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Autore: hanaemi_    03/01/2016    0 recensioni
« Col Delfino in braccio si recò a sedersi accanto all'ampia finestra che dava sul cortile, carezzando con delicatezza la testolina del piccolo per poi sorridergli dolcemente.
"La mamma è di nuovo qui, tesoro mio. Mi sei mancato, sai? Probabilmente sì, hai capito che sei una delle poche cose importanti nella mia vita, oltre a tuo padre." »
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Queen Anne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A mother's love

 

{ Fandom: The Musketeers
Personaggi: il Delfino, Queen Anne
Pairing: //
Parole: 1080 (grazie a: http://www.freetiamo.altervista.org/index.php/conta-parole.html}



“Aspettami qui Constance, per favore.”

Dopo aver pregato la sua prima dama di compagnia di attenderla fuori dalla stanza del Delfino, Anne entrò nella camera e mandò via anche la governante dell’infante, in modo da restare sola col piccolo.
Appena poteva amava ritagliarsi dei momenti col figlio, soltanto lei e lui e nessun altro a disturbarli, durante i quali la Regina poteva essere finalmente se stessa. Andò dunque alla culla, dove il vispo giovanotto agitava i pugnetti in aria, e lo prese in braccio, posandogli poi un piccolo bacio sulla fronte.
Aveva deciso di instaurare sin dalla più tenera età un buon rapporto col figlio, non aveva alcuna intenzione di finire come sua suocera, Maria, la quale era arrivata addirittura a tramare contro Luigi pur di trarne benefici personali. Anne aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi quanto dolore ella avesse arrecato a suo marito, che era giunto addirittura ad esiliarla pur di non averla più vicino, e si era ripromessa di non arrivare mai a divenire così.
Suo figlio era la sua unica gioia in quella vita fatta di imposizioni e divieti, non poteva assolutamente permettersi di rovinare anche quello, per nessun motivo.
Col Delfino in braccio si recò a sedersi accanto all’ampia finestra che dava sul cortile, carezzando con delicatezza la testolina del piccolo per poi sorridergli dolcemente.

“La mamma è di nuovo qui, tesoro mio. Mi sei mancato, sai? Probabilmente sì, hai capito che sei una delle poche cose importanti nella mia vita, oltre a tuo padre.”
Guardò fuori dal vetro, dando una rapida occhiata all’esterno, e non poté fare a meno di notare la figura di Aramis che giusto in quel momento stava smontando da cavallo.

Riportò rapidamente gli occhi sul figlio e lo fece sedere sul suo grembo, permettendo anche a lui di poter guardare il paesaggio al di là del vetro. Con un dito indicò la figura del moschettiere e gli sussurrò all’orecchio: “Quell’uomo, lo vedi? Non dimenticare mai il suo viso, piccolo mio. Lui è il tuo angelo custode. Lui è tuo padre, il tuo vero padre.”

Dopodiché lo voltò verso di sé, affinché potessero guardarsi negli occhi, e lo sollevò a mezz’aria, gesto che fece emettere all’infante alcuni versetti di gioia.

“Sei felice, bimbo mio? Anche la mamma lo è.”

Se lo strinse al petto, sistemandolo col visetto contro la sua spalla, e riprese a carezzargli i capelli con dolcezza, quasi ipnotizzata da quella creatura minuscola ora tra le sue braccia.
“Sai, bimbo mio, perché la mamma è felice? Perché ha te. Se mai mi avessero detto, quando ho sposato Luigi, che avrei dovuto attendere ben ventitré anni prima di scoprire cosa fosse davvero l’amore, non credo che v’avrei creduto. Probabilmente avrei solo scosso il capo e minimizzato la profezia, ammettendo invece di essere lieta di andare in sposa al Re di Francia.”

Un sorriso amaro andò a disegnarsi sul bel volto della Regina.

“Talora penso a come sarebbe stata una vita normale e un po’ invidio le donne del popolo, debbo ammetterlo. Prendi Constance, la mia dama di compagnia. Prima era sposata a Monsieur Bonacieux, poi ha capito di essere innamorata di D’Artagnan e ha deciso di stare con lui, indipendentemente da ciò che pensavano e ancora pensano gli altri. È stata una scelta molto coraggiosa e la apprezzo molto per questa sua qualità, non tutti l’avrebbero fatto.
Io invece ero un uccello chiuso in una gabbia d’oro quando vivevo in Spagna e tutt’ora lo sono, venduta come una merce di scambio alla Francia molti anni or sono. I primi tempi qui a Parigi sono stati davvero tremendi, il mio francese era molto stentato ed esitante e il Re non facilitava la situazione, mi squadrava da lontano senza interessarsi più di tanto a me. Eravamo degli estranei con delle fedi al dito.”

Ricordava ancora quando, mentre tentava di comunicare con i cortigiani per allenare il suo francese, si lasciava sfuggire delle parole in spagnolo provando a farsi capire, tentativi il più delle volte vani.
Sospirò appena, sollevando per un attimo gli occhi al cielo.

“E non credere che la situazione sia migliore adesso, anzi. Qui dentro non ci si può fidare di nessuno, davanti sono tutte sorridenti e cortesi, professando il loro amore e la loro fedeltà per la Regina, ma poi alle mie spalle spettegolano come pescivendole. Io vengo definita “la spagnola”, la Spagna è nemica della Francia e di conseguenza nessuno mi ama, essendo originaria di quella terra. ¡Qué suerte que tiene tu madre!, eh?”

Poi spostò il piccolo e se lo risistemò col capo nell’incavo del gomito, giocherellando con una manina stretta a pugno attorno al suo indice.

“Ebbene, dopo quasi vent’anni di vita piatta e monotona, bimbo mio, qualcosa è cambiato. Ho conosciuto tuo padre.”

E al pronunciare queste parole il viso di Anne si animò, quasi illuminandosi: il ricordo della loro prima notte d’amore era sempre vivido nella sua memoria, e al solo pensiero delle labbra di Aramis contro la sua pelle nivea il cuore le palpitava forte, sì forte che sembrava volerle uscire dal petto.

“E per la prima volta in vita mia, te lo posso assicurare, non mi sono mai sentita così viva. Però…”

Però, c’era sempre un però. Si rabbuiò lievemente prima di pronunziare quella frase.

“Però apparteniamo a due mondi distinti e separati, bimbo mio. E non sai, o non sai quanto questo mi ferisca il cuore ogni volta. Provo a conviverci, ma è difficile, bimbo mio, davvero difficile.
Talvolta chiedo spiegazione a Dio, domandandogli perché debba sopportare tali sofferenze e non possa vivere felice—poi sento il peso della corona tra i capelli. D’altronde lo diceva anche Shakespeare, ‘Non trova mai riposo la testa che indossa una corona’. ”

Sospirò, stringendo appena le labbra, mentre lo sguardo era perso a guardare un punto imprecisato del muro. Dopodiché riportò gli occhi sul Delfino, nel frattempo addormentatosi placidamente, e a quella vista la Regina non poté fare a meno di sorridere teneramente.

"Ma tua madre parla troppo e tu hai finito con l'addormentarti. Dormi ora che puoi, ora che non hai problemi di cui crucciarti, ¡hijo mío!"

Detto ciò gli baciò la fronte e gli asciugò il rivoletto di bava che gli colava da un angolo della bocca, per poi alzarsi e riportarlo alla culla. Infine lo sistemò con cura nel lettino, affinché non si svegliasse, e gli rimboccò le coperte, senza però dimenticarsi di lasciargli un’ultima carezza sul capo prima di abbandonare la stanza.

“Sogni d’oro.” sussurrò sulla soglia, le dita già strette intorno al pomello della porta.

Poi recuperò la sua espressione composta ed uscì dalla camera, dirigendosi da Constance, ancora in attesa lì fuori.
 

Era ritornata la Regina di sempre.

   
 
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