Fanfic su artisti musicali > Megadeth
Ricorda la storia  |      
Autore: ElanorPagina25    03/01/2016    3 recensioni
Un piccolo frammento di un grande dolore: la sensazione di abbandono, dolore indotto e non voluto, un problema di grave dipendenza dapprima quasi vinta adesso vittoriosa. Protagonista dunque non il nostro Dave Mustaine, ma la sua fragilità salita da sotto tanta forza, la rassegnazione di esser divenuto schiavo di un amore, ricambiato, ma già finito.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dave Mustaine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

|__HEYHEY FOLKS!
Grazie per aver visualizzato il mio piccolo frammento di angst, puro 100% garantito da Pagina!
Tutto ciò che starete leggendo è tratto da contenuti di fantasia, nulla di quivi narrato appartiene al vero.
Qualsiasi siano i vostri dubbi, i vostri pareri o i vostri scleri, vi invito caldamente a recensire!
Bando alle ciance e ai "cazzi vari", citando pandalalala (psssst leggete le sue fanfiction): Buona lettura!__|


"La realtà, dico io, siamo noi che ce la creiamo: ed è indispensabile che sia così. Ma guai a fermarsi in una sola realtà: in essa si finisce per soffocare, per atrofizzarsi, per morire. Bisogna invece variarla, mutarla continuamente, continuamente mutare e cambiare la nostra illusione".

-ℒuigi ℘irandello


Sono sotto le coperte più pesanti in mio possesso, la fronte totalmente imperlata dal sudore, alcol nel mio corpo ovviamente, ma credete che abbia caldo? Io sto lentamente gelando.
Tradimento! Mi disse che mi avrebbe aiutato, sono qui a distruggermi! Ho creduto in lei una Provvidenza Divina, il Signore aiuta pure i poveri, giusto? Sono nuovamente solo.
Posso sembrare arrogante, egoista, bastardo e poco fiducioso? Sono un così piccolo ragazzino, ingenuo. Così ingenuo da essermi fatto accecare da affetto e amore, non vedo niente, solo... Un'incolta massa di capelli neri, ricci. Stanno coprendo un piccolo volto, visibili solo le labbra, non era completamente possibile intravedere gli occhi. E L'immagine mi reca assai dolore. L'addome, il petto... L'orgoglio.
Ridotto una miseria, giacevo sul mio sporco letto, senza lei troppo ampio. Ero perso.
Ed io avevo smesso per lei, ed io ho rincominciato per lei. Più di prima, non avevo più timore per le siringhe, anzi, le accolsi a braccia aperte (letteralmente!). Tutto quello che volevo era eliminare dalla mia mente quell'immagine poco prima descritta. Ero davvero così debole? Scoprii un lato di me che non conoscevo, o che avevo represso al punto di averlo scordato.
Abbandonato da chiunque e persino da me stesso finii tutto; finii i soldi per l'affitto, per le bollette, per pagare la registrazione dell'album, finii ogni mio salario. Ahimè, avendo venduto la mia chitarra, avevo venduto tutto me stesso. La dipendenza è una fin troppo brutta bestia, per giunta combatterla in solitudine? Era una guerra persa, era sparare all'oceano aperto e sperare che salisse a galla uno squalo.
Non ero più niente, solo un uomo crudelmente incastrato nella sua unica realtà, incapace di mutarla. "Idiota, ne hai passate così tante e ne potresti passare ancora così tante, e ti arrendi?".  Desideravo ardentemente che qualcuno mi avesse recitato di fronte testuali parole, ma nessuno l'avrebbe fatto.
Rimango immobile, senza forze, forse devo vomitare. Mi copro nella speranza di placare il freddo, ma è dentro me. Ho i crampi, polpacci, tricipiti, ma non ho la forza per stirare alcun muscolo. E secondo voi era abbastanza per distogliere la mia mente da lei, i suoi capelli, il suo piccolo e tonico corpo, le morbide labbra che avrebbero dovuto curare ogni mio male? Era sofferenza inutile, ed io non lo meritavo. Non lo meritavo, non lo meritavo, non lo meritavo.
Talmente era annebbiata la vista che continuare a tenere aperti gli occhi era inutile. E andai giù, più giù... Ancora più profondamente, verso i meandri più scuri della mia mente, dove uno spiraglio di luce non è mai stato introdotto. Immerso nel buio, lasciai che esso entrasse in me, che attraversasse la pelle, passasse i muscoli indeboliti affinché si insediasse nel muscolo più stanco, sicché smettesse di pompar inutilmente altro sangue. Ma una carezza leggera e rassicurante fra le mie magre gote, nella paura di perdermi per sempre. E mi ritrovai, esattamente con il volto spaventato fra le sue calde mani. L'immagine divenne, beh, ritornò realtà. Non volevo essere da nessun'altra parte.
All'aprir degli occhi, dunque, lei.
-Tu non sei qui. Tu sei ovunque, ma non qui, a prenderti cura di me. Sei solo un'allucinazione, un delirio della mia mente, lo so-.
Fece cenno di no, guardandomi storto, forse provava pena.
Cosa cazzo stava succedendo?
Ella confessò: -Sono venuta per vederti. Ma a quanto pare... Ti vedrò persino morire-.
E non parlò più nessuno dei due, ma potevi sentire qualsiasi cosa in quel silenzio: i battiti cardiaci totalmente irregolari da parte di entrambi, lunghi sospiri, il frastuono della città, qualcuno che borbotta nell'appartamento accanto. Presi una mano tra quelle che lei teneva sul mio bianchissimo, tremendo volto, e provai a scostarla con fioca forza ma, rimasi intrappolato nel suo crudele sguardo, le iridi glaciali e fredde, adesso le vedevo. -Helvete, vattene. Mi manchi, e l'unica cosa che vorrei adesso sono le tue braccia avvolgermi, tu ed io dovevamo aiutarci. Io sono crollato, tu, non lo so. A quanto pare no. A quanto pare, non ti aiutavo affatto. Ti ho intralciato, che cazzo ne so. Helvete, vattene-.
Pareva tutto talmente reale, non sapevo realizzare tutto ciò che stava succedendo. Ma che lei, adesso, mi stesse abbracciando e mi stesse chiedendo scusa? Era pura illusione... E mi lasciai trascinare in questa meravigliosa illusione. La tenni stretta tra le mie braccia e le dissi che era perdonata, in continuazione. Non mi importava di quanto ho dovuto soffrire senza lei, desideravo solo tornare come prima, desideravo davvero essere felice. Squisita illusione o assurda realtà, volevo solo lei.
Le andai a carezzare il pallido viso, la guancia morbida e calda, un pezzo di paradiso nel palmo della mano pareva, il pollice scappò presso le labbra, diaboliche labbra! Che pigiavo leggermente, bramoso di esse, amputatemi un braccio affinché io non possa davvero più suonare! Volevo ancora un'altra notte d'amore con quella giovane donna, poterle mordere il corpo e lasciarmi baciare ovunque. Ma lasciai la presa, chiusi gli occhi e non li aprii più, senza neanche poterle dire "Ti amo" almeno una volta nella nostra vita, già finita.
E al mio risveglio, l'Inferno.
Ancora sul mio letto, ancora da solo, ancora vivo, e tornai a star male. L'illusione della morte parve così dolce...

Alea iacta est.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Megadeth / Vai alla pagina dell'autore: ElanorPagina25