C’era una volta un angelo, troppo bello e aggraziato anche per essere un angelo.
Aveva delle ali splendide, più candide della neve, più soffici delle nuvole, immacolate.
Era così bello e perfetto da far nascere il seme dell’invidia anche negl’altri angeli, suoi compagni.
E cresceva e cresceva, all’oscuro di tutto.
Un giorno quel seme germogliò e spuntò alla luce del sole.
Lo presero e gli tagliarono quelle candide ali, e poi lo lasciarono sulla terra.
Solo e senza ali, abbandonato.
Ma venne soccorso da un ragazzo dal nobile cuore.
Grazie a lui l’angelo si salvò.
Le ferite nel suo cuore vennero curate dal ragazzo.
I segni delle ali mozzate si cicatrizzarono.
Restarono solo due moncherini sulla schiena, testimoni della sua vecchia natura divina.
Ma Dio volle fare un dono al suo angelo.
Fece crescere sulle schiene di tutti gli esseri umani dei moncherini come quegli del suo angelo, cosicché nessuno si dimenticasse di lui, né di ciò che subì.
Più tardi vennero chiamate scapole, i residui delle ali di un angelo.

Naruto ha sempre pensato che Sasuke fosse un angelo.
Il suo angelo.
La pelle bianca e liscia, i capelli neri, come gli occhi, nei quali ci si poteva perdere.
Il suo corpo senza imperfezioni, candido, armonioso.
Un corpo celato agli occhi di tutti, solo Naruto poteva vederlo nella sua interezza, nella sua perfezione.
Solo lui poteva stringerlo in quel modo tra le braccia.
Solo lui poteva accarezzargli così la pelle.
Solo lui poteva baciare quelle labbra.
Solo lui poteva averlo.
Solo lui poteva.

Naruto si chinò a baciare il candido collo del moro.
Fece scivolare le mani sul suo corpo, lasciandogli scie infuocate sulla pelle.
Gli accarezzò il petto, il ventre, i fianchi; fece congiungere le loro labbra in un tenero bacio mentre spostava le mani sulla sua schiena.
La accarezzò piano, quasi con reverenza, arrivato all’altezza delle scapole interruppe il bacio per passare al collo, mordendolo leggermente e baciandolo dolcemente.
Strinse fra le mani le sue scapole, i moncherini delle ali dell’angelo, come se non volesse che ricrescessero per portare via Sasuke.
Perché di questo aveva paura Naruto, paura che le ali ricrescessero, che portassero via Sasuke, lontano da lui.
Deboli gemiti lasciarono le labbra del moro che circondò il collo di Naruto con le braccia nascondendo il volto nel suo collo.
Il biondo sentì distintamente il respiro di Sauske sul suo collo, sentì le sue candide braccia aggrapparsi alle sue spalle, e sentì anche il calore del corpo di Sasuke sotto il suo.
Caldo, vivo, presente, vicino.
Naruto sorrise lasciando andare le scapole del ragazzo per circondargli la vita con le braccia e stringerlo forte a sé.
Lì Naruto ebbe la certezza che Sasuke sarebbe rimasto sempre con lui, fino alla fine dei loro giorni, fino alla fine del mondo.
Sorrise stringendo tra le braccia Sasuke.
Sorrise stringendo tra le braccia il suo angelo, con la certezza nel cuore che non lo avrebbe mai abbandonato, che nemmeno le più forti e belle ali  avrebbero portato via Sasuke, non finché lui avesse continuato a stringerlo così tra le braccia.
E mai avrebbe lasciato andare il suo angelo.

Owari