Nevica appena, come zucchero lieve plana a coprire la casa, le statue, le siepi, tutto sotto il suo abbraccio si fa silente, e più lieve batte il cuore sommesso delle cose. Dal patio riesco a vederla, riesco ancora a vederla, a questo pensiero una fitta mi chiude il petto, non sopporto l’idea che le tenebre cadano come una coltre tra me e lei, e mi trema la terra e l’anima si fa grave, scaccio a fatica questi pensieri amari e torno a guardarla col mio solo occhio acceso.
Avvolta
nel tuo mantello mi dai le spalle, fissi gli zampilli della fontana,
così mi
pare almeno, magari ti sei è persa a pensare a
chissà chi o cosa, a lui magari,
ma non mi importa, il fatto che tu non mi veda o non mi pensi non
toglie nulla
alla forza del mio vederti, del mio pensarti, del mio amarti.
Il
velluto azzurro del cappuccio è tutto imperlato di neve,
i miei passi affondano silenti come quelli di un gatto lasciando una
scia di
orme, ad un tratto senza voltarti mi chiami con quel tono amaro che sul
finire
si fa erotico, ed io mi blocco con un passo a mezz’aria,
resto come statua di
sale, impietrito, credevo di non essere udito, avrei voluto farti una
sorpresa,
e invece… tu l’hai fatta a me.
-
O...Oscar, mi hai sentito!
-
Non avrei dovuto? Dimentichi che sono un soldato, i miei
sensi all’erta sono il discrimine tra la vita e la morte, e
devo dire che il
tuo passo fosse particolarmente leggero, ma conosco benissimo il
movimento del
tuo piede al suolo, prima la parte esterna della pianta, poi il tacco
ed il
resto del piede.
Ti
volti e mi sorridi con aria di trionfo, e poi di colpo
smorzi il sorriso, mi sembri in imbarazzo, e abbassi un po’
gli occhi, sì, sei
impacciata per qualcosa, i tratti del tuo viso si sono distesi e gli
occhi di
ghiaccio sono d’un tratto più liquidi.
Mi
porto una mano sulla nuca, e sorrido nervoso, mi scopro
il capo dal cappuccio.
-Beccato!
Oscar, perdonami non volevo disturbarti, volevo solo…
Non
mi lasci finire di parlare.
-Non
disturberesti anche se lo volessi.
Cerco
di recuperare un contegno, perché dentro vacillo, e
vacillo di brutto, guardami ancora con la sciara azzurra dei tuoi
occhi, e fuggirò,
fuggirò come una bambino in preda alla vergogna.
-Ecco,
io volevo solo, volevo solo darti un regalo per il
tuo compleanno, ma forse non è il momento, magari torno
dopo…
-
No, non andare, dammelo adesso – e sorridi che una spada
mi passa il petto- sarebbe il primo regalo veramente gradito in questa
giornata
di auguri e regali formali.
Vuoi
forse uccidermi Oscar?! Non dire così, penso tra me e
me.
Come
sempre quando il dramma si fa denso, il personaggio
reagisce creando la farsa, è il solo escamotage per salvarsi
dall’abisso delle
sue labbra dolci.
-
Ah ah ah Oscar, questo non puoi saperlo, non ne sarei così
sicuro, magari è il peggiore dei tuoi regali per questo
compleanno.
-
Non dire sciocchezze, anche se fosse un coccio da far luccicare
al sole, sarebbe sempre il più bel regalo, l’unico
fatto col cuore, l’unico
veramente caro al mio cuore, perché me lo avresti dato tu.
-
[…] Ecco, è per te. Tiro fuori dalla tasca, non
prima di
aver dovuto superare una serie di ostacoli quali il mantello e il
paltò, una
scatola non più grande di un palmo, il velluto è
soffice come soffici sono le
dita rivestite di lana che sfioro nel porgertela.
Sorridi,
la contempli per qualche istante e poi la apri,
sgrani gli occhi o poi li passi dalla scatola a me, e questo non
avresti dovuto
farlo, come un pugno allo stomaco mi investono il viso.
-Ma
è bellissimo!! È un pendente bellissimo, davvero
stupendo.
-
È uno zaffiro
puro, volevo qualcosa del colore dei tuoi occhi, e quello mi
è sembrato la cosa
più simile, spero ti piaccia davvero, ecco io non sapevo se
potesse essere di
tuo gusto, lo so che non ami troppo orpelli e monili, che non è da…
-Da
donna? Oh,
anche il comandante sotto la divisa sa a che genere appartenga - lo
dici con una
punta di amarezza.
-
Da te, Oscar,
da te- e lo dico soffermandomi sulle parole-, tu sei una donna
e lo so benissimo, e si vede anche sotto e nonostante
le mostrine, le medaglie e le fasce, temevo che fosse troppo ornato, e
che
quindi non potesse piacerti per via dei fronzoli, ma questo monile mi
è
sembrato adatto per il suo taglio pulito e le linee decise della
montatura.
-
È stupendo,
André, stupendo, e non avresti dovuto, ti sarà
costato una fortuna, mi piace
moltissimo, sicuramente più comodo da portare sotto la
divisa di un coccio di
vetro aguzzo, ah ah ah.
-Non me lo allacci al collo?!
-Cosa?! Cosa, vuoi che io faccia?
E
scopri il capo, nel frattempo non nevica più ed un manto
stellato ricopre il cielo di nuovo terso, luccica come solo nelle
serate più
fredde accade, porti le mani dietro i capelli e una massa di seta
d’oro rimane
tra le tue mani sospesa per aria, aspetti che ti agganci la collana,
mentre io
mi inebetisco davanti alla tua nuca bianca e sottile. Mi avvicino,
aspetti
che faccia quel che mi hai chiesto, quasi col petto
ti sfioro la schiena, con una mano reggo un lembo del girocollo e con
l’altra
ti faccio passare l’altro capo davanti per poi ricongiungere
dietro le due
estremità, in questa specie di danza mi sono fatto ancor
più vicino, sento il
tuo buon profumo, e finalmente con sforzi sovraumani riesco
nell’intento:
missione compiuta, collier allacciato. Lasci ricadere sulle spalle i
capelli,
rilassi le braccia che scendono lungo i fianchi, ti giri verso me e
chini la
testa verso il petto, vuoi vedere come ti va lo zaffiro, sembri una
bambina,
naturalmente non riesci, così sollevi repentina il viso e mi
guardi, non
avresti dovuto, sei una visione azzurra, gli occhi, il velluto del
mantello, il
cielo, la collana, penso che potrei morire pure adesso.
-Dunque,
come
mi sta? Ti piace?
-
Stupenda!
-Oh
sì, è una
collana stupenda.
-No,
Oscar, tu
sei stupenda, e quel pendente non è che un’ultima
pennellata ad un quadro
straordinario.
Sorridi
e chini
il capo, ti sei imbarazzata, parli con la voce che sento incrinata.
-
Adesso,
forse, dopo avermi dato il regalo dovresti darmi un bacio
così come si usa
quando si fanno gli auguri.
-Oh,
sì, non ti
ho baciata. E come un automa mi muovo verso te e ti scocco un bacio
sulla
fronte, tu felina non mi dai il tempo, mi abbracci improvvisa, rapida,
irruenta, come un naufrago ad uno scoglio in mare mi stringi, rimango
interdetto ma ricambio la stretta, ed è il regalo
più bello che potessi farmi.
-Dimmi
che non
cambierà mai niente tra noi, dimmelo, dimmi che saremo
sempre così, io e te,
Oscar e André, che saremo sempre noi, che niente o nessuno
si frapporrà in
questo.
-Niente,
Oscar,
niente e nessuno, te lo prometto.
Allenti
un po’
la presa, mi fissi e mi lasci un bacio a fior di labbra, e poi ti giri
e vai
via, ti dirigi di corsa verso casa tua.
Improvvisa
arresti la fuga, e rivolgi di nuovo il tuo sguardo verso me che nel
frattempo
sono ancora impietrito da quanto è appena accaduto, mi dici
qualcosa che odo a
malappena.
-Ah, André ti aspetto nella mia camera, porta del vino, oggi è Natale ed io non ti ho ancora dato un regalo!!
Fine
S.
P.S. È una piccola storia scritta quasi di getto senza grandi pretese, spero sia gradevole nel suo genere