo guardo stupita, lui arrossisce ma si riprende subito e mi trascina con sé, prendendomi per mano. Una volta nel garage accende la luce e la mia mascella rischia di sbattere contro il pavimento: c’è un pacco enorme, alto tanto quanto me.
-Scartalo- dice, forse più eccitato di me.
Non me lo faccio ripetere due volte: con la grazia che mi caratterizza mi ci fiondo di slancio e strappo la carta da regalo. Non appena scorgo l’orecchio gli rivolgo un’occhiata estasiata, quando finisco di scartarlo –circa trecentonovantaquattro occhiate estasiate dopo- resto con la mascella così aperta da avvertire dolore ad ammirare il peluche di Stitch in formato gigante davanti ai miei occhi spalancati.
-Ti piace?- mi domanda conscio della risposta.
-E’ stupendo!- esclamo buttandogli le braccia al collo.
Lui ride e mi stringe a sé.
-Buon compleanno, stupida-
Io sorrido ancora, infine mi allontano da lui e mi schiarisco la gola. Rimaniamo in silenzio per qualche istante, imbarazzati. Spero che tutto ciò finisca presto perché odio il filo sospeso che avverto in questo momento tra me e lui. Torniamo in casa e veniamo subito accolti dal frastuono della festa.
-Eccoti!- esclama Filippo sorridendomi come se non avesse dubitato un solo istante del fatto che sarei venuta.
Io gli sorrido appena mentre mi conduce in cucina, qui il baccano si attenua appena ma riusciamo comunque a sentire le voci di chi ha già iniziato a fare il conto alla rovescia (-120).
-Ta da!- esclama Filippo mostrandomi la mia torta di compleanno.
E’ a forma di libro ed è semplicemente sensazionale.
-L’idea non è stata mia- mormora come a scusarsi –Ma di tua madre, le dispiace non essere qui ma…-
-Zitto, non rovinare il momento- lo ammonisco continuando a contemplare la torta.
-60
Subito dopo lo ringrazio, abbracciandolo brevemente e baciandolo sulle guance.
-E’ così bella che mi dispiacerà mangiarla- dico mogia.
-Almeno fatti fare una foto, così la mandiamo a tua madre.
Io alzo gli occhi al cielo ma acconsento.
-Ce la fai tu?- domanda ad Alessandro porgendogli il telefono.
Filippo mi circonda le spalle con un braccio e mi stringe appena mentre io metto su un sorriso finto e impostato per la foto, Alessandro scatta ed il flash mi fa lacrimare gli occhi.
-40
-Ora esprimi un desiderio, sorellina- dice Filippo accendendo le candeline e facendomi l’occhiolino.
Io gli faccio una linguaccia poi lancio un breve sguardo ad Alessandro che annuisce. Chiudo appena gli occhi ed esprimo la prima cosa che mi salta in mente: vorrei avere una vera famiglia che non sia formata da tanti insulsi vermicoli…
Soffio le candeline.
-Come sei vecchia, non riesci nemmeno a spegnerle in un colpo solo- mi deride Filippo mentre mi accorgo che ne sono rimaste accese più della metà.
-10
Finalmente riesco a spegnerle tutte.
-Se tu mi avessi detto che oggi sarebbe stato il tuo compleanno avrei organizzato tutto questo anche per te- dice poi passando il dito sulla torta e mangiucchiando un po’ di panna.
-Così che le avreste potuto tirare addosso qualche altro secchio?- domanda Alessandro con voce bassa.
Io arrossisco ed abbasso gli occhi.
-Di che stai parlando?
-Dovremmo fare il conto alla rovescia- intervengo io schiarendomi la gola.
-5
-Prendo lo Spumante- dice Alessandro con voce amara.
-2
-Si può sapere cos’è questa storia del secchio?- mi domanda afferrandomi un polso.
-1…
-Auguri!- esclamo abbracciandolo velocemente e dirigendomi verso Alessandro, faccio gli auguri brevemente anche lui, poi mi accingo a tagliare la torta.
-Eleonora…- mormora Filippo trattenendomi ancora.
Sostengo il suo sguardo mentre nel mio cervello arde una battaglia intensa. Avevo quasi dimenticato la questione e speravo che, con le vacanze di Natale, se la dimenticassero anche gli altri, ma se tiro fuori l’argomento ho paura che la situazione peggiorerà; inoltre non vorrei venire a sapere che è lui l’artefice dello scherzo. Si è scusato abbastanza ed io l’ho già perdonato.
-Parlava di quando mi hanno fatto quello scherzo- mormoro abbassando lo sguardo mentre si sente il suono dei petardi.
-Quale scherzo?- mi chiede lasciandomi andare.
-Lo sai- mormoro con una smorfia.
-No- dice alzando le sopracciglia.
-Poco prima delle vacanze di Natale stavo per entrare in classe quando il mio piede è inciampato in qualcosa: un filo attaccato ad un secchio pieno di uova marce che mi si sono rovesciate dritte in testa.
-Non è molto divertente- dice Filippo sorridendo.
-Non fare il cretino!- sbotto –Okay fingere di non ricordartene, ti ho già perdonato, te l’ho detto, ma addirittura così…-
-Perché? Non stavi scherzando?- mi chiede spalancando i grandi occhi verdi.
-Davvero Filippo smettila di…
-Non sto fingendo, cazzo! Perché non me l’hai mai detto?
-Ma tu lo sapevi!
-No
-Come no?! E quando eravamo in camera tua ed hai detto: “Riguardo a quella cosa…”-
-Mi riferivo alle ripetizioni che non volevi e alla chiamata che avevo origliato.
-Ma se hai cercato di farti perdonare fino all’altro giorno!
-Per il bacio.
-Gabriel mi ha detto che ti ha visto tra gli altri.
-Io non ne sapevo assolutamente nulla!- esclama con gli occhi fuori dalle orbite –Come hanno potuto farti una cosa del genere?-
Sento il lieve battere le mani di Alessandro. –Bravo, un’interpretazione da Oscar.
Filippo gli scocca un’occhiataccia.
-Si può sapere chi è stato?- domanda serrando i pugni.
-Non lo so… erano tutti lì che ridevano, Francesco, i miei compagni di classe, Luca, Matteo, tutta la tua combriccola insomma- mormoro –Ma è acqua passata, direi. I miei capelli hanno smesso di puzzare ormai-
-Sei seria?- mi domanda per l’ennesima volta.
-Sì, ti ho già detto…
-Non la passeranno di certo liscia!-
Gli lancio un’occhiata perplessa ma, quando capisco che non sta scherzando, è ormai troppo tardi per fermarlo.
-Ehi! Buon Capodanno!- esclama Gregorio arrivando insieme al gemello.
-Che bella torta, diamine!- esclama Cristiano.
-Non è il momento più adatto, ragazzi- mormoro superandoli a grandi passi.
Mi faccio largo tra la gente a gomitate mentre tento invano di non perdere di vista Filippo. Finalmente si ferma e penso quasi che potrei riuscire a fargli cambiare idea quando vedo che ha afferrato Luca per le spalle –che è il suo migliore amico- e gli ha appena urlato qualcosa a pieni polmoni per sovrastare il volume della musica.
-Che te ne importa di quella balenottera!- esclama indicandomi mentre cerco di confondermi con la tappezzeria.
-Credo che ne vedremo delle belle- sussurra Alessandro comparso al mio fianco. Ma, subito dopo averlo detto, mi stringe piano una spalla con fare protettivo.
-Muoviti Luca: sì o no?
-Sì! Contento? Ci si annoiava a scuola, perciò ho deciso di dare a tutto un po’ di brio. A chi vuoi che fotta se una ragazzina ha puzzato di marcio per un po’?
Per un momento penso quasi che Filippo, ora che ha ottenuto ciò che vuole, giri sui tacchi e se ne vada. Subito dopo, però, scorgo l’espressione nei suoi occhi: è furiosa e leggermente alterata dall’alcool. Una parte di me vorrebbe intervenire, la stessa che cerca di mettersi a studiare tutti i pomeriggi, l’altra, quella che mi convince ad accendere il computer e guardare le serie tv, si accomoda per godersi allegramente lo spettacolo. Prima che io possa dire “Santo Koala Marsupiano” o qualsiasi altra cavolata Filippo ha tirato un pugno a Luca. Si sente un rumore fastidioso come di ossa infrante e nella stanza cade il silenzio per qualche istante.
-Si dà il caso che quella ragazzina sia la mia sorellastra e che a me importi-
Luca barcolla e indietreggia, appoggiandosi al divano e coprendosi con le mani il naso, tenendolo, come se stesse per staccarsi. Filippo si gira verso di me e fa per dire qualcosa, io avverto il movimento con la coda dell’occhio ma, prima che riesca ad aprire bocca, Luca ha già buttato per terra Filippo.
-Fa’ qualcosa!- esclamo stringendo il braccio di Alessandro così forte da fargli male. Incitandolo ad andare ma, allo stesso tempo, tenendolo ancorato al mio fianco.
Filippo sorride mentre si alza in piedi, poi si gira e tira un altro pugno a Luca, questa volta all’occhio destro, un calcio alle gambe e finisce lungo disteso, poi uno in pancia. Io gemo ad ogni colpo, senza riuscire a comprendere se sia per pietà o per compiacenza. Non è come nei film dove tutti si soffermano a guardare: ognuno si sta facendo gli affari propri, continuando a rimorchiare o ad ubriacarsi, nessuno accorre verso Luca e nessuna ragazza cerca di fermare Filippo. Sembra che gli unici spettatori della scena siamo io ed Alessandro.
Filippo gli mormora qualcosa all’orecchio poi si allontana senza che io abbia il tempo di dirgli alcunché. Rimango a fissare Luca, indecisa, passando il peso da una gamba all’altra. Sto giusto per raggiungerlo quando lui si alza e, zoppicante,con la faccia piena di sangue e le mani tremanti, si dirige verso l’uscita. Salgo velocemente le scale e mi dirigo verso il bagno, spalanco la porta senza preoccuparmi di bussare e trovo Filippo con le mani serrate sui bordi del lavandino e gli occhi fissi nel proprio riflesso, Alessandro mi segue restando in disparte.
Sento la testa pulsare senza riuscire a capacitarmi di ciò che è appena successo, la musica e la festa sembrano solo un sottofondo a volume troppo basso ma ci sono le nocche insanguinate di Filippo, il suo sopracciglio malconcio e la sua espressione inusuale a confermarmi che non mi sono immaginata tutto: è successo davvero. Ha picchiato Luca per proteggere me. Una serie di sensazioni confuse si fanno largo nel mio stomaco, il mio cuore fa i salti mortali mentre la mia testa tenta invano di ripetermi che sono la sua quasi-sorellastra, è normale che faccia tutto questo.
-Filippo?- mormoro appoggiandogli una mano sulla spalla.
-Non c’è bisogno di ringraziarmi, ne ho approfittato per dargli quelle che non gli ho dato quando si è portato a letto la mia ragazza.
Io annuisco.
-Tranquilla si riprenderà, gli stronzi come lui si riprendono sempre.
Annuisco di nuovo, senza riuscire a trovare qualcosa di intelligente da dire. Restiamo in silenzio, ognuno perso nel contemplare i propri pensieri.
-Sbaglio o c’è da mangiare una torta?- domanda poi Filippo riprendendosi e dirigendosi al piano inferiore, io faccio un breve cenno d’assenso, lancio una rapida occhiata ad Alessandro incrociando i suoi occhi poi lo seguo.

 
  
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