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Autore: nil    05/01/2016    0 recensioni
Un amore celato nelle pieghe più recondite di un cuore coraggioso, troverà infine sfogo fra le lacrime ed i sorrisi?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*§* Never let you go... *§*

 

 

 

 

L'ultima volta che lo aveva visto era, come suo solito, fuggito di casa dopo aver fermato il primo taxi che era transitato davanti al 221b di Baker Street, ormai molte ore prima.
Da svariati giorni erano entrambi impegnati in un caso che sembrava più complesso di tutti quelli affrontati e finora risolti. Cosa che ovviamente eccitava al massimo il detective.
Lui invece non si sentiva affatto tranquillo... una sensazione opprimente aveva iniziato a premergli sul cuore dal momento in cui Sherlock aveva deciso di accettare il caso.
Seduto sulla sua poltrona, guarda per un attimo il divano poco distante, sul quale l'amico era solito stendersi e pensare, a volte anche per ore. Con quel suo modo di unire le dita sotto il mento...
..."amico"...?
Poteva davvero ancora definire Sherlock, il suo amico?
Non era forse vero che già da un po' si era reso conto di quali fossero in realtà i suoi sentimenti nei suoi confronti?
Sentimenti ovviamente inconfessabili... e celati dolorosamente nel suo animo.
Non avrebbe mai trovato il coraggio di parlargli, probabilmente... di dirgli come si sentiva ogni volta che i suoi occhi azzurri si posavano su di lui.
Sospira e prende in mano il cellulare. Ancora nessun messaggio da parte sua.
Sta per poggiarlo nuovamente sul tavolino, quando un "beep" lo fa quasi sussultare.
Guarda il display...
*Vieni in ospedale. Ora. MH*
Stringe l'oggetto nella mano, e passa qualche secondo prima che il dottore, incredulo, riesca a farsi abbastanza forza da saltare in piedi, afferrare la giacca, e correre fuori dall'appartamento, senza curarsi di chiudere la porta.


Venti minuti dopo è all'ingresso dell'ospedale, il cuore che gli esplode nel petto, e quella stessa cupa sensazione di quei giorni, che sembra togliergli il respiro.
Mycroft lo sta aspettando.
-Seguimi.- dice semplicemente.
Nel più totale silenzio, John segue l'uomo lungo i corridoi. I passi pesanti che rimbombano attorno a loro.
Dopo lunghi minuti si fermano.
Il soldato alza gli occhi sulla scritta luminosa che campeggia sopra la porta.
"Obitorio"
-N..no..- balbetta indietreggiando di un passo. -Cosa... perchè siamo qui..?-
-Vogliono che sia tu a...- e in quel momento anche il solitamente compassato Mycroft sembra avere un brivido, mentre china la testa a fissare un imprecisato punto sul pavimento. -Mi dispiace...- mormora rialzando di nuovo lo sguardo sull'altro.
John spalanca la porta e si precipita all'interno.
Una fastidiosa luce bianca asettica lo accoglie e quasi lo acceca, mentre un giovane medico dallo sguardo vacuo gli si avvicina.
-Mi segua.- lo prega con tono spento.
Pochi passi lo separano dal lettino sul quale giace un corpo completamente coperto da un lenzuolo bianco, eppure sembrano durare un eternità.
Poi il medico scopre il volto dell'uomo disteso sull'acciaio freddo.
Ed è allora che il cuore del coraggioso soldato si ferma definitivamente...
Crolla in ginocchio incredulo.
Attonito.
Sconvolto.
Semplicemente terrorizzato.
Si copre il volto con le mani lasciandosi andare a un pianto disperato.
-Lo porti via.- interviene Mycroft avvicinandosi a lui e aiutandolo ad alzarsi, mentre il medico ricopre il corpo del detective ormai privo di vita, e si allontana con il lettino, che cigola sinistro.
In quello stesso momento, passi veloci riecheggiano lungo il corridoio.
L'ispettore Lestrade si precipita all'interno della stanza, e si immobilizza davanti alla scena che si presenta ai suoi occhi.
-Mio Dio... allora è vero... è tutto vero...- mormora sbigottito.
Ma John non può sentirlo. Non può riuscire a sentire più niente, tranne il suo cuore che si frantuma in mille pezzi..

 

§ --- § --- §


Il funerale era stato solo tre giorni dopo il riconoscimento della salma da parte sua e di Mycroft.
Non aveva voluto prendervi parte, se non a diversi metri di distanza, seminascosto dietro un albero, dal quale aveva assistito inorridito al momento in cui la bara scura era stata calata sotto terra, ed era per sempre scomparsa alla sua vista.
Durante la sua missione in Afghanistan aveva visto tanti soldati morire, anche nelle maniere più atroci, ma ciò che aveva provato allora non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello che sentiva in quel momento.
E tuttavia non aveva pianto. Non aveva più lacrime da versare per l'uomo di cui si era perdutamente innamorato, e che lo aveva lasciato solo ad affrontare una vita che ogni giorno di più sapeva di vuoto.


Era trascorso poco più di un mese da quel giorno...
Del dottor Watson non è rimasta che la pallida ombra, ormai.
Si è rinchiuso nel piccolo appartamento di Baker Street, circondato da oggetti e dolorosi ricordi.
Qualunque angolo della casa gli ricorda Sherlock. Ogni respiro che il suo corpo riesce ancora dolorosamente ad emettere, gli riporta alla mente l'uomo, padrone del suo cuore
 


-Tutto questo tempo ti è servito per fare chiarezza?-
-Credo di...-
-O vuoi farmi credere che ti sei solo concentrato sul caso da risolvere?-
-No.-
-Quindi?-
 -Lo ammetto.- china appena la testa. -Era come dicevi tu.-
Un taxi si ferma davanti al 221b di Baker Street. I freni cigolano appena.
-Allora vai da lui. Non perdere altro tempo.- consiglia Mycroft all'uomo al suo fianco.
Gli occhi azzurri del giovane lo guardano lucidi. Nella mente ancora il ricordo del pianto disperato di John Watson quando aveva visto il suo corpo sulla barella dell'obitorio.
Un trucco necessario purtroppo affinché la sua copertura non venisse smascherata da nessuno.
L'unico modo affinché il caso che avevano per le mani da tempo, giungesse infine alla sua giusta conclusione.
-Non ho intenzione di perdere un istante di più.- mormora scendendo velocemente dal taxi
 


Immobile, sulla sua poltrona, le labbra secche e la barba incolta, John fissa il soffitto bianco, senza riuscire a vedere niente, se non il sorriso di colui con il quale condivideva una vita ormai da molto tempo.
Quando sente una lacrima premere di nuovo dietro i suoi occhi tristi, si alza di scatto, e inavvertitamente colpisce il piccolo tavolino accanto alla poltrona. Un oggetto cade a terra ed emette uno stridio... John lo guarda per un attimo.
Il suo violino...
Qualcosa scatta improvvisamente nella mente del soldato.
Afferra lo strumento e lo stringe a sè, respirandone il profumo che tanto gli ricorda quello di lui.
-Non doveva andare così...- mormora nel silenzio del piccolo appartamento. -Non dovevi morire...-
Stringe i denti.
-NON MI HAI NEANCHE DATO IL TEMPO DI DIRTI CHE TI AMO! MI SENTI? SONO INNAMORATO DI TE SHERLOCK! SONO INNAMORATO DI TE! E TU MI HAI LASCIATO SOLO! PERCHÉ? PERCHÉ' L'HAI FATTO? MALEDETTO EGOISTA!-
Lacrime amare scendono ormai incontrollabili dai suoi occhi, e rigano un volto segnato dal dolore più profondo.
-Dove sei... dove...?- stringe il violino al petto, crollando in ginocchio. -Ho un disperato bisogno di te...- mormora fra i singhiozzi che scuotono il suo respiro
 

Sta per poggiare la mano tremante sulla maniglia della porta, ma quelle grida disperate lo paralizzano per un attimo, per poi invece spingerlo ad entrare il più velocemente possibile.
-John...- mormora.
Quando sente chiamare il suo nome, il soldato alza la testa. Ed è allora che lo vede.
Lascia cadere il violino e indietreggia spaventato, fino ad arrivare alla pistola che punta contro l'uomo davanti a sé.
-Tu... chi sei tu...?- balbetta, mentre l'arma trema pericolosamente fra le sue dita. -Non può... essere... non è possibile... Tu sei morto!-
-Sono io John. Sono vivo.-
-Ho visto il tuo cadavere!-
-Ma non l'hai toccato.-
-C..cosa..?-
-Se mi avessi toccato avresti sentito che non ero freddo. Ma sapevo che non l'avresti fatto...-
-Tu... sapevi...?-
-Si. Sapevo ogni cosa.-
Il soldato si alza e, tremante, si avvicina a lui, lasciando cadere a terra la pistola.
-Allora, tu...-
-È stato un trucco John. Solo una messinscena per...-
Ma il pugno che lo colpisce duramente al volto, gli impedisce di terminare la frase.
Il detective cade a terra, e in un attimo l'altro gli è sopra e lo afferra per il bavero del cappotto scuro.
-COME HAI POTUTO? COME HAI POTUTO ANCHE SOLO LONTANAMENTE PENSARE DI FARE UNA COSA SIMILE? HAI UNA VAGA IDEA DI COSA...- stringe i denti e china la testa, preda di singhiozzi disperati. -...di cosa... io...-
-Mi dispiace...-
A quelle parole, il dottore alza di nuovo il pugno, pronto a colpire, ma la sua mano trema.
Sherlock chiude istintivamente gli occhi. Ma un istante dopo li riapre, attonito, nel momento in cui le labbra dell'uomo sopra di sè si poggiano sulle sue, in un bacio profondo, disperato, appassionato, che dura lunghi minuti. E al quale nessuno dei due tuttavia si sottrae.
Infine, il soldato si discosta appena, quasi senza fiato, e fissa l'uomo sotto di lui.
Non parla. Non ce n'è bisogno.
-Io non...- mormora Sherlock.
Ma poi guarda i suoi occhi.
Affranti.
Avviliti.
Distrutti.
Innamorati.
Perdutamente innamorati...
Ed allora tutti i pezzi del puzzle si uniscono nella sua mente, e probabilmente per la prima volta in vita sua, nel suo cuore.
-Non me ne andrò mai più...- mormora mentre alza una mano tremante e con il pollice asciuga le lacrime sul volto dell'altro. -Mai più, John...-







 

 


 

  
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