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Autore: pseudoanonimato    03/01/2016    1 recensioni
la notte di capodanno le feste fanno schifo, ma ogni tanto un colpo di fortuna porta due persone affini a trovarsi nel momento giusto al posto giusto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La festa era noiosa, le persone la soffocavano e la casa sembrava troppo piccola per tutti quei ragazzi e ragazze stipati dentro con i loro bei vestiti e bicchieri in mano.

Astrid li guardava assorta, appoggiata ad una parete in un angolo, osservava attentamente il modo in cui i suoi coetanei socializzavano e gettavano le loro teste da un lato, ridendo, mentre l'alcol iniziava a riempire il loro sangue e diventavano tutti un po' più sciolti e spensierati, tutti un po' più ubriachi.

Il suo contatto, un'amica conosciuta all'università qualche mese prima, l'aveva invitata per evitarle il classico capodanno a casa da sola a deprimersi, ''Non hai neanche un cane!'' le aveva detto l'amica, ma ora che erano lì Antonia stava attaccata ad un ragazzo con i capelli troppo corti sulle tempie e troppo sparati in aria sulla testa.

Una sorta di tamarro in camicia, rigorosamente targata Calvin Klain, palesemente ubriaco e intento ad intrattenere qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro, mentre Antonia pendeva dalle sue labbra e Astrid poteva intuire come l'amica lo avrebbe volentieri seguito in una stanza buia.

Le pareti tinte di un giallo stinto, il mobilio vecchio stile un po' decadente, le persone che si aggiravano strette le une alle altre per il salone, la camera da letto che sembrava la stanza di un brutto motel e ospitava una coppia dopo l'altra, con tanto di fila in corridoio composta da coppie intente a baciarsi appassionatamente.

Astrid aveva cercato rifugio in cucina prima di rendersi conto che era la stanza scelta dal classico gruppo di fumatori d'erba, simpatici i primi dieci minuti ma vagamente noiosi e persi poco dopo.

Così si era ritrovata, con il suo bel vestito di velluto rosso, appoggiata alla squallida parete giallina ad osservare il mondo circostante con una certa perplessità.

Ma come facevano, gli altri, a trovare tutto così divertente?

E quello non era un film, nessuno sarebbe stato colpito da lei guardando il suo sguardo perso di sfondo sulla parete, sempre ammesso che lì dentro ci fosse qualcuno da cui valesse la pena essere notate.

Ma, al contrario, lei osservava le persone e poteva notare i personaggi interessanti che passavano per il salone o sedevano sui logori divani.

In particolare, c'era un ragazzo che sembrava avere la sua stessa aria assorta, anche se parlava regolarmente con un gruppo di amici.

Lui non era ubriaco, e spiccava per l'abbigliamento che ricordava un rockettaro anni '70, in risalto tra le pareti dai colori tristi e il mobilio in via di estinzione.

Astrid notava i capelli, scuri e spettinati, folti sulla testa dai bei lineamenti.

Aveva gli occhi chiari, ma Astrid non era abbastanza vicina da distinguere il colore, gli amici lo facevano ridere ogni tanto ma sembrava comunque uno che non si trova al posto giusto nel momento giusto.

Ma mentre lui aveva qualcosa da fare, Astrid si trovava sola in un angolo a bere il terzo bicchiere di rum, pensando alla passione per l'alcol di Hemingway e comprendendo la ragione per la quale la maggior parte degli scrittori si ritrovava a bere.

Il mondo, visto dagli occhi dei romantici, era comprensibile solo attraverso le parole scritte e la socialità era raggiungibile solo attraverso il velo nebuloso dell'alcol.

Astrid avrebbe preferito prendere a testate il terribile muro che arrivare alla mezzanotte, il momento in cui tutti avrebbero alitato il loro tanfo alcolico in un sonoro ''buon anno'', per poi baciare sconosciuti per il solo gusto di farlo.

Si fece lentamente strada verso il guardaroba e, schivando grida e versi non del tutto umani di ogni genere, ripescò il suo cappotto con i bottoni argentati e gli alamari, regalo più apprezzato che aveva ricevuto negli ultimi anni.

 

Nuvolette di fiato si facevano strada nella notte, 23.30 dell'ultimo dell'anno, un lieve strato di neve sul bordo della strada e sul tetto delle auto, le labbra di Astrid rosse per il freddo pungente dischiuse nel tentativo di assaporare l'aria fredda.

La strada era deserta e la metropolitana vicina, avrebbe mandato un messaggio ad Antonia più tardi, tanto era in ''buona'' compagnia.

C'era qualcosa di impalpabile nel silenzio della notte d'inverno, qualcosa oltre al gelo che si insidiava nelle ossa rendendo ogni movimento necessario di un briciolo d'attenzione in più del dovuto.

Per un attimo le sembrò di sentire ancora il portone del palazzo aprirsi e richiudersi, una rapida impressione che la fece girare, giusto il tempo di scorgere una figura uscire dalla stessa porta che aveva appena varcato e raggiungerla con lo sguardo.

Un giubbotto di pelle marrone imbottito, con il colletto di pelo scuro, poggiato sulle spalle di un ragazzo alto e magro, i capelli spettinati che gli ricadevano sul viso.

Astrid non potè fare a meno di abbozzare un sorriso, a quanto pare non era l'unica a desiderare la fuga dal ''fantastico festone dell'ultimo giorno'', come lo aveva definito Antonia.

Il ragazzo si avvicinò, le mani affondate nelle tasche, la testa bassa e lo sguardo impenetrabile.

Astrid osservava il modo in cui il vapore usciva dalle sue labbra rosse, ferma sul ciglio della strada con il suo cappotto decorato come fosse d'altri tempi, i capelli tirati su che lasciavano ricadere due ciocche ai lati del viso, la stessa aria triste di prima.

-Anche tu fuggi dalla mezzanotte? - il ragazzo aveva una voce calda e profonda che rilasciava splendide nuvole bianche nell'aria scura.

-Sì, avevo bisogno di aria.. - Astrid pensò che lui avesse la bellezza del dannato e la testa di un intellettuale.

-Lì dentro non si respirava. Bel cappotto, comunque -.

-Grazie! Bellissima anche la tua giacca. Sai di anni '70 – Astrid sorrise, appoggiata ad un'auto parcheggiata, il bel ragazzo in piedi di fronte a lei.

-Mi piace il vecchio stile. A proposito, io sono Gabriel, piacere di conoscerti -.

-Astrid, piacere mio. E così, non ti divertivi alla festa? -

-No, in realtà mi stavo domandando perchè fossi lì da quando sono entrato. Sono uscito a prendere un po' di freddo per svegliarmi, per fortuna tu mi dai un'ottima scusa per non essere di sopra a mezzanotte, quando tutti esploderanno -.

-Già, io avevo in mente di tornarmene a casa, pur di non tornare su.. non capisco come possa essere divertente, o bello, o interessante. Che cosa ti lascia una serata così, a parte un gran mal di testa? Preferisco farmi congelare le orecchie che ascoltare quella musica a tutto volume per tutta la notte -.

-Se vuoi ti accompagno. Sono d'accordo su tutto. Per non parlare della casa, quelle pareti erano inguardabili e un tizio ciccione è caduto sedendosi su una sedia di vimini che gli si è rotta sotto al culo -. Gabriel ride, Astrid guarda le sue fossette e gli occhi brillanti, pensa che non possa essere un idiota, uno con uno sguardo così.

-Beh, l'unico lato positivo della serata è che ho incontrato una persona che valesse la pena conoscere. E' già oltre le aspettative -.

-Non dirlo a me, mi trovo in compagnia della più bella ragazza della festa e lei condivide il mio stesso disagio nei confronti delle feste e della loro popolazione, è fantastico -.

 

Camminano fianco a fianco, parlando di tutti gli interessi in comune a partire dall'odio per la moda tamarra e l'amore per l'inverno, i sogni di trasferirsi in Scandinavia e rivivere gli anni vintage dei genitori, gli hobby e le famiglie.

Gabriel sorride, la guarda come se fosse davvero qualcosa di bello in una serata inutile, come una stella in una notte nuvolosa.

E Astrid, dritta come un fuso in perfetto equilibrio nel treno ondeggiante della metropolitana, inizia a pensare che per la prima volta in 19 anni sia arrivato il principe della mezzanotte, su misura per lei e in formato anni '70.

La mezzanotte scocca tra una fermata del treno e l'altra, in bilico al centro di un vagone mezzo vuoto, popolato da persone sole che borbottano un 'auguri' generico verso gli altri viaggiatori, ma Astrid non li vede né li stente.

Si sente come quando, durante una vacanza, si visita una città straniera mai vista prima e si gira per le sue vie estasiati, in cerca di ogni più piccolo particolare per riempirsi gli occhi.

Gabriel sorride, guarda in basso, ora sembra imbarazzato.

La guarda di nuovo un istante, negli occhi, assume l'aria delle persone nervose o a disagio e Astrid inclina la testa da un lato.

Allora si avvicina lentamente e le dà un piccolo bacio, leggero come le ali di una farfalla, sulle labbra rosse, gli occhi chiusi e le guance in fiamme.

C'è qualcosa, nelle metropolitane solitarie che corrono sotto le città nelle notti solitarie d'inverno, qualcosa in quelle oscillanti luci al neon che si riflettono sui sedili di plastica, e Astrid pensa che sia tutto molto più vero così, tra estranei sconosciuti seduti sempre con qualche sedile di distanza gli uni dagli altri, che in una anonima festa piena di ubriachi e dimostrazioni viventi della (dis)evoluzione della specie umana.

Meglio così, in bilico tra una fermata e l'altra, sotto chissà quale piccola realtà domestica della città, piuttosto che una sala dalle pareti macchiate che implorano di essere ritinteggiate.

Gli occhi di Gabriel sono verdi, e le sue labbra sono screpolate dal freddo come le sue, e qualcosa nel suo sguardo gli ricorda le epoche passate che sogna ogni notte, il suo sorriso la riporta ai viaggi che ha fatto in passato e alle città che deve ancora visitare.

 

Quando escono dalla metropolitana, ha iniziato a nevicare, i fiocchi si fermano tra le ciocche dei lunghi capelli di Astrid, raccolti disordinatamente sulla testa a coronare gli occhi dai colori freddi come il paesaggio d'inverno.

L'inverno è una stagione fredda e bella come le notti di Mosca.

   
 
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