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Autore: SkyDragon    05/01/2016    1 recensioni
Fan Fiction dedicata ai famigli dei membri della Compagnia dell'Inetto. Ecco cosa succede ai quattro dopo la fine della storia. (Spoiler al finale della terza stagione, i lettori sono avvisati)
Kristal è una gatta nera compagna del ladro/stregone Halfling Ego Lester.
Pepito è un coniglio che abita nel cappello del bardo umano Cecil The Mage. Se il bardo fa 4 su un d20 esce dal cappello.
Cippy è la pantegana che il nano Rodrek Steelborn ha adottato.
Ugo il gufo reale è il compagno del "ranger" del nord Duinhir Wilwarin... l'inutile.
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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La storia dei quattro famigli

Eppure tornavo. Quella piramide sepolta nella sabbia mi attirava a sé ogni stagione. Volevo, dovevo tornarci. Gli altri sarebbero stati tutti lì dove ci eravamo separati. Non vedevo l’ora di rincontrarli… Ed eccoci qui. Tutti insieme. Erano passati quattro lunghi anni da quel terribile giorno. Era incredibile che riuscissimo comunque a incontrarci tutti insieme anche dopo così tanto tempo.
- Cippy, Pepito, Kristal… come state? –
Tre flebili voci mi rispondono, non nel linguaggio delle parole, non nel linguaggio dei versi…. Nel silenzio. Cippy è il primo a parlare; E’ sempre stato impulsivo, anche quella volta.

Mentre Ego e Cecil fuggivano dalla piramide Cippy osservava con gli occhi spalancati, le zampe e il muso premuti contro la finestra che dava sul fuori del cappello.
- RODRECK! – gridava con tutto il fiato che aveva, ma nessuno oltre a noi poteva sentire il suo dolore. Non lo voleva abbandonare. Era il suo nano padroncino, quello che gli aveva insegnato a combattere, quello che sotto sotto gli voleva un bene dell’anima. Le lacrime agli occhi scendevano copiose. Fece dei passi indietro allontanandosi dal vetro e lo caricò. Tentammo di fermare quel topo impazzito, ma era il degno famiglio del suo nano. Sfondò il vetro del cappello, atterrò sulla spalla di Cecil e da lì con un agile balzo fu a terra. Riprese a correre. Doveva arrivarci. Doveva prendere il nano. Doveva portarlo via. Provammo a fermarlo, gli urlammo di tornare indietro. Pepito allungò le orecchie bloccandoci sul posto.
- Lasciatelo andare- Ci disse col muso basso trattenendo le lacrime – E’ giusto così –
Osservammo impotenti quel che avvenne dopo. Vedemmo appena Cippy arrampicarsi sul corpo di Rodreck e scuoterlo con tutta la forza possibile. La piramide si sigillò poi davanti a noi, Cippy e Rodreck intrappolati al suo interno. Cippy non uscì mai dalla piramide… Pensiamo che si sia addormentato lì’ abbracciato al suo nano nel caldo della barba infuocata.
A un anno di distanza da quel triste giorno Cippy era ancora dentro la struttura. Ci demmo per vinti e di comune accordo tirammo fuori i nostri artigli iniziando a scalfire il muro della piramide per scrivere “ Qui giace Cippy, la pantegana caricatrice”. Così il Master chiamò a se’ il primo famiglio. 


Ricordo ancora quante risate e quanti giochi facevamo tutti insieme all’interno del cappello. Solo Kristal qualche volta usciva per aiutare il suo padroncino, ma tornava sempre a giocare con noi. Il cappello era la nostra casa. Era la cosa più piccola e più vasta che esistesse. Bastava una parola a trasformare quel tessuto in un’isola o nello spazio aperto, nel set di un film, o in una stanza con un tavolo. Quella piccola stanza col tavolo erano i miei momenti preferiti. Giocavamo a poker, a briscola, a uno, a scala quaranta e ad un sacco di altri giochi di carte. C’era poi il momento monopoly, tombola, cluedo e poi c’erano anche loro, i giochi di ruolo. Io ero il mago Ugo, il vecchio saggio. Kristal era il ladro, come il suo padroncino, Cippy era il guerriero tank del party e Pepito…. Lui era quello che rendeva le giocate possibili…. Il nostro master…  

Era una fredda notte di inverno quando Cecil e Pepito erano tornati a Ceva. Cecil odiava quel posto, ma era un ottimo rifugio per la notte mentre proseguivano nel loro eterno cammino. Quella notte, così mi raccontò, Cecil era andato a letto prestissimo stanco com’era del viaggio. Pepito come al solito stanziava all’interno del suo cappello, in quella che era la sua biblioteca personale. A lume di candela stava leggendo il volume 17 di Bardipedia cercando qualche mostro da farci incontrare in una prossima campagna di Pathfinder. Uno spiraglio entrò dalla finestra mal sigillata di quella stanza della locanda di Ceva. Lo spiraglio entrò anche nel cappello e soffiò freddo sulle candele. Ben presto il mondo attorno a Pepito divenne di un rosso scarlatto. Non importava come faceva cambiare il mondo, anche il muro di bardi aveva ormai preso fuoco. Era nell’occhio di quel tornado rosso. Dal cappello l’incendio si propagò rapido per tutta la locanda. Cecil fu svegliato dalle urla, tentò di recuperare il cappello in mezzo a quel mare di fuoco. Fu tutto inutile. Pepito osservò gli sforzi del suo padroncino di spegnere le fiamme sul cappello. Abbassò le orecchie, alzò il mento come a guardare il cielo al tramonto sopra di lui.
- A volte dirsi addio è l’unica soluzione- Disse mentre le fiamme attecchivano sulla sua morbida pelliccia.
Così il Master chiamò a se’ il secondo famiglio.


Vidi questo triste avvenimento durante un sogno avvenuto pochio giorni prima il raduno annuale alla piramide. Kristal mi confermò l’accaduto: Era tutto vero. Pepito era morto nell’incendio. Da quel giorno sulla parete della piramide accanto al nome di Cippy c’era anche la dicitura “ qui giace l’animo di Pepito il coniglio bandito”
Non molto tempo dopo un altro incubo scosse il mio riposare:

Un alto Ego Lester indossava un mantello nero col cappuccio che lo ricopriva per tutta la sua figura. Era una figura così diversa da quella dell’halfling ladro che ricordavo, ma in cuor mio sapevo che quella creatura era Ego. Seduto sul letto nella sua piccola cella del tempio che oramai governava Ego stava ripassando le parole del culto di Namenhed di cui era a capo. Nella piccola cella c’era però posto per un focolare scoppiettante che rischiarava e scaldava l’ambiente. Kristal era adagiata là accanto al fuoco. Ciecato e sordo com’è sempre stato Ego non notò che la sua tanto adorata gatta stava espirando lentamente e ancor più lentamente stava inspirando le ultime boccate d’aria. I suoi occhi rivolti alle fiamme erano ormai velati. Guardava verso il fuoco, ma vedeva infinite distese di erba gatta e su di essa c’erano Pepito e Cippy. Pregustando la gioia eterna Kristal chiuse gli occhi ed esalò l’ultimo respiro.
Così il Master chiamò a se’ il terzo famiglio.


In cuor mio sapevo che anche quel sogno era vero. Kristal era morta.  Namenhed le ha concesso la morte più onorevole possibile dato che è stata la vecchiaia a stroncarla, ma nondimeno questo ha segnato l’ennesimo buco nel mio cuore spezzato.  Ed eccomi qui di nuovo alla piramide per incidere anche il nome del gatto fra i caduti. “ Qui giace Kristal, la gatta ladra”
- Presto toccherà a te- Mi avverte Cippy.
- Scappa se vuoi vivere-  si affretta ad aggiungere Pepito.
- Non importa. Io sono pronto – Gli rispondo io.
- Ti promettiamo che sarà veloce e indolore – mi confida Kristal.
Appena la voce del gatto sparisce dalla mia mente sento un dolore lancinante al petto. Lo guardo: una freccia mi ha attraversato da parte a parte. Con le poche forze che mi rimangono mi volto a vedere chi l’ha lanciata. Quel che era un “ranger” del nord, un mezz’elfo sconfitto dalle case e ora divenuto lucertola ha l’arco ancora teso con la corda che vibra per il colpo scagliato.
- Grazie – Riesco solo a dire in un sussurro cadendo a terra a peso morto, non facendo nemmeno rumore sulla sabbia.
Il custode doveva difendere il sacro luogo da estranei, ma come suo solito ha finito per danneggiare i suoi compagni. “Ranger” in una vita e nell’altra, utile come un calzino bucato.  Si avvicina alla preda appena catturata. Mi prende fra le mani, mi guarda. Spezza la punta della freccia in modo da portela rimuovere dal mio corpo ormai esanime.  Con le zampe lucertolose veloce scava una piccola fosse nella sabbia adagiandoci il mio corpo. Ricopre la fossa.  Lo sguardo gli cade sulle nostre incisioni. Un barlume di coscienza illumina gli occhi di Duinhir. Con la punta della freccia inizia ad incidere la parete della piramide proprio sotto a dove sono scritti i nomi dei famigli.  Qui giace Ugo il gufo reale.
Così il Master aveva chiamato a se’ anche l’ultimo dei famigli. Con loro, rispetto ai membri della compagnia, è stato più clemente.    
 
Commenti del Writer
Spero che questa piccola storia vi sia piaciuta. Mi è venuta in mente subito dopo la live finale della compagnia e non ho potuto fare a meno di scriverla. Spero vi abbia strappato qualche lacrimuccia come spero abbiate contato i punti plagio da assegnarmi ^^

Stretta è la foglia, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia!  
   
 
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